18

Pen sterzò nel viale e andò a fermarsi dietro la Mercedes di Harrison. Con il motore acceso.

Bodie si sfilò l’orologio e lo tese a Pen. «Cinque minuti», disse.

«Ho paura.»

«Io no.»

«Si vede.»

«È stato bello conoscerti.»

«Molto divertente.»

Bodie scese dall’auto. Aveva l’impressione di trattenere il respiro. Gli pareva che le gambe si piegassero, ma le costrinse a muoversi, una dopo l’altra, finché raggiunse la porta d’ingresso.

Premette il campanello.

Bodie respirava a fatica.

Si chiese quando Pen avesse cominciato a contare i cinque minuti, se dal momento in cui era sceso dalla macchina o se aveva deciso di aspettare che fosse entrato in casa.

Allungò la mano per suonare di nuovo e la porta si aprì.

Harrison inarcò un sopracciglio. Indossava una vestaglia blu a strisce bianche e non impugnava una pistola. «Guarda chi c’è!» esclamò.

«Scusi se la disturbo», attaccò Bodie, cercando senza successo di impedire alla voce di tremare.

Harrison si piegò di lato e guardò oltre Bodie. «E uno. Dov’è l’altra sorella, chiusa in una cabina telefonica?»

«Posso entrare? Vorrei parlarle.»

Harrison si spostò per lasciarlo entrare. «Suppongo che lei sia stato scelto per rappresentare il comitato di reclamo.»

«Qualcosa di simile.»

Harrison chiuse la porta. «Che cos’ha in mente di fare, prendermi a pugni?»

«No, grazie.»

«Allora che cosa?»

«Sappiamo di lei e Joyce.»

Harrison fece una smorfia. «È abbastanza ovvio, a questo punto. È fuori strada, tuttavia, se crede che io abbia qualcosa a che fare con l’incidente.»

Bodie si sentì mancare. «Non so che cosa…»

«Lei non c’entra con la telefonata o con la visita nel mio garage?»

Bodie captò un movimento di lato. Voltando la testa vide Joyce appoggiata alla porta dell’anticamera.

Indossava un accappatoio troppo grande per lei. Le maniche erano arrotolate sopra i polsi. «Quando torno a casa», sibilò la donna, «ve ne andate tutti e tre. Non voglio rivedervi mai più.»

«Bene», approvò Bodie.

«Chi paga per la finestra del garage?» volle sapere Harrison.

«Melanie», rispose pronto Bodie e si chiese se la sua voce fosse abbastanza forte per far uscire la ragazza dal suo nascondiglio.

«Lo sapevo», commentò Joyce.

«Quella pazza puttana», aggiunse Harrison.

«Stia a sentire, signor…»

«No, stia a sentire lei. Noi non apprezziamo il fatto di essere i bersagli di una folle vendetta, e i tribunali hanno opportuni rimedi…»

«MELANIE!»

«Che diavolo sta cercando di…»

«MELANIE, VIENI FUORI!»

Joyce si strinse l’accappatoio attorno al corpo e rimase irrigidita, con un’espressione di paura sulla faccia.

«È qui?» tuonò Harrison. «Maledizione, quella dannata puttana è in casa mia…»

Bodie gli passò davanti.

Harrison lo agguantò alla spalla. Con un gesto fulmineo, Bodie gli scostò la mano. «Saremo fuori di qui in…»

Joyce strillò. L’espressione furente di Harrison si tramutò in sorpresa. Bodie si voltò in tempo per vedere Joyce atterrare sul pavimento con Melanie sulla schiena. A cavalcioni sulle natiche della malcapitata, Melanie le strappò i capelli, le piegò indietro la testa e le sferrò un pugno alla guancia.

Bodie, spintonato da Harrison, cadde contro una sedia. Si rialzò. Mentre si lanciava attraverso la stanza, vide Harrison afferrare Melanie per il colletto della felpa nel tentativo di allontanarla da Joyce. La felpa senza maniche volò sopra il corpo della ragazza, le coprì la faccia, le inchiodò le braccia per un istante, poi si sfilò completamente. Harrison perse l’equilibrio, agitando l’indumento in direzione del soffitto, e cadde a terra.

Melanie, nuda fino alla vita, prese a tempestare di pugni la nuca di Joyce.

Harrison si stava rialzando.

Bodie lo ignorò, afferrò il braccio di Melanie e la trascinò via da Joyce.

«Lasciami andare!» gridò Melanie.

«Vieni.»

Lei cadde in ginocchio, trascinata da Bodie.

«Calmatevi tutti quanti!» gridò Bodie. «Ce ne andiamo. Subito.»

«Pazza puttana!» gridò Joyce.

Harrison si mosse.

«Lasciala stare!» lo avvertì Bodie.

L’altro caricò. Con la punta della scarpa colpì Melanie alle costole, appena sotto l’ascella. Lei si liberò della stretta di Bodie e cadde sbattendo il viso sullo spigolo di un tavolo. Harrison si lanciò verso Bodie che lo bloccò torcendogli il braccio dietro la schiena e lo sollevò da terra. Mentre Harrison cadeva, Bodie gli sferrò una ginocchiata nel ventre. «Ti avevo detto di lasciarla stare!»

Melanie era in ginocchio, una mano sul tavolo, l’altra premuta sulla guancia. Il sangue le colava fra le dita. Sul fianco un livido rosso per il calcio ricevuto.

Bodie si accovacciò e le porse la felpa. «Andiamo», disse con voce gentile. «Andiamo fuori di qui.» Mettendole le mani sotto le ascelle sollevò la ragazza. Lei sembrava molto pesante. Poi si appoggiò sulle gambe. Bodie la guidò verso la porta.

«Io… chiamo la polizia!» gridò Harrison.

Bodie si guardò attorno. L’uomo stava rannicchiato su un fianco, tenendosi lo stomaco. «Fai pure, sbruffone. Ma ti conviene avere un buon alibi per venerdì sera.»

«Pazzi fottuti! Tutti e due.»

Joyce, in ginocchio, si strinse addosso l’accappatoio con le mani; fissava la scena attraverso le ciocche di capelli. La donna non parlò.

Melanie aprì la porta.

Bodie, tenendole un braccio sulla schiena, l’aiutò a scendere gli scalini del portico. Era ancora giorno e lei si premeva la felpa sul viso, ma nascondeva i seni sotto le braccia.

Pen, con un’espressione sbalordita, girò attorno all’auto e aprì la portiera posteriore. «Mio Dio, che cosa è successo?»

«Andiamo via.»

Melanie si rannicchiò sul sedile posteriore, Bodie sedette accanto a lei. Pen si mise al volante. Portò l’auto fuori dal viale e accelerò. «Dove vado?»

«Alla mia macchina.»

«Non sarebbe meglio portarla al Pronto Soccorso? Che cosa le è capitato?» s’informò Pen.

«Ha un piccolo taglio sotto l’occhio. È caduta contro un tavolo», spiegò Bodie.

«Sto bene», mormorò Melanie.

«Meglio portarla al Pronto Soccorso», insistè Pen.

«Sto bene», ripeté sua sorella.

«Ho in macchina una borsa per il pronto soccorso.» Bodie la costrinse ad abbassare la testa sulle sue ginocchia. «Fammi vedere.» Le sollevò la felpa dalla guancia. Il taglio era un centimetro sotto l’occhio sinistro. Il sangue usciva dalla ferita. Lui lo asciugò.

«Che cosa è successo là dentro?» volle sapere Pen. «C’è stata una lotta?»

«Un po’ di trambusto.»

«Hai inchiodato Harrison», ricordò Melanie, e gli sorrise.

«Perché non ti rimetti questa?»

Lei si drizzò, infilò la felpa. Tirò giù l’indumento dalla testa e con il fondo si coprì la guancia. Le spuntava fuori il seno sinistro. Aveva una macchia di sangue vicino al capezzolo.

«Hai scoperto qualcosa?» domandò Pen.

«Sanno che sospettiamo di loro», rispose Bodie.

«E tu, Mel? Dove sei stata tutto il pomeriggio?»

«In camera da letto. Sotto il letto.»

«Che cosa hai sentito?»

«Sono stati loro.»

«A investire papà?»

«Sì.»

«Che cosa hanno detto?»

«Non adesso. Non… non mi sento troppo bene.»

«Si è presa un calcio nelle costole», intervenne Bodie.

Pen si fermò dietro il furgone. Melanie diede le chiavi a Bodie e lui aprì lo sportello. Fu contento di vedere che Melanie aveva abbassato la felpa prima di scendere dall’auto di Pen.

Salirono tutti e tre sul furgone. Mentre Bodie chiudeva gli sportelli, Melanie si adagiò sul sacco a pelo, e si portò nuovamente la felpa macchiata di sangue alla guancia.

Bodie prese la borsa del pronto soccorso. Spalmò una crema disinfettante sul taglio e vi applicò una garza.

Pen, accosciata al suo fianco chiese: «E adesso che cosa facciamo? Andiamo alla polizia?»

«Non credo sia il caso», replicò Bodie. «Melanie è entrata in casa illegalmente. Ed è stata lei a iniziare la rissa. Potremmo finire incriminati entrambi.»

«Magnifico», mormorò Pen.

«Harrison ha minacciato di denunciarci alla polizia. Però, non credo che avrà il coraggio di farlo.»

Pen guardò la sorella. «Davvero l’hai sentito ammettere di aver investito papà con l’auto?»

«Sì.»

«E Joyce?»

«Lei era complice. L’hanno fatto insieme, proprio come pensavo.»

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