Lee non comperò Traveller “fra le montagne della Virginia nell’autunno del 1861”, come scrisse alla cugina Markie Williams dopo la guerra, ma considerò il cavallo come suo proprio da quel primo incontro, chiamandolo “la mia bestia” quando lo vide di nuovo nel North Carolina, nelle grandi stalle. Il proprietario rimarcò come egli stesse “sempre a girare attorno ai cavalli, come se volesse rubarne uno”.
Broun aveva chiamato di nuovo, da New York, lasciando un messaggio sulla segreteria. Al nord il tempo era peggiorato. Non era ancora stato da Mc Laws e Herndon, ma aveva visto la sua agente, che aveva fatto una scenata al solo sentir nominare l’aggiunta. Gli aveva detto che le bozze erano già andate in stampa e che non era possibile fermare la stampa per una scena che l’editore non aveva nemmeno visto né approvato, ma Broun voleva comunque tentare. Sarebbe tornato a casa quella sera, se il tempo glielo avesse permesso. In caso contrario l’avrei rivisto il mattino seguente.
— Voglio che tu chiami il tuo amico Richard per chiedergli se sa qualcosa dei sogni prodromici. — Ripeté la parola lettera per lettera e poi, come se sapesse che stava chiedendo qualcosa di impossibile, aggiunse: — O meglio ancora, chiama Kate alla biblioteca e vedi se esiste una bibliografia sull’argomento. E vedi anche se riesci a scoprire dove fu sepolto Willie Lincoln. Lincoln lo sognò spesso, dopo la sua morte. Ho intenzione di andare fino in fondo in questa storia dei sogni.
Guardai i libri accatastati sugli scaffali sotto ai vasi di violette. Broun aveva di nuovo rovistato, dopo averli sistemati. In cima a una pila c’era una biografia di Lincoln aperta. Rintracciai un Freeman in quella confusione, ma poi lo misi giù.
Mi chiedevo che cosa stesse facendo Annie. Speravo che si fosse tolta i panni bagnati e avesse fatto un bagno caldo, e poi avesse mangiato qualcosa prima di coricarsi, ma sentivo che invece era in piedi, come me, davanti alla finestra a guardare la neve, con il giaccone grigio ancora addosso, come me sgocciolando sul pavimento e iniziando a rabbrividire.
Raccolsi la biografia di Lincoln e salii nello studio per metterla via. Il telefono suonò.
— Voglio che tu stia alla larga da Annie — disse Richard.
— Me lo stai chiedendo come medico o come uomo?
— Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando. Stai alla larga da lei. Non c’era alcun motivo che la portassi ad Arlington.
— Me l’ha chiesto lei — risposi. — Mi ha detto che l’aveva chiesto anche a te, e che tu avevi rifiutato. Per cui l’occasione l’hai avuta.
— Annie è emozionalmente instabile. Portandola laggiù avresti potuto provocarle una grave crisi psicotica.
— Come quel pazzerellone di Lincoln? — feci io. — Hai detto a Broun che il vecchio Abe era sulla strada di un collasso psicotico perché aveva sognato, fra tutte le cose possibili, del suo assassinio. Stai tentando di dimostrare che tutti quelli che sognano la Guerra Civile sono pazzi?
— Lei non sogna la Guerra Civile.
— E allora da dove diavolo sono usciti i soldati dell’Unione?
— Sei stato tu, vero? Mentre io ero di sopra con Broun tu le hai riempito la testa con un mucchio di sciocchezze sui soldati sepolti nel prato davanti ad Arlington, incoraggiando le sue fantasie nevrotiche. E le hai anche detto che Robert Lee aveva un gatto, vero?
— Aveva un gatto.
— E non appena tu le hai detto del gatto, lei ti ha raccontato che il gatto del suo sogno era esattamente come quello, vero?
Non gli risposi. Vedevo Annie stringere convulsamente le violette africane e chiedere “Robert Lee possedeva un gatto? Un gatto rosso? Con strisce più scure?
— Durante il racconto del proprio sogno il paziente è estremamente influenzabile — continuò Richard. — Ogni cosa gli venga detta può influenzare la sua memoria del sogno. Si chiama elaborazione secondaria.
— Come dirle che certo ha sparato a qualcuno con una pistola giocattolo? — feci io. — Il fucile Springfield aveva un caricatore come quello, lo sapevi? Sembrava esattamente una pistola per bambini. Il fucile Springfield venne usato nella Guerra Civile.
— Le hai detto questo? — Aveva la voce spaventata. — Non dovevi dirglielo. Stai interferendo con la sua terapia. Come suo psichiatra, ho il dovere di…
— Di cosa? Di andare a letto con la tua paziente?
— Non stavo tentando di andare a letto con lei, dannazione. È successo. Stavo tentando di aiutarla. Aveva paura a rimanere da sola di notte. È successo. Dannazione, l’hai vista.
L’avevo vista, in piedi nella veranda, stretta nel cappotto grigio, che diceva “Non mi crederai nemmeno tu”. L’avrei accompagnata ad Arlington anche subito, nonostante la neve e tutto il resto, se me lo avesse chiesto. Avrei scavalcato i cancelli chiusi e fatto irruzione nell’attico con una scure, per cercare il gatto perduto di Lee. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarla. Aiutarla. Non approfittare della sua paura e della sua impotenza.
— Così le hai detto che era pazza e poi le sei saltato addosso? — dissi. — È così che l’hai aiutata?
— Stalle alla larga. Stai interferendo con la sua terapia.
— È così che si chiama portare una tua paziente a casa e scopartela quando è troppo terrorizzata ed esausta per dire di no? Quali altre terapie stai applicando, dottore? Hai mai pensato di drogarla, per farla cooperare?
Rimase in silenzio così a lungo che persino la segreteria telefonica di Broun si sarebbe interrotta. Io invece aspettai.
— Sai qual è l’ironia della faccenda? — disse amaramente. — Che la settimana scorsa ho tentato di chiamarti, ma tu non c’eri — e riappese.
Rimasi a guardare la neve ancora per un po’, poi chiamai la clinica per scoprire se Richard mi avesse telefonato da là. La segretaria disse — Mi dispiace. In questo momento non c’è. Vuole lasciare un messaggio?
— Ma tornerà nel pomeriggio?
— Dunque… — fece lei, mentre probabilmente controllava sull’agenda. — Ha una riunione di staff alle quattro, ma può darsi che sia annullata a causa del tempo.
Non aspettai che mi chiedesse il nome. — Grazie. Sono un suo amico di fuori, e devo prendere un aereo fra cinque minuti. Pensavo solo di salutarlo mentre mi trovavo qui a Washington.
Il telefono suonò non appena riappesi. Ebbi la strana sensazione che fosse Richard, che aveva ascoltato la mia chiamata e adesso tornava a minacciarmi; invece era Broun.
— Mi sono accorto che mi mancano le due ultime pagine di quella dannata scena — disse. — Probabilmente sono rimaste sul mio tavolo. Puoi guardare?
Frugai fra la pila di carte sul suo tavolo. Le aveva infilate nel Presidente Lincoln di Randall. — Sono qui — dissi. — Vuoi che te le mandi con il Federal Express?
— Non c’è tempo. Il libro è già pronto per la stampa. Se questi cambiamenti non si fanno immediatamente non si faranno mai più. Devi leggerli al telefono. Mc Laws e Herndon sono pronti a registrare a questo numero. — Mi diede il numero.
— Proverai a rientrare stasera?
— No. Qui c’è una vera tormenta — rispose, e poi dovette cogliere qualcosa nella mia voce. — Va tutto bene?
No, pensai, ho appena avuto una conversazione con il mio vecchio compagno di stanza che non avrei mai immaginato di avere, su una ragazza che ho appena incontrato, e voglio che tu venga a casa a dirmi che lei non è pazza. Voglio che tu venga a casa a dirmi che io non sono pazzo. — Sto bene — dissi. — Stavo solo pensando.
La sua voce era ancora preoccupata. — Hai ricevuto il mio messaggio stamattina, vero? Non sei andato ad Arlington con questo tempo?
— No — risposi. — Il tempo è orribile anche qui.
— Bene — fece lui. — Voglio che ti riguardi. Mi sembravi strano ieri sera. — Fece una pausa e potei sentire delle voci dietro di lui. — Ascolta, qui stanno diventando impazienti per la fine di questa scena. Riposati, ragazzo, e non preoccuparti di niente finché non sarò indietro.
— Chiamerò subito — dissi.
Riappesi e poi mi pentii di averlo fatto. Che cosa avrebbe detto Broun se l’avessi richiamato per dirgli che ero andato ad Arlington, invece, e con qualcuno che sognava la battaglia di Antietam e il gatto perduto di Lee?
Avrebbe detto: “Ci deve essere una spiegazione logica”, quello che mi ero già detto io; insieme a un mucchio di altre cose. Avevo passato al vaglio ogni spiegazione, la notte prima, una dopo l’altra, così come avevo passato al vaglio i libri di Broun alla ricerca di Tom Tita.
Erano solo sogni. Lei era ammalata. Era pazza. Era tutto un piano elaborato per potersi avvicinare a Broun. C’era una spiegazione logica per i sogni. Aveva letto del gatto da qualche parte. Era stata ad Arlington da piccola. Era tutto uno scherzo. Era stata portata a ciò da Richard. Era un fenomeno causato da allucinogeni, come per Bridey Murphy. Era solo una coincidenza. Un sacco di gente sognava gatti rossastri. Erano solo sogni.
Non c’era motivo di chiamare indietro Broun. Non sarebbe stato in grado di aggiungere nulla a questa lista. O peggio ancora, avrebbe potuto non tentare neanche di convincermi che c’era una spiegazione logica. Affascinato com’era dai sogni di Lincoln in quel periodo, avrebbe detto “Ha mai sognato di vedersi distesa in una bara nella Sala Orientale? Pensi che potresti indurla a sognare i sogni di Lincoln?”
Chiamai il numero che Broun mi aveva dato per dettare la scena e mi misero in attesa. Mentre aspettavo la lessi.
— Può iniziare a dettare — disse una voce di donna, e io sentii un clic e poi il rumore della linea occupata. Chiamai di nuovo ma continuava a essere occupata, così programmai la segreteria per richiamare il numero ogni due minuti e incisi la scena sul nastro.
La fiammella si spense lentamente nel buio e Malachi entrò nel bosco e costruì un fuoco da campo.
— Che cosa si fanno da mangiare i ribelli stasera? — si sentì una voce di là dal fiume.
— Gli Yankee — fece Toby, abbassandosi come per sottrarsi a un colpo. Si sentì una risata venire dal fiume e poi un’altra voce chiese — Qualcuno di voi ribelli viene da Hillsboro?
— Sì, e andiamo a Washington — gridò indietro Toby. Mise giù il calcio del fucile e si appoggiò. — Io per esempio sono di Big Sewell. Che cosa vuoi sapere di Hillsboro?
La voce di là dal fiume gridò — Sto cercando mio fratello. Si chiama Ben Freeman. Lo conosci?
Toby uscì allo scoperto per ribattere qualcosa di divertente. Ben balzò in piedi e sparò verso il fiume. Ci fu un rapido scambio di fuoco, mentre Toby si gettava a terra, il fucile in mano. Ben entrò nel bosco e si sedette vicino al fuoco di Malachi. Malachi rimase zitto e dopo un minuto Ben fece — Non credo che sia giusto parlare con il nemico in questo modo.
Malachi smosse il fuoco e sistemò un recipiente per preparare il caffè. — Com’è andata che tu e tuo fratello vi trovate sulle rive opposte?
— Così — fece Ben, gli occhi sul recipiente.
Toby venne a sua volta vicino al fuoco e si accucciò. — Tu e tuo fratello, avete litigato per una ragazza?
— Non abbiamo litigato. — Ben prese il fucile e se lo appoggiò in grembo. — Un giorno lui si è arruolato e allora ho capito che dovevo farlo anch’io, ed eccoci qui, nemici.
— Io invece sono stato richiamato — fece Toby. — Scommetto che ci doveva essere una ragazza da qualche parte, per farvi arruolare in quel modo.
— Se vai avanti così finirai per farti sparare — intervenne tranquillo Malachi. — Alzarti a fare il bersaglio in quel modo.
Riavvolsi il nastro e aspettai. Il tasto ritornò a posto. Allora alzai il telefono e diedi all’editore il codice a distanza perché potesse ricevere la registrazione senza dover richiamare, e attesi mentre lei sistemava il suo registratore.
— Sono a posto — disse.
— Mi chiami ancora se ci sono problemi — risposi io e riappesi.
Erano le due e mezzo. La neve sembrava essersi calmata un poco. Richard sarebbe stato in grado di andare alla sua riunione. Se non rimaneva a presidiare il telefono per accertarsi che non chiamassi Annie.
Presi in mano Il Presidente Lincoln di Randall. Forse lui sapeva dove Willie era stato sepolto. Se lo sapeva, comunque, se l’era tenuto per sé, ma diceva di che cosa era morto. Qualcosa chiamato febbre biliare. E lo sa Dio di che cosa si trattasse in realtà. Una febbre tifoidea probabilmente, anche se questa era una malattia già conosciuta con quel nome nel 1862; inoltre si raccontava nei particolari come avesse preso freddo cavalcando il suo pony con il brutto tempo, così forse si trattava semplicemente di polmonite.
Capire di che cosa possa essere morta una persona cento anni fa è praticamente impossibile. Lettere scritte da parenti addolorati dicono che la figlia o il figlio sono morti di “febbre del latte” o “febbre cerebrale” o magari solo di “febbre”, e questo comunque è già qualcosa. A volte la persona moriva semplicemente “dopo essere diventata sempre più debole e ammalata nel corso dell’inverno, finché non è rimasta più speranza”.
I racconti dei medici non sono meglio. Diagnosticavano acqua e forte raffreddamento e “ingrossamento del cuore”. Robert Lee, che quasi certamente aveva sofferto di angina durante la guerra ed era poi morto di un attacco cardiaco, venne variamente diagnosticato come sofferente di eccitazione reumatica, di congestione venosa e di sciatica. La diagnosi attuale è stata possibile solo perché qualcuno, stranamente, aveva trascritto i sintomi. Altrimenti nessuno avrebbe mai avuto la più pallida idea della causa della sua morte.
In ogni caso, Willie Lincoln “prese freddo” e morì di polmonite o di febbre tifoidea o forse di malaria — qualunque cosa fosse era probabilmente contagiosa, dal momento che suo fratello Tad si era ammalato anche lui — oppure di qualcos’altro, e fu posto dapprima nella Sala Verde e poi nella Sala Orientale per il funerale.
Il funerale era ben documentato, anche se per arrivarci dovetti frugare a lungo nella confusione dei libri dello studio. Gli edifici del governo erano stati chiusi per l’occasione, il che irritò il generale Bates, che commentò che “Willie era stato idealizzato eccessivamente dai genitori”. Vi parteciparono Lincoln, il figlio Robert e i membri del Gabinetto, ma non la signora Lincoln. Il reverendo Gurley recitò il servizio, Willie fu messo sul carro e poi, come Tom Tita il gatto, scomparve dalla scena.
Randall si fermava al funerale; tutto ciò che lessi in più si riferiva alla fonte di Sandburg, e Sandburg diceva solo che il corpo di Willie era stato mandato a ovest per essere sepolto. E in realtà fu così, ma solo nel 1865. Di questo ero sicuro. Lloyd Lewis, che aveva lasciato una cronaca dettagliata dei funerali di Lincoln, aveva descritto come il lungo viaggio in treno vedesse accanto alla bara del Presidente quella del figlio, così che evidentemente questa non era stata “mandata a ovest” per più di tre anni, e Sandburg più di tutti avrebbe dovuto saperlo.
Sandburg aveva conosciuto Lewis ai tempi di Chicago. Lo aveva definito “l’amico Lewis” quando aveva scritto l’introduzione di I Miti del dopo Lincoln. Mi chiesi se avesse dimenticato ciò che Lewis aveva scritto di Willie, o se non fosse accaduto qualcosa per cui i due avevano litigato e di conseguenza non avevano più letto le opere l’uno dell’altro. Che ci fosse dietro una ragazza?
Ma persino Lewis, che era una miniera di informazioni su Lincoln, non diceva dove fosse rimasto il corpo di Willie per tre anni. O dovevo pensare che fosse rimasto tutto quel tempo nella Sala Orientale, provocando i brutti sogni del Presidente? Oppure che l’avevano sepolto nel prato davanti alla Casa Bianca?
Erano le quattro meno un quarto. Rimisi i libri dove avrei potuto, forse, ritrovarli la prossima volta e chiamai Annie.
Aveva la voce assonnata, il che mi rassicurò. Non era rimasta di fronte alla finestra nel cappotto bagnato, guardando la neve e ascoltando Richard che le spiegava che era pazza. Almeno aveva dormito.
— Come stai? — chiesi.
— Bene — disse lei, ma lentamente, con un tono leggermente interrogativo.
— Bene. Ero preoccupato per te. Temevo che avessi preso un malanno, ad Arlington. — Preso un malanno. Come l’avrebbe definito un dottore della Guerra Civile.
— No — fece lei, e questa volta aveva la voce più sicura. — Richard mi ha dato da bere del tè bollente e poi mi ha fatto stendere. Credo di essermi addormentata.
— Annie, Richard ti fa prendere qualcosa? Qualche medicina?
— Richard? — fece lei, e nella sua voce tornò quella nota vagamente interrogativa.
— C’è Richard lì con te?
— No — rispose lei, e in questo sembrava, per la prima volta, sicura. — È all’Istituto.
— Annie — ripetei, e mi sentivo come se stessi gridandole qualcosa dai piedi di una collina — stai prendendo qualche medicina? Qualche pillola?
— No — rispose ancora, attraverso uno sbadiglio.
— Quando sei andata per la prima volta all’Istituto Richard ti ha prescritto qualcosa? Una medicina?
— Elavil — disse lei, e io afferrai gli appunti su Willie e scribacchiai sul margine. — Ma poi mi ha fatto smettere.
— Perché?
— Non so. Semplicemente non me l’ha più dato.
— Quando è successo? Quando ti ha tolto l’Elavil?
Le ci volle molto per rispondere. — Dopo che i sogni erano diventati più chiari.
— Quanto tempo dopo?
— Non lo so.
— E non ti ha fatto prendere nient’altro?
— No — rispose lei.
— Ascolta Annie, se fai ancora dei sogni oppure se hai bisogno di qualcosa, se vuoi che ti porti da qualche parte, qualsiasi cosa, voglio che mi chiami. Va bene?
— Va bene.
— Annie, ieri sera hai detto che pensavi di sognare il sogno di qualcun altro. Sei sicura che fosse un sogno?
Ci fu di nuovo una lunga pausa prima che rispondesse e incominciai a temere che la domanda l’avesse sconvolta, ma poi lei disse semplicemente: — Cosa? — come se non avesse capito bene.
— Come fai a sapere che si tratta di un sogno, Annie? Non potrebbe essere qualcosa che è successo davvero?
— No, sono sogni — rispose, e le sue parole suonavano indefinite, come se parlasse nel sonno.
— Come fai a saperlo?
— Perché mi sembrano sogni, Non riesco a spiegarlo. Sono… — Improvvisamente la sua voce risuonò ben sveglia. — Che messaggio stavo cercando? Forse il messaggio che avevo spedito a Hill a Harpers Ferry?
— No — risposi. — Il dodici settembre Lee inviò gli ordini per la campagna prima di entrare nel Mariland, Uno di questi andò perduto. Non si sa esattamente cosa successe, ma un soldato dell’Unione lo trovò e lo consegnò a McClellan.
— Non potevano essercene centonovantuno copie, però — intervenne lei. come se stesse cercando di convincersi da sola. — Lee non aveva così tanti generali. Forse non c’erano così tanti generali in tutta la Guerra Civile.
Dissi: — Hai avuto una giornata faticosa. Non voglio che tu prenda una polmonite. Torna a letto e ne parleremo domani mattina.
— Se non c’erano centonovantuno copie, come mai ho sognato quel numero?
— Era l’Ordine Speciale 191. Era diretto a Hill, l’uomo che hai visto in sogno sul cavallo grigio. Fu lui a dire che l’ordine non gli era mai arrivato.
Riappese. Rimasi là con il ricevitore in mano finché questo non iniziò a dare il segnale continuo. Poi andai alla finestra a guardare la neve, finché non divenne buio.
Aveva iniziato a nevicare di nuovo, larghi fiocchi pesanti che avrebbero coperto le tombe di Arlington come un mantello, Sperai che Annie stesse dormendo e sognando qualcosa di piacevole, un sogno senza soldati mòrti e senza messaggi.
Non mi aveva chiesto nulla di D.H. Hill, e io non glielo avevo detto. Hill cavalcava un cavallo grigio all’Antietam. Aveva finito di revisionare le truppe su un’altura esposta quando erano arrivati Lee e Longstreet. Questi smontarono per dare un’occhiata dall’altura, ma Hill rimase in sella nonostante il fuoco di artiglieria “Se proprio vuoi insistere a cavalcare attirando il fuoco nemico dacci almeno il tempo di controllare il campo, prima” aveva detto Longstreet con rabbia.
Hill non aveva avuto modo di rispondere. La palla di cannone colpì le zampe anteriori del cavallo, che ricadde in avanti sui moncherini. Hill rimase con un piede nella staffa e quando tentò di portare oltre la sella l’altra gamba non ci riuscì, proprio come aveva detto Annie. Come lei l’aveva descritto, come l’aveva visto. Nel sogno.