15

Passarono davanti alla casa di Harrison. La Mercedes era sempre parcheggiata nel viale, la Lincoln Continental di Joyce era ancora parcheggiata a un isolato di distanza.

«Perché non torniamo a casa di tuo padre?» suggerì Bodie. «Così possiamo prendere la roba di Pen e portargliela.»

«Okay», approvò Melanie.

A Bodie non garbava che Pen rimanesse sola nel suo appartamento. Gli sarebbe mancata. Non più occasioni di andare nella jacuzzi con lei. E nessuna possibilità di sgusciare nella sua camera mentre Melanie dormiva.

Forse potevano convincerla a tornare.

Forse io potrei convincerla. Non mi aspetto nessun aiuto in proposito da parte di Melanie. Ricordare a Pen le telefonate, il biglietto sotto la porta, spaventarla fino a costringerla a tornare. Se insisto troppo, però, Melanie non approverà, potrebbe sospettare che io abbia in mente qualcosa di più della sicurezza di Pen.

Se non altro avrò occasione di vederla quando le riporteremo la sua valigia.

Forse lei ha già cambiato idea. Ha avuto il tempo di calmarsi. Con un po’ di fortuna, può darsi che l’uomo delle telefonate riehiami.

Bodie svoltò in San Vicente e pensò di chiamarla lui stesso. Dal telefono di Joyce. Avrebbe dovuto allontanarsi da Melanie abbastanza a lungo…

E se Pen riconosceva la sua voce?

Voglio venirti in bocca.

Voglio allargarti le gambe e infilarti il mio…

Non posso parlarle a quel modo. Neanche pensarci.

Potrei chiamarla e non dire una parola. Lei si spaventerebbe.

Uno sporco trucco, ma potrebbe convincerla a non restare sola nel suo appartamento. Il tipo potrebbe farle visita.

Bodie si chiese se Pen avesse ricollegato i telefoni.

«Hai deciso che cosa fare per la scuola?» chiese Melanie.

Lui scosse la testa.

«Non sei obbligato a restare, sai. Tutto questo… non è un problema tuo.»

«Stai cercando di liberarti di me?» fece lui con un largo sorriso.

«Voglio solo che non ti senta obbligato a restare. Hai ottenuto quei corsi e… Non si sa che cosa succederà con papà.»

«Può darsi che ti faccia una sorpresa e guarisca.»

«Sì, certo.»

«Mi fermerò qualche giorno. E poi voglio aiutarti ad andare sino in fondo in questa storia di Joyce e Harrison.»

«Per questo non ci vorrà molto.»

«Hai in mente un piano?»

Lei si strinse nelle spalle.

«Potresti sempre picchiare Joyce con un tubo di gomma per farle spiattellare ogni cosa», suggerì Bodie.

«Buona idea.»

Bodie svoltò e salì lentamente la stretta strada fino alla casa.

«Credi che potremmo mangiare qualcosa, prima che svenga?» chiese Bodie quando furono entrati.

«Certo.»

Melanie trovò degli hotdog e dei panini nel frigorifero. Mise il tutto nel microonde. Intanto che si scaldavano, riempì due bicchieri di Pepsi e trovò un sacchetto di patatine aperto. Bodie mangiò qualche patatina mentre aspettava. Erano un po’ stantie e avevano uno strano sapore che gli ricordava l’acqua di una canna per innaffiare.

Melanie mise i panini e gli hotdog sui piatti. Bodie aggiunse un po’ di senape ai panini. Poi sedettero al tavolo in cucina.

«Dovresti preparare la roba di Pen, quando avremo finito.»

Melanie continuò a masticare.

«Vuoi che ti aiuti?»

«Ti piacerebbe, eh?» replicò lei.

Eccome mi piacerebbe, pensò lui. «Allora posso aspettarli qui.»

E chiamare Pen?

Senza parlare, solo respirare.

Sarebbe per il suo bene.

Ma quando finirono di mangiare, fu Melanie ad avvicinarsi al telefono. La ragazza compose il 411.

«A chi telefoni?»

«All’Ufficio Informazioni.»

«Questo l’avevo capito.»

«Santa Monica», disse lei nel ricevitore. «Harrison Donner. Ventunesima Strada.»

Bodie s’irrigidì.

Melanie premette il tasto per togliere la comunicazione e cominciò a comporre un altro numero.

«Che accidenti vuoi fare?» sbottò Bodie.

«Vedrai.»

«È proprio quanto temo.»

«Pronto, Harrison? Sono Melanie Conway… Bene, grazie. Papà ne è uscito… Sì, chiamo dall’ospedale. È appena uscito dal coma… Non è fantastico? A ogni modo ti ho chiamato per dirti che deve parlarti… No, non so di che cosa, ma suppongo che sia abbastanza importante. Potresti venire subito? Magnifico. Allora ci vediamo fra qualche minuto.» Melanie riappese.

Bodie la fissò.

«Andiamo», suggerì lei.

«Che cosa…»

«Andiamo a dare un’occhiata alla sua Porsche», spiegò Melanie.

«Cristo, Mel!»


Pen sedeva sul divano con la pesante scatola contenente il fucile sulle ginocchia. L’aprì e sollevò l’arma. Il legno e l’acciaio luccicavano alla luce che entrava dalla finestra dietro di lei. C’era un vago odore di lubrificante.

Non aveva mai sparato con un fucile da caccia. Solo una volta Paul, un amico, l’aveva portata sulle colline vicino a Valentia, e si era divertita un mondo a sparare ai barattoli con la rivoltella e il fucile automatico di lui. Era un fucile automatico calibro 30 con azione a leva. Pen ricordava come le schiacciava la spalla, quando sparava. E che rumore assordante.

Il fucile da caccia probabilmente era uguale.

Lo sollevò, lo appoggiò sulla spalla, e guardò attentamente lungo la stretta striscia di acciaio che correva per la lunghezza della canna fin a un punto sull’imboccatura.

Il fucile di Paul aveva un mirino telescopico. Con quello lei aveva centrato innumerevoli barattoli.

Con questo, se mai avesse dovuto usarlo, il suo bersaglio non si sarebbe trovato a più di tre o quattro metri di distanza. Non poteva fallire.

Azionò la pompa. Scivolava perfettamente. Mise il dito sul grilletto, ma non lo piegò.

Non è carico, si disse. Non dovrebbe. Ma se lo fosse, farebbe crollare il muro.

Posò il fucile sulle ginocchia e per alcuni minuti studiò il libretto delle istruzioni. Poi controllò la camera di scoppio.

Vuota. Tirò il grilletto. Clic. Infine aprì una scatola di munizioni e inserì quattro pallottole nel caricatore.

Lasciando l’arma con il cane abbassato, premette un tasto per attivare la sicura. Riprovò alcune volte finché l’operazione le fu familiare.

A posto, pensò.

Aveva già deciso qual era il miglior luogo per tenere il fucile. Lo portò in camera da letto e lo nascose sotto la coperta.

Poi si sdraiò sul letto.

C’è qualcuno.

Balzò dal materasso, afferrò il fucile, sollevò alta la canna e la puntò in direzione della porta.

«Pum!» sussurrò.

Pen scosse la testa. Si sentiva un po’ sciocca, come un bambino che giocava ai soldatini, ma rimise il fucile al suo posto. Stavolta si levò le scarpe e s’infilò sotto le coperte. Riprovò la manovra. Le coperte rallentavano i suoi gesti, ma non troppo.

Si esercitò altre volte, poi disfece il letto e posò lenzuola e federe sul pavimento.

Domenica, giorno di bucato.

Sei a casa, ora, non scappi, puoi fare le solite faccende come se niente fosse cambiato.


Bodie passò davanti alla casa di Harrison. La Mercedes non era più nel viale.

«Ha funzionato», osservò Melanie.

«Certo che ha funzionato. Ma che cosa succederà quando lui arriverà all’ospedale e scoprirà che hai mentito?»

«È chiaro che si stupirà, no?» Melanie non sembrava curarsi eccessivamente della cosa.

«Certamente», rispose Bodie che trovò da parcheggiare nello stesso spazio dove prima c’era la Lincoln Continental.

«Che ore sono adesso?» s’informò Melanie mentre si avviavano verso casa.

Bodie guardò l’orologio. «Le dodici e quaranta.»

«Bene.»

«Questa storia non mi piace, se vuoi saperlo», disse Bodie, affrettando il passo per restare accanto alla ragazza.

«Nessun problema. Ho telefonato alle dodici e trenta. Diciamo che abbiano impiegato cinque minuti per prepararsi. Dovrebbero impiegare un quarto d’ora per raggiungere l’ospedale, altri cinque minuti per scoprire che era un trucco e un altro quarto d’ora per tornare qui. Sempre che si muovano in fretta. Perciò dovremmo essere al sicuro fino all’una e dieci.»

«Giusto. Perciò controlliamo il garage e andiamo via puliti puliti. Solo che diavolo dirai a Harrison quando vorrà sapere perché gli hai telefonato?»

«Dipende dalle condizioni della sua Porsche, non ti pare?»

«Speriamo che sia fracassata.»

Il cancello del viale era chiuso a chiave. Bodie osservò il meccanismo. «Si apre con un telecomando», annunciò.

Melanie non esitò. Scavalcò il muretto e si lasciò cadere nel viale dietro il cancello.

Con un gemito di disperazione, Bodie la imitò. La seguì verso il garage.

Questa è una vera follia, pensava.

Il viale era costeggiato da un alto recinto, la casa vicina era a due piani. Si vedevano le finestre del piano superiore.

Se per caso qualcuno guardava giù…

Immaginò un’auto della polizia che imboccava il viale e lampeggiava davanti al garage.

Melanie tirò la maniglia cercando di alzare la porta del garage.

«Anche questa deve alzarsi con il telecomando», disse Bodie alla ragazza.

«Provaci.»

Non serve, pensò lui. Ma tirò forte la maniglia. La porta non si spostò.

La porta non aveva spioncini.

Un marciapiede girava attorno all’angolo del garage. Conduceva a una porta laterale con i pannelli di vetro.

Melanie unì le mani a imbuto contro una finestra e sbirciò nell’interno. «Eccola», disse.

«Com’è?»

«Non si vede nulla, è troppo buio.» Lei provò la maniglia, scosse la testa e infine si voltò verso Bodie.

«Rinunciamo», propose lui.

«Puoi aprire la porta a calci?»

«Stai scherzando? Cristo, stiamo già compiendo una violazione di domicilio. Vuoi finire in galera?»

Lei sbirciò di traverso. Poi tirò indietro il braccio. Bodie ammiccò incredulo mentre il gomito di Melanie si abbatteva sulla finestra più bassa. Il vetro andò in frantumi, i frammenti caddero sul pavimento del garage.

«Mel!»

«Io non mi arrendo», dichiarò lei. Allungò il braccio attraverso la finestra rotta e aprì la porta. «Puoi aspettare qui, se hai paura.»

«Facciamo presto e andiamocene.»

L’interno del garage era freddo e buio. Bodie si affrettò a chiudere la porta.

Melanie fece scattare un interruttore. Si accese una lampada sopra di loro. La Porsche, in fondo al garage, era di un rosso fiamma.

Bodie si guardò attorno mentre avanzavano verso la vettura. Lungo la parete c’erano delle bacinelle, una lavatrice, scaffali dove erano state ammucchiate alcune scatole di cartone. Più vicino alla porta, alcuni rastrelli, una falciatrice per il prato, badili e sacchi di fertilizzanti. L’odore di umidità del garage si mescolava con quello dei fertilizzanti e della benzina.

Bodie rabbrividì. Faceva freddo, così al chiuso. O forse era il fatto di trovarsi lì.

Dio, tutto questo è pazzesco.

Melanie si fermò davanti alla Porsche. I suoi occhi sfrecciavano dal parabrezza al cofano.

A Bodie sembrava tutto normale. Si spostò al suo fianco mentre Melanie si accucciava per esaminare i fari, il radiatore e il paraurti.

«Neppure un graffio», osservò Bodie.

«Vuol dire che probabilmente non ha usato questa macchina. Può sempre averne rubata o noleggiata una.»

«Sarà piuttosto difficile provarlo.»

«Maledizione!»

«Vieni, usciamo di qui.»

Lei seguì Bodie fino alla porta. Dopo averla aperta, lui sfregò la maniglia interna per cancellare le impronte digitali. Poi chiuse l’uscio e compì la stessa operazione sulla maniglia esterna.

Melanie, davanti a lui, si avviò a passo rapido verso la porta di servizio. L’aprì e rimase immobile sbirciando nell’interno mentre Bodie la raggiungeva di corsa.

«No!» esplose. E le afferrò la spalla.

«Che ore sono?»

«Mel, no. Non possiamo.»

«Piantala. Che ore sono?»

Lui guardò l’ora. «Dieci minuti all’una.»

«Abbiamo almeno un quarto d’ora.»

«Che cosa vuoi fare là dentro?» chiese lui. Gli tremava la voce e gli martellava il cuore.

«Solo dare una rapida occhiata.»

«Dio, Mel.»

«Potrebbero esserci delle prove. Io entro.»

«No!»

«Lasciami andare.»

Bodie le tolse la mano dalla spalla.

Entrò in cucina dietro Melanie. Si sentiva male. Introdursi in un garage era già un reato, ma questa era pura follia.

Si accorse di aver bisogno di orinare.

Se ci colgono qui…

Perché diavolo Harrison non ha chiuso a chiave la porta di servizio?

Forse c’è in casa qualcuno.

Non pensarci nemmeno.

La casa era silenziosa.

E se lui ha un sistema d’allarme?

«Che succede se Harrison ha un sistema d’allarme silenzioso?» bisbigliò Bodie. «Potrebbe essere collegato direttamente con la polizia o con una pattuglia di sicurezza.»

Melanie lo ignorò.

«Due minuti», concesse lui. «Hai due minuti e poi ce ne andiamo a costo di trascinarti fuori.»

Passarono davanti a un bagno. Lui poteva usarlo, ma proseguì.

Seguì Melanie in una camera da letto.

Le coperte e il lenzuolo sopra erano rovesciati ai piedi del letto matrimoniale. I cuscini erano acciaccati. Al centro del lenzuolo di seta blu, si vedeva un punto bagnato.

Melanie si chinò, sollevò il lenzuolo con la punta delle dita e annusò.

Bodie fece uno sforzo per non gridare.

Melanie si girò verso di lui. Le tremava un angolo della bocca. «Immagino che avrai capito che cosa facevano.»

Bodie le afferrò il polso. «Ora ce ne andiamo.»

«Okay, okay, non tirare.»

Lui la lasciò andare e si precipitò fuori dalla camera, lungo il corridoio fino al soggiorno, fino all’anticamera. Aprì la porta d’ingresso. Melanie uscì… Bodie pulì le impronte, ricordandosi che lei aveva lasciato le sue sulla porta di servizio. Si chiese se dovesse riattraversare la casa per andare a cancellarle.

Un’auto di pattuglia poteva dirigersi verso la casa proprio in quel momento.

Uscì e chiuse la porta tirandosela dietro.

Presero a camminare lentamente sui lastroni di pietra verso il marciapiede.

Quando raggiunsero l’estremità dell’isolato, Bodie si rese conto che erano salvi. Si riempì i polmoni d’aria. Il cuore gli batteva ancora forte e aveva bisogno di orinare, ma non era un bisogno urgente come prima.

Salirono in macchina. Lui si allontanò dal marciapiede. «Grazie a Dio è finita.»

«Non abbiamo ottenuto molto», osservò lei.

«Abbiamo constatato che l’auto di Harrison non ha sbattuto. E dopo il tuo test del lenzuolo si possa eliminare la possibilità che la loro relazione sia puramente platonica.»

«Vorrei essere presente quando torneranno dall’ospedale.»

«Senza dubbio faranno qualche commento sul tuo conto.»

«Esatto.»

«Avresti dovuto pensarci prima di fare quella telefonata.»

«Ci ho pensato, infatti. Il mio messaggio non si proponeva solo di liberarmi di loro. Aveva anche lo scopo di metterli in agitazione, di smuovere le cose.»

«Sono sicuro che ci sei riuscita. E quando Harrison scoprirà la finestra rotta del garage, si metterà in grande agitazione. Saprà esattamente chi è stato. E perché.»

«Esatto» ripeté lei, calmissima.

«Forse ci conviene trasferirci da Pen.»

«Ti piacerebbe, eh?»

«Quello che non mi piacerebbe è affrontare Harrison dopo quanto abbiamo fatto. Lui capirà che cosa cercavamo.»

«Non m’importa di quello che pensa.»

«Non t’importa neppure di ciò che potrebbe fare?»

«Non chiamerà la polizia, se è questo che temi.»

«Se è innocente…»

«Non è innocente.»

«Allora se non è innocente, sarà ancora peggio.»


* * *

Quando rientrarono a casa, Bodie precedette Melanie. «Devo orinare», dichiarò.

«Ehi, ho lasciato la borsa sul furgone.»

Lui le gettò le chiavi e corse in bagno. Chiusa la porta, abbassò la lampo dei pantaloni e finalmente si liberò. Sospirò e contò i secondi: sessantatré. Non era un record. Il suo record l’aveva battuto con novantotto secondi quando era tornato nel suo appartamento dopo una bevuta di birra da Sparkey’s.

Rialzò la lampo, fece scorrere l’acqua e si lavò le mani.

Anche Melanie dovrebbe lavarsi le mani, pensò. Ha toccato quella roba, l’ha annusata.

Quella ragazza è decisamente matta.

Si asciugò le mani e uscì dal bagno.

Melanie non era ancora rientrata. Bodie andò in cucina. Il pensiero di Sparkey’s gli aveva messo sete. Trovò parecchie bottiglie di birra Corona nel frigorifero. Ne prese una e provò una punta di colpevolezza.

Non sto mica rubando, pensò. Joyce ha detto di fare come se fossimo a casa nostra.

In un cassetto trovò un apribottiglie e fece saltare il tappo.

Forse lei non sarebbe tanto generosa se sapesse ciò che abbiamo fatto.

Diavolo, non è sua la birra, comunque. È di Whit. È lui che paga, qua dentro, compresa la birra. Di certo non mi lesinerebbe una birra. Guarda che cosa ho fatto per lui.

Bodie bevve un sorso. La birra era fredda e squisita. Sedette al tavolo e continuò a bere.

Povero diavolo, quei due ti hanno cornificato, Whit. Il tuo socio e la tua cara moglie. Avrai delle brutte sorprese, se mai guarirai.

Ma sono stati loro a investirti? Ecco la questione.

Sarebbe bello fargliela pagare, se sono stati loro.

E come? Harrison era abbastanza furbo da non usare la sua auto. Perciò come la mettiamo?

Suppongo che non dobbiamo far niente. Melanie ha già lanciato il sasso nello stagno. Dobbiamo solo restar seduti e guardare che cosa succede.

Bodie capì improvvisamente.

Posò la bottiglietta della birra sul tavolo e sospirò.

«Melanie», mormorò. «Oh, Cristo!»

Uscì nella strada. Il furgone era sparito.

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