III

I Mek erano abbastanza simili all’uomo e provenivano da un pianeta di Etamin. Avevano la pelle dura e coriacea, bronzo-ruggine, talmente lucida da sembrare oliata o incerata. Dal collo e dallo scalpo fuoriuscivano delle spine rivestite da un sottile strato di cromo-rame. Gli organi sensoriali erano raggruppati al posto delle orecchie e il volto, completamente corrugato e simile a un cervello umano, faceva spesso sobbalzare chi lo incrociava in uno dei corridoi inferiori. La mandibola era perfettamente inutile, data la presenza del sacco da sciroppo sotto la pelle delle spalle, e l’apparato digerente si era atrofizzato. I Mek non indossavano nessun indumento, fatta eccezione per il grembiule da lavoro e la cintura per gli attrezzi, e la loro pelle faceva un piacevole effetto vista alla luce del sole. Da soli, i Mek erano efficienti come gli uomini, anzi, di più, merito del cervello che fungeva anche da ricetrasmittente. Quando invece erano in gruppo, parevano un ibrido tra un subumano e uno scarafaggio e il loro comportamento era assai meno ammirevole.

Alcuni scienziati, soprattutto D.R. Jardine di Luce del Mattino e Salonson di Taung, ritenevano i Mek tranquilli e flemmatici. Claghorn di Castel Hagedorn, invece, la pensava diversamente e sosteneva che le emozioni dei Mek erano talmente differenti da quelle degli uomini da risultare quasi incomprensibili. Dopo lunghe e faticose ricerche Claghorn aveva individuato una dozzina di emozioni mek.

Ma nonostante questi studi la rivolta dei Mek colse tutti alla sprovvista, anche Claghorn, D.R. Jardine e Salonson. Perché? si chiedevano tutti. Come aveva fatto una razza tanto a lungo sottomessa a ordire un complotto così crudele?

L’ipotesi più ragionevole era anche la più semplice: l’avversione dei Mek verso la schiavitù e verso gli uomini che li avevano tolti al loro habitat naturale. Alcuni sostenevano invece che tale teoria trasportava emozioni umane in esseri non umani. Secondo loro i Mek avevano mille motivi per essere grati agli uomini che li avevano liberati da Estamin Nove. Ma i sostenitori della prima teoria ribattevano che anche gli avversari giudicavano secondo parametri essenzialmente umani, al che venivano rimbeccati: — Dal momento che non si sa la verità, nessuna ipotesi è assurda.

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