Era all’incirca mezzogiorno quando Xanten giunse in prossimità della Valle Lontana, al limitare delle terre di Hagedorn. Lì vicino sorgeva un villaggio degli Espiazionisti. Si diceva che fossero sempre scontenti e nervosi, ma erano comunque delle persone molto curiose sotto ogni punto di vista. Alcuni di loro un tempo avevano ricoperto cariche invidiabili, altri erano stati scienziati famosi, altri ancora erano persone senza alcuna dignità né reputazione. Tutti avevano aderito alla più estroversa ed estremistica delle filosofie e adesso si dedicavano a lavori manuali analoghi a quelli che nei castelli erano riservati ai Contadini e parevano trarne soddisfazione.
Il loro credo non era affatto omogeneo. Alcuni erano degli anticonformisti, altri dei disassociazionisti; un gruppo costituiva gli espiazionisti passivi, mentre un altro, la minoranza, sosteneva invece un programma attivo.
I loro rapporti con il castello erano minimi. Di tanto in tanto davano frutta e legno lucidato in cambio di chiodi, medicinali e qualche utensile. Talvolta i nobili organizzavano delle gite per venire a vedere le danze e i canti degli Espiazionisti. Xanten era già stato al villaggio diverse volte proprio in simili circostanze e si era sentito attratto dalla semplicità e dalla mancanza di formalità che caratterizzava quella gente. Adesso, passando vicino all’insediamento, girò in un viottolo che si snodava tortuoso tra alti cespugli di more, finché non sbucò in un pascolo di capre e bovini. Fermò l’energovagone nell’ombra e osservò il sacco dello sciroppo: era colmo. Si volse verso il prigioniero.
— Vuoi dello sciroppo? Prendine in abbondanza… ma già, dimenticavo, non hai.il sacco. Che cosa mangi, allora? fango? che dieta disgustosa! Ho proprio paura che qui intorno non ci sia niente di tanto rancido da soddisfare i tuoi gusti. Ingoia dello sciroppo, mastica dell’erba, insomma fai quello che preferisci, ma non cercare di allontanarti dal vagone, perché ti tengo sotto controllo.
Il Mek, accasciato in un angolo, non diede segno di aver compreso e non si mosse.
Xanten si avviò verso l’abbeveratoio, mise le mani sotto l’acqua che sgorgava da un tubo di piombo e si rinfrescò il volto, quindi bevve.
Voltatosi, si rese conto che una dozzina di abitanti del villaggio gli si era avvicinata. Uno di essi era una sua vecchia conoscenza: avrebbe potuto diventare re Godalming, se non addirittura Aure, se non si fosse lasciato influenzare dall’Espiazionismo.
Xanten lo salutò educatamente.
— A.G. Philidor, sono Xanten.
— Xanten, certo. Io però non sono più A.G. Philidor, solo Philidor.
Xanten si inchinò.
— Chiedo scusa. Avevo scordato la vostra rigorosa informalità.
— Risparmiateci il vostro sarcasmo — ribatté Philidor. — Dite piuttosto: per quale motivo ci avete portato un Mek tosato? Volete forse che lo adottiamo? — chiese alludendo all’abitudine dei nobili dei castelli di portare da loro i bambini in sovrannumero.
— Adesso siete voi a fare del sarcasmo! Ma non sapete la novità?
— Le notizie ci arrivano sempre con grande ritardo. I Nomadi ne sanno più di noi.
— Allora preparatevi a una sorpresa. I Mek si sono ribellati e hanno già espugnato Halcyon e Delora, uccidendone tutti gli abitanti. Può anche darsi che la stessa sorte sia già toccata a qualche altro castello.
Philidor scosse la testa.
— Non mi sorprende.
— Non vi preoccupa la cosa?
L’altro pensò.
— Da un lato sì. I nostri programmi adesso diventano più assurdi che mai.
— Credo che vi troviate dinanzi a un pericolo molto grave — commentò Xanten. — I Mek intendono eliminare ogni traccia dell’umanità e non penso che vi lasceranno stare.
Philidor sollevò di nuovo le spalle.
— È un pericolo possibile… Riuniremo il consiglio e decideremo in proposito.
— Vorrei farvi una proposta che potreste trovare interessante — disse Xanten. — È evidente che il nostro interesse primario è sedare la rivolta. Le comunità espiazioniste sono una dozzina circa, con due o tremila persone… o più. La mia proposta è di formare un corpo di soldati. Li addestreremo e li armeremo a Castel Hagedorn e verranno guidati dai migliori comandanti del castello.
Philidor lo guardò incredulo.
— E pensa davvero che noi Espiazionisti possiamo diventare vostri soldati?
— Perché no? — chiese Xanten ingenuamente. — La vostra sopravvivenza è in gioco quanto la nostra.
— Si muore una sola volta.
Questa volta fu Xanten a restare stupefatto.
— Possibile che uno che è stato un nobile di Hagedorn possa dire una cosa simile? È questo il comportamento di un uomo fiero e coraggioso di fronte al pericolo? È questo che insegna la storia? No, certamente no! E non è necessario che ve lo spieghi, perché lo sapete bene quanto me!
Philidor annuì.
— Io so che la storia umana non è fatta solo di trionfi tecnologici, di uccisioni e di vittorie. Essa è piuttosto il risultato dei compromessi che l’uomo è riuscito a stipulare con la propria coscienza. Questa è la nostra vera storia.
Xanten fece un ampio cenno.
— A.G. Philidor, voi banalizzate troppo le cose. Mi :redete uno stupido? La storia è composta da diversi livelli che interagiscono l’uno sull’altro. Voi mettete l’accento sulla moralità, ma anche la moralità necessita della sopravvivenza e tutto quello che ci permette di vivere deve essere ritenuto un bene.
— Giusto! — ammise Philidor. — Ma lasciate che vi spieghi una cosa. Può una nazione di un milione di abitanti ammazzarne uno che altrimenti infetterebbe tutti con un morbo letale? Certamente, direte voi. E se foste rincorso da dieci bestie affamate, le uccidereste per salvarvi la vita? Certo, rispondereste, anche se in tal caso il numero dei morti sarebbe superiore a quello dei salvati. Ancora: un uomo vive in una capanna, in una valle solitaria. Dal cielo arrivano cento astronavi che cercano di annientarlo. Quell’uomo ha il diritto di distruggere le astronavi per difendersi anche se è solo contro centomila? Forse mi rispondereste ancora sì. E se un’intera razza si schierasse contro quell’unico uomo? Li può ammazzare tutti? E se gli aggressori sono umani a loro volta? E se lui fosse proprio quello del primo esempio che vi ho fatto, l’uomo contagioso? Come vedete, non è possibile dare una sola risposta. Noi abbiamo cercato di farlo, ma non ci siamo riusciti. Per questo, anche a rischio di peccare contro la sopravvivenza, noi… io per lo meno ho scelto una morale che può almeno garantirmi la serenità. Non uccido… niente, non distruggo… niente.
— Ma… — replicò Xanten sprezzante. — Se un gruppo di Mek invadesse questa valle e iniziasse a uccidere i vostri figli, non reagireste?
Philidor serrò le labbra e voltò la faccia dall’altra parte. Un suo compagno si intromise.
— Philidor ha parlato di moralità. Ma chi è morale in assoluto? Uno di noi potrebbe anche lasciare da parte la morale in una situazione simile.
— Guardatevi in giro. Riconoscete qualcuno? — domandò Philidor.
Xanten osservò attentamente il gruppo di persone che aveva davanti. Poco distante da lui vide una ragazza straordinariamente bella, con indosso un semplice vestito bianco e un fiore rosso fra i capelli neri che le scendevano a boccoli sulle spalle. Xanten annuì.
— Riconosco la ragazza che O.Z. Garr voleva con sé al castello.
— Infatti — rispose Philidor. — E vi ricordate anche le circostanze?
— Perfettamente. Il Consiglio dei Notabili era contrario perché ciò andava contro le nostre leggi sul controllo della popolazione. O.Z. Garr così facendo aveva voluto eludere la legge. «Io ho delle Phane» aveva sostenuto «sei o anche otto e nessuno ha niente da dire. Chiamerò questa ragazza Phane e la terrò con le altre.» Io mi opposi e altrettanto fecero gli altri presenti. Si arrivò quasi a un duello. O.Z. Garr dovette rinunciare alla fanciulla che fu affidata a me, e io la condussi qui, nella Valle Lontana.
Philidor fece un cenno d’assenso.
— Dici il vero. Noi abbbiamo cercato di dissuadere Garr, ma lui non voleva lasciarsi convincere e ha minacciato di attaccarci con i suoi Mek, che saranno stati una trentina. Allora ci siamo messi da parte. Siamo forse immorali? Siamo forti o deboli?
— Talvolta — commentò Xanten — è meglio lasciar perdere la morale. Se anche O.Z. Garr è un nobile e voi siete degli Espiazionisti… Il caso dei Mek è analogo. Stanno distruggendo tutti i castelli e vogliono annientare l’intera umanità. Se la moralità consiste nell’accettazione supina, è meglio lasciarla perdere.
Philidor ridacchiò.
— Che bella situazione! I Mek sono stati portati qui sulla Terra dagli uomini, come i Contadini, gli Uccelli e le Phane. sono stati alterati e modificati per il nostro piacere. Ecco qual è la nostra colpa, e adesso la dobbiamo espiare. Voi, invece, pretendereste di renderla ancora più grave!
— È un male pensare troppo al passato — commentò Xanten. — Comunque, se volete poter continuare a farlo, vi consiglio caldamente di combattere i Mek o per lo meno di rifugiarvi nel castello.
— Non io — disse Philidor. — Gli altri facciano quello che si sentono.
— Aspetterete di essere ammazzato?
— No. E sicuramente anche altri si ripareranno tra le montagne più lontane.
Xanten risalì sull’energovagone.
— Se cambiate idea, venite pure a Castel Hagedorn — disse, e se ne andò.
La strada costeggiò la valle per un pezzo, quindi si inerpicò su una collina superando il crinale. Lontano, stagliato contro il cielo, si innalzava Castel Hagedorn.