Siamo venuti al mondo accidentalmente in un universo governato dal caso. Le nostre vite sono decise da combinazioni puramente fortuite di geni. Tutto quello che accade, accade per caso. I concetti di causa ed effetto sono sofismi.
Esistono solo cause “apparenti” che portano a effetti “apparenti”. Dal momento che niente dipende realmente da qualcos’altro, navighiamo ogni giorno in oceani di caos e non si può predire nulla, nemmeno quello che succederà tra un istante.
Voi ci credete?
Se è così, vi compiango perché la vostra deve essere una vita triste, spaventosa e sconsolata.
Mi sembra di aver creduto anch’io, un tempo, a qualcosa del genere. Quando avevo circa diciassette anni e il mondo mi sembrava ostile e incomprensibile. Allora forse pensavo che l’universo fosse un colossale gioco ai dadi, senza scopo o disegno, in cui noi sciocchi mortali introduciamo il comodo concetto di causalità allo scopo di mantenere il nostro precario e fragile equilibrio. Mi pareva anzi una fortuna sopravvivere in questo cosmo accidentale e illogico di ora in ora, e addirittura di anno in anno, poiché in ogni momento, senza preavviso o ragione, il sole poteva spegnersi o il mondo trasformarsi in un’enorme bolla gelatinosa di petrolio. La fede e le opere buone non bastano, non hanno nessun valore. A chiunque potrebbe accadere qualunque cosa in qualsiasi momento. Perciò “Carpe diem” senza badare al domani, perché il domani non si cura di voi.
Filosofia cinica, e anche infantile. Il cinismo giovanile è soprattutto una difesa contro la paura. Invecchiando, penso di avere trovato il mondo meno terribile e quindi sono diventato meno cinico. Ho riacquistato parte dell’innocenza tipica dell’infanzia e accettato, come ogni bambino, il concetto di causalità. Spingi il neonato e questi cade. Causa ed effetto. Calcia forte il pallone e questo vola nell’aria. Causa ed effetto, sempre causa ed effetto. L’universo, questo potevo concederlo, può essere senza scopo, ma certamente ha un disegno. Così intrapresi i primi passi sulla strada che doveva condurmi prima alla mia carriera, poi in politica e di qui agli insegnamenti dell’onniveggente Martin Carvajal, quell’uomo oscuro e tormentato che ora riposa nella pace che tanto temeva. Fu Carvajal a portarmi al posto, nello spazio e nel tempo, che oggi io occupo.