IX

La Parata delle Antiche Cotte d’Armi, l’annuale sfilata delle Phane in abiti sontuosi, aveva luogo sulla Grande Rotonda, nella parte a Nord della piazza centrale. Metà circa dei nobiluomini e un quarto delle dame teneva abitualmente delle Phane. Creature provenienti dalle caverne della luna di Albireo Sette, erano una razza docile, lieta e affettuosa. Con migliaia di anni di riproduzione controllata erano diventate sifilidi di provocante bellezza. Circondate da una garza che usciva dai pori posti dietro le orecchie, sulle braccia e sulla schiena, erano completamente inoffensive, desiderose di piacere e ingenuamente vanitose. Molti uomini le trattavano affettuosamente, ma talvolta capitava di sentire che una dama aveva bagnato di ammoniaca una Phane particolarmente odiata. L’ammoniaca rendeva opaca la sua pelliccia e impediva la riproduzione della garza.

Un nobile invaghito di una Phane veniva messo in ridicolo. Le Phane, nonostante il loro aspetto prettamente femminile, se usate sessualmente si sgualcivano e le loro garze si scolorivano, per cui si capiva subito tutto. Da questo punto di vista le dame dei castelli vantavano la loro superiorità, e lo facevano con tale provocazione che di fronte a loro le Phane sembravano le più ingenue creature del mondo. La loro vita durava circa una trentina d’anni. Durante l’ultimo decennio della loro esistenza, una volta persa la bellezza, si sprofondavano in mantelli di garza grigia e si dedicavano alle mansioni più umili negli spogliatoi, nelle cucine, nelle dispense e nelle camere dei bambini.

Insomma, la Parata delle Antiche Cotte d’Armi era più un’occasione per vedere le Phane che le cotte d’armi, nonostante il grande valore di queste.

I padroni delle Phane se ne stavano seduti su un basso podio, speranzosi e orgogliosi, pieni di esultanza quando una delle loro creature si distingueva dalle altre, disperati quando invece si esibiva con meno eleganza del previsto. Durante l’esibizione, un nobile appartenente a un clan diverso da quello del padrone della Phane suonava un liuto: non spettava mai al proprietario stesso accompagnare con la musica l’esibizione. Non si trattava di una vera e propria competizione e non si potevano fare apprezzamenti, ma tutti gli spettatori riconoscevano la Phane più bella e il suo padrone acquistava merito ai loro occhi.

Quel giorno la parata iniziò con una mezz’ora di ritardo a causa della defezione dei Mek che aveva costretto a ricorrere ad alcune improvvisazioni. Nessuno avanzò delle critiche e non vennero neppure notati gli errori di un gruppo di Contadini che si impegnavano in compiti poco congeniali. Le Phane erano belle come al solito. Si piegavano, si giravano a tempo di musica, muovevano le dita come a riprodurre la pioggia e poi, all’improvviso, si incurvavano, scivolavano, si raddrizzavano come giunchi, facevano un inchino e scendevano di corsa dalla piattaforma.

A metà della manifestazione un Contadino si avvicinò di corsa a un cadetto e gli sussurrò qualcosa frettolosamente. Immediatamente il cadetto si diresse verso il palco di lucido giaietto sul quale era seduto Hagedorn. Questi ascoltò, annuì, disse poche parole di risposta e tornò ad accomodarsi sul suo seggio, come se il messaggio fosse stato della minima importanza. I presenti se ne sentirono rassicurati.

Lo spettacolo andava avanti. La coppia di O.Z Garr fece una magnifica figura, ma tutti furono d’accordo nel ritenere che la più avvincente esibizione fosse quella di Lirin, la giovane Phane di Isseth Floy Gazuneth, che era per la prima volta presentata in una parata ufficiale.

Le Phane comparvero un’ultima volta, tutte insieme, esibendosi in un minuetto quasi improvvisato, salutarono, con un cenno triste e allegro contemporaneamente e se ne andarono. I nobili e le dame si attardarono nei loro palchi, bevendo e commentando la parata. Hagedorn restò seduto, torcendosi le mani con la fronte corrugata. All’improvviso si alzò e subito nella Rotonda tutti tacquero.

— Odio dover rovinare con una spiacevole notizia una ricorrenza tanto allegra — comunicò — ma ho appena saputo qualcosa che è giusto conosciate anche voi. Castel Janeil è stato attaccato. I Mek lo tengono sotto assedio con uno schieramento immenso di forze e centinaia di energovagoni. Hanno circondato il castello con una diga che impedisce l’uso del cannone a energia.

«Il castello non corre per ora alcun pericolo e non riesco a capire che cosa sperino di ottenere i Mek, dal momento che le mura di cinta di Janeil sono alte sessanta metri.

«Comunque è una brutta notizia e ci fa capire che dobbiamo aspettarci anche noi un simile trattamento un giorno o l’altro… anche se qui potrebbero ottenere ancora meno. L’acqua ci giunge da quattro pozzi di profondità e le nostre scorte di viveri sono molto abbondanti. Il sole ci fornisce l’energia che abbiamo bisogno e in casi estremi potremmo condensare l’acqua e sintetizzare il cibo dall’aria… almeno così afferma il nostro grande chimico teorico X.B. Ladisname. Insomma, questa è la novità. Domani ci sarà la riunione del Consiglio dei Notabili.»

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