21

Melanie cacciò una mano nella tasca dei pantaloni di fustagno e tirò fuori due pillole. «Sapevo che non erano aspirine», disse con voce piatta. Fissò Pen con occhi privi d’espressione. «Mi hai dato un sonnifero. Per passare la notte con Bodie, per sedurlo.»

«Cielo!» mormorò Bodie.

«Non è questa la ragione», ribatté Pen. «Temevo che andassi fuori a cercare Harrison.»

«Puttana», disse Melanie, calmissima.

«Mel!» Sbottò Bodie. Lei girò lentamente la testa. «Che cosa?» domandò.

«Non parlare a quel modo. Lei è dalla tua parte. Tutti e due siamo dalla tua parte.»

«Volete togliermi di mezzo.»

«Non essere ridicola.»

Un placido sorriso senza umorismo increspò le labbra di Melanie.

Mio Dio, pensò Pen, che cosa le abbiamo fatto?

Bodie si rivolse a Pen. «Sarà meglio che partiamo subito», decise. «Non credo che dobbiamo aspettare fino a domattina. La riporto subito a casa.»

«Sì.»

«Non possiamo partire», intervenne Melanie. «Non l’hai ancora scopata. Devi fotterla. Tutti devono fotterla.» Il modo blando in cui lo disse sorridendo, fece venire la pelle d’oca a Pen.

Bodie si alzò. Girò attorno al tavolino, passò davanti a Melanie e sollevò le valigie che aveva lasciato vicino alla parete quando le aveva riportate dall’auto. Melanie, in piedi immobile, lo seguì con uno sguardo impassibile.

Anche Pen si alzò. Rimosse la sedia dalla maniglia e aprì la porta.

Bodie la guardò con occhi così angosciati che lei avrebbe voluto gettargli le braccia al collo. «Andrà tutto bene», la rassicurò lui.

«Non credo.»

«Le passerà, quando saremo partiti.»

Davvero? Pensò Pen. Non voglio e neppure tu.

«Vieni, Melanie», disse Bodie in tono gentile.

Lei avanzò verso Bodie, gli occhi impassibili puntati su sua sorella. «Prima è arrivato l’amore», cantilenò a voce. «Poi è arrivato il matrimonio e poi ecco Penny con una carrozzina per bambini.»

«Arrivederci», salutò Bodie.

Pen rispose con un cenno del capo.

Poi i due uscirono. Pen dalla balconata osservò sua sorella seguire Bodie fino alle scale, scendere. Quando furono fuori dalla vista, sentì aprire e chiudere il cancello di ferro. Allacciò le braccia sui seni per trovare un po’ di calore nel freddo della notte. Unì le gambe nude. E serrò i denti perché non battessero.

Seguì il rumore lontano del furgone che partiva.

Ecco, pensò. Se ne vanno.

«Ehi, bambola, ti riscaldo io», gridò Manny dalla porta del suo appartamento.

Lei non si sentì né offesa né minacciata. Non provava niente per Manny. Non era importante.

Rientrò in casa e chiuse la porta. Fece scorrere la catena e guardò la sedia che aveva messo contro la maniglia.

Che importa?

Non aveva paura. Pensò vagamente che doveva essere contenta di non aver più paura, ma non era più importante.

Inserì la spina del telefono in cucina nella presa a muro.

Lascia pure che il bastardo chiami, pensò. Non può turbarmi.

Pietre e bastoni possono rompermi le ossa, ma le parole…

Pen e Bodie seduti su un albero che si baciano.

Le parole non possono ferirmi.

Come mai tutto è andato così storto?

Sono partiti. Non rivedrò più Bodie. Melanie mi odia a morte. Lei crede che… Ha ragione.

Bodie. Oh Dio, Bodie.

Vagò in camera da letto e accese la luce. Desiderava sdraiarsi, dormire, dimenticare.

Neanche le nove.

Le nove. Avevano saltato le ore di visita all’ospedale.

Quel giorno non aveva pensato neppure per un momento a suo padre.

Vado a trovarlo domani, promise a se stessa.

In bagno, si lavò i denti e la faccia. Poi tornò nella camera. Si spogliò, ultime le mutandine.

Nessuno le aveva prese. Tutto nella mia testa.

Non dobbiamo temere nessuno tranne noi stessi.

Lasciò cadere l’indumento sul pavimento, spense là lampada e s’infilò tra le lenzuola. Dapprima erano fredde sul corpo nudo, poi calde.

Pensò a Bodie che guidava nella notte, con Melanie silenziosa sul sedile dei passeggeri. Lui cercava di scusarsi? Melanie lo ascoltava? Oppure era distante, persa nel suo mondo interiore?

Non essere troppo dispiaciuta per lei, concluse Pen. Anche Bodie e io abbiamo il nostro mondo di dolore, tutto perché non volevamo farle male.

Ma l’abbiamo offesa e ferita.

E anche noi.

Maledizione.

Perché non ha preso le pillole?

Forse è meglio così. Se avesse dormito, Bodie e io… avremmo finito con il fare l’amore.

Probabilmente.

Senza probabilmente.

Non pensarci. Non pensarci proprio.

Tirò giù il secondo cuscino e se lo strinse sui seni.

Ricordava la sensazione di baciare Bodie.


La lancetta della benzina del furgone di Bodie indicava che c’era solo un quarto di carburante. Lui procedeva verso sud in Robertson Boulevard. Se ricordava correttamente, mancavano solo un paio di chilometri alla rampa d’ingresso della Santa Monica Freeway. Una volta in autostrada, fermarsi a far benzina sarebbe diventato un problema.

Mentre aspettava a un semaforo, vide una stazione di servizio sull’altro lato dell’incrocio.

Scattò il verde. Bodie passò l’incrocio e svoltò nella stazione di servizio. Si fermò accanto alle pompe. Levò la chiavetta dell’accensione. Girandosi sul sedile sbirciò nel buio del fondo del veicolo e disse: «Torno fra un minuto».

Melanie non rispose.

E se non era là dietro?

Doveva esserci. Bodie sapeva che avrebbe sentito aprirsi le portiere, se lei avesse cercato di sgattaiolare via.

Ma lui si pose la domanda.

Accese la luce e vide Melanie distesa sul sacco a pelo, le mani allacciate sul ventre. «Stai bene?» le chiese.

Lei non parlò e non si mosse.

«Non prendertela», aggiunse lui. «D’accordo? Non è successo niente fra me e Pen. Inutile rimuginarci sopra.»

Lei non rispose.

Bodie scese dal furgone. Mise la chiave nella tasca dei pantaloni e tirò fuori il portafoglio mentre si avvicinava all’ufficio della stazione. Camminando, guardò dietro un paio di volte.

In realtà non si aspettava che Melanie scattasse all’improvviso, ma ultimamente la ragazza aveva compiuto un sacco di gesti imprevedibili.

Inserì la carta di credito nella fessura sotto il divisorio di vetro. L’uomo dall’altra parte la raccolse. Bodie gli disse il numero della pompa che voleva usare, poi si diresse verso il veicolo.

Anche se non aveva mai perso d’occhio il furgone, decise di assicurarsi ancora una volta che Melanie fosse nell’interno, prima di ripartire.

Non va da nessuna parte, pensò. È sotto choc.

Infilò il becco della pompa nel serbatoio e tenne abbassata la leva.

Domani probabilmente le sarà passata. Forse mi pianterà, così mi risparmia il disturbo.

Quando il serbatoio fu riempito, Bodie riattaccò la pompa al suo posto, avvitò il tappo e ritornò verso l’ufficio.

Manca meno di un mese alla fine del semestre. In un modo o nell’altro per allora avremo troncato e io tornerò da Pen.

Bodie riprese la sua carta di credito, firmò il modulo. Staccò la ricevuta del cliente e lasciò cadere il resto nell’apposita fessura. L’uomo del distributore lo ringraziò.

Tornò indietro verso il furgone.

Salì al volante, accese la luce e controllò dietro. Melanie giaceva là come prima. Sembrava che non avesse mosso un muscolo per tutto il tempo che lui aveva impiegato a riempire il serbatoio.

Spense la luce, tirò fuori le chiavi e avviò il motore.

Con un po’ di fortuna, pensò, lei se ne starà buona e tranquilla là dietro per tutto il viaggio.

Bodie proseguì su una via laterale, si fermò all’angolo, poi svoltò a destra su Robertson Boulevard. Di nuovo nel viale, si chiese se doveva svoltare a destra o a sinistra quando avesse raggiunto l’autostrada.

Bastava aspettare i cartelli.

Qualsiasi strada vada a est… non devi finire davanti all’oceano.

Forse per l’estate ci sarà un appartamento libero nello stabile di Pen.

Si fermò ad aspettare il verde.

La questione reale è: ce la farò ad aspettare che finisca il semestre?

Sentì un leggero movimento alle sue spalle.

Perlomeno Melanie non era paralizzata.

Potrei andare a trovarla durante il week-end. Appena chiarita la situazione con Melan…

Un dolore atroce esplose nella testa di Bodie.


Pen si svegliò di soprassalto tremando e respirando a fatica, con il cuore che martellava.

Un campanello.

Qualcuno alla porta?

Suonò di nuovo.

Il telefono?

Scese dal letto e corse nella stanza, timorosa che il suono cessasse prima che lei raggiungesse l’apparecchio.

Chi poteva essere?

Sperò che fosse Bodie. Poteva essere chiunque.

L’uomo delle telefonate oscene. Harrison o Joyce. L’ospedale. Mio Dio, fa’ che non siano cattive notizie.

Forse hanno sbagliato numero.

Il telefono squillò di nuovo.

Il corridoio era illuminato debolmente dalla lampada in soggiorno che lei non s’era curata di spegnere.

Sbatté la mano contro lo stipite della porta della cucina per fermarsi, girò l’angolo e sollevò la cornetta…«Pronto.»

«Sei tu, vero?»

Pen conosceva la voce. La sua pelle parve accartocciarsi. La sentì formicolare.

«Niente segreteria, stavolta?»

«No.»

«Sai chi sono?»

«Che cosa vuoi?» domandò Pen con voce tremante.

«Voglio parlare. Mi sei mancata. Sei stata via?»

Riappendi, pensò lei. Ma se lo faccio, lui richiamerà.

O verrà qui. Sa che sono in casa.

Pen si ricordò del fucile. L’aveva lasciato in soggiorno, appoggiato contro il muro vicino alla porta, dietro le tende.

Lascialo venire. Fagli una bella sorpresa.

«Oppure avevi paura di rispondere al telefono? Non avrai paura di me, eh, dolcezza?»

«Perché dovrei aver paura?» ribatté Pen, cercando di tener ferma la voce.

Lui rise. Una risata quieta e sicura che le diede una stretta allo stomaco.

«Speravo che richiamassi», disse Pen.

«Davvero?»

«Le cose che hai detto… Ho ascoltato tante volte il nastro. Mi piace.»

«Ti eccita?»

«Certo. Mi sto eccitando anche ora.»

«Che cosa indossi?»

Niente. Pen avrebbe voluto prendere la vestaglia mentre si precipitava al telefono.

«Jeans e maglietta.»

«Hai il reggiseno?» sibilò lui.

Per poco non rispondeva di sì. Avrebbe voluto portare il reggiseno. Avrebbe voluto essere completamente vestita. Non si era mai sentita così esposta e vulnerabile.

Non mollare, si disse.

Con un brivido rispose: «No».

«Favoloso. Una maglietta senza reggiseno. Mi pare di vederla. Sicuro. Oh, il mio cazzo si sta ingrossando, diventa caldo. Sai che cosa vorrei fare? Sollevarti la maglietta e succhiarti le tette.»

«Vuoi che me la levi?» chiese Pen.

«Oh, sì.»

Che diavolo sto facendo? Si chiese lei. Sono impazzita? «Ecco, l’ho levata.»

Lui sospirò. «I tuoi capezzoli sono duri?»

Lei guardò giù. Erano duri. Ma non per il desiderio. «Sì, sono duri», rispose.

«Mi piacerebbe sfregarci sopra il mio cazzo. A te piacerebbe?»

«Certo.»

«Oh, lo so, lo so. Non ti toglieresti anche i pantaloni?»

«Solo un secondo.»

«E le mutandine. Ti voglio nuda.»

Pen sentì il respiro aspro all’altro capo del filo. Mentre ascoltava, si appoggiò allo stipite. Sfregò le gambe fredde e guardandole si accorse di avere la pelle d’oca.

«Va bene», disse. «Sono nuda. E tu?»

«Naturale. Il mio cazzo è grosso grosso. Lui ti vuole.»

«Lui?»

«Spike.»

Quasi divertente, pensò Pen. Il verme ha dato un nome al suo pene. Un nome da cane, Spike.

«Scommetto che Spike è grosso e poderoso», riprese Pen. «Mi piacerebbe sentirlo.» Sentì le proprie parole come in sogno. Non sono io, pensò, è un personaggio di una delle mie storie che parla con un pazzo.

«Che cosa vorresti fare con lui?»

«Vorrei accarezzarlo. A lui piace essere accarezzato, ci scommetto.»

«Oh, sì.»

«Poi lo succhierei.»

«Oh, tesoro!»

«Succhierei Spike e dopo inghiottirei ogni goccia, prima di pulirlo con la lingua.»

Sono pazza come lui.

C’è del metodo nella mia pazzia.

«Ti piacerebbe?» chiese Pen con voce rauca.

«Sì, sì. E dopo?»

«Vuoi proprio saperlo?»

«Dimmelo.»

«Perché non vieni qui a scoprirlo?»

«Prima dimmelo.»

«Ti cospargo con il miele, e anche tu fai la stessa cosa, finché siamo tutti e due unti e appiccicosi. Poi ci lecchiamo a vicenda finché il miele è sparito. Allargo le gambe e…»

«Sì, sì!»

«Dio, che caldo. Non parliamo di questo.»

«Ti prego.»

«Voglio che tu mi prenda. Spike dentro di me. Lo desideri anche tu, vero?»

«Sì!»

«Allora vieni.»

«Che cosa?»

«Adesso, subito.»

Seguì un silenzio rotto solo dal respiro ansante dell’uomo.

«O sei uno di quelli a cui piace solo parlare? Tutte parole e niente fatti?»

Lui rise, la stessa risatina di prima simile a un fruscio di carta. «Te ne accorgerai, dolcezza. Ti spremerò, ti farò saltare il cervello.»

«Allora vieni qui e fallo. Basta con le chiacchiere.»

Altro respiro.

Cielo, davvero ho intenzione di fargli esplodere la testa?

Sicuro, puoi scommetterci.

Pallottole magnum.

Non posso.

No?

«Vieni, tesoro», bisbigliò Pen. «Sono tutta bagnata. Ti voglio. Devo averti, vieni!»

«Va bene, va bene. D’accordo. Dimmi solo dove abiti.»

Che cosa?

«Lo sai dove abito.»

«Dimmelo.»

«Il mio indirizzo è sull’elenco telefonico.»

«E il nome?»

«Non sai il mio nome?!» fece Pen stralunata.

«Accidenti, no. Ho composto dei numeri a caso e li ho trascritti per poterti richiamare, ma…»

Pen sbatté giù la cornetta. Tirò la base di plastica e staccò il telefono dal muro.

Per un lungo momento rimase appoggiata alla porta ansando, le braccia incrociate sui seni, le gambe unite. Tremava. Capiva di dover provare sollievo, quasi un trionfo.

E invece aveva la nausea.

La consapevolezza che un uomo simile era là fuori. Se avesse cambiato il numero di telefono lui sarebbe uscito dalla sua vita per sempre.

La consapevolezza di ciò che gli aveva detto.

Sporcizia.

E, peggio di ogni cosa, il fatto che lei aveva tentato di farlo venire a casa.

Per ucciderlo con il fucile.

Si sentiva insudiciata.

Si scostò dal muro e con le gambe tremanti percorse il corridoio fino al bagno.


Bodie si risvegliò e gemette per il gran dolore alla testa. Aveva l’impressione di avere le palpebre incollate, temeva che, se le sollevava, gli occhi gli schizzassero fuori per la pressione che sentiva dietro.

Aveva anche voglia di vomitare.

Non ricordava di esser stato colpito, ma…

Dove diavolo giaceva? Non era su un letto?

Toccò la superficie.

Erba. Erba e rugiada.

Aprì gli occhi. Il dolore e la nausea si dilatarono. Si sollevò carponi e vomitò. Gli spasimi lo annientarono, come se qualcuno gli conficcasse le unghie nel cranio. Quando ebbe finito, si mise in ginocchio e si strinse la testa. La mano che premeva sopra l’orecchio destro sfiorò un enorme bernoccolo.

Non è una sbornia. Sono stato…

Stava guidando, per riportare Melanie a Phoenix.

Uno schianto? Doveva aver sbattuto contro qualcosa ed era stato sbalzato fuori dall’auto. Melanie!

Girò la testa, gemendo per il dolore. Il suo furgone non si vedeva. E neppure la strada. Bodie stava in ginocchio dietro una siepe. Alla sua destra c’era un campo da gioco. Voltandosi ancora di più vide un edificio. Una scuola?

Dove diavolo sono e che cosa ci faccio qui?

Bodie si rialzò e rimase immobile aspettando che la nausea passasse. Prese un fazzoletto dalla tasca, si soffiò il naso e lasciò cadere il fazzoletto sull’erba. Poi camminò lentamente attraverso un’apertura fra i cespugli.

Si ritrovò su un marciapiede. Davanti a lui c’era una stretta via, qualche casa sull’altro lato. Alcune auto erano parcheggiate lungo la strada, ma non la sua. A sinistra, a circa un isolato, una strada affollata, con le macchine che sfrecciavano all’incrocio. Si avviò verso l’incrocio e cercò di ricordare.

Ero in casa di Pen. Con lei sul divano. Ci siamo baciati. Oh, sì, ci siamo baciati. Era stato così… E poi è entrata Melanie. Lei avrebbe dovuto dormire, ma non aveva preso le pillole. Avrebbe dovuto prenderle, quelle maledette pillole. Aveva un comportamento strano. Il tempo di portarla via e ripartire per Phoenix. Lei era dietro, non parlava. Mi sono fermato a far benzina. E poi?

Si ricordava di aver firmato, ma niente altro.

Non abbiamo sbattuto, altrimenti dov’è il mio furgone?

Toccò con cautela il bernoccolo sulla testa.

Melanie… Può avermi colpito con qualche cosa? Per forza. Mi ha messo k.o. Mentre guidavo? Forse m’ero fermato a un semaforo. Lei può avermi colpito, spinto sul sedile del passeggero e aver preso il mio posto al volante.

Non era pronta per tornare a Phoenix.

Ha trovato il cortile di quella scuola, mi ha scaricato e mi ha trascinato dietro i cespugli.

È abbastanza forte per fare una cosa simile.

Dicono che i pazzi…

I pazzi.

Lei va a caccia di qualcuno.

Una faccenda incompiuta.

Pen?

Bodie sentiva martellare la testa.

È andata a cercare Pen.

No, forse no. Forse si tratta di Harrison e Joyce. Così va bene. Chi se ne frega?

Ma se si tratta di Pen? Che cosa le farà Melanie?

Bodie si fermò all’angolo della strada affollata. Era Robertson Boulevard, proprio come aveva sospettato, e in lontananza poteva vedere l’autostrada.

Doveva avvertire Pen.

Alzò la mano destra per guardare l’orologio.

L’orologio era sparito.

Non c’era modo di sapere quanto tempo era rimasto svenuto nel campo.

Se era stato solo per pochi minuti, forse faceva in tempo ad avvertire Pen.

Vide una cabina telefonica sull’altro lato della strada.

Toccò la tasca posteriore dei pantaloni. Il portafoglio era sparito. Infilò una mano nella tasca anteriore. Niente spiccioli.

Non c’era modo di telefonare per avvertire Pen.

Bodie cominciò a correre.

Fitte di dolore gli lancinavano la testa, ma non rallentò.

Non arriverò in tempo. Forse è già troppo tardi.

Che cosa le farà, Melanie?

Tutta colpa mia.

Che dolore!

Devo salvarla.

Davanti a Bodie un uomo uscì da una tavola calda con un sacchetto, attraversò il marciapiede e si avvicinò a una Cadillac parcheggiata.

«Ehi!» chiamò Bodie correndo verso l’uomo. «Signore! Può darmi un passaggio? Per favore, è urgente.»

«È matto?»

«Qualcuno sarà ucciso. Mi serve solo un passaggio. Non ci vorrà molto. Per favore!»

L’uomo ridacchiò, scosse la testa e infilò la mano in tasca per prendere le chiavi. «Le sembra un taxi questa, amico?»

«Non sto scherzando, signore. È un’emergenza!»

«Va’ all’inferno.» L’uomo si girò verso la portiera della macchina.

Bodie gli agguantò la giacca, lo fece piroettare e gli mollò un pugno nello stomaco. Lo sconosciuto era grasso e flaccido. Si piegò in due e Bodie lo colpì alla nuca. L’uomo cadde in ginocchio sul marciapiede. Bodie lo strattonò e l’uomo crollò.

«Mi dispiace, signore. Le farò riavere la sua auto.»

Strappò le chiavi dalle dita inerti del poveraccio, aprì la portiera e saltò in macchina. Mentre avviava il motore, la faccia dell’uomo apparve davanti al paraurti.

Bodie ingranò la retromarcia. L’uomo strisciò verso l’auto urlando come un pazzo.

La strada era sgombra.

Bodie compì una curva a U e premette il pedale dell’acceleratore.

Dio santo, pensò, che cosa ho mai fatto?

Rapina, lesioni e furto. Gesù.

Speriamo che i poliziotti non mi fermino.

Sebbene l’istinto gli suggerisse di premere al massimo l’acceleratore, ridusse la velocità.

Guardò nello specchietto retrovisore.

Nessuna macchina lo seguiva.

Nessuno lo aveva visto portar via l’auto di quel tale e lo seguiva. Per fortuna.

Semaforo rosso. Maledizione.

Non osò passare con il rosso.

Batté il pugno sul volante mentre aspettava che scattasse il verde.

«Avanti, avanti!»

Scattò il verde. Bodie balzò avanti.

Ho rubato questa macchina.

Ho picchiato quel poveraccio e gli ho rubato l’auto.

C’è un’ondata di criminalità, amici.

Dio santo.

Ieri ero un tranquillo studente, oggi sono un criminale.

Sentì prurito in gola. Una risatina? Poteva tramutarsi in un grido.

Quasi arrivato.

Signore, fa’ che stia bene. Ti prego.

Bodie svoltò nella strada di Pen.

Quasi ci sono.

Morta sul pavimento, il corpo dilaniato da numerose pugnalate, gli occhi vitrei che fissano il soffitto.

No, no!

Era arrivato al suo isolato, i suoi occhi sfrecciavano da destra a sinistra cercando il furgone. Fermò la macchina davanti all’edificio. Nessun segno del suo veicolo, ma Melanie poteva averlo parcheggiato dietro l’angolo.

Scese dalla macchina, attraversò la strada di corsa, aprì il cancello di ferro e corse su per le scale, facendo gli scalini a tre per volta. Percorse la balconata in un lampo, arrivò alla porta. La luce brillava dietro la tenda della finestra. Bodie bussò. «Pen!» gridò. «Pen, sono Bodie!»

Trascorsero alcuni secondi.

Bussò di nuovo, con maggior energia.

La porta si aprì.

Pen indossava una vestaglia azzurra.

Sembrava illesa. Era bellissima e aveva un’espressione preoccupata.

«Melanie è qui?» s’informò Bodie.

Pen scosse la testa.

Bodie entrò. Chiuse la porta, allacciò le braccia attorno a Pen e la strinse forte.

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