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«Lui… o lei», osservò Harrison. «Può darsi che perda il sonno per questa faccenda, sempre che non sia stato troppo ubriaco per accorgersi di quanto succedeva, ma se qualcuno non ha preso il numero di targa, se la caverà tranquillamente. Mi sono occupato di parecchi casi che si riferivano ad auto pirata. Senza il numero di targa, si fa un buco nell’acqua.»

«Non m’importa chi è stato», confessò Joyce. «Voglio dire, m’importa, ma…»

«Dovrebbe importarti», la interruppe Harrison. «A parte le conseguenze penali e il ritiro della patente, stiamo parlando di un caso di proporzioni sensazionali. Ammettendo che il guidatore fosse assicurato…»

«Come fai a pensare in termini legali in questo momento? Whit giace in una stanza d’ospedale, mezzo…» La donna non finì la frase.

Mezzo morto, concluse Bodie per lei. O per tre quarti? Sette ottavi? La frase gli si rigirò nella mente.

«Scusami», disse Harrison. «Non avrei dovuto parlarne. È un punto discutibile, comunque. Probabilmente non sapremo mai chi era il conducente.»

Joyce si portò la tazzina alle labbra e bevve un sorso di caffè. Chiaro che la bevanda era diventata fredda, ormai. La donna fece una smorfia, si alzò dalla sedia e andò a posare la tazzina sul tavolo. Tornando al suo posto, riuscì a sorridere e si rivolse a Melanie: «Spero che tu non voglia tornare subito a scuola».

«Non subito», rispose Melanie. «Voglio restare finché…» La ragazza scrollò le spalle. «Non abbiamo ancora deciso, ma non posso certo andarmene con papà in queste condizioni. Forse Bodie dovrà rientrare, ha ottenuto una supplenza…»

«Posso fare in modo che qualcuno si occupi delle mie classi», disse lui. «Per alcuni giorni, almeno.»

«Qui ci sono tante stanze», suggerì Joyce.

Bodie ripensò all’invito di Pen. Avrebbe preterito fermarsi a casa sua, non c’era dubbio. «Non saprei», disse.

«Nessun disturbo, credetemi. Non potete andare in un motel. Sono sicura che Whit non lo permetterebbe, se fosse qui. Finché restate in città, questa è casa vostra. D’accordo?»

«D’accordo», acconsentì Melanie. «Grazie.»

Pen abbassò gli occhi. Sembrava offesa di essere stata ignorata, ma non lo disse.

Bel colpo, Mel.

«Avete mangiato?» s’informò Joyce.

«Abbiamo fatto colazione da Pen», rispose Bodie.

«Voi due dovete essere esausti. Forse volete rinfrescarvi.»

«Io non vedo l’ora di dormire», dichiarò Melanie.

«Bene, allora perché non andate a riposare? Avete con voi la vostra roba?»

«Fuori, nell’auto», disse Bodie.

«Okay. Harrison, perché non dai una mano ai ragazzi a portare i bagagli? Io vado a prendere lenzuola e asciugamani puliti.»

«Pen, tu rimani?» domandò Bodie.

«Be’…»

«Non c’è bisogno di scappar via», intervenne Joyce. «E poi sono sicura che avrai un sacco di cose da raccontare a tua sorella.»

Pen esitò.

«Non vorrai restare sola», le ricordò Bodie.

«No, suppongo di no.» Pen annuì a Joyce. «Se non ti dispiace, vorrei riposare anch’io. È stata una notte difficile.»

«Siamo d’accordo, dunque», approvò Joyce con un cenno del capo.

«Vi do una mano per i bagagli», si offrì Harrison.

«Non occorre», replicò Bodie. «Non abbiamo portato molta roba.»

«Allora io vado», decise Harrison.

Bodie si aspettava che Joyce protestasse. Sembrava che la donna volesse trattenere tutti nella casa. Ma lei si alzò quando Harrison lo fece e disse: «Grazie di tutto. Non so che cosa avrei fatto».

«Chiama, se hai bisogno di me.»

«Lo farò. Grazie ancora.»

«Tornerai a trovare Whit, stasera?» domandò Harrison.

Joyce annuì.

«Tienimi informato.»

«Certamente.»

«Sono sicuro che tutto si risolverà. Lui non è tipo da arrendersi per così poco.»

Si salutarono tutti e Harrison si voltò. Joyce non lo accompagnò alla porta.


Joyce sporse la testa dalla porta della camera da letto. «Ho messo gli asciugamani puliti in bagno. Se avete bisogno di qualcosa che non riuscite a trovare, fatemi un fischio.»

«Grazie», disse Bodie.

Joyce se ne andò. «Questa era la tua camera?» domandò Bodie.

«Un tempo, però i mobili sono nuovi.»

«Bene. Scommetto che tu non avevi un letto così.» Era un letto strano, diverso da quelli che Bodie aveva visto, un letto a una piazza con uno spazio sotto per un secondo letto. Avevano tirato fuori il letto gemello. Joyce aveva mostrato loro come dovevano fare per sollevarlo a livello del primo. «Meno male che non ha pensato di farci dormire separati.»

«Lei sa che vivo con te.»

«Però, certe persone…»

«Joyce non è mia madre.»

«È simpatica.»

Melanie inarcò un sopracciglio. Prese un sacchetto di pelle dalla valigia e annunciò: «Torno fra un minuto».

Bodie sedette sul letto, si sfregò la faccia. Si sentiva debole, con un po’ di nausea. Con il sonno tutto sarebbe passato. E dopo avrebbe affrontato con calma quella faccenda. Stavano succedendo tante cose. Troppe, voleva pensarci con la mente riposata.

Riapparve Melanie.

«Devi usare il bagno?»

«Sì.»

«È in fondo al corridoio.»

Lui si alzò lentamente e si chinò sulla sua valigia per prendere lo spazzolino da denti e il dentifricio.

«Quando ci passi davanti», suggerì Melanie, «Da’ un’occhiata alla camera matrimoniale.»

Lui fece come gli aveva chiesto. In bagno si lavò i denti, la faccia e usò la toilette. Poi tornò.

Melanie chiuse la porta. «Hai visto il letto?»

«Sì. C’è qualcosa di speciale?»

«Non era stato rifatto.»

«No.» Le coperte e le lenzuola erano ammucchiate ai piedi del letto. «E con questo?»

«Chi l’ha usato? Peggio ancora: quando?»

«Non lo so.»

«Cerca d’immaginarlo.»

Bodie sedette e si levò le scarpe. Una sensazione meravigliosa, quella di levarsi le scarpe. Non s’era accorto di quanto fossero caldi e indolenziti i suoi piedi. «Non deve essere così per forza. Joyce e tuo padre potrebbero essere stati a letto prima di uscire per andare al ristorante.»

«Ne dubito.»

Lui si sfilò i calzini umidi e sospirò. «O forse Joyce ha fatto un sonnellino dopo essere tornata a casa dall’ospedale.»

«È tornata con Harrison. Hanno usato il letto la notte scorsa. Il letto di papà.»

Bodie scosse la testa stancamente. «E ha lasciato il letto sfatto perché tutti lo vedessero?»

«Non sapeva che saremmo arrivati», gli ricordò Melanie.

«Non lo avrebbe lasciato a quel modo. Non se a letto c’era stata con Harrison. Anche se non l’ha rifatto subito, avrebbe trovato un pretesto per riordinare dopo che siamo arrivati. O almeno avrebbe chiuso la porta.»

«Non necessariamente.»

Bodie si strinse nelle spalle. «Se lo dici tu…» borbottò togliendosi la camicia. «Ma io credo che avrebbe fatto di tutto per nascondere la cosa, ti pare?»

«Sei tu che la pensi così.»

Lui si slacciò i pantaloni, si alzò e se li sfilò insieme con gli slip. Emerse dagli indumenti e s’infilò fra le lenzuola fresche e morbide.

Diavolo, pensò, probabilmente l’hanno fatto. Una sporca faccenda, ma probabilmente l’hanno fatto. Forse lo facevano da parecchio tempo alle spalle di Whit. Oppure Joyce aveva bisogno di conforto, l’altra sera, e Harrison si è sentito obbligato a consolarla.

Melanie si sfilò la camicetta, slacciò il reggiseno. I suoi piccoli seni, più scuri sui capezzoli, si vedevano sotto la stoffa trasparente.

E Bodie ricordò Pen nell’auto, l’apertura fra i bottoni, gli sguardi furtivi al suo seno.

Provò un certo calore. Le lenzuola si sollevarono fra le gambe, perciò si girò sul fianco.

Melanie si slacciò i pantaloni.

«Sai», osservò Bodie, «Pen ci aveva invitato a stare a casa sua.»

«Non ha posto.»

«Ha un letto grande e lei si era offerta di dormire sul divano.»

«Pen non sarebbe stata comoda sul divano.» Melanie appese la camicetta e i pantaloni sullo schienale di una sedia. Poi si voltò a guardare Bodie. «Preferivi alloggiare da lei?»

«È tua sorella. E io sono un po’ sorpreso che tu abbia voluto restare sotto lo stesso tetto di Joyce, a giudicare da ciò che provi nei suoi confronti.»

«Forse voglio tenerla d’occhio.»

«Dubito che inviti Harrison, con noi in casa.»

«Sgualdrina.» Melanie si levò reggiseno e mutandine. Con addosso soltanto il suo nastro di velluto al collo, si avvicinò ai piedi del letto. Bodie la osservò strisciare sul materasso, tirare indietro la coperta e il lenzuolo e coprirsi. Rimase supina fissando il soffitto.

«Credo proprio che Pen desiderasse che restassimo con lei», disse Bodie.

«Allora doveva dirlo.»

«Aveva già fatto l’invito.»

«Saremmo inciampati l’uno nell’altro in una casa così piccola.»

«Non dimentichi qualcosa?»

«Non saprei.»

«Le telefonate.»

«Figurati. Qualche ridicola telefonata.»

«Hanno sconvolto tua sorella. Credo che sia spaventata e non la biasimo. Io sarei nervoso a restare in casa da solo, al suo posto.»

Melanie voltò la testa. Lo fissò attraverso i letti uniti. «Tu vuoi solo vederla in camicia da notte.»

«Anche questo», ammise lui, e sorrise.

Melanie non sorrise.

Bodie strisciò attraverso il letto e la baciò. «Dormi tranquilla», sussurrò, poi tornò a girarsi e chiuse gli occhi.


Quando si svegliò, Pen sollevò la faccia dal cuscino caldo. Si sentiva meravigliosamente bene. Poi vide dov’era e si ricordò di suo padre. Un senso di pesantezza calò su di lei.

Guarirà, si disse.

Lo vedremo stasera.

E poi c’è Melanie. Grazie a Dio Melanie è qui. Sarebbe stato peggio se avessi dovuto affrontare tutto questo da sola.

Forse papà starà già meglio quando andremo a trovarlo.

Si sollevò e sedette sul bordo del letto. Aveva dormito vestita. La camicetta color borgogna era tutta arricciata sul dorso, il peso del corpo l’aveva spiegazzata completamente. La lisciò ma le pieghe rimasero.

Chissà se Bodie l’avrebbe accompagnata a casa per cambiarsi prima di andare all’ospedale.

Il suo appartamento. Le telefonate.

La paura cominciò a invaderla, lei si sforzò di allontanarla.

Quella faccenda non conta, si disse. Non con papà in ospedale.

Ma la paura cresceva.

Pen si alzò. Davanti allo specchio del cassettone si spazzolò i capelli. Poi uscì dalla stanza e si affrettò a scendere a pianterreno. Il soggiorno era deserto, ma dallo studio veniva un suono di voci. Mentre si avvicinava sentì Bodie parlare sopra un dialogo che veniva dalla televisione.

«…un diploma in letteratura inglese. Probabilmente non serve a niente, ma mi piace immaginarmi come un professore vagamente eccentrico in giacca con le toppe…» Lui sorrise a Pen che entrava. Stava allungato in poltrona, i piedi incrociati alle caviglie, una mano reggeva una birra Corona contro la fibbia della cintura.

Joyce, sul divano, sorseggiava un bicchiere di vino bianco.

«Continua», disse Pen a Bodie.

«Ho finito», rispose lui.

«Hai intenzione di fare il professore d’inglese?»

«Dal momento che non ho altri talenti…»

Pen sedette sul divano sorridendo.

«Ti prendo qualcosa da bere», offrì Joyce.

«Il vino va benissimo.»

Mentre usciva dalla stanza, Joyce disse: «Pen è una scrittrice».

«Scrivo libri gialli», spiegò Pen. «Ma finora ne ho venduto uno soltanto. Un romanzo breve.»

«Fantastico», commentò Bodie. «Da quanto mi risulta, il mondo è pieno di aspiranti scrittori di gialli che non hanno mai pubblicato una riga.»

«Hai anche tu ambizioni simili?»

«No. Preferisco trascorrere il mio tempo a leggere buoni libri piuttosto che scrivere robaccia. Hai un impiego fisso?»

«Non so fino a che punto sia fisso, ma sono reporter stenografo. Passo gran parte del mio tempo a scorazzare negli uffici legali per trascrivere deposizioni.»

«Dev’essere una buona fonte per scrivere romanzi.»

Pen annuì. «Ho conosciuto persone strane. La cosa principale, però, è il fatto che posso scegliere gli incarichi. Lavoro solo quando ne ho voglia, il che avviene spesso perché mi piace mangiare, pagare l’affitto e cosucce del genere.»

«Nessun desiderio di fare l’avvocato?»

«Quella sarebbe una camera a tempo pieno. Non ho spazio per questo.»

«Non ti lascerebbe tempo per scrivere?»

«Non abbastanza. E io preferisco scrivere.»

«Mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo», disse Bodie.

«Non sono certo Updike.»

«Ah. Scrivi come Hammett, allora?»

«No, come Pen Conway.»

Un largo sorriso illuminò la faccia di Bodie.

Joyce rientrò con una bottiglia di vino bianco e un bicchiere. Riempì il bicchiere per Pen, il suo e sedette. «Bisognerà cominciare a pensare alla cena.»

«Lascia perdere», replicò Bodie. «Ti risparmio il disturbo, se tutti ci stanno a mangiare una pizza. Sono sicuro che Melanie ci sta.»

«Dov’è Melanie?» s’informò Pen.

«Dorme ancora. Due anni fa sono venuto a Los Angeles e ho gustato una pizza favolosa in un locale non lontano da qui.»

«Dev’essere La Barbera’s», osservò Pen.

«È quello. C’è sempre?»

«Certo.»

«Che ne dite se andassi a prendere la pizza?»

«Oh», intervenne Joyce. «Ma è un grosso disturbo.»

«Nessun disturbo, sempre meglio che trafficare in cucina per noi. E poi, vado davvero matto per quella pizza. Mai mangiata una migliore.»

«Se proprio insisti, posso telefonare per farla preparare, così sarà pronta quando arrivi», disse Joyce. «Come la volete?»

«A Melanie non piacciono i funghi», avvertì Bodie.

«Al salame?» suggerì Pen. «Metà al salame e metà ai funghi.»

«Per me sta bene», approvò Bodie.

Joyce bevve un sorso di vino, poi uscì per andare a telefonare.

«Potresti darmi qualche indicazione per trovare la pizzeria?» domandò Bodie.

«Posso fare di meglio», rispose Pen. «Vengo con te e faccio l’ufficiale di rotta.»

«Mi piacerebbe, ma è meglio che resti qui. Melanie potrebbe scendere mentre siamo fuori e offendersi perché siamo usciti senza di lei. Inoltre, esiste l’eventualità che tu debba fare da arbitro.»

Pen corrugò la fronte.

Bodie sbirciò sopra la spalla come per assicurarsi che Joyce non tornasse. «Melanie non è rimasta troppo contenta di trovare quell’Harrison. Crede che ci sia sotto una tresca.»

«L’ho pensato anch’io», ammise Pen.

«A ogni modo, non so se Melanie dirà qualcosa, ma sarebbe meglio che tu fossi nei paraggi.»

«Hai ragione.»

Bodie si drizzò e bevve l’ultimo sorso di birra. «Allora, come ci arrivo a La Barbera’s da qui?»

«Facile.»

Mentre Pen gli dava le indicazioni, riapparve Joyce con la borsetta in mano. «Hanno detto che sarà pronta fra mezz’ora», annunciò.

«Offro io», dichiarò Bodie.

«No, insisto.» Joyce prese dalla borsetta una banconota da venti dollari.

Bodie la rifiutò. «Assolutamente no.» Joyce non insistè.

Quando Bodie se ne fu andato, Joyce osservò: «Sembra proprio un ragazzo a posto».

«Sì», confermò Pen. «Direi che Melanie ha scelto bene. Prima frequentava della gente orribile.»

«Non lo sapevo.» Joyce sedette e bevve un po’ di vino. Si voltò di fianco, fece scivolare un ginocchio sul divano e appoggiò il braccio sullo schienale. «Sono contenta che sia qui. E terribile che ci sia voluta un’occasione così tragica per… aggiustare le cose. Sarebbe bello che diventassimo amiche.» Joyce sorrise, un sorriso triste. «Perché non ti somiglia?»

«Melanie vede le cose diversamente.»

«Credi che non lo sappia? Sono abbastanza giovane da essere la figlia di Whit, una donna dal cuore gelido che si sposa solo per interesse, e infine una poco di buono.»

«Questo rende l’idea.»

«Io amo Whit.»

«Perderesti tempo a convincere Melanie di questo.»

«Non voglio convincerla», replicò Joyce. «Ma sarebbe già qualcosa se lei cominciasse ad accettarmi. Non c’è bisogno di essere amiche per la pelle. Solo… Mi mette i brividi. Anche quando cerca di essere gentile, sento il gelo fra noi.»

«Lo so.»

«Come se fossi un ragno e lei volesse calpestarmi.»

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