7

Pen stentò a svegliarsi. Qualcuno bussava alla porta. Perché la porta era chiusa e chi… Poi si ricordò. Era arrivata Melanie. E il suo ragazzo. Quel poveretto che ho accoltellato.

E se l’avessi ucciso?

Pen fu scossa da un brivido.

La porta si aprì e nella fessura apparve il viso di Melanie. Appariva turbata e confusa. «Ti conviene vestirti.»

«Che cosa è successo?»

«Abbiamo ascoltato il nastro.»

Pen sentì un nodo alla gola. «Maledizione, grazie infinite! Tu e Bodie insieme?»

«C’era anche la voce di Joyce.»

«Eh?»

«Sul nastro. Papà è rimasto ferito, l’hanno portato al Pronto Soccorso. Joyce non ha detto come stava, solo che aveva avuto un incidente terribile.»

«Oh Dio, no!»

«Sarà meglio andare all’ospedale.»

«Sì, sì. Sarò pronta fra un minuto.»

La porta si chiuse.

Pen balzò giù dal letto e si levò il pigiama.

Un incidente. Papà.

Con la mente confusa, prese un paio di mutandine dal cassetto e le indossò. Stava ancora tirandole su mentre si precipitava all’armadio. Staccò un paio di pantaloni bianchi dalla stampella, li infilò e afferrò la camicetta più vicina. Era color borgogna, troppo elegante per i pantaloni, ma non se ne curò. Se la mise e calzò i sandali mentre se l’abbottonava. Lasciò fuori la camicia dai pantaloni. Fece scorrere la lampo mentre correva alla porta.

«Chiamarla…» stava dicendo Bodie quando entrò in soggiorno. «Potrebbe dirti come sta.»

«Penso di sì.»

«Chiamare Joyce?» chiese Pen. «Sicuro.» Andò in cucina. Il telefono staccato dalla presa era ancora in cima al frigorifero. Lei lo tirò giù e lo attaccò alla parete. Con mano tremante compose il numero. Melanie si mise accanto a lei.

Segnale di occupato.

Pen riappese. «È occupato.»

Melanie chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un profondo sospiro, come se il fatto di rimandare le notizie rappresentasse una benedizione.

Pen attirò dolcemente la sorella verso di sé. Melanie l’abbracciò e posò la fronte contro il collo di Pen. Il suo respiro alitava caldo attraverso la camicetta. «Non preoccuparti, va bene?»

«Ho paura.»

«Anch’io.»

«E se è morto?»

«Non è morto, altrimenti Joyce l’avrebbe detto.» Ma io avevo i telefoni staccati, pensò Pen. Joyce potrebbe aver richiamato. «Coraggio, Mel, andiamo», e trascinò via la sorella. «Sai dove l’hanno portato?»

«Al Beverlywood Medical Center.»

«Bene, non è lontano.»

Si affrettarono verso l’uscita dell’edificio. Bodie si offrì di guidare. Pen occupò il sedile dei passeggeri per indicargli la strada, mentre Melanie si rannicchiò dietro appoggiandosi agli schienali dei sedili anteriori.

Pen si sentiva ancora intontita. Niente di tutto questo sembrava reale.

«A destra sul Pico», indicò la strada a Bodie.

Quando finalmente vide l’ospedale in fondo all’isolato, ebbe l’impressione di essere in un ascensore, con il pavimento che le mancava sotto i piedi.

«Eccolo», annunciò con voce soffocata.

Bodie accostò al marciapiede. «È abbastanza vicino al marciapiede?» domandò.

«Va bene», disse Melanie.

È vicino come non vorrei essere, pensò Pen.

Scesero. Bodie mise il disco orario. Melanie gli prese la mano e Pen li precedette.

Il cielo del mattino era di un azzurro intenso. La leggera brezza, dopo la pioggia della sera prima, faceva sollevare la camicetta di Pen. Lei notò che sapeva di buono e si chiese come mai qualcosa potesse essere gradevole in quel momento, con lo stomaco contratto e le gambe che la reggevano appena. Con suo padre nell’edificio là davanti…

Lui deve esser vivo. Deve. Ti prego.

Una donna si avvicinava spingendo una carrozzina per bambini.

Lui aveva sempre desiderato un nipotino.

Solo una settimana fa aveva detto: «Non sono più giovane, sai? Perché non esci e non ti dai da fare?»

Pen aveva la gola stretta. I suoi occhi cominciarono a bruciare.

Cristo, adesso non piangere.

Lui sta bene, maledizione.

Non crollare davanti a Melanie. Controllati.

Sbirciò dietro. Melanie stringeva la mano di Bodie e fissava il marciapiede. Bodie incontrò il suo sguardo. Pen si domandò come doveva sentirsi a trovarsi al centro di una tragedia famigliare. Probabilmente desiderava non essere mai partito da Phoenix. Prima veniva pugnalato, e adesso questa storia.

Pen raggiunse l’incrocio e premette il pulsante del semaforo per attivare il segnale Avanti. Aspettarono. Dall’altra parte del Pico Boulevard c’era un viale: Ingresso ambulanze. Un’auto della polizia era ferma al marciapiede.

Scattò il verde. Pen si staccò dal marciapiede e una mano le afferrò la spalla da dietro. Costringendola a fermarsi. Una macchia rossa sfrecciò via rombando e colpendola con il flusso del tubo di scappamento. Mentre indietreggiava barcollando, Pen vide una Porsche che accelerava.

«Quel farabutto è passato con il rosso», borbottò Bodie.

Pen si voltò verso di lui. Che le tolse la mano dalla spalla. «Grazie. Sarà meglio che guardi dove vado.»

Melanie teneva una mano premuta sul cuore. Aveva gli occhi sbarrati e ansimava, come se qualcuno le fosse saltato addosso nel buio.

«Stai bene?» le chiese Pen.

Melanie annuì.

Il verde stava già lampeggiando, perciò aspettarono un altro giro di semafori. Quando tornò il verde, Pen guardò l’incrocio prima di scendere dal marciapiede.

Sul lato opposto, si diresse verso il viale delle ambulanze, capì che non poteva entrare e si voltò confusa. Poi scrollò le spalle, passò davanti a Bodie e Melanie e vide una porta di fronte al Beverly Drive.

Il senso di torpore aumentò quando si aprirono le porte a vetri.

Entrò in una sala di ricevimento. Una giovane donna che si mordicchiava il labbro inferiore la sbirciò nervosamente e guardò altrove. Era seduta su una panca e reggeva la mano di un bambino di circa cinque anni che stava chino in avanti per guardare la donna nera con uno straccio insanguinato avvolto intorno al braccio. La nera, su una sedia contro la parete, si teneva il braccio e dondolava avanti e indietro canticchiando sommessamente. Nei suoi occhi c’era uno sguardo impassibile. Il bambino smise di fissarla, distratto dai nuovi arrivati, evidentemente per vedere se erano feriti.

Pen si voltò verso lo sportello alla sua sinistra. Attraverso il divisorio di vetro, vide due donne in divisa bianca. Una stava seduta a una scrivania. L’altra, robusta e con i capelli castani, alzò lo sguardo dai fogli e sorrise a Pen avvicinandosi allo sportello.

Pen s’irrigidì.

Eccola lì a pochi passi, a poche parole, a pochi attimi dal sapere la verità… e il peso di tutto questo la paralizzava. Fissò la donna e cercò di respirare.

Bodie le si avvicinò. Si sporse verso il vetro e disse: «Abbiamo saputo che un certo Whit Conway è stato portato qui ieri, dopo un incidente. Queste sono le sue figlie. Sono terribilmente ansiose di sapere come sta».

La donna guardò qualcosa sotto il banco dello sportello. «Whitman Conway?»

«Sì.»

«È stato ammesso con un’ambulanza ieri sera, era accompagnato dalla moglie.» L’infermiera smise di parlare, ma continuò a leggere.

Pen sentì contrarsi lo stomaco.

Melanie le prese la mano.

«La diagnosi era frattura bilaterale della rotula…»

«Che cosa vuol dire?» s’informò Bodie.

«Tutte e due le rotule rotte. Anche il braccio destro era fratturato», aggiunse l’infermiera tralasciando il gergo medico. Si sfregò la bocca. «Aveva inoltre una grave ferita alla testa, quando l’hanno portato in ospedale.»

La mano di Melanie tremò in quella di Pen.

«E stato ricoverato in ospedale per un intervento chirurgico. Qui ho solo i dati del ricovero, perciò dovrete informarvi presso l’ospedale principale per avere notizie sulle sue attuali condizioni.»

L’infermiera diede le indicazioni a Bodie. Lui annuì, poi domandò: «Si sa come è rimasto ferito?»

«È stato investito da un’auto mentre attraversava una strada a Beverly Hills. Un pirata della strada. Scappato.»

Bodie la ringraziò. Fece strada verso una porta in fondo alla sala, Pen e Melanie lo seguirono in un corridoio.

Investito da un’auto. Pen pensò all’episodio di poco prima sul viale, ma nella sua mente Bodie non era riuscito a fermarla e l’auto l’aveva colpita alle ginocchia.

Papà.

Una grave ferita alla testa.

Chirurgia.

Se non altro non è morto, si disse. Se non altro non era morto quando aveva lasciato il Pronto Soccorso.

La donna l’avrebbe saputo se fosse morto più tardi? Forse no. O forse lo sapeva, ma preferiva che fosse qualcun altro a dare la notizia.

Sbucarono dal corridoio in un atrio. Le doppie porte a vetri si affacciavano sul Pico. Una donna sedeva alla scrivania delle informazioni.

«Cercherò di sapere che cosa succede», decise Bodie. «Voi due perché non vi sedete?»

Pen annuì. Guidò Melanie verso un divano vicino alla parete e sedettero.

Bodie parlò con la donna alla scrivania. Lei fece una telefonata e gli disse qualcosa. Lui andò a sedersi accanto a Melanie. «Fra poco viene un medico a parlare con noi.»

Aspettarono.

Pen si sfregò le mani sudate sui pantaloni.

Mi dispiace, abbiamo fatto quanto era umanamente possibile.

Un uomo uscì da una porta in fondo all’atrio. Camminava direttamente verso di loro. Non era il vecchio medico che Pen si era aspettata. Appariva giovane, non più di trent’anni, di bell’aspetto ed energico. Aveva scarpe da tennis bianche, ma indossava pantaloni grigi e una giacca bianca slacciata, una camicia a scacchi e una cravatta verde, allentata. Teneva in mano una cartella clinica.

Pen cercò di leggere la sua espressione. Impassibile. Il viso non tradiva niente.

Bodie si stava già alzando.

Anche Pen si costrinse ad alzarsi, Melanie esitò, poi la imitò.

«Sono il dottor Gray», si presentò il medico e strinse la mano a Bodie. «Sono il neurochirurgo che ha operato il signor Conway.» Aveva una voce gradevole, un sorriso simpatico.

«Come sta?» chiese Melanie in un bisbiglio soffocato.

«Le condizioni di suo padre sono stabili.»

Le parole del dottore dissiparono la nebbia nella mente di Pen.

Papà sta bene.

Le salirono le lacrime agli occhi. Mio Dio, lui è vivo, non è morto. «Possiamo vederlo?» domandò balbettando. Balbetto, non me ne importa.

«Certamente. Ma prima dobbiamo parlare. Da questa parte, prego.»

Parlare.

Non è tutto a posto.

Il dottor Gray li guidò in un ufficio. Sedettero sulle poltroncine, lui sullo spigolo della scrivania, di fronte.

«Vostro padre ha subito ciò che noi chiamiamo un ematoma sottocutaneo. L’impatto dell’incidente ha provocato la rottura dei vasi sanguigni nel cranio. Lo abbiamo operato immediatamente dopo il ricovero di ieri notte per aprirgli il cranio e allentare la pressione del sangue all’interno, e per fermare l’emorragia. L’intervento è andato bene. Tuttavia vostro padre ha subito un certo danno al cervello, il che è quasi inevitabile, considerando il trauma subito.» Con la fronte corrugata, il dottor Gray si sfregò la guancia come se controllasse le basette. «Ho visto pazienti in condizioni peggiori di quelle di vostro padre raggiungere una guarigione completa. Altri non sono stati così fortunati. Ma vostro padre è in ottima forma per un uomo della sua età, perciò possiamo essere moderatamente ottimisti. Al momento, però, è in stato comatoso.»

«È in coma?» ripeté Bodie.

«Non ha ripreso conoscenza dal momento dell’incidente. Tuttavia non corre pericolo immediato. Lo teniamo in vita e le sue condizioni sono controllate costantemente. Dà buoni segni di vitalità.»

«Crede che ne verrà fuori?» volle sapere Bodie.

«Non si può dire. Potrebbe uscire dal coma oggi stesso o la settimana prossima…»

«O mai», concluse Melanie.

«Esiste anche questa possibilità. Ma noi faremo tutto il possibile.»

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