Dopo la resa, a Lee fu offerto l’incarico di presidente di una piccola università a Lexington. Si recò laggiù a cavallo di Traveller per disporre l’abitazione per la famiglia. “Parte domani” scrisse sua moglie “a cavallo perché preferisce viaggiare così e inoltre perché non vuole separarsi nemmeno per poco dal suo amato destriero, il compagno di tante dure battaglie.”
Portai Annie da Broun. — Possiamo portare le bozze più tardi al Federal Express — dissi. — Questa pioggia sembra proprio voglia diventare neve, e non me la sento di guidare fino a New York questa sera. Devo controllare i messaggi telefonici e ritirare la posta.
Avevo detto a Richard di parcheggiare alcune strade più indietro, così che Annie non avrebbe visto la macchina. Trovai la porta principale chiusa ma non a chiave ed, entrando, vidi il siamese di Broun accoccolato sul gradino inferiore della scala. Il mio primo pensiero fu che era rimasto chiuso dentro, in qualche modo, quando eravamo partiti per Fredericksburg, ma poi vidi la posta sistemata in ordine sul tavolo dell’ingresso e una giacca appesa all’attaccapanni. Annie stava sulla porta della veranda, con il cappotto e i guanti ancora addosso, e il braccio sinistro sostenuto dall’altro, contro il corpo. Guardava le violette africane. Erano appena state innaffiate: chiazze d’acqua e di terra erano sul tavolo, attorno ai vasi.
— Sei tu, Jeff? — disse Broun, e scese in fretta le scale. Indossava una giacca da camera nera in cui sembrava avesse anche dormito. — Grazie a Dio! — disse, e mi abbracciò. La barba non gli era per nulla cresciuta, in quella settimana di separazione, e mi sfregò ruvidamente l’orecchio. — Stai bene? Ho chiamato tutti gli alberghi di Fredericksburg, ma nessuno conosceva il tuo nome. — Si allontanò di un passo e mi scrutò con i suoi occhi acuti. — Allora hai ricevuto il messaggio di Richard?
— Quale messaggio? — feci, e mi girai per togliere il cappotto.
— Sto benissimo, ora che quelle dannate bozze sono terminate, che pasticcio! Paragrafi spostati, altri mancanti, errori di battitura. Alla fine ho chiamato Annie, eccola, e l’ho convinta a venire giù ad aiutarmi. Ricordi il mio capo, vero Annie? — dissi. Sistemai il cappotto sul gancio. — L’uomo che è responsabile di tutte le nostre disgrazie di questi ultimi giorni? Broun, ricordi Annie?
— Certamente — disse Broun, e le strinse la mano.
— Salve — disse lei seria. Non riuscii a decifrare la sua espressione.
— Si gela in questo ingresso — feci. — Non hai acceso il riscaldamento? Andiamo nella veranda. — Presi sottobraccio Annie e la condussi nella stanza. — Oh, bene, qui fa più caldo. Annie, dammi quel cappotto bagnato.
Broun entrò a sua volta, e si fermò presso la porta. — Perché non mi hai detto che ti eri ammalato, Jeff? — disse. — Ho pensato che ci fosse qualcosa che non andava, la sera che tornasti da Springfield. Perché non mi hai detto che avevi dolori al petto? Avrei cancellato il viaggio. Sei stato da un dottore?
“Gli esami mostrano un problema con l’elettrocardiogramma” aveva detto Richard. “Hai notato dolori al petto?” Broun doveva aver pensato che il messaggio fosse per me, era tornato immediatamente per aiutarmi, ma ormai era troppo tardi. Guardai Annie. Si era tolta i guanti ed era indietreggiata fino al tavolo su cui stavano le violette africane. Era rimasta là in piedi stringendo i guanti e fissandomi, aspettando di sentire cosa avrei detto.
— Non sono io ammalato — dissi. — È Annie. L’ho portata a casa per farla entrare in ospedale. — Le presi le mani. — Ho chiamato Richard — dissi. — Sarà qui da un momento all’altro.
Rimase immobile per un momento, come se stesse per parlare, poi si piegò in avanti, come aveva fatto Lee quando Traveller si era impennato.
— Soffri di angina — dissi. — È per questo che ti fa male il polso. Lee soffrì di angina durante tutta la guerra, aveva dolori alla spalla, alla schiena, lungo il braccio. Morì di attacco cardiaco. I sogni sono un avvertimento. Anche i sogni di Lincoln. Devi assolutamente vedere un medico.
— E così hai chiamato Richard.
— Sì.
Sedette sul divano. — Avevi promesso — disse.
— Ma prima di sapere che i sogni ti stavano uccidendo. Sto facendo questo solo per il tuo bene.
— Come Richard — disse, stringendo i guanti che teneva in grembo.
Mi inginocchiai vicino a lei. — Annie, ascoltami, il sogno che hai fatto stamattina non era su Antietam. Ti ho mentito. L’incontro che hai sognato si tenne alla Grace Church a Lexington. Lee vi partecipò e rimase tutto il pomeriggio là al freddo, poi andò a casa a piedi sotto la pioggia ed ebbe un attacco di cuore. Non lascerò che questo accada anche a te!
— Io devo farlo. — Strinse i guanti spasmodicamente. — Devo arrivare fino alla fine. Ti prego, cerca di capire — disse, gravemente, gentilmente. — Io non posso lasciarlo. Ho promesso di sognare al suo posto. Poveruomo… devo provare ad aiutarlo. Non lo posso lasciare. Sta morendo.
— Non sta morendo, Annie! — gridai. — È già morto. È morto da più di cento anni. Stai tenendo la mano di un cadavere. Non puoi fare nulla per lui! Non riesci a capire?
— L’ho promesso.
— Anch’io ho fatto delle promesse, ma che sia dannato se ti lascerò morire per una maledetta segreteria telefonica! Perché di questo si tratta, di una specie di messaggio pre-registrato che va in funzione quando stai per avere un attacco cardiaco e ti avverte di chiamare il dottore.
— No, non è così — rispose Annie. — Sono i sogni di Lee.
— I sogni di Lee — fece Broun. Si appoggiò allo stipite della porta come se non riuscisse a stare in piedi.
— Sono sogni prodromici, Annie! Sono causati dall’angina!
Broun fece un passo verso Annie. — Stai facendo i sogni di Robert E. Lee? — profferì con voce incerta, articolando le parole, come se non riuscisse a respirare.
— No — dissi io.
— Sì — disse Annie.
Broun tastò alla cieca dietro di sé per trovare una sedia e si lasciò cadere pesantemetne. — I sogni di Lee — ripeté.
— Annie, non riesci a capire? — la implorai. — Sei in pericolo. Devo portarti subito all’ospedale.
— Non posso. Ho promesso.
— Che cosa hai promesso? Di avanzare fino a quel dannato muro e farti uccidere? Tu non sei uno dei soldati di Lee! I suoi soldati dovevano stare con lui. Altrimenti sarebbero stati fucilati per diserzione.
— Non è per questo che rimanevano — disse Annie.
Era vero: scalzi e sanguinanti, non l’avevano abbandonato, nemmeno alla fine. Andremo avanti a combattere per te, generale Robert.
— I soldati di Lee sapevano nel momento in cui si erano arruolati che avrebbero potuto venire uccisi. Tu no. Tu non ti sci nemmeno arruolata.
— E invece mi sono arruolata — disse lei. — Quel giorno che andammo a Shenandoah. Allora mi resi conto che non potevo lasciarlo, che dovevo restare e aiutarlo ad avere i sogni.
— Quel giorno che andammo a Shenandoah non sapevi di avere l’angina!
— Sì, lo sapevo. — Posò i guanti in grembo. — L’avevo capito quella mattina in biblioteca. Mi faceva male il polso e io pensai che potesse essere un effetto delle medicine che avevo preso, così le cercai sul manuale. Diceva che l’Elavil era controindicato per pazienti con disturbi cardiaci.
— L’Elavil? — mormorai stupidamente.
— Un anno fa, quando andai dal mio medico per l’insonnia, mi disse che avevo il cuore in condizioni non perfette.
— Perché non me l’hai detto? Ti avrei portata da un dottore.
— Non potevo andare da un dottore. — Mi guardò negli occhi. — I sogni sono un sintomo. Se la malattia viene curata i sintomi spariscono. E io non posso lasciarlo.
— Perché non me l’hai detto? — ripetei. Non rispose. Rimase seduta con le mani in grembo.
— Perché avrei tentato di fermare i sogni — mi risposi da solo. Quello che stavo facendo ora.
Il campanello d’ingresso suonò. Broun poggiò le mani sui braccioli della sedia e fece l’atto di alzarsi, poi guardò Annie e si sedette di nuovo. Lei si alzò in piedi. I guanti caddero a terra, ma non se ne accorse. — Hai promesso — mi disse.
— Sto facendolo per il tuo bene — dissi, e aprii la porta a Richard.
Era senza cappotto. Aveva il maglione e i jeans inzuppati. Anche i capelli erano bagnati, e lui aveva l’aspetto stanco e preoccupato, come la sera del ricevimento. Quando era ancora il mio vecchio compagno di camera, il mio amico.
— Dov’è? — disse, e si slanciò oltre di me, nella veranda.
Annie era indietreggiata fino al tavolo delle violette e stava là in piedi, le braccia lungo i fianchi. Aveva urtato uno dei vasi e l’acqua fangosa stava colando giù dal tavolo, sul pavimento.
— Grazie a Dio stai bene! — disse, e le afferrò un polso. — Ho chiamato l’ospedale, e quando arriveremo ci sarà una stanza pronta. Senti dolore da qualche parte?
— Sì — disse lei, e attraversò la stanza e mi fissò. Broun si alzò in piedi.
— Dove? Al braccio?
— No — disse lei, sempre guardandomi — non al braccio.
— Bene, e allora dove? La schiena, la mandibola, dove? È importante! — gridò irritato, ma non attese la risposta. Si voltò verso Broun, e nel far questo trasse con sé Annie, il cui braccio si alzò di scatto, come quello di un cadavere.
— Chiami un’ambulanza — disse.
— No — fece Annie, a Broun, non a me. — Per favore.
Avevo pensato di poterlo fare. Era già sopravvissuta a un’altra resa. Non avevo pensato che questa sarebbe stata così drammatica. Ma quella prima resa era stata diversa, Lincoln aveva detto a Grant di “lasciarli andar via bene”, e Grant aveva ubbidito. Non aveva preso prigioniero Lee, ad Appomattox. Non gli aveva nemmeno chiesto la spada. Aveva concordato di fornire razioni di cibo agli uomini e aveva lasciato i cavalli anche agli ufficiali, e poi aveva lasciato andare Lee.
Guardai Broun che stava in piedi nella sua giacca nera, le braccia pendenti ai lati come se fosse sopraffatto dalla fatica o dal dolore, e poi guardai di nuovo Richard, Avrei potuto arrendermi a Lincoln, pensai. Avrei potuto arrendermi a Grant, Ma non a Longstreet. A Longstreet no.
— Lasciala andare — dissi. Richard si girò a fissarmi. — Non c’è bisogno dell’ambulanza, Siamo già stati da un medico. A Fredericksburg. Il dottor Barton.
— Che cosa ha detto? Perché non l’ha fatta ricoverare subito?
— L’ha fatta. L’ha ricoverata e le ha fatto eseguire l’ECO e le analisi del sangue. Le ha chiesto se avesse recentemente preso medicine e lei gli ha detto l’Elavil. — Aspettai per vedere l’effetto di quelle parole.
— Non hai detto nulla di tutto questo al telefono.
— Il dottor Barton voleva sapere perché qualcuno avesse prescritto l’Elavil a un paziente in condizioni cardiache critiche.
Annie e Broun erano immobili e lo fissavano. La stanza era così silenziosa che si poteva sentire lo sgocciolio dell’acqua delle violette sul pavimento.
— Un leggero sedativo è indicato per il paziente che soffra d’insonnia — disse con la voce del Buon Psichiatra. — Gli esami del medico di famiglia non indicavano nient’altro che un soffio cardiaco funzionale e l’ECO lo confermava. Non c’erano sintomi di malattia cardiaca, e l’Elavil è controindicato solo in casi di dosaggio alto o prolungato. Io ho prescritto una dose leggera, ho controllato la paziente con attenzione e l’ho sospesa immediatamente quando osservai che non c’erano gli effetti desiderati sui suoi sintomi.
— I suoi sintomi — feci. — Vuoi dire i sogni?
— Sì — rispose. Ancora non lasciava il polso di Annie.
— Ho parlato al dottor Barton dei sogni — dissi. — Mi disse che non sapeva da che cosa fossero causati, finché questa mattina non ha visto le analisi del sangue. C’erano tracce di Thorazine, Allora ha detto che probabilmente era il Thorazine a causarli. Ha chiesto ad Annie chi le avesse prescritto il Thorazine, e lei ha detto nessuno. Ha detto che non sapeva a che cosa si riferisse, e che lei non aveva mai preso il Thorazine.
— Il Thorazine era indicato — disse lui. — È abitualmente prescritto in caso di disordini del sonno.
— Il dottor Barton ha detto che il Thorazine viene prescritto ai pazienti psichiatrici internati, non alla gente che fa brutti sogni.
— E qui che vogliamo parare, vero? Tu credi ancora che lei stia facendo i sogni di Robert Lee.
— Il dottor Barton ha detto che è un crimine per un medico dare al paziente una medicina senza dirglielo. Ha detto che un medico potrebbe perdere l’autorizzazione a esercitare per una cosa del genere. È vero, Richard? È vero che potresti perdere la tua autorizzazione?
— Bastardo — disse il mio vecchio compagno di camera, e lasciò andare il polso di Annie. — Stavo solo cercando di aiutarti, Annie. Avevo un dovere come medico.
— Non parlarmi di dovere — disse Annie, stringendosi al seno il braccio come se fosse un bambino — non quando mi hai impedito di fare il mio.
Broun emise un suono. Il suo viso sotto la barba era mortalmente pallido. Sembrava star male, come uno scrittore che avesse appena udito proferire le parole da lui stesso scritte.
— Chiami l’ambulanza — disse Richard a Broun.
— No — rispose Broun. — Lei sta facendo i sogni di Robert Lee.
— Hai convinto anche lui, vero? — gridò rivolto a me. — Voi siete tutti matti, lo volete capire o no?
— Come Lincoln? — disse Broun.
— Chiami un’ambulanza — ripeté Richard, e Broun si voltò e si diresse verso la scale.
— Ho detto ad Annie che le avrei prescritto il Thorazine e l’ho informata degli effetti collaterali — disse il Buon Psichiatra. — Ha preso da sola la prima dose. Il Thorazine a volte cancella temporaneamente la memoria breve.
— Dopo la Guerra Civile, Longstreet scrisse lunghe e complicate spiegazioni per sostenere che in realtà non aveva disubbidito a Lee a Pickett’s Charge — dissi — e che ciò che era successo era responsabilità di Lee. Ma non funzionò. C’erano troppi testimoni.
— E questo sarebbe qualcosa che Robert Lee ha sognato?
— No — risposi. — Questo sarebbe un avvertimento. Ho due capsule di Thorazine e il nastro con tutti quei messaggi che hai lasciato sulla segreteria telefonica. Lasciali in pace oppure mando tutto al tuo capo, il dottor Stone, all’Istituto del Sonno. Gli dico che hai dato il Thorazine a una tua paziente senza il suo permesso. Gli dico che hai dato l’Elavil a una paziente con disturbi cardiaci.
Broun scese la scale con in mano la segreteria telefonica. L’aveva strappata dai fili. Questi pendevano sul pavimento dietro di lui.
— Se vuoi ancora chiamare l’ambulanza dovrai usare il telefono della vicina di casa, Richard — dissi — ma non credo che la vicina ti lascerà entrare. Non dopo che già una volta ha chiamato la polizia per te.
— Bastardo — ripeté lui. — Non te la farò passare liscia. Ti avevo chiamato, non te lo ricordi questo? Per dirti che avevo una paziente che faceva sogni terribili e non sapevo che cosa fare. Ti ho chiamato e tu non eri a casa.
— Mi hai chiamato perché ti serviva il mio aiuto o perché volevi procurarti un alibi? — dissi, ma lui aveva già sbattuto la porta alle sue spalle.
Infilai il cappotto. — Potrebbe tentare di seguirci — dissi. — Ma ha parcheggiato almeno un isolato più in là. Se andiamo subito possiamo seminarlo. — Raccolsi i guanti di Annie e glieli gettai.
— Hai dei soldi? — chiesi a Broun. Lui si frugò in tasca e tirò fuori una ventina di dollari e qualche moneta. — Solo questi? — gli dissi ad alta voce, come se stessi tentando di svegliarlo.
Lui frugò nella tasca della giacca appesa al gancio con la mano destra, stringendo ancora la segreteria con la sinistra, e tirò fuori una manciata di biglietti. Me li tese e poi si sedette pesantemente sul divano.
— Grazie — dissi. Afferrai la valigia di Annie e la spinsi verso la porta. Broun non disse nulla. Lo vidi attraverso la finestra mentre avviavo il motore, ancora seduto stringendo la segreteria telefonica, come un uomo intontito.
La pioggia si stava trasformando in neve. Percorsi vie laterali fino alla Ohio Drive e poi girai in Memorial Parkway. Dopo che attraversammo il ponte controllai nello specchietto e poi superai l’uscita di Washington Memorial.
— Non ti porto fino all’aeroporto — dissi. — Richard può essere dietro di noi — aggiunsi velocemente, perché non pensasse che si trattava di un’altra trappola e che la stavo portando all’ospedale. — Ti sto portando alla fermata della metropolitana di Arlington. Puoi prenderla per andare all’aeroporto, se vuoi, oppure alla stazione dei treni o degli autobus, e Richard non potrà sapere dove sei andata. — E neanch’io, pensai.
Annie accennò di sì senza guardarmi, stringendo in grembo le mani guantate. Accostai la macchina al muro bianco che segnava l’entrata del metrò e fermai.
— Ti ho sognato — disse. — Mentre eravamo in macchina, questo pomeriggio. Ero in camera mia, a casa, a letto appoggiata contro i cuscini. Tu sei entrato e hai detto “Ti accompagnerò a Fredericksburg” e io volevo venire con te, ma non potevo. Non potevo nemmeno risponderti. Riuscii solo a scuotere la testa. — Si voltò a guardarmi, gli occhi pieni di lacrime. — Era la prima volta che ti sognavo. Ho sognato Richard e Broun, ma te mai, Jeff. Indovina chi eri? Ero così felice di vederti.
— Non lo so — dissi, sebbene avevo indovinato fin dal principio quale parte stessi giocando. — Forse il dottore di Lee? Ti accompagnerei a Fredericksburg, sai. O dovunque tu voglia.
L’avrei accompagnata? Anche sapendo dove la stavano portando i suoi sogni, sarei riuscito ad accompagnarla laggiù? Oppure avrei di nuovo chiamato Richard? Scesi dall’auto e presi la sua valigia dal bagagliaio, poi l’appoggiai all’inizio della scala. Aprii la sua portiera. Lei piegò un pezzetto di carta, se lo mise in tasca e uscì.
Le diedi il denaro di Broun e tutti i pochi soldi che avevo con me. — Ci sono circa cinquecento dollari. Dovrebbe bastarti per tornare a casa o dove tu voglia andare.
— Grazie — disse.
— Questa è la Linea Azzurra. Puoi prenderla per andare direttamente all’aeroporto. Se invece vuoi andare ad Amtrack cambia sulla Linea Rossa al Metro Center e arriverai fino alla stazione.
Chinò la testa per trafficare nella borsa e mise via i soldi. — Non saprò che cosa ti succederà — dissi. — Promettimi solo che andrai da un medico.
— Dopo la guerra — disse lei. Prese il foglietto ripiegato che aveva in tasca e me lo diede.
Annuii. — Dopo la guerra.
Alzò la mano e mi scostò i capelli dalla fronte. — Ero così felice di averti visto — disse. Alzò la valigia con la mano sinistra, la rimise giù sul marciapiede bagnato, la alzò di nuovo con la destra e si allontanò per le scale.
Tornai sul marciapiede e rimasi lì tutto il tempo in cui lei si allontanava, tenendo in mano il biglietto ripiegato e guardando la collina verso Arlington House. Iniziò a nevicare. Misi il foglietto in tasca e tornai a casa.
Non lo aprii fino al giorno dopo, per paura che avesse scritto l’indirizzo di quella casa con il lungo porticato e il frutteto di meli e che anch’io, come Richard, avrei tentato di seguirla.
Era ancora umido. Lo aprii con cura, per non romperlo, e lessi. Aveva scritto in blu, con la matita delle bozze: “Tom Tita, Arlington House”.