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Nel successivo rapporto al generale la voce di McCullough fu la più piatta e incolore possibile… All’inizio, almeno.

— Alla luce degli ulteriori dati raccolti negli ultimi giorni — disse con prudenza il dottore — noi dobbiamo considerevolmente modificare la nostra opinione circa gli scopi dell’Astronave straniera e del suo equipaggio.

“Anzitutto, l’Astronave…”

Il vascello straniero aveva fatto un avvicinamento controllato e si era inserito in un’orbita chiaramente calcolata in precedenza, sosteneva McCullough, dopodiché non aveva intrapreso azioni di nessun genere. Questo, comunque, non escludeva la possibilità che gli extraterrestri avessero l’intenzione di raccogliere dei dati, dal momento che tutta la parte anteriore dello scafo era circondata da un certo numero di cupole trasparenti che potevano benissimo contenere apparecchi di rilevamento. McCullough si dichiarò anzi convìnto che lo scopo principale, e forse l’unico, dell’Astronave, fosse quello di raccogliere dei dati.

Circa la costruzione dell’Astronave, McCullough dovette ammettere che lui e i suoi compagni erano riusciti a esaminare soltanto una piccolissima parte dell’enorme vascello, ma affermò che tutti erano giunti a conclusioni ben definite.

Secondo loro, la costruzione dell’Astronave era basata su una filosofia di disegno in cui il peso aveva soltanto un’importanza minima, e forse non ne aveva affatto. Apparentemente la fonte di energia era tanto forte da non richiedere alleggerimenti di peso mediante fori nelle strutture portanti, o di disegnare angolari portanti in grado di sopportare soltanto la quantità di sforzo necessaria alle sue funzioni, più il minimo indispensabile alla sicurezza.

Tutti i particolari indicavano che l’Astronave doveva essere stata montata nello spazio, probabilmente in una cintura di asteroidi extrasolare, o forse nelle vicinanze di una piccola luna, dove metalli e mezzi di lavoro potevano essere a portata di mano. I più complessi apparecchi di propulsione, di controllo e di sicurezza dovevano essere stati costruiti sul pianeta d’origine e trasportati pezzo per pezzo fino allo scalo. Quel poco che gli astronauti avevano visto dei corridoi, le reti appese, i numerosi punti di accesso all’interno, tutto stava a indicare che erano stati costruiti più per servire ai costruttori che per necessità dell’equipaggio.

Gli astronauti potevano essere colpevoli di avere grossolanamente sopravvalutato anche l’intelligenza e le capacità dell’equipaggio.

— Noi abbiamo i dati completi di una soltanto delle tre forme di vita — continuò McCullough — e precisamente di quella a tentacoli, il Tipo Due, a forma di stella marina. In tutti i nostri incontri, questi esseri di Tipo Due si sono dimostrati estremamente aggressivi. Dopo il secondo attacco, Drew ha detto che, dal momento che si comportano come animali selvaggi, noi li dovremmo trattare come tali. Il mio successivo esame fisiologico sul Due ha rilevato una struttura cerebrale e un sistema nervoso insolitamente piccoli e semplici e una mancanza di controllo adeguato nei confronti degli arti: il che conferma la teoria di Drew.

“Noi ora siamo tutti convinti di avere tentato un contatto di comunicazione intelligente con uno straniero equivalente a una cavia!”

La teoria di McCullough e dei suoi compagni era che l’Astronave fosse una specie di laboratorio interstellare, carico di animali da esperimento, i quali erano sfuggiti al controllo e avevano sopraffatto e ucciso l’equipaggio. Poteva anche darsi che non ci fosse mai stato un equipaggio, e che le apparecchiature destinate al mantenimento della vita e l’impianto di illuminazione interno, fossero inizialmente serviti ai costruttori durante il montaggio del vascello per essere alla fine usati dagli animali caricati a bordo. In base a queste considerazioni, gli astronauti si sentivano liberi di combattere una guerra difensiva contro le forme di vita straniere che infestavano l’Astronave, per poter fare i rilievi, fotografare, e studiare con tutta tranquillità i macchinari dello scafo e le loro funzioni.

Comunque, avrebbero dato priorità alle ricerche sul sistema di procurare i mezzi di sostentamento usato dagli stranieri. La ragione di questo, come avevano già spiegato, stava nel fatto che l’acqua usata dagli uomini costretti a vivere sull’Astronave si perdeva quasi completamente, dal momento che se ne poteva recuperare soltanto una piccola parte, da filtrare negli apparecchi di rigenerazione degli scafi-P.

— L’acqua viene minuziosamente razionata — continuò McCullough — e al nostro ritmo attuale di consumo la riserva ci potrà bastare per trentadue giorni. Questo ci porta tre giorni oltre l’arrivo dello scafo di rifornimento; ma questo scafo porterà soltanto una riserva per quaranta giorni. Un calcolo molto semplice ci dimostra che, se non possiamo riportare tutti gli uomini sugli scafi-P, dove è possibile rigenerare l’acqua, il nostro problema di scorte è logisticamente insolubile.

“Abbiamo già intaccato le riserve di cibo destinate al viaggio di ritorno” concluse McCullough con amarezza “e se non possiamo trovare delle risorse d’acqua, ci sarà impossibile fare ritorno a casa.”


McCullough non aveva da temere la reazione del generale Brady a questo suo ultimo rapporto. Di lì a poche settimane, la Terra e Prometeo sarebbero passati dietro il Sole. Il veicolo ripetitore, destinato a ovviare a quell’inconveniente non era ancora operante, e i messaggi in arrivo venivano resi quasi incomprensibili dalle interferenze.

Non del tutto, naturalmente. Walters, chiedendo al Controllo di ripetere ogni frase almeno una decina di volte, riusciva quasi sempre a ricomporre un messaggio completo. Walters, al contrario di McCullough, non aveva niente di meglio da fare, e un segnale, quando doveva essere ripetuto tante volte, perdeva in qualche modo tutto il suo contenuto d’importanza e di carica emotiva.

Il razzo ad alta accelerazione con i rifornimenti si unì al P-Uno nel momento calcolato. Oltre all’acqua, conteneva una riserva di cibo per venti giorni, pellicole, carta, e una tuta lacera, accuratamente impacchettata. Qualche bene intenzionato, forse d’impulso e senza pensare ad avvolgere l’arma nel modo dovuto, aveva infilato una .45 automatica nella tuta; i quaranta g di accelerazione del veicolo di rifornimento e la pesante pistola avevano prodotto nella tuta un ampio squarcio all’altezza dell’anca rendendola completamente inutilizzabile.

Gli astronauti avevano perso una tuta ed erano entrati in possesso di una pistola priva di munizioni.


La linea di ricerche prese la forma di una spirale piatta che si snodava lentamente e avanzava più lentamente ancora lungo l’asse laterale dell’Astronave. A intervalli regolari, il gruppo stabiliva delle basi provvisorie per compiere le ricerche entro un raggio di venticinque metri o più, secondo le possibilità di sistemazione e le eventuali ostilità da parte degli esseri extraterrestri. Una volta conclusa la spirale di ricerche, nella mappa tridimensionale che stavano costruendo sarebbero sempre rimaste delle ampie zone inesplorate.

Gli astronauti trovarono soltanto magazzini e compartimenti pieni di utensili le cui forme e i cui scopi divennero loro a poco a poco familiari; dappertutto erano presenti corridoi tappezzati di reti che congiungevano i vari locali. Era evidente che gli alloggi dell’equipaggio, se esistevano, e gli impianti destinati al mantenimento della vita, con tutte le altre apparecchiature essenziali, si trovavano nelle profondità ancora inesplorate dello scafo.

— Non conviene allontanarci dalla fascia esterna e perdere il contatto con i nostri scafi — disse il colonnello, durante una sosta tra una sortita e l’altra effettuate per completare una piccola sezione della mappa — però mi sembra che ci siano periodi in cui il rischio è minore. Forse avrete notato che, ogni cinque o sei ore, l’attività degli stranieri e il loro numero diminuiscono sensibilmente. Supponendo che questo fatto sia dovuto alla loro periodica alimentazione, noi potremmo approfittare di questi momenti per spingere le nostre ricerche nelle profondità dello scafo. Potremmo anche fare il tentativo di seguire uno degli stranieri tenendoci a distanza di sicurezza, nella speranza che ci porti alla fonte del cibo e dell’acqua.

— Le assenze degli extraterrestri non sono completamente regolari — fece osservare Hollis. — Alcune sono più lunghe. Forse si tratta dei periodi di riposo, dopo un certo numero di pasti. Questo può essere un dato molto importante per calcolare la lunghezza del loro giorno e la rotazione del loro pianeta d’origine.

— Personalmente — intervenne Drew con impazienza — preferisco raccogliere dati che ci possono aiutare a sopravvivere. Per esempio, se uno di noi dovesse perdere l’arma, ne sappiamo a sufficienza sulla struttura fisica degli extra-T, per usare un qualsiasi colpo di karate? Mi spiego meglio, dottore. Qual è il loro punto più delicato, quello in cui si può ficcare la punta dello stivale?

McCullough glielo disse, con una certa riluttanza.

Non cercarono di uccidere di proposito gli stranieri, tranne quando venivano attaccati da quelli di Tipo Due, cosa che accadeva spesso. Una volta uccisero un Due che mostrava chiaramente di essere stato parzialmente divorato. Hollis disse che si trattava di un altro dato molto importante a conferma della teoria di McCullough, e cioè che gli extra-T fossero animali da laboratorio, e non esseri razionali.

Il riconoscimento non diede a McCullough molta soddisfazione, perché proprio in quel momento lui stava elaborando una nuova teoria, basata sulla supposizione che l’Astronave avesse sofferto una specie di catastrofe immateriale: per esempio, l’oppressione psicologica di un viaggio troppo lungo, che aveva fatto impazzire l’equipaggio: i Tipo Due potevano essere gli ultimi superstiti, oppure i discendenti dell’equipaggio originale, ormai ridotti allo stato di animali selvaggi.

Non parlò agli altri della sua nuova teoria per non turbarli maggiormente.

Hollis e Berryman stavano diventando degli esperti nell’identificare e nel seguire i cavi di energia e quelli di controllo, senza peraltro sapere cosa rifornissero o comandassero quelle linee. Secondo loro doveva essere possibile utilizzare uno dei circuiti per far giungere i messaggi radio dalle profondità dello scafo, fino al metallo della carenatura esterna. In effetti, i circuiti o le tubature avrebbero funzionato da estensione delle antenne delle loro tute. E, dato che i segnali sarebbero stati impulsi di radio frequenze, anziché flussi di corrente, non c’era pericolo di danneggiare le linee di controllo o i meccanismi degli stranieri.

Allo scopo di sperimentare quella possibilità, e per avvicinarsi al luogo in cui i Tipo Due si nutrivano, la base successiva venne stabilita a circa quaranta metri nell’interno dell’Astronave.


Era un grande compartimento, dalle pareti grigie, pieno delle ordinate masse di tubature e dei soliti armadietti chiusi, che sporgevano da tutti e sei i lati. Una rapida perlustrazione garantì agli astronauti che era deserto; McCullough si mise di guardia all’unica entrata costituita da una porta scorrevole, e non a pressione come quelle della zona esterna. Hollis, Berryman e Drew, ondeggianti uno vicino all’altro, cominciarono una discussione per stabilire se l’ultimo Due fosse stato ucciso per difesa personale, o se lo avessero ucciso prima di venire attaccati. Cominciarono a parlare ad alta voce, con foga, sentendosi evidentemente al sicuro da ogni pericolo. Improvvisamente, un Due che si era tenuto nascosto chissà dove, piombò in mezzo a loro.

Echeggiarono grida e imprecazioni, seguite da un urlo disumano: uno degli astronauti doveva essere stato colpito a morte. McCullough si girò sollevando l’arma, ma il centro della stanza era diventato una massa confusa di corpi roteanti. Poi una nebbia rossa, che diventava sempre più densa, oscurò la scena. Non c’era niente da fare. Il Due aveva avvolto i tentacoli attorno a qualcuno e lo stava furiosamente colpendo con il corno, mentre gli altri cercavano di allontanarlo colpendolo con i calci e con le armi.

Quando il Due, colpito a morte, lasciò la presa, McCullough si lanciò verso l’uomo ferito e lo strinse a sé, tenendone la faccia appoggiata contro il proprio petto, per impedirgli di vedere le spaventose ferite. Poi cominciò a parlargli con voce rassicurante e smise solo quando Drew gli annunciò seccamente che il colonnello Morrison era morto.

Berryman, Hollis e Drew rimasero a guardare McCullough. Evidentemente attendevano istruzioni o si aspettavano che si dichiarasse contrario ad assumere le responsabilità del comando. McCullough chiuse gli occhi nel tentativo di cancellare l’immagine del corpo di Morrison tanto dalla mente quanto dalla vista.

Poi disse: — Berryman, cercate una cassa vuota, o qualcosa del genere, e metteteci il corpo del colonnello. Legate o sigillate le chiusure, in modo che quegli animali non riescano a prenderlo. Quando avrete finito, andate nella camera stagna esterna più vicina e riferite a Walters cos’è successo. Oggi avevamo stabilito di seguire i Due fino al loro deposito di acqua e di viveri: questo rimane il nostro programma.

“A ogni modo” concluse “se vi capita di sentire del chiasso, non venite di corsa in nostro aiuto. Restate in un luogo sicuro fino a successivo intervallo di colazione, e poi tornate qui. Chiaro?”

Berryman girò lo sguardo da Hollis a Drew. Poi tornò a guardare McCullough. Nonostante la differenza di grado e la disciplina militare che li doveva tenere legati, in quel momento, e McCullough lo intuiva benissimo, si stava svolgendo qualcosa di molto simile alle elezioni. Era evidente che Hollis, a giudicare dalla sua espressione, stava timidamente dando il suo voto positivo. La faccia di Drew diceva un secco no, e Walters, dal momento che non si trovava direttamente coinvolto nella lotta contro i Tipo Due, in corso sull’Astronave, non venne interpellato. Toccava quindi a Berryman dare il voto decisivo di quelle elezioni. Mentre perdurava il silenzio, McCullough si domandò quali fossero le qualità che quel pilota, normalmente spensierato, giudicava necessarie a un capo; e, nel caso lo giudicasse incapace di comandare come avrebbe fatto Berryman a farglielo capire?

Sarebbe stato un ammutinato cortese e pieno di tatto, pensò McCullough.

Alla fine, Berryman fece un cenno affermativo e disse secco: — Il colonnello è morto. Lunga vita al tenente colonnello.

Quel giorno il colonnello Morrison aveva avuto l’intenzione di esplorare l’Astronave il più profondamente possibile, e di seguire gli stranieri fino al luogo in cui si nutrivano, nonostante il rischio per i terrestri di venire completamente circondati dai Due. Gli ordini di McCullough non furono una sorpresa, e tutti probabilmente pensarono che volesse proseguire la missione stabilita in omaggio al colonnello caduto, oppure, a voler essere cinici, che non sapesse cos’altro fare di meglio.

Videro un Due dopo circa dieci minuti, e lo seguirono mantenendosi a una ventina di metri di distanza, attenti a non perderlo di vista quando cambiava direzione. Di tanto in tanto infilavano pezzi di carta nella rete per essere certi di ritrovare la strada durante il ritorno. Il Due continuò a ignorarli, forse perché non li aveva visti, o forse per il fatto che aveva qualcosa di molto più importante a cui pensare. Dopo qualche minuto venne raggiunto da un altro della sua specie, poi da altri tre, ma nessuno parve interessarsi agli umani, che ora si stavano spingendo sempre più in profondità nell’Astronave. Qui, lunghi tratti di corridoio erano permanentemente illuminati, e i terrestri non ebbero bisogno di accendere le luci. Tra l’altro, non videro nemmeno interruttori di sorta. Alla fine udirono un ronzio che cambiava di tono in modo continuo e irregolare, ma che diventava sempre più forte.

A un tratto si accolsero di essere seguiti da tre stranieri, che guadagnavano rapidamente terreno.

Prima di trovarsi troppo insaccati tra i due gruppi di extra-T, McCullough guidò il suo gruppo nel più vicino compartimento vuoto. La porta scorrevole aveva un’ampia finestra, che gli permise di non accendere la luce della stanza. Mentre aspettava che il secondo gruppo di stranieri passasse oltre, McCullough ebbe qualche minuto per guardarsi attorno, e scoprì qualcosa che gli fece quasi dimenticare la ricerca dell’acqua.

Quel compartimento era diverso da tutti gli altri che avevano esplorato. La diversità era evidente anche alla debole luce che filtrava dal corridoio. Non c’erano cavi né tubature, a meno che non fossero nascosti dietro i pannelli delle pareti; gli oggetti che occupavano la sala avevano l’inconfondibile e preciso aspetto di mobili. Al centro della stanza c’era sospesa una lunga forma cilindrica, che poteva benissimo essere un’amaca per la caduta libera.

— Sono passati — disse Drew, socchiudendo la porta scorrevole. — Dobbiamo correre. Stanno girando a un incrocio.

McCullough segnò con cura sulla sua mappa la posizione di quel compartimento, poi uscì con gli altri. Sentì tuttavia che avrebbe dovuto trattenerli per prendere in esame tutte le implicazioni di quella sala che si lasciavano alle spalle.

Un laboratorio popolato di animali non aveva bisogno di sale arredate. Questo significava che sull’Astronave dovevano esserci degli extraterrestri intelligenti.

McCullough aveva bisogno di tempo per pensare. La ricerca dell’acqua poteva venire rimandata di qualche ora, o di qualche giorno; nel frattempo bisognava decidere quale fosse la miglior cosa da fare. McCullough era il capo, e poteva benissimo dare l’ordine di fare ritorno alla base.

Non lo diede, perché tutto accadde troppo in fretta.

Girarono in un corridoio completamente diverso da quelli che avevano percorso fino a quel momento. Una delle pareti era formata da una pesante rete metallica, attraverso la quale si vedeva un grande compartimento pieno di Due, mentre altri Due si accalcavano e lottavano per passare attraverso gli squarci che si aprivano nella rete. Dall’altra parte, la lotta per conquistare una posizione era così violenta che diversi extra-T erano morti. Lo scopo della lotta sembrava essere quello di guadagnare una posizione di fronte a un lungo pannello di plastica che correva su una delle pareti. Dal pannello, sporgeva una quantità di tubi aperti di piccolo diametro, e un identico numero di altri tubi che terminavano con una protuberanza di gomma. La lotta che si svolgeva davanti alla parete era tanto violenta da impedire di vedere cosa uscisse dalle tubature.

— Io penso che dai tubi esca del cibo semiliquido — disse Hollis, eccitato. — E dai poppatoi deve uscire una specie di acqua.

Come un singolo rintocco assordante che si ripercosse lungo i corridoi, i terrestri sentirono per la prima volta una voce straniera.


Pur rendendosi conto che poteva trattarsi di uno scherzo della sua immaginazione, McCullough ebbe l’esatta sensazione che il suono fosse diverso da quello provocato dai Due, intenti a cibarsi. Quei suoni articolati sembravano più complessi e sottintendevano un significato: avevano quasi un tono di incitamento. McCullough sapeva che era ridicolo cercare dei significati in una sequenza di suoni completamente sconosciuti, ma gli rimase la forte sensazione di essere stato ammonito. Tutte le volte che la voce smetteva di parlare, si ripeteva l’assordante rintocco… O forse la voce continuava a parlare tra i rintocchi.

I Due dietro la rete diventavano sempre più agitati, a ogni rintocco; ma nessuno di loro smise mai di mangiare o di lottare.

Drew disse a Hollis qualcosa su Pavlov e la sua teoria sui riflessi condizionati, e McCullough prese il registratore. Drew sollevò la sua arma per indicare la vicina griglia di un altoparlante, dove sarebbe stato possibile ottenere una registrazione senza i troppi disturbi sollevati dagli animali che si cibavano. Ma non completò il movimento. Quando la sua lancia toccò il muro del corridoio e la rete, da quest’ultima si sprigionò un doppio lampo accecante.

Drew fece un sobbalzo violento, rotolò lateralmente, e rimase immobile, inanimato.

Una seconda voce straniera si unì alla prima, e le parole aumentarono d’intensità.

La seconda voce sembrava parlare la stessa lingua della prima. Spesso ripeteva le stesse parole dell’altra, ma le si sovrapponeva, e non si interrompeva nel momento dei rintocchi. A volte parlava rapidamente; altre volte le parole venivano trascinate e il loro tono, volume e inflessione variavano tanto da farle sembrare un canto. McCullough rimase sconcertato: aprì e richiuse le palpebre, per cancellare il bagliore del lampo dagli occhi, e, nel frattempo, cercava di capire cosa stesse succedendo. Aveva bisogno di tempo per pensare.

Ma non gli fu concesso. Berryman avanzava dal fondo del corridoio gridando.

— Dottore! Dottore! Walters dice che le cupole dei generatori si sono illuminate… tutte quelle che può vedere dal P-Due! Dice che l’Astronave sta partendo!

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