7

Per tre volte a D.H. Hill gli uccisero il cavallo sotto, alla battaglia di Antietam. Lee rimase su Traveller per tutta la battaglia, nonostante avesse difficoltà per le mani fasciate. Quando il generale Walker portò gli ultimi uomini oltre il guado, in Virginia, Lee era a cavallo di Traveller, in mezzo alla corrente. — Quante divisioni devono ancora passare? — chiese, e quando Walker gli rispose di essere l’ultimo, tranne alcuni carri con i feriti che venivano subito dietro, Lee esclamò — Dio ti ringrazio! — Walker ebbe l’impressione che fosse rimasto là in piedi, a cavallo, per tutta la notte.


Annie non ebbe più sogni. Io sonnecchiai in poltrona fino a che non ci fu luce, di fuori, e poi andai a letto e dormii fino a dopo le nove. Annie era ancora profondamente addormentata, ma Richard era in piedi. Aveva già chiamato l’appartamento di Broun e lasciato un altro messaggio.


“È evidente che stai proiettando la tua ostilità su di me come figura autorevole, ma il vero oggetto della tua rabbia è Broun. Stai imponendo le tue fantasie di vendetta sulla instabilità emotiva di Annie, ma è Broun il tuo vero nemico.”


Fece una pausa abbastanza lunga perché potessi esclamare — Sei tu il mio vero nemico, bastardo.

“Il tuo Io non può accettare la rabbia che senti nei confronti di Broun, che mette il proprio nome sui libri per cui tu hai fatto tutto il lavoro, così il tuo inconscio dissimula quella rabbia facendoti apparire i sogni nevrotici di Annie come sogni di Robert Lee. In questo modo il tuo inconscio può dichiarare guerra a Broun, come Lee dichiarò guerra a Lincoln. È un comportamento comune nei pazienti nevrotici.”

— E drogare i propri pazienti? È un comportamento comune negli psichiatri nevrotici?

Annie era in piedi sulla porta, con lo sguardo spaventato; indossava ancora la camicia da notte. — Con chi stavi parlando, Jeff? Con Richard?

— Non parlavo con nessuno — dissi, e le tesi il ricevitore perché potesse sentire. — È la segreteria telefonica. Richard non sa dove ci troviamo e sta tentando di farti tornare in questo modo, con la psicanalisi a distanza. Sarai lieta di sapere che per oggi il pazzo sono io. — Ripresi il ricevitore. — Può andare avanti ancora per un po’. La segreteria di Broun tiene fino a tre ore di messaggi. Perché non ti vesti e poi andiamo a far colazione? Dobbiamo essere dal veterinario alle undici.

Annuì e scomparve nell’altra stanza. Rimasi ad ascoltare il resto della predica di Richard, mi accertai che Broun non avesse lasciato un altro messaggio e poi cancellai tutto. Broun di solito non chiamava per ascoltare la segreteria quando era fuori. Mi lasciava le comunicazioni e i numeri dove lo potevo trovare e aspettava che fossi io a chiamarlo con una lista delle cose urgenti. Pensavo quindi che si sarebbe comportato così anche questa volta, specialmente perché mi credeva lì a casa, ma a ogni buon conto mi ero prefissato di chiamare la segreteria una volta al giorno per ascoltare e poi eventualmente cancellare. Non volevo che Broun sentisse per caso le farneticazioni di Richard.

Annie rientrò, fermandosi di nuovo sulla soglia. — Voi due eravate amici, vero? — chiese. — Prima di tutto questo?

— Eravamo compagni di stanza. Forse sì, eravamo amici, ma avevamo già scelto strade differenti. — Raccolsi la giacca. — Lui pensava che io dovessi fare qualcosa di più utile al posto di storia.

— Mi dispiace — fece Annie.

— Di che cosa? Che io abbia scelto storia? — Le sorrisi. — Non si è rivelata del tutto inutile, mi pare.

Raggiungemmo la caffetteria. Era affollata di gente che si preparava ad andare in chiesa. Ci servì una cameriera diversa da quella che, la sera prima, ci aveva praticamente annegati nel caffè; questa era una graziosa rossa non molto più vecchia di Annie, e anche lei arrivò immediatamente con il bricco del caffè. — Voi due dovete essere turisti — disse quando vide la carta stradale della Virginia che avevo portato con me. Ci porse due cartoncini con il menu. — Siete già stati al campo di battaglia?

— No — rispose Annie. — Non ci siamo ancora andati.

— Bene, allora dovete andarci assolutamente. Fredericksburg è famosa solo per quello. — Posò il bricco e tirò fuori dalla tasca un taccuino. — Il Servizio Parchi Nazionali l’ha sistemato e lo tiene davvero bene. C’è una piantina elettrica e tutto il resto. E ora, che cosa posso portarvi? Uova? Brioche calde?

La camerierina prese l’ordine, diede “una riscaldata”, come la definì lei, alle nostre tazze rabboccandole fino all’orlo e sparì verso la cucina.

— Hai detto che l’appuntamento con il veterinario era alle undici? — chiese Annie.

— Sì, ma è fuori città ed è meglio prevedere un po’ di tempo per trovare la strada. Non hai fatto altri sogni stanotte, vero?

Lei scosse la testa.

— E questo sogno era diverso dagli altri? Voglio dire, so che era su Fredericksburg, ma era la stessa specie di sogno?

Ci pensò su a lungo. — Era più chiaro degli altri. Non so come spiegarlo, ma mi sembra che ora abbiano un senso meglio definito. — Scosse di nuovo la testa. — Non è esattamente così, però. Ancora non ho idea di dove mi trovi o di che cosa si tratti fino a che tu non me lo spieghi, ma è come se mi avvicinassi a capire il significato dei sogni.

— Vuoi dire che cosa li provoca?

— Non so. È come se… Non riesco a spiegare. Stanno diventando più chiari. — E più spaventosi, pensai, guardandola in faccia. Qualunque cosa lei stia cercando di iniziare a capire, è certo che la terrorizza.

La cameriera ci portò la colazione e dell’altro caffè. Aspettai fino a che Annie ebbe finito le uova e poi le chiesi — In che momenti di solito fai i sogni? Hai detto ieri sera che di solito non ti capita dopo mezzanotte.

— Fra le nove e mezzanotte. È per questo che Richard era così preoccupato quella sera al ricevimento, perché erano già le nove. Forse credeva che cadessi addormentata sul divano o qualcosa del genere. Ma io non soffro di catalessi. Faccio solo dei brutti sogni.

— Hai detto che il Thorazine ti impedì di sognare, quel pomeriggio tornata da Arlington. Ti capita di fare quei sogni anche durante il giorno?

— Quando i sogni peggiorarono, la prima volta, pensai che forse se riuscivo a stare sveglia fin oltre mezzanotte non sarebbero tornati, e per un po’ funzionò. Poi però iniziai a sognare non appena mi addormentavo, così provai a star sveglia tutta la notte e dormire di giorno, ma anche quello non funzionò.

— E questo succedeva due settimane fa?

— Sì.

— Mentre prendevi l’Elavil?

— Sì. Lo stavo prendendo da un mese e mezzo.

— Richard non pensava che fosse strano che tu continuassi a sognare? Gli antidepressivi reprimono il ciclo dei sogni. Richard non ti ha detto nulla di questo?

— Era un po’ preoccupato all’inizio, ma poi disse che ci voleva un po’ perché l’Elavil iniziasse ad agire e che in ogni caso il mio ciclo del sonno era migliorato. Non mi svegliavo così spesso e riuscivo a riposare molto di più.

— E quando i sogni diventarono peggiori… più chiari?

— Disse che era una buona cosa, che qualunque cosa stesse causando i sogni stava cercando di venire alla luce, che il mio inconscio era determinato a farsi ascoltare.

Avevo pensato che le avesse sospeso l’Elavil perché non aveva effetti e anzi tendeva a peggiorare i sogni. Se non era stata quella la ragione, allora perché? A sentire Annie, lui non era preoccupato per i sogni; doveva essere successo qualcosa, invece, che l’aveva spaventato tanto da indurlo a somministrarle addirittura il Thorazine per fermarli.

La cameriera mosse un attacco frontale, di nuovo, alle nostre tazze, nonostante io e Annie tentassimo di fermarla. — Forse è meglio che ci ritiriamo, prima che decida di farci annegare in questo liquido bollente. — Guardai l’orologio. — Sono le dieci e un quarto. Perché non andiamo a vedere se riusciamo a trovare questo dottor Barton?

— Va bene — rispose Annie. Piegò il tovagliolo e lo appoggiò sul tavolo.

— Stavi prendendo qualche medicina prima di venire all’Istituto? Hai detto che il tuo medico ti ha mandata all’Istituto. Aveva mai tentato di somministrarti qualcosa, prima?

Ci alzammo in piedi. — Fenobarbital — disse lei, prendendo il cappotto.

— Richard lo sapeva?

— Sì, e si era agitato. Disse che nessuno usa più i barbiturici, comunque non in casi del genere, che la mia cura era stata tutta sbagliata.

— Tu non sei andata avanti a prendere il fenobarbital, vero?

— No.

Le tesi la carta e presi dal portafogli il foglietto con le indicazioni che mi aveva dato la moglie del veterinario. A sud della città, aveva detto questa, oltre Hazel Run sulla strada per Massaponax. Una casa con il porticato.

Tutte le case avevano porticati, e dovemmo percorrere almeno tre strade con l’indicazione per Massaponax prima di trovarla. Il dottor Barton era appena rientrato da un giro di visite e stava ancora esaminando alcuni animali, ci disse sua moglie. Lei era molto più giovane di quanto mi fosse sembrata al telefono; non doveva avere molti anni più di Annie. Ci disse che se volevamo potevamo girare attorno allo stabile e andare a parlare con lui immediatamente.

Anche il veterinario era giovane, con sottili baffi di ragazzo, ed era evidente che non soffriva di acromegalia. Non era più alto di un metro e settanta. Indossava una camicia blu, jeans e un paio di stivali che lo facevano assomigliare a un ufficiale dell’Unione.

— In che cosa vi posso essere utile? — disse, osservando una giumenta rossiccia con una zampa acciaccata.

— Dubito che lo possa — risposi io. — Ho fatto un errore. Stavo cercando un dottor Barton che soffre di acromegalia.

— Era mio padre — ribatté lui, alzando il piede posteriore sinistro della cavalla. — Ho detto a Mary che ci avrei scommesso, che stavate cercando lui, quando ho saputo che avevate menzionato il dottor Stone. — Fece riappoggiare lo zoccolo. — Papà è morto di un attacco di cuore l’autunno scorso. Di che cosa volevate parlargli?

— Lavoro per Thomas Broun. — Il veterinario annuì come se conoscesse il nome. — Sta scrivendo un libro su Abramo Lincoln. Lincoln soffriva di acromegalia.

— Lo so — disse. — Papà si era sempre interessato alle altre persone che avevano la sua stessa malattia, specialmente alle persone famose. Edoardo Primo, il faraone Akhenaten, e soprattutto Lincoln. Penso che fosse perché negli ultimi anni era arrivato ad assomigliare a Lincoln. È una cosa che succede, vedete, con l’acromegalia. Arrivano tutti ad avere grandi orecchie e naso e mani larghe.

Alzò gli zoccoli della cavalla, uno dopo l’altro, poggiandovi contro la mano piatta, e poi riappoggiandoli a terra di modo che sostenessero il peso. Quando arrivò al piede anteriore destro la cavalla lo tenne su, sfiorando il suolo, per qualche attimo e poi lo riappoggiò delicatamente. Annie sedette su una balla di fieno e rimase a guardare.

— Broun è soprattutto interessato ai sogni di Lincoln — dissi.

— Il sogno della barca, eh? — Alzò di nuovo lo zoccolo, lo osservò e lo mise giù. Questa volta la cavalla lo riappoggiò subito con decisione. — Papà ne è sempre stato affascinato.

— Il sogno della barca?

— Sì. Lincoln aveva questo sogno ricorrente. — Ricominciò con gli zoccoli, uno dopo l’altro, alzandoli e rimettendoli giù. Quando rimise giù quello anteriore destro la cavalla lo appoggiò e poi lo rialzò e lo tenne a sfiorare il terreno. — Nel sogno lui si trovava su una barca che si muoveva verso una spiaggia scura e indistinta. Fece questo sogno prima delle battaglie di Bull Run, Antietam, Gettysburg. Lo sognò anche la notte prima di venire ucciso.

Gettai un’occhiata ad Annie, preoccupato per l’effetto che tutto questo parlare di sogni poteva avere su di lei, ma lei sembrava più interessata alla cavalla che alla nostra conversazione.

— Suo padre non ha mai raccontato qualche sogno particolare?

Trasse dalla tasca della camicia un piccolo coltello ricurvo. — Sulle barche? Non credo. Perché?

— Broun pensa che i sogni di Lincoln possano avere qualcosa a che fare con la sua acromegalia. Non le ha mai accennato al fatto che l’acromegalia lo facesse sognare di più?

— È una teoria interessante. — Ci pensò per qualche istante. — Non ricordo che papà parlasse mai di sogni. Se conosce la malattia, sa che essa causa mal di testa e depressione. Mio padre era un uomo molto infelice. Non parlava molto, specialmente della sua acromegalia. Mi raccontava i suoi sintomi tanto quanto potrebbe farlo questa cavalla. La sola volta che lo sentii parlarne apertamente fu in relazione a personaggi famosi come Lincoln o Akhenaten. Verso la fine diventò quasi un’ossessione, per lui.

Alzò la zampa destra della cavalla e iniziò a raschiare il fondo dello zoccolo con il coltello. — A proposito di Akhenaten gli egiziani erano grandiosi, in materia di sogni — disse. — Li trascrivevano, incaricavano indovini di interpretarli, erano convinti che predicessero il futuro. Ci potrebbe essere qualcosa… — Spazzò via i residui e scrutò il fondo dello zoccolo. — No, penso che non sia rimasto nulla sui sogni di Akhenaten. Il faraone che venne dopo di lui, Ramsete, spazzò via ogni sua traccia. Buttò giù tutte le sue statue, cancellò il suo nome da ogni pietra, bruciò ogni cosa.

— E allora come si fa a sapere della sua acromegalia?

— Non si sa. — Frugò dentro lo zoccolo con la punta del coltello, accigliandosi. Lasciò andare la zampa e osservò come la giumenta l’appoggiava. Essa la mise a terra decisa, appoggiando il peso senza esitare. — Era solo una piccola teoria di papà. Ci sono un paio di dipinti e di statue che Ramsete non riuscì a scovare. Lo mostrano con le orecchie lunghe e un ampio naso piatto, mentre da qualche altra parte viene citata la sua altezza. In uno dei geroglifici lo si descrive anche come melanconico, il che, come dicevamo prima, è uno dei sintomi dell’acromegalia.

— O della consapevolezza che il prossimo faraone farà qualsiasi cosa per farti dimenticare da tutti — dissi io.

Lui sorrise. — Giusto. È come un gioco, tirare a indovinare le malattie di quelli che sono venuti prima di noi. Come indovinare le malattie di oggi, in molti casi. — Afferrò le briglie della cavalla e la fece andare su e giù, osservando attentamente come appoggiava i piedi.

— Con gli animali è davvero un tirare a indovinare. Non ti possono dire dove fa male o che cosa pensano di avere. Come questa cavalla qui — aggiunse, continuando a farla andare in circolo. — Ha un piede dolente, probabilmente per un’ammaccatura o un graffio del chiodo del ferro; ma potrebbe essere anche un’azzoppatura o dei calli o qualcos’altro ancora. Non trovo nessuna infezione e quindi non posso dire. L’unico metodo per esserne sicuri sarebbe lasciarla stare finché non diventa qualcosa di più serio. Allora sarà facile trovare l’infezione: lo zoccolo sarà caldo al tocco, lei non sarà più in grado di appoggiarlo e avrà sviluppato un sacco di altri sintomi. Il solo problema è che allora potrebbe essere troppo tardi per farla guarire, specialmente se si è presa un chiodo. Devo scoprirlo adesso.

— E se non ci riesce? — chiese Annie.

— Allora le farò un’iniezione antitetanica e aspetterò ancora un po’; ma lo scoprirò. Gli indizi ci sono già tutti. Bisogna solo cercare con più attenzione, a questo stadio. — Fermò la cavalla, assicurò le redini a un anello di ferro e tirò su di nuovo la zampa destra. — Con gli animali succede di avere troppi sintomi oppure di non averne affatto, e non si sa cosa sia meglio. C’era un baio qui, la settimana scorsa, che aveva tutti i sintomi elencati nel manuale e poi altri ancora. Sono dovuto passare attraverso una dozzina di malattie prima di arrivare a quella giusta. Ma a me un bel giallo è sempre piaciuto, e a lei?

Grattò via la terra dallo zoccolo, cercando di arrivare con la lama più vicino al piede. Tutto questo non ci serviva a molto, ma la stalla era tiepida e aveva un buon odore di fieno secco e Annie sembrava pensare solo al piede dolorante della cavalla e non a quell’altro cavallo dalle zampe spezzate. Il dottor Barton continuò a premere con la lama e la cavalla iniziò a scuotere la testa, come per dirgli di smettere. Allora Annie si alzò e le si avvicinò, prendendola per le briglie sotto al muso e accarezzandole il collo.

— Suo padre non ha mai parlato dei propri sogni, nemmeno in relazione al sogno della barca di Lincoln?

— Non con me. Si trasferì in Georgia l’anno scorso, quando iniziò ad avere problemi di cuore. Sa che la pressione alta e i disturbi di cuore sono collegati all’acromegalia?

— No.

Smise di grattare e appoggiò il piede della bestia. — Papà potrebbe aver parlato dei suoi sogni a mia sorella. Lei era la sua prediletta e lui di solito le parlava più che a tutti noi altri. Vuole che la chiami?

— Le sarei molto grato — risposi, e scrissi su un foglietto il numero di telefono dell’albergo. — Le chieda se faceva sogni particolari. Non necessariamente riguardanti le barche.

— Barche — fece lui pensieroso, piegando il foglietto e mettendoselo in tasca. La cavalla si era impigliata nelle redini quando aveva scosso la testa. Annie la liberò e poi le accarezzò la fronte. — Gli egiziani facevano un mucchio di sogni riguardanti le barche. Simbolo del passaggio nel mondo dei morti.

Lasciammo il veterinario a risolvere il mistero del piede dolente e tornammo in albergo. Pranzammo a un McDonald sulla strada del ritorno e quando arrivammo Annie fece un sonnellino.

Io chiami la segreteria. C’era una serie di messaggi di gente che non aveva ancora capito che Broun era via, e poi un altro messaggio di Richard.

“Ho esaminato i risultati degli esami del sangue di Annie e penso di aver trovato là chiave di tutto” disse con la voce del Buon Psichiatra. “I suoi valori di L-tropina indicano una criptomnesia.” Mi diede il tempo di chiedermi che cosa fosse la criptomnesia. “È un disturbo che interviene quando il paziente riferisce memorie antiche come se fossero qualcosa di reale, qualcosa che ha visto o letto in un libro che la mente cosciente ha dimenticato. L’inconscio allora riutilizza quel materiale come reale. Bridey Murphy. I suoi ricordi di una vita precedente in Irlanda erano storie che la sua bambinaia le aveva raccontato in un’età preverbale, e sotto ipnosi lei le presentava come vita realmente vissuta.”

— Annie non è stata ipnotizzata — dissi. — È stata drogata.

“Ha sicuramente avuto contatti preverbali con qualcuno che le ha raccontato storie sulla Guerra Civile. Forse ha letto uno dei libri di Broun. Questo spiegherebbe il suo immediato attaccamento nevrotico per te. Sta sperimentando una dissociazione schizofrenica, e tu rappresenti Broun.”

E così adesso si trattava di criptomnesia, e io rappresentavo Broun. Questa mattina era stata una fantasia di vendetta e Broun aveva rappresentato i sogni di Annie. Prima era stato un collasso psicotico e un trauma, dissepolto a metà, causato da un omicidio nel frutteto con una pistola da ragazzi; chissà cosa sarebbe stato la prossima volta. E mai in nessuna di queste chiamate una parola sul Thorazine che le aveva somministrato a tradimento.

Poteva onestamente pensare che io l’avrei ricondotta indietro grazie a tutte queste farneticazioni psichiatriche? Forse era lui il pazzo e tutto questo parlare della colpa repressa di Annie e della mia ossessione e dell’incombente collasso nervoso di Lincoln non erano altro che — qual era il termine? — una proiezione.

Chiamai Broun al numero che mi aveva dato prima di partire. — Come va? — chiesi. — Ce l’hai fatta a incontrare l’esperto di sogni profetici?

— Questa mattina. Mi ha detto che tempo e spazio non sono reali, bensì esistono solo nella parte conscia del nostro cervello; giù in quella inconscia non esiste nulla di simile alla linearità spaziotemporale. Ha detto che tutto ciò che è già accaduto e tutto ciò che deve ancora accadere stanno già nel nostro inconscio, e si manifestano attraverso i sogni. — Mi parlava con il tono abituale, come se non avessimo mai avuto quella lite sulla California. — Poi ha aggiunto che la maggior parte della gente deve aspettare di sognare per sapere ciò che succederà, ma che lui invece potrebbe già rivelarmi il mio futuro semplicemente facendomi dormire e guardando i miei Movimenti Oculari Rapidi.

— E che cosa gli hai risposto?

— Ho risposto che avevo già sognato che non avrei mai dato soldi agli indovini sotto qualsiasi forma si presentassero, e dal momento che tutto ciò era già successo non vedevo come avrei potuto fare altrimenti.

— E che cosa ha risposto lui?

— Non ho aspettato di scoprirlo. Vorrei aver potuto sognare prima tutto questo. Così non mi sarei preso la briga di ascoltare un mucchio di sciocchezze. Dove sei, a casa?

— No — risposi — sono a Fredericksburg, il telefono ha squillato fino a diventare rosso, ieri, così ho deciso che laggiù non avrei combinato niente e sono venuto qui. Penso di rimanerci per qualche giorno, almeno fino a che Mc Laws e Herndon non mi scoveranno. Qui non nevica.

— Non dirò a nessuno dove ti trovi, ragazzo. Lascia che Mc Laws e Herndon conversino con la segreteria telefonica. È a questo che serve il dannato arnese. Come va con le bozze?

— Bene. Ho cercato il tuo dottor Barton. È morto l’autunno scorso, ma ho potuto parlare con il figlio. Non ricorda che il padre abbia mai parlato di sogni inconsueti. Ma telefonerà a sua sorella per chiederlo anche a lei. Ah, e tra l’altro ho trovato un altro sogno per la tua collezione. Lincoln fece un sogno la notte prima di morire. Lo raccontò al suo Gabinetto. Sognò di trovarsi in una barca.

— Un vascello strano e indescrivibile — fece Broun. — Lo so.

— Sapevi del sogno della barca? — esclamai. — E perché non me l’hai detto?

Ci fu un silenzio, dall’altro capo, così lungo che mi lasciò il tempo di pensare a tutte le cose che non ci eravamo detti durante l’ultima settimana. Mi chiesi che cosa sarebbe successo, se gli avessi detto che forse l’indovino aveva ragione e che giù nell’inconscio di Annie Lee stava combattendo la Guerra Civile. Avrebbe definito anche quello un mucchio di sciocchezze?

— Stai bene? — chiese lui. — Stai riposandoti un po’?

— Sto dormendo fino a mezzogiorno tutti i giorni — risposi — e non preoccuparti delle bozze. Sono già a più di metà libro.

— Non mi preoccupo delle bozze — disse lui.

Dopo aver riappeso andai a svegliare Annie. Andammo in macchina a Bowling Green per cenare. Annie non mostrava segni della tensione del giorno prima, e il colore delle sue guance era tornato normale. Persino quando, ritornati in albergo, avevamo già incominciato a correggere bozze, lei seduta sul letto a gambe incrociate e io sulla solita poltrona verde, sembrava rilassata e interessata.

— Perché non smetti, per stasera, e vai a letto, Jeff? — disse poco dopo le undici. — Non hai dormito molto la notte scorsa. Io non penso che sognerò di nuovo.

— Okay — risposi. — Chiamami se hai bisogno.

Lasciai la porta della stanza aperta e la luce sul mio comodino accesa. Mi tolsi le scarpe e mi sistemai sul letto con il libro che avevo comperato a Bowling Green. Era un racconto popolare che narrava, momento per momento, del giorno in cui Lincoln era stato assassinato, e conteneva una lunga descrizione della riunione di gabinetto.

Lincoln aveva raccontato il sogno della barca prima dell’inizio della riunione, mentre stavano aspettando Stanton. Grant aveva detto di essere preoccupato per Sherman e allora Lincoln disse di non preoccuparsi, che lui aveva avuto un segno premonitore, e raccontò il sogno. Disse che aveva fatto lo stesso sogno prima di ogni vittoria, durante la guerra, e nominò Antietam, Gettysburg e Stone River.

Grant, che non credeva ai sogni, disse che Stone River non rappresentava esattamente la sua idea di vittoria e con ancora un po’ di altre vittorie come quella avrebbero perso la guerra. Lincoln aggiunse: — Devo dirlo a Sherman. Non so di altri avvenimenti importanti che stiano per accadere in questi giorni.

Guardai l’orologio. Erano le dodici meno un quarto. Spensi la luce. E se Grant avesse creduto nei sogni? Sarebbe riuscito a immaginare il pericolo che li sovrastava e a portare rinforzi, a preparare una linea di difesa che avrebbe fermato John Wilkes Booth?

Lui non credeva ai sogni. Lui sapeva riconoscere un mucchio di sciocchezze non appena le sentiva, persino quando era Lincoln stesso a dirle. Ma mi chiedevo se, dopo, avesse mai sognato quella riunione di Gabinetto.

— La mia casa è in fiamme — disse Annie.

Accesi la luce. Era nel vano della porta, con addosso la camicia bianca, le bozze in mano. Si avvicinò al letto e me le tese. — È morto, vero? — disse, e le lacrime rigavano il viso che guardava altrove. — Lui è morto!

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