20

Quando ebbero finito di mangiare, Pen e Bodie sparecchiarono. Pen avvolse gli avanzi della cena di Melanie e li mise nel frigorifero. Poi prese un barattolo di caffè e cominciò a riempire la caffettiera.

«Buona idea», approvò Bodie. «Sarà una lunga notte.»

«Potremmo dormire a turno», suggerì Pen.

«Non mi va molto l’idea», confessò Bodie. Poi si scusò e si diresse verso il corridoio.

Mentre era fuori, probabilmente in bagno, Pen finì di preparare il caffè. Dopo di che portò una sedia della cucina alla porta d’ingresso e la sistemò contro la porta, con lo schienale sotto la maniglia. Proprio come venerdì sera, pensò, e ricordò il terrore della mattina dopo quando aveva visto un braccio infilarsi dall’esterno per scostare la sedia. Era stato Bodie e lei l’aveva accoltellato.

«Non credo che quella sedia impedirà a Mel di uscire», osservò Bodie entrando in soggiorno.

Pen gli sorrise. «Oh, accidenti.»

«A che cosa serve?»

«Giusto nel caso…»

«Hai paura che Harrison faccia qualcosa?»

«Ne dubito. Ma non si sa mai.»

«Sei la persona più prudente che abbia mai conosciuto.»

«Con un pizzico di paranoia», replicò Pen. «Dev’essere una malattia di famiglia.»

Bodie sedette in fondo al divano. «Un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno e anche i paranoici hanno dei nemici.»

«Qualche volta nemici immaginari. Se pensi che ieri ti ho preso a coltellate.»

«Un graffio.»

«Per fortuna. Ma questo dimostra che cosa può succedere se uno perde il controllo.»

«Diavolo, io cercavo di entrare per forza. Tu non sapevi chi era, perciò direi che l’attacco era giustificato.»

«Giustificato, forse, ma comunque è stato un errore. Il caffè dev’essere pronto.»

Pen andò in cucina, riempì due tazze e le portò in soggiorno. Ne diede una a Bodie. «Hai dato un’occhiata a Melanie?»

«Dorme.»

«Bene. Devo andare a prendere una cosa.» Pen posò la tazza sul tavolo e andò nella sua camera. Le tende tirate tenevano fuori la fioca luce della sera. Melanie era una vaga forma sul letto. Pen si avvicinò. Sentì il suo respiro lungo e regolare.

Dorme come un sasso.

Con quel sonnifero non si sarebbe svegliata per parecchio tempo.

Pen pensò a suo padre in coma.

Sono stata io ad addormentare Melanie.

Lei si sveglierà, papà no.

Sì che si sveglierà. Deve svegliarsi.

Si accovacciò e prese il fucile da sotto il letto. Lo portò in soggiorno. Bodie sbarrò gli occhi. «Che c’è, hai paura?» disse lei.

«Dio santo!» esclamò Bodie. «Di certo mi guarderei bene dal farti arrabbiare.»

«Giusto. Sono una ragazza cattiva.»

«Posso vederlo?» chiese Bodie.

«Certo. Guarda che è carico.»

«Non servirebbe, altrimenti.»

Lei gli consegnò il fucile, poi prese la tazza del caffè e sedette all’altra estremità del divano. Si voltò sul fianco per guardarlo in faccia e sollevò le gambe contro il cuscino dello schienale.

«È una meraviglia», disse Bodie. Imbracciò l’arma e prese la mira, abbassò il fucile sulle ginocchia e sfregò il calcio di legno. «Veramente bello.»

«L’ho comperato stamattina.»

«Calibro 12?»

Pen annuì. «Con proiettili speciali magnum.»

«Ottimi. Meglio che Harrison non ti incontri sul suo cammino.»

«Non pensavo a lui quando l’ho acquistato», confessò Pen e bevve un po’ di caffè mentre Bodie si voltava a guardarla.

«Pensavi a quello delle telefonate?»

«Sì.»

«Me n’ero quasi dimenticato. Con tutto quello che sta succedendo…»

«Vorrei scordarmene anch’io», disse lei e bevve altro caffè.

«Sarà meglio che sistemi il fucile da qualche parte.» E posò la tazza sul tavolo.

Bodie si chinò di fianco e le diede il fucile.

Lei si alzò. «Voglio tenerlo a portata di mano, nel caso.»

«Tu non vuoi che Melanie lo trovi», precisò Bodie.

«Si vede che sai leggere nel pensiero.» Pen appoggiò il fucile contro la parete fra la porta d’ingresso e l’estremità del divano, dietro la tenda. Poi tirò il cordone. Le tende si richiusero. «Un sintomo di paranoia», disse. «Non voglio che la gente guardi dentro.»

«Un mio zio è stato ucciso una sera mentre era in soggiorno con le luci accese e le tende aperte. Qualcuno dalla strada gli ha sparato», disse Bodie.

«Oh Dio, davvero?»

«È stato solo un caso. Probabilmente lui costituiva un bersaglio irresistibile.»

Pen scosse la testa. «Cose che succedono in questo mondo.»

«Non si è mai troppo prudenti.»

«È il mio motto», convenne lei. Accese una lampada e disse: «Vuoi ancora caffè?»

«Volentieri.»

Lei portò le tazze in cucina, le riempì e tornò. Diede a Bodie la sua tazza e si sedette di nuovo all’estremità del divano. «È tutto vagamente pauroso», confessò.

«Stiamo qui a parlare di allarmi, di lotte e aggressioni…»

«Mentre sentiamo strani rumori», osservò Pen.

Bodie le rivolse un largo sorriso. «Ehi, che ne diresti di farmi leggere una delle tue storie?»

Pen provò uno strano vuoto allo stomaco. «D’accordo, se proprio vuoi.»

«Certo.»

Bevve nervosamente un altro sorso di caffè. Poi si alzò, si avvicinò allo scaffale. Tirò fuori una copia di Ellery Queen’s Mystery Magazine e la diede a Bodie. «Ricordati che non sono William Faulkner.»

«Ti pagano per questo, giusto?»

«Sì.»

«Allora, Faulkner o no, è pur sempre una meta raggiunta.»

«Grazie», mormorò lei. «Pagina 93.»

Lui aprì la rivista e cominciò a leggere.

Il mio racconto, pensò Pen. Era contenta anche se imbarazzata. Non sapeva che cosa fare mentre lui leggeva, perciò si accovacciò sopra la valigia e tirò fuori il libro che aveva cominciato a leggere il venerdì sera nella vasca.

Sedette sul divano e lo aprì.

Bodie voltò una pagina.

Lei si chiese se finora gli piacesse il racconto.

È un po’ scarno, veramente.

Pen cercò di leggere il suo libro, ma il suo sguardo continuava a scivolare verso Bodie seduto all’altra estremità del divano. Lui aveva un’espressione solenne. Si tirò indietro una ciocca di capelli dalla fronte, che però ricadde.

Pen scordò il libro che teneva in grembo e scordò di preoccuparsi della reazione di Bodie al suo racconto breve. Lo fissò: i capelli lucidi alla luce della lampada, la camicia arricciata sul petto per come stava seduto, un piede appoggiato sull’altro ginocchio, il mocassino che gli penzolava dall’alluce. Aveva un buco nel calzino.

Avrebbe voluto sedersi al suo fianco.

Ah, ma non lo farai, si disse.

Se è per questo, Melanie non può vedere.

Non pensarci nemmeno.

Bodie, con gli occhi ancora sul racconto, scosse la testa e borbottò: «Oh, Dio». Poi chiuse la rivista. Guardò Pen e scosse la testa. «Accidenti, ero in ansia per la protagonista e invece per tutto il tempo è stata lei a dar la caccia agli altri.»

«Vuoi dire che ti è piaciuto?»

«Hai capovolto ogni situazione, specialmente nel finale. Mi sembra favoloso. Anche una bella prosa. Mi pareva di essere dentro di lei, di sentire tutto ciò che provava la protagonista. Davvero affascinante. Se mi consegnassi il lavoro come studentessa, ti darei un A meno.»

Pen, felice, si costrinse a mostrare un cipiglio. «Perché il meno?»

«Per impedirti di diventare vanitosa.»

Lei rise. «Grazie, a ogni modo.»

«Ne hai altri da farmi leggere?»

«Quello è l’unico pubblicato.»

«Peccato».

Abbiamo solo stanotte, pensò Pen. Non voglio trascorrerla a guardarlo leggere i miei racconti. «Ecco, forse ne ho un altro.»

Lei bevve il resto del caffè, poi andò nello studio e accese la luce. Si sentiva eccitata.

Aveva bisogno di andare in bagno… con tutto quel caffè. Ma sedette sulla scrivania e aprì l’ultimo cassetto. Ciascuna cartelletta portava un’etichetta con il titolo di un racconto. Le sfogliò con le dita tremanti.

Meglio sbrigarsi a sceglierne uno, prima che scoppi a piangere.

Scelse la cartelletta con scritto McDougal Stone, e l’aprì. Attaccato con una graffetta al manoscritto c’erano tre foglietti che qualcuno aveva scritto per respingere il lavoro.

Forse Bodie può dirmi che cosa non funziona.

Diavolo, questo mi sembrava buono.

Tirò fuori il manoscritto e mise via la cartelletta.

Mentre si alzava i suoi occhi si posarono sulla segreteria telefonica. La voce le riempì la testa lacerando i suoi buoni sentimenti, dentro provava caldo e freddo allo stesso tempo. Si affrettò a guardare verso la finestra. Le tende erano tirate.

Lui non può vedermi.

Forse ha visto accendersi la luce. Sempre che abiti nell’edificio.

Ma non può chiamare, sa che non sono sola. Sta’ tranquilla, almeno per stanotte.

Ha le mie mutandine.

Pen corse fuori dallo studio e parte della paura svanì quando entrò nel soggiorno e vide Bodie sotto la luce della lampada, così calmo e tranquillo… e felice.

«Questo è stato bocciato», spiegò Pen porgendogli il racconto.

«Allora deve essere brutto.»

Lei rise. «Torno fra un minuto», annunciò e si affrettò in bagno. Bodie aveva lasciato l’asse del water abbassata. Molto educato. Slacciò i calzoncini bianchi e li abbassò lungo le gambe. Infilò i pollici ai lati dell’elastico delle mutandine, abbassò anche quelle e sedette.

Si ritrovò a fissare le mutandine nere di pizzo tese fra le caviglie.


Bodie sentì scorrere l’acqua. Aspettandosi di veder riapparire Pen dopo qualche secondo, osservò l’ingresso del corridoio buio. E rimase in attesa.

Evidentemente lei non tornava subito.

Continuò a leggere la storia e l’aveva quasi finita quando sentì aprirsi una porta. Pen camminava a passi leggeri e attutiti nel corridoio. Finalmente entrò in soggiorno.

Lei alzò la mano in un gesto di saluto esitante. Un sorriso le tremolava sul viso. Aveva il naso leggermente arrossato e gli occhi rossi e gonfi. «Vuoi altro caffè?» offrì con voce fioca.

«No, grazie. Ti senti bene?»

Lei rispose con un cenno affermativo e sedette all’estremità del divano. «Hai finito il racconto?»

«No. Qualcosa non va? Tu hai pianto.»

«Ridicolo.»

«Non può essere tanto ridicolo il fatto che sei sconvolta.» Bodie si chinò avanti, lasciò cadere il manoscritto sul tavolino. Si voltò verso Pen. Lei stava china, i gomiti sulle ginocchia, la testa abbassata. Bodie corrugò la fronte, si fece più vicino e le mise la mano sulla schiena. Lei non si ritrasse né gli disse di scostarsi. Lui le sfregò dolcemente la schiena fra le scapole, consapevole del calore sotto la camicetta.

«Hai mai provato la sensazione di aver perso il controllo?» mormorò Pen.

«Vuoi dire di aver commesso qualche errore?»

Lei annuì. I capelli che le piovevano sul viso luccicavano al riflesso della lampada.

«Sì, qualche volta», ammise Bodie. «Che cosa è successo?»

«Colpa di quell’individuo che ha telefonato venerdì sera. Con tutto quello che ci è capitato, non riesco a togliermelo dalla mente.»

«È comprensibile.»

«Mio Dio, ero così sconvolta da prenderti a coltellate. Cioè, ho perso il senso delle proporzioni. Ho messo quel cordone attraverso la porta e per poco non mi spaccavo la testa, poi ti ho accoltellato. Cristo.»

«Io non me la sono presa.»

«Ero così agitata. Credevo che lui venisse qui e cercasse di violentarmi. Ne ero sicura.»

«Esisteva il pericolo reale che venisse», osservò Bodie. «Io pure ne ero preoccupato.»

«Poi ha lasciato quel messaggio sotto la porta. Ero impietrita. Ma ho pensato: non gli permetterò di distruggere la mia vita, non mi lascerò terrorizzare. Così stamattina sono uscita a comperare il fucile. Lo sistemerò, pensavo. Lascialo venire. Il fucile è un rimedio magico e io sono salva. Il fatto è che quando sono rientrata ero sola, avevo ancora paura, maledizione. Ma non gli avrei permesso di avvicinarmi. Così sono scesa nella lavanderia e un altro verme ha tentato degli approcci; ero così turbata che ho pensato: è lui l’uomo delle telefonate. Allora ho portato con me un coltello quando sono tornata giù. Probabilmente lo avrei pugnalato se si fosse fatto rivedere. Sarebbe stato il colmo. Pugnalare due persone innocenti in due giorni. Potrei vedere il mio nome sul Guinness dei primati.

«Non devi essere così dura con te stessa», le fece notare Bodie.

«No, non sai ancora il resto. Parliamo di paranoia. Quando sono andata a riprendere il bucato, mancava qualcosa. Un paio di mutandine. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Lui non solo sa dove vivo, ma è qui e mi spia, magari è un inquilino dello stabile e si è preso le mie mutandine. Ma ecco il punto.» La voce di Pen tremò, lei girò la testa verso Bodie. Lunghe ciocche di capelli le nascondevano il viso, aveva gli occhi lucidi. «Ecco il punto essenziale. Ho sempre indossato quelle mutandine. Le portavo addosso. Nessuno le aveva rubate. Le ho portate per tutto il giorno. Anche adesso.» Lei emise un suono soffocato che poteva essere il tentativo di una risata, ma ne uscì solo un singhiozzo. «Sono pazza, eh?»

«Oh, Pen», sussurrò Bodie accarezzandole i capelli.

Lei si girò e gli mise le braccia al collo, asciugandosi le lacrime sul petto di lui.

«Va tutto bene», bisbigliò Bodie. «Va tutto bene.» Si lasciò andare contro il cuscino stringendola gentilmente. E continuò ad accarezzarle i capelli e la schiena. Lei ci stava bene fra le sue braccia, meglio di Melanie. Un seno premeva contro il suo petto. Lui ordinò a se stesso di ignorarlo. Bastava tenerla fra le braccia per provare un senso di calore e di pace.

«Devo dirti una cosa», sussurrò Bodie, scostandola leggermente.

Pen annuì e tirò su con il naso, la faccia vicina alla sua, le mani sui fianchi di lui.

«È tutta colpa mia», confessò Bodie.

Lei scosse la testa e tirò un profondo sospiro.

«In parte è colpa mia», insistè lui.

Lei aveva uno sguardo confuso.

«Quello delle telefonate… non è mai stato qui. Ha telefonato, è vero, ma non è venuto qui. Ti ricordi che avevo impiegato tanto tempo per andare a prendere la pizza, l’altra sera? Non mi sono perduto. Mi sono fermato in un negozio e ho comperato un biglietto di auguri. Ho usato la busta. Sono stato io a lasciare il messaggio sotto la porta.»

«Non è vero. Lo dici per farmi sentire meglio.»

«Mi dispiace. È stato uno sporco trucco.»

«No, tu…»

«Sono stato io, credimi.»

«Perché?»

«Perché così non saresti rimasta qui l’altra notte. Ho sentito la voce di quell’individuo sul nastro. Avevo paura… che venisse. Non volevo che rimanessi sola. E sapevo che eri terrorizzata all’idea di restare e che era stata Melanie a costringerti.»

Pen lo guardò negli occhi.

«Uno sporco trucco», ripeté Bodie. «Dovevo capirlo che ti avrei reso le cose più difficili. Accidenti, lo sapevo. Ma non me ne importava. Volevo farti tornare a casa di tuo padre a qualunque costo.»

«Eri preoccupato per me?»

«Sì.»

Non aggiungere altro, si disse lui.

Mi sono spinto troppo lontano. Devo darci un taglio.

«Inoltre… non era leale. Ci avevi invitato ad alloggiare da te e capivo che era la cosa giusta da fare perché avevi offerto ospitalità per prima e avevi bisogno di averci vicino. Ho pensato subito che dovevamo restare con te, ma Melanie ha detto a Joyce che saremmo rimasti in casa. L’ha fatto solo per dispetto.»

«L’ha fatto solo per tenerti lontano da me», precisò Pen.

«Lo so. E io non ti volevo lontano da me.»

«Oh, Bodie.»

«Ecco…»

«Suppongo che sia una sorpresa», osservò Pen.

«Capita», replicò lui. «Melanie si presenta con un ragazzo e quello si innamora di te. So di essere un farabutto. Domattina ce ne andremo e così tutto finirà.»

Lei gli posò una mano calda sulla nuca. «Tutto finito», sussurrò. «Lo so. Ma questa è la nostra notte… Ti ricordi le pillole che ho dato a Melanie prima di mangiare? Era sonnifero. Molto forte. Per stanotte non si alzerà.»

«Mio Dio!»

«Temevo che cercasse di sgusciar via più tardi», spiegò Pen. «Ecco perché l’ho fatto. Non per questo, non per restare soli.»

Bodie scosse la testa.

«Non è peggio che aver scritto quel biglietto, non è vero?»

«Meglio.» Bodie sentì la propria voce che rispondeva. «Molto meglio. Siamo proprio due brave persone, tu e io.»

«Non sono certo orgogliosa di aver drogato mia sorella, ma mi mancherai tanto, Bodie.» Pen alzò la faccia e lo baciò.

Non dovremmo, pensò lui.

La bocca di Pen era calda e umida.

Lui era intontito. Come un ragazzino del liceo che miracolosamente è baciato dall’unica ragazza dei suoi sogni, la ragazza ammirata a distanza e sognata a occhi aperti. Sembrava irreale.

Lui la strinse fra le braccia, Pen lo spinse sul cuscino.

Oh, questo è reale.

Il peso di Pen era reale, i suoi seni premuti contro il suo petto erano reali. E la sua bocca socchiusa, la sua lingua, il suo alito che entrava in lui.

Pen allontanò la bocca. Lui aveva le labbra umide. Lei lo fissava, i suoi occhi si mossero da parte a parte per la frazione di un secondo. Lui sentiva di poter leggere in quegli occhi, ma non abbastanza profondamente. Voleva leggerle nella mente, entrare nei suoi pensieri.

«Che cosa facciamo?» sussurrò Pen.

«A che proposito?»

«A proposito di noi.» Gli occhi di Pen erano così vicini ai suoi, si muovevano solo leggermente da sinistra a destra.

«Tu che cosa vuoi fare?» chiese Bodie.

«Non è così semplice.»

«Perché no?»

«Non posso farle del male. Non voglio.»

«Lei dorme. Hai detto…»

«Che cosa succederà dopo stanotte?»

Il cuore di Bodie accelerò il battito.

«Escogiteremo qualcosa», replicò Bodie. La sua voce risuonò disperata.

«Come?»

«Non lo so.»

«Nemmeno io», confessò Pen. Si chinò avanti, la fronte appoggiata alla curva del collo di lui. Bodie le sfregò la schiena.

«Non posso perderti. Per tutta la mia vita ho sognato che un giorno…»

«Pen e Bodie seduti su un albero che si baciano.»

Pen si rannicchiò fra le sue braccia.

Dietro la porta, appena visibile nella penombra del corridoio c’era Melanie.

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