SRT guardò prima THX, poi la porta. Era chiusa. D’impulso, THX prese la sedia e la poggiò contro la porta, cercando di incastrarla in modo che stesse ferma.
SRT sogghignò. — Dicevi che non importa, eh?
La porta si scosse leggermente, ma la sedia la tenne chiusa.
— Credo che m’importi — disse THX, meravigliandosi di sentirsi parlare così. — Che m’importi ancora.
La voce del robot, tranquilla e impassibile, da perfetto servitore dello Stato, disse: — State calmi. Sembra che la porta sia inceppata. Per favore controllate la serratura dalla vostra parte. Non vi faremo del male. Andrà tutto bene.
Sentirono un debole ronzio, poi l’odore acre di qualcosa che bruciava. Proprio sotto la serratura apparve una macchiolina incandescente.
«Non vogliono farci del male!»
THX si girò di scatto e andò alla cuffia. La attivò, assieme al microfono.
— Emergenza! — gridò. — Emergenza! Incendio alla Stazione DBR ventisei diciotto, Riproclinica dodici. Ripeto. Emergenza. Incendio alla Stazione DBR due sei uno otto. Riproclinica dodici. Priorità assoluta. Situazione rossa!
Si girò verso SRT. — Preparati a correre.
L’altoparlante blaterò:
— Emergenza! Emergenza! Ascoltate! Ascoltate! Incendio alla stazione DBR due sei uno otto, Riproclinica dodici. Interrompete tutte le operazioni finché…
— Adesso! — urlò THX.
SRT sbatté via la sedia, THX spalancò la porta, e tutti e due si precipitarono fuori, aggirando i poliziotti che erano intenti ad ascoltare imbambolati le istruzioni. Prima che i robot potessero reagire, i due uomini erano già fuori della clinica, in corsa trafelata lungo un corridoio principale.
— Andiamo su, alle fabbriche! — disse ansimante THX, — Là c’è più gente, ed è più facile nascondersi…
Il Controllore era proprio fuori di sé. Ingoiò un altro sedativo e ascoltò i rapporti.
— Totale dell’unità monetaria: cinquemila, in aumento. Le spese per THX uno uno tre otto hanno appena superato il budget primitivo.
— Li avete visti? Devono essere da qualche parte nel corridoio tre L settantatré.
— L’analisi indica che sono diretti al livello successivo. Forse vogliono arrivare alla struttura superficiale.
Sullo schermo gigante del Controllore apparve il capo della polizia del Controllo. Con la sua faccia gonfia e i piccoli occhi tondi somigliava quasi al leggendario Primo Controllore. Ma aveva un’aria eccitata e ansiosa.
— Li avevamo quasi in mano — disse al Controllore. Avere la parola per primi, in un colloquio col Controllore, era un privilegio di pochi.
— Sono stati molto in gamba. — Il Controllore manteneva un’apparenza calma solo a costo di grande autocontrollo. — Ma è facile pensare che con una città piena di robopoliziotti, di osservatori, di olocamere nei posti più impensati, eccetera, sia piuttosto elementare catturare due semplici fuggitivi.
— Abbiamo preso SEN cinque due quattro uno — disse il capo della polizia in tono difensivo.
— Ma sono gli altri due che mi interessano — disse il Controllore. — Bisogna prenderli! È antieconomico che rimangano liberi. Le spese per la loro cattura stanno già sbilanciando le previsioni economiche del mese! Se non li prendete subito le previsioni di tutto quanto l’anno dovranno esser rifatte!
Il capo della polizia impallidì. Era raro che il Controllore alzasse la voce e mostrasse di essere arrabbiato. Il capo si sentì tremare.
— Ci stiamo provando. Questo è stato un test severo per le nostre attrezzature e per i nostri piani di azione. Nel mio, ehm, ultimo rapporto annuale ho sottolineato che occorrerebbe un tipo di robot perfezionato. I nostri attuali Mark XV sono troppo lenti per tener testa a un maschio adulto pieno di adrenalina. Poi ci vorrebbero armi adatte alle lunghe distanze. Le sbarre elettriche non vanno bene quando chi scappa si trova con mezzo corridoio di vantaggio.
Tenendosi la testa fra le mani, il Controllore ringhiò: — Trovateli e consegnateli alla giustizia. In fretta!
THX e SRT salirono per un altro pozzo delle scale, diretti al secondo livello. Sotto di loro sentivano voci echeggiare:
— Sì li sentiamo. Tentare localizzazione acustica.
— Collegatemi col Coordinamento del Controllo, operazione uno uno tre otto, prefisso THX.
— Totale dell’unità monetaria: cinquemila settecento cinquanta, in aumento.
Questa volta il corridoio in cui affiorarono era pieno di persone. Non i pazzi frenetici dei livelli acquisti, ma i seri, tranquilli operai della fabbrica, che avevano appena fatto un turno di quattro ore ed erano diretti stancamente a casa.
Gli operai uscivano da enormi porte nel corridoio e si trascinavano di malavoglia verso il terminal dei trasporti, a qualche centinaio di metri dal portello del pozzo da cui erano usciti THX e SRT.
THX vide il terminal. Una lunga fila di tram, che uno alla volta si riempivano di operai disciplinati. Partivano a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, col motore elettrico che ronzava. Uomini e donne, sulla piattaforma, si tiravano indietro ogni volta che il tram partiva veloce per perdersi quasi subito in lontananza.
Nonostante fossero tranquilli e sotto l’effetto dei sedativi, gli operai, per il fatto stesso di essere tanti, producevano una notevole confusione di voci e suoni. THX fu abbastanza colpito da quel rumore, dopo la quiete della clinica.
Ma stare in mezzo alla folla significava mimetizzarsi, trovare protezione e sicurezza. THX e SRT si lasciarono trasportare dalla gente fino ai tram.
Per una frazione di secondo, mentre salivano sul tram, THX si ricordò del suo ultimo viaggio in tram, e all’improvviso non si sentì più al sicuro. Avrebbe voluto tornare indietro, uscire, ma era troppo tardi. Erano spinti da tutte le parti dalla gente.
Non c’era posto a sedere, naturalmente. Rimasero in piedi, schiacciati contro le altre persone, mentre il tram accelerava velocemente, finché, all’esterno, il tunnel diventò una sola macchia indistinta.
Il tram oltrepassò sibilando varie stazioni, poi rallentò per fermarsi davanti alla piattaforma di una stazione. Ma le porte non si aprirono. La gente si mise a mormorare. Una vecchia batté il pugno sulla porta.
Fuori, sulla piattaforma, erano raggruppati altri operai, alcuni incuriositi, altri arrabbiati per il blocco della porta.
I soliti altoparlanti dissero:
— Due criminali evasi si trovano su questo tram. Tutta la stazione è stata bloccata e la polizia sta arrivando per catturarli. Restate calmi, prego.
— Voglio uscire! — gridò un uomo.
La gente sul tram fece un mormorio di approvazione.
— Non voglio essere coinvolta in nessuna operazione della polizia! — disse la vecchia che aveva battuto sulla porta.
— Su, forziamo la porta.
Il tram oscillò pericolosamente mentre la gente si gettava a capofitto verso le porte pieghevoli al centro del tram. La vecchia urlò di dolore, ma alla fine le porte cedettero e si spalancarono. Le persone si riversarono sulla piattaforma.
THX e SRT vi saltarono sopra, spinti dalla fiumana di corpi.
— Guarda! — gridò SRT.
Ai piedi della scala mobile erano appostati moltissimi robopoliziotti che cominciarono a muoversi verso di loro. Tutti si fermarono, paralizzati dalla paura.
Tutti, tranne THX.
Si lanciò infatti verso l’estremità opposta della piattaforma.
Dopo un attimo di esitazione, SRT gli corse dietro.
— Le auto! — gridò THX. C’erano alcune autojet parcheggiate al limite estremo della piattaforma. L’altoparlante stava dicendo:
— Non parcheggiate nelle aree segnate in giallo per più di tre minuti. L’accelerazione dei jet non deve superare il due per cento nell’area di dispersione. Per evitare di venir bruciati dallo scappamento dei jet, usate l’uscita di destra e attraversate la zona azzurra a sinistra.
THX saltò dalla piattaforma nell’autojet più vicina.
— Sai guidare? — gridò SRT, correndo.
THX annuì e scivolò dentro la macchina. Chiuse la portiera, controllò in fretta il pannello comandi e trovò il pulsante d’avviamento. Lo premette e una luce verde si mise a lampeggiare in tutti gli indicatori. Il motore a turbina prima rombò, poi passò a un fischio di frequenza superiore al limite dell’udito umano. THX sentì solo una vibrazione tremenda che gli fece tremare le ossa fino al midollo.
Alzò gli occhi e vide che SRT stava salendo nella macchina parcheggiata vicino alla sua.
Infilata in fretta la cuffia che stava sul quadro di comandi vicino al posto di guida, THX sentì la voce di un robot.
— Fermatevi dove siete — gridò la voce. — Non dovete temere niente. Cooperate con le autorità.
THX afferrò saldamente il volante e spinse in avanti la leva. L’autojet ronzò e THX lo guidò sulla via principale, dove la macchina partì velocissima, correndo verso un gigantesco segnale che diceva «Strada X dritto». Il ruggito dello scappamento rimbombava paurosamente nel corridoio.
Guardò nello specchietto retrovisore per vedere se c’era SRT. No. Controllò lo schermo radar sul pannello dei comandi. Di SRT non c’era traccia lì intorno.
«Saprà guidare?» si chiese THX.
Per un attimo insopportabile si morse un labbro, indeciso. Poi rallentò l’autojet, le fece attraversare le otto corsie della strada, e tornò verso la stazione da cui era partito.
Pareva impossibile, ma era passato meno di un minuto da quando era uscito dal tram. C’era ancora tutta la gente sparpagliata sulla piattaforma. I robopoliziotti stavano facendosi strada tra le persone, guardando tutti in faccia e controllando le schede di riconoscimento.
La rossa autojet fiammeggiante di SRT era ancora ferma nell’area di parcheggio. THX vide il nero affannarsi coi comandi, pigiando sui pulsanti. Adesso non rideva affatto. SRT si girò a guardare da un lato e THX seguì la direzione del suo sguardo. Due robopoliziotti si stavano avvicinando all’area di parcheggio. THX azionò il comando del finestrino.
Stava per gridare a SRT di saltare giù dall’autojet e di correre alla sua, quando il motore si accese in una nuvola di fumo scuro. Sulla faccia del nero tornò il sorriso. Alzò gli occhi, riconobbe THX e lo salutò con la mano, poi avviò la macchina e si lanciò a tutta velocità.
Contro un pilastro di cemento. L’auto andò distrutta all’istante in una spaventosa esplosione.
THX sentì l’onda d’urto dello spostamento d’aria contro la sua macchina. Rimase lì seduto, immobile, incredulo. Una vita si era spenta in un batter d’occhio. La vita di un amico, il suo unico amico, il primo e l’ultimo che avrebbe avuto.
Morto.
— Abbiamo un incidente al Centro Dispersione Moduli ventuno. Veicolo rubato finito contro supporto tre T. Criminale morto sul colpo. Macchina distrutta.
— Totale dell’unità monetaria: quindicimila, in aumento.
I robopoliziotti si diressero verso THX. Per un attimo non riuscì a muoversi. Poi, come se si fosse rotto un incantesimo, spinse la leva dell’autojet. Si senti schiacciare la testa all’indietro dall’accelerazione. Il motore rombò e la stazione, i robot, il tragico ammasso di rottami scomparvero tutti dalla vista.
Lo schermo di direzione sul pannello comandi indicò che stava avvicinandosi all’espressovia. THX sterzò e diresse la macchina nella corsia giusta. La cuffia ronzò.
— C’è un veicolo che sta entrando in un’espressovia ad accesso riservato. Il veicolo è un’autojet rubata, modello Samos, numero di serie trentadue settantuno quindici.
— Si suppone che il criminale evaso uno uno tre otto, prefisso THX, sia al volante della Samos rubata. Catturatelo subito. Procedete con cautela.
— Totale dell’unità monetaria: diciannovemila, in aumento. Riesaminare tutte le obbligazioni fluttuanti, prego.
THX puntò sull’espressovia, infilandosi nell’enorme tunnel diretto a… dove? In su. Al primo livello, dove la radioattività era così alta da far morire chi vi rimanesse per poco più di due-tre ore.
E oltre quello?
Il funzionario del traffico storse la bocca e scosse la testa guardando l’enorme mappa elettronica sulla parete di fronte. Al centro della sua attenzione era un’immagine gialla: la macchina di THX.
— Espressovia duecentonovantuno — disse al microfono. — Sgombrate tutto il traffico. La polizia del Controllo richiede che tutto sia sgombrato per poter procedere alla cattura. Deviate tutto il traffico sul raccordo quarantotto trentatré, all’altezza della rete stradale due.
THX sentì questi ordini. E senti la frequenza accelerata dei suoni dello schermo radar. Lo guardò e vide due segnali visivi.
— Spedite elettromoto dieci quarantotto e dieci cinquanta all’inseguimento del fuggitivo uno uno tre otto, prefisso THX.
— Nella rotta di fuga prevista ci sarà un trasferimento alla rete stradale tre alle ore tre e quarantasette.
— Procedete alla cattura.
THX sapeva che delle elettromoto non potevano tener dietro a un’autojet col motore a turbina. Ma, come se fosse stata sensibile ai suoi pensieri, la macchina si mise a fare strani rumori. Rumori sordi, come tonfi. Gli indicatori diventarono rossi. «Il motore si sta surriscaldando.» La macchina rallentò di colpo.
THX esplorò freneticamente il pannello. «Ci deve essere il modo…»
— Posizione della Samos trentadue settantuno quindici rubata determinata mediante radar. Distanza, cinque chilometri.
Provò tutte le manopole e tutti i pulsanti sul pannello, ma (indicatore restava ostinatamente sul rosso. Il motore ronzava sempre più piano, finché la macchina si fermò.
— Il veicolo in questione si è fermato nell’espressovia due nove uno. Il soggetto ha smesso di scappare. Fare rapporto quando il fuggitivo sarà sotto custodia.
Il segnale visivo sullo schermo radar mostrava che le elettromoto si avvicinavano sempre di più e che entro pochi minuti gli sarebbero state addosso.
C’era un bottone con su scritto «Freddo», ma ogni volta che THX lo premeva gli turbinava intorno aria gelata, mentre l’indicatore della temperatura del motore continuava tranquillamente a rimanere sul rosso. Toccò il bottone con su scritto «Riavvio Jet», e le luci rosse sul pannello scomparvero, sostituite dalle verdi. Il motore riprese il suo rombo caratteristico e THX spinse la leva. La macchina si lanciò in avanti.
— Sembra che l’autojet Samos trentadue settantuno quindici si stia di nuovo muovendo. La distanza aumenta.
I segnali visivi sul radar indicarono che i poliziotti erano più lontani: la macchina correva a velocità folle ora, attraverso il tunnel e su per la salita che conduceva al primo livello. Nella cuffia gli risuonò un avvertimento.
— State avvicinandovi a un’area riservata. Estremo pericolo di radioattività. Al prossimo raccordo tornate indietro.
THX ignorò l’avvertimento. Guardò lo schermo radar. Le elettromoto gli erano ancora dietro. I robot non temono la radioattività. O sì?
«Dove andare? Dove?» si chiese THX. «Non c’è più niente per me in questo mondo. Niente. Non si può stare al Livello Uno. Non si può vivere nella struttura superficiale. Ma non posso tornare sotto.»
— Il soggetto sta entrando nell’area di costruzione trentasei J. Il passaggio è chiuso in questa sezione dell’espressovia. Contattare subito l’operatore.
— Allarme per il personale addetto alla costruzione. Si sta avvicinando una Samos trentadue settantuno quindici. Evacuate la zona.
— Attenzione, Samos trentadue settantuno quindici. Fermatevi. Attenzione! Attenzione! Fermatevi. Vi state avvicinando a un’area di lavoro. Ci sentite? Rispondete.
«Sarà un trucco?»
All’improvviso THX vide davanti a sé una barriera e del materiale da costruzioni disseminato sulla via, dietro la barriera. Si senti la voce di OMM.
— Andrà tutto bene. Siete nelle mie mani. Non avete nessun posto dove andare Nessuno…
Il radar segnalò l’emergenza, sul quadro comandi lampeggiarono le luci rosse e il sistema anti-collisione fece fermare automaticamente il motore e accendere i retrofreni.
L’autojet sbandò, rimbalzò contro una delle pareti del tunnel e andò a fermarsi stridendo proprio contro ‘la barriera.
Prima ancora che THX si fosse fermato, il primo poliziotto in elettromoto aveva già girato la leggera curva del tunnel, aveva cercato di fermarsi, ed era finito contro il muro. Il robot fu sbalzato all’indietro e la moto gli piovve addosso. Un attimo dopo arrivò l’altro e andò a sbattere contro il groviglio di rottami della prima moto. Il robot fece un gran volo e andò a picchiare contro la fiancata dell’auto di THX.
Il Controllore era spaventosamente livido.
— Deficienti! — ringhiò. — Idioti — integrali! Lasciarvi scappare di sotto il naso un uomo così terrorizzato! Le spese per la cattura di un uomo… e non sono mica ancora finite. — I suoi discorsi diventarono incoerenti.
In silenzio, guardò sullo schermo gigante THX uscire dall’autojet distrutta e guardarsi intorno tremante. Il robot della prima moto si stava alzando in piedi. Era tutto impolverato e accartocciato, ma funzionava ancora.
THX saltò la barriera e si mise a correre, superando la zona di costruzione abbandonata dal personale. Più avanti nel tunnel, era sistemata un’altra olocamera, che riusciva a inquadrare THX frontalmente. Il Controllore ordinò un primo piano della faccia del, fuggitivo. Aveva un’aria stanca, era quasi senza respiro e al limite dello sfinimento. Ma non c’era paura sulla sua faccia. Non più. Era una faccia piena, di determinazione.
Il Controllore scosse la testa e allungò la mano verso i flaconi di sedativi sul suo tavolo. «Perché uomini pieni di tanta forza non lavorano mai per noi?»
Il robot continuò a seguirlo. Anzi, adesso erano tutti e due i robot. a trotterellargli dietro. Uno zoppicava moltissimo e mandava un assordante rumore metallico. L’altro aveva perso un braccio. Ma non rinunciavano all’inseguimento.
— Vogliamo soltanto aiutarvi. Non avete niente da temere. Vi preghiamo di tornare. Non vi faremo del male.
THX vide davanti a sé una scala che saliva, con pioli d’acciaio che sporgevano dalla parete di metallo. Saliva così in alto che non si riusciva a vederne la fine. THX diede un’altra occhiata ai suoi inseguitori, poi si afferrò ai pioli e cominciò a salire.
I robot fecero lo stesso.
— Non potete sopravvivere nella struttura superficiale. Se continuerete ad andare avanti vi autodistruggerete. Tornate indietro con noi.
THX continuò a salire.
— Totale dell’unità monetaria: venticinquemila, in aumento. Dare priorità a cambiamento di valutazione.
— Arrendetevi alle autorità. Non dovete temere che voi stessa.
— Attenzione. Cambiamento di valutazione. Tutte le operazioni relative al fuggitivo uno uno tre otto, prefisso THX, sono cancellate. Dichiarate economicamente inefficienti. Passività eccessive. Le rendite ricavabili dal soggetto vanno cancellate. Le spese per THX uno uno tre otto sono chiuse. Trasferite gli agenti all’operazione tre due sette.
THX sentì questi ordini provenire dai robot stessi, e smise di salire. Si tenne stretto alla scala, ansimante e madido di sudore. Guardò in giù e vide che anche i robot si erano fermati.
— Dobbiamo tornare indietro. Questa è l’ultima possibilità che avete per tornare indietro con noi. Non ci sono posti dove possiate andare.
— Non potete sopravvivere fuori della città. Tornate con noi.
Per tutta risposta, THX riprese a salire, senz’alcuna esitazione. Continuò dolorosamente, piolo dopo piolo. Anche se lo aspettava la morte, là sotto era la morte comunque, anche potendo vivere mille anni.
Per un pezzo non udì altro che il suo respiro affaticato, non sentì altro che il metallo dei pioli nelle mani e il sapore del proprio sudore. Continuò a salire e salire.
Verso l’autodistruzione.