La strada più veloce per tornare a casa era lo scivolo lungo il corridoio pedonale principale. Ma THX vide che era bloccato.
La gente brulicava nel corridoio e lungo il nastro dello scivolo; alcuni erano pazienti, altri chiaramente irritati.
— È la quarta volta che si rompe questo mese.
— È da un’ora che è fuori servizio.
— Un’ora? Sono due ore che aspetto!
— Tenetevi al corrimano, prego — gracchiavano gli altoparlanti dall’alto, — State sulla destra; se volete passare, passate sulla sinistra. Tenetevi al corrimano…
THX cominciò a farsi strada a spallate. Ma man mano che avanzava la folla era sempre più fitta, finché raggiunse un punto dove non ci si poteva muovere: c’era un brusio, come vicino ad un alveare. Tutti ingoiavano pillole, e non si poteva andare né avanti né indietro.
— Non ho mai visto un ingorgo come questo.
— No… la settimana scorsa avreste dovuto vedere. Durò sei ore. Mi addormentai in piedi!
Non c’erano robopoliziotti in giro. Né squadre riparazioni. Né ordini, istruzioni o scuse dagli altoparlanti. Nient’altro che lo stupido: — Tenetevi al corrimano, prego…
Attraverso la foresta di teste, THX vide l’entrata di un ascensore. Si fece strada a gomitate e prese l’ascensore per il livello del supermercato. «Attraverserò quel livello, poi scenderò.»
Era affollato anche lì. La gente si comportava diversamente, nelle zone degli acquisti: erano tutti frenetici, spiritati, intenti a tener stretti i loro pacchi. Qui c’erano molti robopoliziotti con gli elmetti e le uniformi nere di pelle.
Dagli altoparlanti veniva una voce amichevole:
— Ricordatevi! Due soli giorni ancora per mettervi in regola con la Quota Consumo ottantotto. Non fatevi prendere sotto il livello di consumo. Siate i primi a raggiungere la Quota Consumo ottantotto. Comprate adesso!
«Devo» pensò THX. La sua ultima, quota era sotto il livello e non voleva che la cosa si ripetesse.
I magazzini erano affollati. «LUH. Voglio tornare da LUH.
Ma le voci insistevano:
— Due soli giorni ancora per mettervi in regola con… — Suonava come un ordine.
— Comprate adesso!
«Ci vorrà solo un minuto.»
Entrò nel negozio più vicino e trovò una catasta di esagoni di plastica arancioni. C’era stampigliato sopra il timbro «Quota Consumo 88». Ne prese uno e andò alla macchina vicina. Prese la scheda e la inserì.
— Un attimo — disse — questo è il vecchio tipo.
La voce metallica di un osservatore uscì dalla macchinetta. — Che c’è?
— Quest’unità di consumo è il tipo vecchio. Ho cambiato il mio consumatutto un mese fa e ho preso il tipo nuovo. Questo non andrà bene.
La macchina fece «click», poi si udì una voce femminile:
— Per maggior gratificazione ed efficienza il consumo è stato standardizzato. Scusate se avete dovuto affrontare qualche temporaneo inconveniente. Mettete la vostra scheda di riconoscimento nella lettrice. Trasferiremo le unità sul vostro conto appena possibile.
— No — disse THX. — La mia scheda l’avete già qui, e questo è l’esagono sbaglia…
— Per maggior… — ripeté la voce.
THX non si calmò. — Aspettate! La mia scheda è già nella lettrice. La voglio indietro.
Tornò la voce dell’osservatore. — Il meccanismo pare inceppato. State lì e vi manderemo un membro dello staff del magazzino.
— Ma ho fretta d’andare a casa!
Nessuna risposta.
THX si sentiva sciocco e arrabbiato allo stesso tempo, lì in piedi ad aspettare, con l’esagono in mano. Altri clienti, soprattutto donne, si erano avvicinati alla macchina.
— È inceppata — disse lui, poco convincente.
Una vecchia lo guardò male e disse: — Non so cosa stiate facendo, ma io chiamerò un poliziotto. — E corse via.
— Che cosa succede?
THX si voltò e vide un uomo della sua età, magro, dall’aria gentile, che sorrideva.
— La mia scheda è intrappolata nella macchina e io ho preso l’unità di consumo sbagliata.
Il direttore del magazzino scosse la testa borbottando. — Queste cose succedono spesso — disse. — Venite in ufficio con me, vi darò una scheda provvisoria. Vi restituiremo la vostra appena la squadra riparazioni la tirerà fuori.
— Ma ci vorrà del tempo — disse THX. — Non potete darmi adesso la mia? È qui.
Il direttore si strinse nelle spalle. — Ho l’aria di un meccanico? Non posso prendervi la scheda. Ci vorranno pochi minuti per farne una provvisoria.
Si era raccolto intorno un crocchio di clienti. Un uomo anziano, disse con voce stridula: — Io ci riesco a prenderla. Aspettate.
Spinse da parte THX con le sue fragili braccia e colpì la macchina con un pugno. La macchina sembrò rabbrividire, fece «click», e la scheda di THX saltò fuori.
— Visto? — Il vecchio sogghignò, la sua faccia raggrinzita sembrava una fisarmonica. — Adesso sapete come si fa!
Il direttore fece una faccia come se stesse per venirgli un colpo.
— Oh, grazie — disse THX.
— Vi darò l’unità giusta — disse il direttore, ignorando il vecchio.
Poco dopo THX lasciava il magazzino tenendo sottobraccio un esagono giallo leggermente più piccolo. Mentre stava per uscire, già un altro cliente stava colpendo la macchina coi pugni.
— Macchina idiota! Bisognerebbe ripararla, questa macchina! Tutte le dannate macchine!
Subito un robopoliziotto arrivò e afferrò per un braccio l’uomo. Stupefatto e spaventato, l’uomo fu trascinato via. THX senti di nuovo lo stomaco in subbuglio. Uscì e si affrettò verso casa.
«Sarà là. LUH sarà là.»
L’appartamento era buio.
THX aspettò che le luci dei pannelli si accendessero. L’appartamento era silenzioso. Accigliato, andò in cucina e mise in fretta l’esagono nel consumatutto. L’esagono scomparve col fischio prodotto dalla pressione allentata.
Guardò nell’olostanza. Non era lì. Sentì dentro rabbia, dolore e paura. Andò in bagno e aprì l’armadietto dei medicinali.
— Non farlo.
Si girò e la vide. Aveva un’aria ansiosa. Ed era così bella. Come una bambina.
— Non hai bisogno di medicine — disse lei, in un sussurro.
— Ma…
— No. — Gli si avvicinò e gli toccò una spalla. — Non nasconderti dietro le pillole. Affronta il mondo, il mondo vero.
— Non capisco.
Lei lo guardava con occhi preoccupati eppure quasi felici. — Non hai bisogno di medicine — ripeté.
— Mi sento male.
Lei annuì. — Vuoi qualcosa da mangiare? O vuoi riposare?
— No, niente cibo. Mi metterò un po’ a letto. Sono stanco.
Si appoggiò alla spalla di lei e andarono insieme in camera da letto. THX si sdraiò; lei sedette sull’orlo del letto, vicino a lui. THX si sentiva bruciare e il cuore gli martellava. Ma non stava male. Si sentiva esaltato, terribilmente felice.
Toccò LUH con mani tremanti. Lei si chinò e si baciarono. Fece scivolare le mani sul corpo di lei, le insinuò sotto la camicia e senti la sua pelle calda, tenera, incredibilmente bella. Tastò i suoi seni dolci e i piccoli capezzoli eretti. Le loro bocche si unirono e giacquero l’uno accanto all’altra.
Qualcosa di molto remoto nella sua mente lo avvertiva del pericolo, ma non se ne curò. I loro corpi erano premuti l’uno contro l’altro, e sentiva che lei lo desiderava terribilmente, come lui desiderava lei. Annaspò comicamente per toglierle la camicia. Lei lo aiutò, mentre le toglieva i pantaloni.
— E tu? — sussurrò LUH, mentre THX le guardava il corpo nudo.
Per un attimo insopportabile non seppe cosa fare. Poi si alzò in fretta e si tolse i vestiti.
LUH gli accarezzò il petto. — Sei bello — disse, sorridendogli.
— No, sei tu che sei bella — disse lui. — Sei… — Ma non trovò le parole, e allora la tirò a sé e la baciò e gli parve che il mondo scomparisse e restasse soltanto lei. Lei era tutto il mondo, tutto il calore, la bellezza, l’immenso, incredibile piacere del mondo.
Lei gli disse qualcosa all’orecchio, qualcosa di insistente, ma lui non sentiva nemmeno. Lei era fra le sue braccia, e adesso gli sembrava di capire, di capire che il mondo erano loro. Non udire niente e non vedere niente, ma sentire, sentire l’esplosione frenetica della gioia.
Dopo che ebbero fatto l’amore, fu assalito da dubbi. «Quello che avete fatto è sbagliato! Immorale! Illegale!» Si voltò a guardare LUH, che era assopita vicino a lui, con le labbra allungate in un sorriso. E pensò: «Vadano al diavolo. Al diavolo tutto. Lei è quello che voglio. Mi rende felice».
Poi pensò: «Tra l’altro, come possono sapere? La possibilità che stiano osservando questo appartamento è infinitesimale. Non lo sapranno mai».
Si addormentò. Quando si svegliò, LUH era in cucina. La raggiunse, con indosso solo i pantaloni del pigiama. Lei era completamente vestita. Si voltò e gli disse: — Ciao — come se fosse la prima volta che si vedevano dopo anni.
Ridendo, le si avvicinò e cominciò ad aprirle la camicia. Lei gli prese la faccia tra le mani. — Non hai fame?
— Sì — disse lui, e ‘le aprì la camicia completamente, circondandole con le braccia la vita.
— Di cibo?
THX rise.
LUH andò allo sportello della cucina, prese un tubetto di surrogato di formaggio e lo schizzò addosso a THX.
— Ehi, no! — Lui si tirò indietro. — No, no! Andrà a finire sul pavimento!
LUH gli tirò addosso un intero pacchetto di cibo in pillole… THX si chinò istintivamente, ridendo. Le pillole si sparsero in terra. Sempre ridendo, lui si inginocchiò per raccoglierle. Anche LUH si chinò e le loro teste s’incontrarono sotto il tavolo da cucina. Lei ridacchiava.
THX disse, più serio che poté: — Non ero mai stato sotto a un tavolo.
Lei rideva come avesse preso troppi eccitanti. Indicò il piano inferiore della tavola lucida e disse: — Guarda. È sporca.
THX guardò la macchia. — Non è sporca, non può. Lo sporco è proibito.
— Ma sembra sporca.
Dopo un attimo lui disse: — Ma io ho qualcosa di meglio — e allungò il pugno chiuso. Lei lo ‘toccò e l’aprì, e sul palmo apparvero le pillole. — Vedi, è cibo.
LUH scosse la testa. — No, non può essere.
— Eppure sembra cibo.
Mise una pillola in bocca. — Sa di cibo.
Lei gli colpì la mano e le pillole caddero tutte. LUH ne raccolse ridendo una manciata e le buttò nel consumatutto. — Prodotte per essere consumate!
THX rise. LUH aprì un armadietto e tirò fuori altri pacchi di pillole. Li aprì e li vuotò nel consumatutto.
— Ehi, aspetta un attimo! — Balzò in piedi. — Non tutte! Ho fame!
Lei gliene gettò qualcuna. THX si chinò per raccoglierle. Anche lei si chinò. THX si mise a accarezzarle i seni.
— Mi fai male!
Lui smise.
— No, non smettere.
— Ma…
LUH gli prese le mani e se le rimise sul seno. — Non smettere. Non smettere mai.