Traveller sbagliò una volta sola. Fu durante la marcia nel Maryland, appena prima di Antietam. Lee era seduto su un tronco e teneva le redini di Traveller in mano, distrattamente. Stava piovendo e Lee indossava un poncho e stivali di gomma. Qualcuno gridò “Cavalieri yankee!” e Traveller diede un balzo. Lee si alzò di scatto per afferrare le briglie e inciampò nel poncho. Cadde sulle mani, si ruppe un polso e si slogò l’altro. Ad Antietam le sue mani erano ancora fasciate.
Annie non era in albergo né nella caffetteria. La cameriera dai capelli rossi, con aria di disapprovazione, mi disse che l’aveva pregata di riferirmi che l’avrei trovata in biblioteca. La ringraziai con un sollievo così evidente che lei dovette certo pensare che si trattava di una lite fra fidanzati.
Annie era nella sezione consultazione, con i volumi L delle enciclopedie sparsi attorno a lei, la maggior parte aperti sul ritratto di uno stanco Lincoln. Ma lei non li stava guardando. Fissava invece gli scaffali arancioni di fronte a sé, senza vederli, pensando intensamente a qualcosa. Sperai che quel qualcosa non fosse Gettysburg.
— Buon giorno — dissi, e mi sembrò di essere lo stupido ranger del parco. — Non pensavo che ti saresti alzata così presto.
Istintivamente fece il gesto di nascondere la pagina aperta di fronte a sé, poi chiuse il libro prima che potessi vederla.
— Vorrei andare a incontrare il veterinario — dissi. — Forse ha potuto parlare con sua sorella.
— Va bene. — Chiuse gli altri volumi e li mise su quello che aveva di fronte. — Lasciami solo sistemare questi.
— Ti aiuto — feci, e afferrai gli ultimi tre prima che potesse metterci sopra anche gli altri. I primi due erano enciclopedie. Il terzo era il manuale di medicina che avevo usato per cercare il Thorazine. — Che cosa stavi cercando in questo? — le chiesi. — Stai bene? Non hai effetti collaterali a causa del Thorazine, vero?
— Sto bene — disse lei, voltandosi per rimettere le enciclopedie sugli scaffali. — Volevo vedere se il Thorazine poteva provocarmi il mal di testa che ho avuto ultimamente, ma non è così. Sei andato al campo di battaglia stamattina?
— Sì — dissi, tentando di parlare con voce noncurante come stava facendo lei. — Hanno una biblioteca di consultazione sulla Guerra, laggiù. Ecco perché questa è così poco fornita. Pronta? Forse riusciamo a incontrare il veterinario prima che cominci il giro.
Arrivammo in macchina dal veterinario. Era di nuovo nella stalla e stava dando da mangiare ai cavalli che aveva in cura. — Temo di non avere le informazioni che mi ha chiesto — disse, inforcando del fieno. — Non sono ancora riuscito a mettermi in contatto con mia sorella, ma domani devo andare a un incontro sulle malattie dei cavalli, a Richmond, e dovrei riuscire a fare un salto da lei e parlarle direttamente.
Avevo contato sul fatto che lui le avesse già parlato, così avrei potuto dire ad Annie “Bene, abbiamo fatto quello che dovevamo. Non c’è più motivo di rimanere qui”.
— Quando sarà di ritorno? — chiesi.
Si fermò un attimo a pensare. — La conferanza durerà tutto il fine settimana. Probabilmente tornerò il lunedì. Sarete ancora qui?
— Se non ci saremo, la chiamerò per telefono. — Annie mi stava guardando. — Altrimenti saremo ancora all’albergo. Le ho dato il numero, vero?
— Sì. Mi dispiace che siate venuti fin qui per niente. — Riempì le tinozze di acqua fresca. — Ho guardato le cose che mio padre aveva conservato su Akhenaten. Non c’è niente sui sogni. Però papà aveva un libro sui sogni e sulle interpretazioni che ne davano gli egiziani. Essi credevano che i sogni fossero messaggi inviati dagli dei oppure dai morti.
— Messaggi? — intervenne Annie. — Che tipo di messaggi?
— Di tutti i tipi. Consigli, ammonimenti, benedizioni. Gli dei ti dicevano chi avresti sposato, se potevi intraprendere un viaggio, se stavi per ammalarti e di che cosa. Se stava per venirti la febbre sognavi una cosa, per il raffreddore un’altra. E tutto era scritto in questo libro, tutto ciò che le varie cose significavano.
La moglie venne sulla porta per avvertirlo che lo desideravano al telefono.
— La chiamerò quando tornerà dalla conferanza — gli dissi.
— Sta bene la cavalla? — chiese Annie. — Non aveva il tetano, vero?
— Quale cavalla? Ah, la puledra che era qui l’altro giorno. Sta bene. Un piede ammaccato, come pensavo.
— Bene — disse Annie. — Sono contenta.
Riprendemmo la stessa strada che avevamo fatto venendo, ma alla prima biforcazione voltai a sinistra. Annie non sembrò accorgersene. Aveva abbassato il finestrino a metà e appoggiato il capo contro lo schienale. L’aria che entrava le arruffava i capelli, mentre il suo viso conservava la stessa espressione seria, quasi malinconica che aveva assunto in biblioteca.
La strada che stavamo percorrendo non era piacevole come l’altra. Era al contrario fiancheggiata dai rifiuti che di solito una città confina ai propri limiti: materiale da imballaggio, rottami di auto, vecchi rimorchi imbullonati e persino una cabina di trasporto cavalli.
— Affascinanti questi paraggi, non ti pare? — dissi, tanto per rompere il silenzio, per strappare la sua mente dal campo di battaglia su cui si trovava. — La cameriera ha detto che dovrebbe arrivare un fronte di maltempo, ma io non vedo nulla.
Svoltai ancora verso sud e presi la strada statale.
— Siamo venuti da questa parte? — chiese Annie quando la strada a sei corsie si spiegò di fronte a noi.
— Pensavo di prendere una via di ritorno più pittoresca — dissi ignorando il segnale per la I-95 e tagliando verso la US 1. — Ho visto il gatto, stamattina. Era seduto di fronte alla caffetteria e credo che ti stesse aspettando. Gli avevi per caso dato da mangiare?
— Gli ho dato una di quelle scatolette di panna per il caffè, stamattina — fece lei. — E un pochino di pancetta. Sembrava affamato — aggiunse con tono difensivo.
— Tutti i gatti sembrano sempre affamati — dissi, cercando con gli occhi i segnali stradali. Non volevo girare a ovest prima di superare Spotsylvania. — Ora ti renderai conto che sei legata a lui per tutta la vita. O almeno fino a che per lui non arrivi qualcosa di meglio. Diserterebbe le tue pancetta in un attimo per qualcuno che gli offrisse una sardina.
— Diserterebbe — ripeté lei, guardando fuori dal finestrino. Stavamo passando un campo con un mucchio di fieno. — I disertori venivano fucilati, vero? Durante la guerra.
Ed eccoci qui, di nuovo in mezzo a una guerra che lei non chiamava nemmeno più Guerra Civile, tanto le era ormai familiare; ne combatteva le battaglie ogni notte.
— Non sempre — risposi. — Molti disertori riuscirono a cavarsela. In California. E a proposito di California, Broun si trova ora a San Diego e vi rimarrà per alcuni giorni ancora, mentre il veterinario non potrà dirci nulla fino a lunedì. Perché non andiamo fino a Shenandoah questo pomeriggio?A vedere le Blue Ridge Mountains? Si dice che a Luray ci sia un posto dove hanno il pollo fritto migliore dell’Est. Sarebbe una buona alternativa alla caffetteria. Non ci sono motivi per rimanere ancora a Fredericksburg.
Andando ancora un po’ verso nord rischiavamo di rientrare sulla interstatale. Girai a sinistra nella strada susseguente. Era la statale 208. La strada per Spotsylvania. Girai ancora a nord su una strada sterrata, poi svoltai altre tre volte, a nord e a ovest, tentando di allontanarmi il più possibile da Fredericksburg.
— E come facciamo con Il Legame del Dovere? — chiese lei.
— Le bozze? Le possiamo terminare io e Broun quando lui tornerà dalla California.
— Io penso che dovremmo finirle — disse. — Mi piacerebbe sapere come va a finire.
— Bene. Allora le finiremo quando torneremo in albergo. — La strada su cui ci trovavamo in quel momento serpeggiava verso nord e finiva in una superstrada a quattro corsie. Sperai che non fosse di nuovo la interstatale. Non lo era. Si trattava della US 3, con le due alternative chiaramente segnalate dai cartelli: Wilderness da una parte, Chancellorsville dall’altra. Bella scelta.
— Forse è una buona idea — fece Annie, guardando i cartelli. — Andiamo via.
— Ottimo — dissi. Attraversai la superstrada e andai a ovest alla svolta seguente. — Prenderemo un bel po’ d’aria fresca e mangeremo pollo fritto. Ci sono sentieri di tutti i tipi per esercitarsi nel trekking.
— E nessun campo di battaglia — disse lei piano.
— E sai che cosa c’è d’altro in quella culla di boschi? Monticello. La tenuta di Thomas Jefferson. Potremmo passare la notte a Luray e poi andare lungo la Skyline Drive, domani mattina, a vedere Monticello.
Avremmo potuto arrivare a Monticello e mentre eravamo laggiù il fronte di bufera si sarebbe avvicinato, costringendoci a scendere ancora nel Nord Carolina e poi in Georgia e finalmente in Florida, dove la Guerra Civile non era mai arrivata.
— Monticello è un posto stupendo — dissi, girando ancora su quella che sembrava una strada asfaltata. Dopo il primo miglio l’asfalto divenne un fondo sassoso. — Jefferson fece un grande orologio con le palle di cannone. E le tende — aggiunsi precipitosamente. — Jefferson fece da sé le proprie tende. — La ghiaia divenne terra e la strada divenne così piena di buche che le sospensioni dell’auto non riuscivano a reggere. Dovetti invertire la marcia.
La strada era molto stretta e feci fatica a girarla. Da una parte i cespugli e le erbacce circondavano un fossato, dall’altra una fila di pini molto fitti impediva di guadagnare anche pochi centimetri. Appoggiai il braccio sullo schienale del sedile di Annie e iniziai a fare marcia indietro, molto lentamente.
— Tutti i sogni contengono un messaggio — disse Annie.
— Cosa? — feci, irritato con quel sentiero sconnesso che le aveva fatto tornare in mente quel che desideravo dimenticasse, almeno per un poco. Non riuscivo a strapparla alla Guerra Civile più di quanto riuscissi ad allontanarla dal circuito di cimiteri attorno a Fredericksburg. Tentai di ripartire in seconda e il motore si spense.
— Stavo pensando a quello che il dottor Barton ci ha raccontato sugli egiziani. Loro credevano che i sogni fossero messaggi inviati dai morti.
— Pensavo che per oggi non parlassimo più di sogni — dissi. Tentai di rimettere in moto ma il motore si ingolfò.
— Sapevi che Abramo Lincoln aveva sognato Willie dopo la sua morte? — chiese lei. Girai di nuovo la chiavetta, ma Annie allungò una mano e la posò sulla mia. — Il viso di Willie tornò a confortarlo in sogno, diceva il libro. Penso che lui sia morto, Jeff. Penso che i miei sogni siano messaggi inviati da chi non c’è più.
Lasciai la chiavetta. Non era stata la stradetta sconnessa, né quel paesaggio infelice.
— Penso che tu abbia ragione, che Lee abbia fatto quei sogni durante la Guerra Civile e che in qualche modo essi giungano attraverso il tempo fino a me; ieri, quando ho visto la cartolina della sua tomba a Lexington, ho capito che lui era morto. — Mi stava fissando seria, la sua mano ancora appoggiata sul mio braccio. — Richard mi ha detto che i sogni ci aiutano a elaborare le cose che ci sono successe, che sono una specie di meccanismo di guarigione che ci aiuta a superare il dolore e a venire a patti con il senso di colpa che altrimenti non riusciremmo a sopportare; però, se il senso di colpa è troppo grande, i sogni non ce la fanno. Questo è quello che sta succedendo a te, mi aveva detto. Può succedere che una persona abbia dentro di sé così tanta colpa e dolore da continuare a sognare anche dopo la propria morte?
Quanti sogni ci sarebbero voluti per guarire Lee da Fredericksburg? Dodicimilasettecentosettanta? I sogni di Lee non erano un “meccanismo di guarigione”, erano una lista di sepolture, e quanti sogni ci sarebbero voluti per seppellire tutti quei ragazzi della divisione di Pickett che a Gettysburg erano venuti a morirgli sui piedi, quanti sogni per seppellire tutti i ragazzi che stavano nei meandri insanguinati della memoria di Lee? Duecentocinquantottomila? Cento anni di tempo?
— Mi hai detto che Lee era un uomo buono — continuò Annie, — e lo è davvero, Jeff, però dovette mandare tutti quei ragazzi in battaglia, senza scarpe e senza munizioni. Sapeva che sarebbero stati uccisi, ma dovette mandarli. Dovette mandare anche suo figlio Rob. Come poté sopportarlo, tutti quei ragazzi uccisi e nessuno che potesse nemmeno identificare i corpi? Penso che lo perseguitino ancora, anche dopo tutti questi anni, anche dopo la sua morte.
— E così lui perseguita te.
— No. Non è così. Io penso che stia cercando di espiare.
— Infliggendo a te i suoi incubi?
— Non li sta infliggendo a me. Non funziona così. In qualche modo, io sto aiutandolo a dormire. Anche se lui è morto.
— E nel frattempo che cosa stanno facendo i sogni a te?
Non rispose.
— Te lo dirò io, che cosa ti stanno facendo. I sogni stanno peggiorando, e continueranno a peggiorare finché non riusciremo a fare qualcosa. — Lei iniziò a protestare. — Ascolta, può darsi che tu abbia ragione. Lee sta sognando nella sua tomba e tu fai in modo che riesca ad avere un po’ di riposo, dandogli il cambio. In questo caso non importa dove andiamo, i sogni ci seguiranno sempre. Ma può anche darsi di no. Può darsi che sia la vicinanza del campo di battaglia ad aggravare i sogni, e se noi ci allontaneremo forse i sogni smetteranno. Il punto è che tu non stai più dormendo, che non stai mangiando, e che bene potrai fare a Lee se una notte finirai a testa in giù da un piano di scale?
Misi in moto la macchina. — Penso che dovremmo andare a Shenandoah, riposare un po’. mangiare un po’ di pollo fritto, allontanarci per un po’ dai sogni e, se proprio non riusciamo ad allontanarci, tentare di ignorarli. Tu non stai disertando. Stai solo andando a riposarti per un po’. In licenza. — Stavo mentendo. Se fossi riuscito a portarla via da là non l’avrei più lasciata ritornare.
— Andiamo via, allora — disse Annie, e mi chiesi se sapeva che stavo mentendo, se anche lei non desiderasse andare via.
— Non parleremo dei sogni, non penseremo ai sogni, faremo passeggiate e mangeremo pollo fritto e ammireremo le Blue Ridge Mountains. Va bene?
Sospirò, un lungo sospiro di resa. — Va bene — disse.
Ripercorremmo la strada di ghiaia, quella d’asfalto, arrivammo alla strada principale e, dopo un miglio, a quella di contea. Finalmente svoltammo su una superstrada a due corsie che si allungava a vista d’occhio.
Avrebbe potuto benissimo essere estate. Alcuni alberi avevano già tutto il loro ricco fogliame, e faceva un caldo incredibile. Il cielo era sgombro, non si vedeva una nube nemmeno a ovest, all’orizzonte, dove si potevano già scorgere le creste del Blue Ridge. Accelerai, ansioso di mettere più chilometri possibile fra noi e Fredericksburg. Mezzogiorno era passato da un pezzo, ma avremmo mangiato più tardi, più vicini a Shenandoah.
— Così va meglio — dissi, appoggiando il braccio sul finestrino aperto. — Pensavo che non avremmo più rivisto un’autostrada. — Avevo detto ad Annie che non avremmo più parlato dei sogni, ma mi stavo rendendo conto che non era così facile. I sogni erano tutto quello a cui avevamo pensato per giorni. E non potevo nemmeno parlare delle battaglie, di Lee oppure di Lincoln, che aveva anche lui sofferto di brutti sogni. Né potevo raccontarle aneddoti sui tempi dell’università e sul mio vecchio amico Richard.
— È una bella campagna questa, non è vero? — dissi, e mi sentii più che mai simile al ranger del Parco. — Broun e io ci perdemmo in una stradina uguale a quella sterrata, la prima volta che venni a lavorare per lui. Voleva che andassi a scattare alcune fotografie della campagna attorno ad Antietam, ma era convinto che mi sarei perso e così insistette per venire con me. Finimmo impantanati in una pozzanghera. Dovemmo uscire a piedi per andare a cercare un trattore. Insieme, naturalmente, perché lui non si fidava. Continuò a comportarsi così per tutto il mio primo anno di lavoro.
— A non lasciarti lavorare da solo? — chiese Annie. — E perché?
— Non saprei. Non aveva mai avuto un assistente per le ricerche e penso che fosse abituato a fare tutto da solo. Stava iniziando proprio allora Il Legame del Dovere e c’erano tonnellate di ricerche da fare sull’Antietam. ma insisteva nel fare lui ogni cosa, specialmente le ricerche sul campo di battaglia. Quando arrivammo laggiù pensai che mi avrebbe lasciato almeno fare il lavoro di gambe, ma mi sbagliavo. Andava su e giù per il campo di battaglia, come un matto, prendendo note, scattando foto, buttandosi a terra per sperimentare quello che lui chiamava “il punto di vista del soldato”…
Mi bloccai gettando un’occhiata ansiosa ad Annie. che però continuava a sorridere, guardando il paesaggio. I suoi capelli biondi erano scompigliati dal vento e ogni tanto lei doveva scostarli dal viso con la mano.
— Poi si tagliò un piede guadando il torrente Antietam — proseguii. — Una vecchia lattina arrugginita. Sanguinava in modo impressionante: il piede, non la lattina. Gli fecero un’iniezione antitetanica e gli diedero dodici punti, e ancora non voleva lasciarmi fare da solo.
Fuori da Remington l’autostrada a due corsie si immetteva in quella statale verso Culpepper. Svoltai di nuovo verso sud.
— E così continuò a darsi da fare, cacciando il naso ovunque…
— Come Longstreet — disse Annie.
— E poi mi annunciò che sarebbe andato a Springfield. I suoi editori lo avevano chiamato perché volevano che controllasse l’epigrafe che aveva usato sull’ultimo libro, così lui decise di andare di persona a Springfield per vedere cosa c’era scritto sulla tomba di Lincoln o in qualche altro dannato posto. Io esplosi. Gli dissi “Che cosa diavolo mi hai preso a fare? Non mi lasci fare nulla, nemmeno andare a vedere delle dannate tombe!”.
Certo che Richard avrebbe avuto buon gioco con quella conversazione. “Sono ovviamente tutti lapsus freudiani” avrebbe detto con la voce del Buon Analista. “Il subconscio parla attraverso di loro, evidenziando cose che l’Io vorrebbe nascondere”.
— E così ti lasciò andare a Springfield al suo posto? — chiese Annie, apparentemente indifferente a quei lapsus, freudiani o non freudiani. Aveva preso alla lettera ciò che avevo stabilito, stava rilassandosi, prendendosi una vacanza, ed ero io che sembravo non riuscirci.
— Sì, mi lasciò andare a Springfield, ma continuò a chiamarmi sul telefono dell’auto, ricordandomi di guardare questo e di chiedere quello. Mi lasciava messaggi in albergo e mi obbligò a chiamare ogni sera per leggere le note della giornata a quell’accidente di segreteria telefonica che aveva fatto installare. Stava per farmi impazzire. Poi non so che cosa successe. Forse decise improvvisamente che al suo servizio non c’era un idiota incompetente o qualcosa del genere. Smise di perseguitarmi e mi permise di fare la ricerca che mi aveva mandato a fare e da allora in poi mi lasciò fare quello per cui mi pagava, aiutarlo.
Non mi resi conto fino a che non fui alla fine di quel raccontino edificante che proprio di questo si trattava. Il mio inconscio stava gridando per richiamare l’attenzione, e picchiava sulla porta dietro la quale l’avevo chiuso. — Ancor oggi fa da solo gran parte delle sue ricerche — dissi, come per convincere prima di tutto me stesso che non stavo dando una lezione ad Annie sulla necessità di lasciarmi prendere le redini della situazione e aiutarla.
— Forse faceva fatica ad abbandonare le ricerche perché le amava — disse Annie.
— Sì, può darsi — risposi, pensando a come si era eccitato per i sogni di Lincoln. — Comunque vuol bene a Lincoln.
— E a te.
— Sì.
— Venni proprio per incontrare Broun, la sera del ricevimento — disse. — Obbligai Richard a venire. Sapevo che Broun conosceva ogni cosa della Guerra Civile. Pensavo che sarebbe stato in grado di dirmi che cosa significavano i sogni.
— Solo che Richard non ti ha permesso di avvicinarlo, e io mi sono appiccicato.
— Non tu — disse lei, sorridendo con quel sorriso dolce e triste che ricordavo dalla sera nella veranda. — Sono io che mi sono appiccicata a te.
— Siamo appiccicati insieme — dissi allegramente — e anche insieme a Lee. Ma non oggi. Oggi siamo in licenza. Hai fame?
— Un po’.
— Ci fermeremo a fare colazione alla prossima cittadina. Abbiamo appena passato Remington. C’è una carta nel cruscotto. Potresti vedere qual è il prossimo posto che…
— Fermati! — gridò lei. Aveva le mani sull’orlo del finestrino mezzo abbassato e guardava indietro qualcosa che avevamo appena sorpassato. — Ferma la macchina!
Si lanciò fuori dalla vettura prima ancora che fermassi del tutto. Aveva spalancato la portiera e ora stava correndo verso la strada.
— Annie! — gridai, trafficando con la porta. Mi gettai di corsa dietro di lei.
Era in piedi in mezzo alla strada, lo sguardo fisso su niente di particolare, una staccionata e un campo arato, in distanza una casa dall’ampio porticato. Aveva le mani strette a pugno. — Che cos’è questo posto? — chiese. — Lo conosco.
Dannazione. Dannazione. Avevo pensato che saremmo stati al sicuro venendo da questa parte, evitando Chancellorsville e Spotsylvania e Wilderness. L’avevo portata apposta da questa parte perché pensavo che fosse sicura.
— L’hai sognato? — chiesi, temendo la risposta.
— Non so — disse lei. — Ho la sensazione precisa di esserci già stata prima. Dove siamo?
— Non lo so — risposi. — Abbiamo appena superato Remington. Tornai alla macchina e presi la carta. Spensi il motore che era ancora acceso. Non poteva essere Culpepper. Avevo visto la freccia per Culpepper a Remington. Eravamo ancora almeno a dieci miglia a est. Aprii la carta con furia e cercai Remington, non riuscendo nemmeno a trovarlo subito.
Eravamo solo poche miglia dopo Remington. La prossima città… La prossima città era Brandy Station, a due miglia. Non c’era alcun simbolo, monumento o croce, vicino al nome sulla carta, ma avrebbe dovuto esserci. Quell’intero dannato stato era un cimitero. Quel campo incolto era probabilmente pieno di ragazzi dai capelli gialli e di veterani grigi e di cavalli.
— Ho la sensazione di essere già stata qui — ripeté lei, attraversando la strada. Non guardò nemmeno a destra e a sinistra, ed ero sicuro che non vedesse nemmeno la strada. Una macchina azzurra sbucò da dietro la curva e passò fra di noi, mancando Annie per poco ma facendole ondeggiare il vestito per il risucchio d’aria. Lei non saltò di lato e nemmeno ebbe un fremito. Semplicemente non la vide.
Attraversai la strada a mia volta, corsi accanto a lei. — È Brandy Station — dissi. — Ci fu uno scontro di cavalleria qui vicino. Il figlio di Lee, Rooney. fu ferito. Lee lo vide mentre lo trasportavano via. Mi dispiace. — La presi per il braccio. — Non avrei dovuto portarti qui. Torniamo alla macchina e andiamo via.
Non si mosse. Ma non fece nemmeno resistenza. Semplicemente rimase là, immobile, in mezzo alla strada. — Morì? — chiese.
— Rooney? Non lo so. Non credo. Era una ferita alla gamba. — La tirai per il braccio. — Possiamo scoprirlo quando arriveremo a Luray.
Scosse la testa. — Voglio tornare a Fredericksburg.
— Perché? Ci sarà una biblioteca a Luray. Possiamo cercare là notizie di Rooney. Non morì. Adesso mi ricordo che non morì. Era presente al funerale di suo padre.
Annie fissava il campo come se vedesse tutto, Rooney in barella, la sua gamba squarciata, le bende inzuppate di sangue. — Nessuno dei figli di Lee rimase ucciso in guerra — aggiunsi.
— Io devo ritornare — ripeté lei. — Non posso disertare e abbandonarlo.
Sentii il rumore di un’auto che si avvicinava, il motore che ruggiva prima di affrontare la curva in salita. — Disertare? — dissi irritato e praticamente la spinsi di peso nella macchina. — Tu non sei uno dei suoi soldati, Annie. Non ti sei arruolata volontaria in questa guerra.
Una jeep passò con frastuono, proprio sulla riga centrale. Girai attorno all’auto e salii. Avviai il motore e con frastuono, come la jeep di prima, mi rimisi in carreggiata e presi velocità, desiderando far sparire il campo, far sparire Rooney sulla barella. — Non dovevo portarti qui!
— Non è colpa tua — disse Annie.
— E allora di chi è la colpa? Sono io che ti ho portata a Fredericksburg. Fredericksburg, in nome del cielo, dove rimasero così tanti cadaveri che dovettero seppellirli a gruppi! Sono io che ti ho letto ad alta voce un libro sull’Antietam! E poi, giusto per essere sicuro che stanotte sognassi di Brandy Station, ti ho portata qui perché potessi vedere il campo di battaglia anche da sola. E poi mi chiedo come mai i sogni stanno peggiorando.
Apparve un grande cartello. VISITATE IL PARCO NAZIONALE DELLA BATTAGLIA DI MANASSAS. Schiacciai il piede sull’acceleratore. — Perché non andare fino a Manassas? E poi domani arriveremo a Richmond, così tu potrai sognare la battaglia dei Sette Giorni. Stavo tentando di portarti via da questo dannato posto, di portarti dove non ci fosse un dannatissimo campo di battaglia!
Le luci rosse del camion davanti a noi si accesero. Premetti di scatto sui freni. Annie alzò le mani e queste finirono un po’ troppo forte contro il parabrezza.
— Stavo solo tentando di fare qualcosa.
— Lo so — disse Annie. — Lo so che stavi tentando di fare qualcosa.
Rallentai fino a raggiungere un’andatura decente. — Stavo tentando di prendere strade secondarie per non finire a Wilderness. Ti sei fatta male alla mano? — le chiesi con apprensione.
— No — rispose, tastandosi il polso.
— Andremo da un dottore, a Luray, a fargli vedere quel polso. E poi…
— Non serve, Jeff — mi fermò lei. — Io non posso lasciarlo. Devo vedere i sogni fino alla fine.
Accostai da un lato della strada e mi fermai. — La fine? La fine di che cosa? E se Lee continuerà a sognare per cento anni? Se deciderà di sognare l’intera maledetta Guerra Civile? — dissi amaramente. — La sognerai tu al suo posto?
— Se dovrò.
— Perché? Non sono sogni tuoi. Sono di Lee. È lui quello che ha mandato tutti quei ragazzi in battaglia. Lascia che li sogni lui. Lascia che sua figlia Annie li sogni per lui, se vuole; si tratta di suo padre. Ma non tu.
— Devo.
— Perché?
— Perché non posso sopportarlo — disse, e iniziò a piangere. — Pover’uomo, pover’uomo, devo aiutarlo. Non posso rimanere a vederlo soffrire in quel modo.
Le presi la mano fra le mie e sfregai delicatamente il polso. — E io non posso restare a vedere quello che ti stanno facendo — dissi. Portai la mano al petto e la tenni lì. — «Vorrei essere ferito al posto tuo» — aggiunsi. — Lee mandò a dire questo quando gli riferirono che Stonewall Jackson era stato ferito a Chancellorsville.
Lei alzò il viso a guardarmi, con le lacrime che scorrevano. Le sue lacrime, non quelle di Lee. non quelle della figlia di Lee. Ed era me che guardava questa volta.
— Vorrei, sai — le dissi. — Se ci fosse un modo per farlo, vorrei sognare io al tuo posto.
Lo dissi senza rendermene conto. Guardavo il suo caro visetto solcato dalle lacrime. — È quello che tu stai facendo, vero? Sognare al posto di Lee, in modo che lui non soffra.
— Sì — rispose.
— Va bene — dissi. Lasciai la sua mano e invertii la macchina. — Il pollo fritto andremo a cercarlo a Fredericksburg. E ci limiteremo a sperare che tu non sogni di Brandy Station.
Non la sognò. Sognò il pollo. E la tomba di Annie Lee.