O il Progetto Prometeo era il risultato di un modo di pensare contorto, o vi avevano introdotto una tale molteplicità di obiettivi, da far pensare che anche chi li aveva studiati non ne sapesse esattamente lo scopo.
La fretta con cui era stata preparata l’operazione e il fatto che i due scafi fossero originariamente destinati alla funzione di laboratori abitati, ideati per le osservazioni di Deimos, giustificava in parte il fatto che le istruzioni date a McCullough fossero un’accozzaglia di dati insufficienti formulati in un linguaggio poco chiaro.
Lui poteva capire le ragioni dei capi e anche provare simpatia per i loro problemi. La presenza di un’astronave straniera oltre l’orbita di Marte era un enigma. Per risolverlo, disponevano solo di due piccoli e fragili scafi, spaventosamente inadeguati, e di sei uomini. Per arrivare alla soluzione più completa possibile, i sei uomini dovevano possedere le più ampie capacità fisiche e sociali. Dato che l’Astronave era ovviamente il prodotto di una cultura altamente avanzata, il sapere dei sei uomini doveva essere completo e molto esteso.
Scegliere sei uomini sani, resistenti, dotati di grande intelligenza, in grado di sopravvivere al più lungo viaggio della storia umana e di rispondere alle domande che sarebbero state loro formulate al rientro, non fu un compito facile, perché a quegli uomini bisognava accordare la più cieca fiducia. Per quanto fossero state migliaia le persone scientificamente qualificate che avevano fatto domanda di partecipare al viaggio, l’ultima parola toccò, come al solito, al medico spaziale.
Al posto di sei riconosciuti geni della Terra, vennero scelti quattro astronauti esperti e due ancora in addestramento, poco conosciuti negli ambienti scientifici, ma molto rispettati dagli amici. Tutto ciò che si poteva dire di loro, era che avevano buone probabilità di sopravvivere al viaggio.
McCullough, secondo Berryman, era stato condizionato dalla ripetuta vista di gente che roteava nelle centrifughe. Hollis, il novellino dello scafo di Morrison, era un fisico che lavorava allo sviluppo dei reattori nucleari destinati agli scafi spaziali. Tutti e quattro i veterani avevano detto, a modo loro, a Hollis e a McCullough, di approvare la scelta fatta, anche se forse mentivano diplomaticamente. Al ritorno sarebbero diventati famosi come nessuno avrebbe mai potuto sperare di essere.
Berryman tossì rumorosamente, e riportò di colpo i pensieri di McCullough al presente.
— Io proporrei di seguire il consiglio, dottore — disse. — Sono trascorse trentuno ore, dal nostro ultimo sonno. Tra l’altro, al nostro risveglio lo troveremo ancora.
— Che cosa? — domandò Walters.
— Il vuoto — rispose Berryman. — Milioni di chilometri di vuoto.
— Segui il consiglio — disse Walters. Sospirò e chiuse di colpo gli occhi.
Quando rimasero in silenzio, aspettando che i sonniferi facessero effetto, McCullough tornò col pensiero al quasi ridicolo problema di quella gente che aveva insistito, erroneamente, nel dire che i suoi compagni di viaggio erano sotto la sua responsabilità. A lui piaceva pensare che le sue qualifiche professionali fossero necessarie al successo del viaggio, che avrebbe trascorso il suo tempo in osservazioni dettagliate e nella valutazione dei dati raccolti sulla fisiologia, la sociologia e la psicologia degli extraterrestri, benché lui non fosse uno psicologo. Ma, a parte i cinque nomi, le facce, i toni di voce, e i gradi militari, McCullough sapeva ben poco di coloro che erano suoi compagni di viaggio e potenziali pazienti.
Fondamentalmente erano degli introversi. Un astronauta non ha motivo di non esserlo. Sia il capitano Berryman, sia il maggiore Walters, avevano dimostrato grande rispetto e considerazione nei suoi confronti.
Del colonnello Morrison, McCullough, poteva dire soltanto che era cortese, ma riservato; non aveva avuto molti contatti con lui. La stessa cosa valeva per il maggiore Drew. Il terzo membro dell’equipaggio di Morrison era il fisico, il capitano Hollis. Il suo grado, come quello di McCullough, non aveva un grande significato. Con tutta probabilità, li avevano promossi allo scopo di semplificare gli incartamenti militari e facilitare la loro assegnazione all’impresa. Hollis parlava poco, sempre a bassa voce, quasi con vergogna. Forse aveva preso questa abitudine giocando a scacchi o riparando gli apparecchi TV degli amici.
Quanto a se stesso, il tenente colonnello McCullough, sapeva di avere una personalità piuttosto complessa che aveva creduto di capire fino al giorno in cui si era presentato volontario per quella missione. In quel periodo stava frequentando i corsi di addestramento MOL, e, nelle sue intenzioni, sarebbe dovuto un giorno salire con un certo numero di animali da laboratorio su una delle stazioni orbitali e studiare i processi della vita nelle condizioni di mancanza di peso. Come gli altri, anche lui non era sposato. Questa era probabilmente un’ottima cosa, nonostante la convinzione generale che il matrimonio potesse dare agli astronauti una maggiore forza e stabilità emotiva; ma la missione Prometeo poteva trasformarsi in un suicidio.
McCullough si rigirò nella cuccetta, benché in condizioni di mancanza di peso qualsiasi posizione fosse comoda. Oltre l’oblò, la Terra era una massa scura; le nuvole e la linea dei continenti erano grigie e indistinte. Le stelle sopra l’orizzonte e le luci delle metropoli brillavano con la stessa intensità, tanto che l’intero pianeta sembrava trasparente e privo di sostanza, come un mondo di ectoplasma.
Mentre si abbandonava al sonno, McCullough pensò fantasiosamente che forse, mentre non guardava, era scoppiata la guerra totale che aveva distrutto il mondo intero; e ora, a orbitare attorno al Sole c’era soltanto un fantasma grande quanto il pianeta…
Ma quando si svegliò qualche ora dopo, la Terra era tornata a essere una sfera luminosa e solida, grande appena quanto la circonferenza dell’oblò.
Berryman e Walters erano già svegli. Quando McCullough si alzò dalla cuccetta, il comandante pilota gli passò la colazione. Stavano ancora succhiando il cibo dai recipienti, quando la radio si fece sentire: — Qui Controllo Prometeo. Buon giorno, signori. Se non avete niente di meglio da fare, e non crediamo che ne abbiate, vorremmo impartirvi le prime istruzioni. Abbiamo deciso di aumentare la frequenza di queste lezioni da due a tre al giorno. Queste sono le prime. Vi potranno essere molto utili quando raggiungerete l’Astronave. Trattano di geometria pluridimensionale.
— Uffa — fece Berryman.
— All’inferno — borbottò Walters.
— No comment — disse McCullough.
— Vi ringraziamo per la vostra collaborazione, signori. Se avete pronta carta e matite…
— Obiezione, obiezione! — esclamò la voce del colonnello Morrison. — P-Uno a Controllo Prometeo e a P-Due. Sono contrario alle note scritte. La quantità di carta disponibile è limitata, e può esserci indispensabile per le comunicazioni o per degli schizzi supplementari alle fotografie dell’Astronave.
— Ottima osservazione, colonnello. Molto bene, prenderete note mentali fino a quando non riterrete opportuno il contrario. Ora, se siete pronti…
Un breve silenzio, rotto da due scariche e da un colpo di tosse. Poi si fece sentire una nuova voce.
— Bene. L’argomento di questa lezione forse necessita di una spiegazione, ed è questa: dalle nostre osservazioni sull’avvicinamento, sulla massa e sull’aspetto generale dello scafo extraterrestre, siamo convinti che esso sfrutti un sistema di propulsione che può spingerlo a una velocità superiore a quella della luce. Dato che la teoria di Einstein afferma l’impossibilità dei viaggi nel continuum di questo spaziotempo a una velocità superiore a quella della luce, dobbiamo ricadere su quelle vaghe teorie che suggeriscono la possibilità di aggirare le leggi fisiche che governano questo continuum, viaggiando ai margini o dentro qualche iperdimensione assolutamente immaginaria. Stando così le cose, con tutta probabilità non sapreste riconoscere una propulsione iperdimensionale nemmeno se vi desse il suo biglietto da visita. E forse nemmeno io.
Un piccolo colpo di tosse, secco e accademico. Poi, la voce riprese a parlare.
— Così, lo scopo di questa lezione, oltre a quello di delineare il pensiero corrente sull’argomento, unitamente alle nostre ipotesi e ai calcoli matematici, è anche quello di darvi una maggiore probabilità di riconoscere un generatore iperdimensionale, nel caso vi capitasse di vederne uno. Ulteriori lezioni più ampie su questo soggetto includeranno…
McCullough cominciò a preoccuparsi di un futuro che si preannunciava noioso. Sperò che quelli di Prometeo sapessero cosa stavano facendo, e che si fossero presi la cura di scegliere i professori adatti. Quando era stata avanzata la proposta delle lezioni, tutti si erano trovati d’accordo nel ritenere che, senza un aiuto visivo o libri di testo, l’imparare soggetti nuovi e difficili sarebbe stato tutt’altro che semplice. Se impartite nel modo dovuto, le lezioni avrebbero però sollecitato lo spirito di competizione tra i membri dell’equipaggio, concorrendo così a scacciare la noia. E sarebbe stata un’ottima trovata, a parte il rischio di far nascere in qualcuno la sensazione di essere meno intelligente degli altri, cosa che avrebbe potuto creare una quantità di conflitti e di turbamenti emotivi. Ma agli astronauti del Prometeo era stato garantito che tutte queste eventualità erano state prese in considerazione, e che si sarebbero evitati quegli effetti che potevano diventare pericolosi.
McCullough pensò che soltanto il tempo avrebbe potuto dare la risposta. Quel professore, se non altro, aveva un certo senso dell’umorismo.
Stava dicendo: — Per darvi un esempio, le nostre nozioni riguardo alla biologia, alla fisiologia e alla sociologia extraterrestre sono nulle. Ma nelle future lezioni vi daremo qualche indicazione su ciò che potrete trovare rifacendovi alle abitudini sessuali di alcune forme sociali isolate, esistenti sul nostro stesso pianeta, e prendendo in considerazione i meccanismi riproduttivi dei nostri più curiosi animali e delle piante terrestri; in tal modo potremo formarci un’idea del tipo di sistema sociale che queste creature potrebbero sviluppare nel caso raggiungessero un livello di intelligenza umana.
“Tutte queste sono semplici indicazioni su quello che i diversi professori vi potranno dire dopo di me.
“Prima di cominciare la mia serie di lezioni, conviene che mi presenti. Sono il dottor Edward Ernest Pugh, professore di matematica all’università di Coleraine…”