I DISCHI MOBILI

— Che villano! — disse Teela.

— Chiron non vuole incontrarsi con Nessus. Non te l’avevo detto? Sono convinti che Nessus sia pazzo!

— Sono tutti pazzi.

— Be’, loro non la pensano così. Teela, hai sempre l’intenzione di venire?

Teela lo guardò con la stessa aria smarrita che aveva quando lui tentava di spiegarle il significato di frustata al cuore. - Sì, vuoi ancora venire — disse Louis con tristezza.

— Certo, perché no? Che cosa temono i burattinai?

— Lo so io — disse Speaker-agli-Animali. — I burattinai sono dei vigliacchi. Però non riesco ad afferrare per quale ragione insistono tanto nel volere maggiori informazioni sull’Anello.

— Per me è chiarissimo.

— Devo prenderlo per un insulto?

— Ma no, no. Tutto verte sul problema della sovrappopolazione. Non puoi capire.

— Proprio così. Spiegati, una buona volta.

Louis stava scrutando la giungla domestica in attesa dell’arrivo di Nessus. — Nessus saprebbe spiegartelo meglio di me. Peccato! Be’, prova a immaginare un trilione di burattinai su questo mondo. Ci riesci?

— Sento l’odore di tutti, uno per uno. Al solo pensiero mi viene il prurito.

— Adesso immaginali sull’Anello. Va meglio, no?

— Grr. Sì. Con uno spazio moltiplicato otto volte alla settima potenza… Credi che stiano progettando di conquistarlo? E come riuscirebbero a trasferirsi sull’anello? Non credono nei mezzi spaziali.

— Non lo so. Non fanno neanche le guerre. Ma il problema è un altro: il Mondo ad Anello è sicuro, per viverci?

— Grr!

— Capisci? A meno che non abbiano l’intenzione di costruirsene uno anche per loro. O sperano di trovarne uno vuoto, lassù nella Nebulosa di Magellano. Una speranza plausibile. Ma questo non c’entra. Ciò che a loro interessa di sapere, prima di fare qualcosa, è il grado di sicurezza che il Mondo ad Anello offre.

— Sta arrivando Nessus. — Teela si alzò in piedi e si diresse verso la parete invisibile. — Sembra ubriaco.

Nessus non trottava, come era solito fare. Veniva in punta di piedi, mentre le due teste piatte si giravano di scatto a destra e a sinistra. Aveva quasi raggiunto la calotta, quando una specie di grossa farfalla nera venne a posarglisi sulla groppa. Nessus lanciò uno strillo, come una donna, e scattò in avanti con un salto. Atterrò con una serie di ruzzoloni rimanendo alla fine raggomitolato in se stesso come una palla.

Louis si precipitò verso di lui. — Ciclo depressivo — strepitò sopra la sua spalla. Per fortuna si ricordò dove si trovava l’entrata della calotta invisibile. Aguzzò lo sguardo tra le piante del parco.

Gli si inginocchiò vicino: — Sono Louis — gli disse. — Stai tranquillo. — Allungò la mano verso l’arruffio di capelli che copriva il erano dell’alien e si mise a grattarlo piano piano.

A quel contatto il burattinaio sussultò, poi si calmò. — Era pericolosa? — gli chiese Louis. — Quella cosa che si è posata su di te.

— Quella? No. — La voce di contralto usciva soffocata, ma perfettamente pura e scevra da inflessioni. — Quello era solo… un annusa-fuori.

— Come è andata con Coloro-che-governano?

Nessus si ritrasse trasalendo. — Ho vinto.

— Benissimo. Che cosa hai vinto?

— Il diritto di procreare.

— Per questo eri tanto spaventato? — Era inverosimile, pensò Louis. Nessus poteva essere il maschio di una vedova nera condannato per amore… oppure una verginella nervosa… maschio o femmina… o magari tutti e due.

— Potevo fallire, Louis — disse il burattinaio. — Li ho affrontati. Ho bluffato. Ho chiesto un volontario…

— Bravo. Ben fatto. Hai trovato il volontario?

— Uno dei nostri sessi è… di proprietà. Privo di intelligenza: stupido. Coloro-che-governano …

Teela si intromise. — Perché non ti limiti a dire capi?

— Perché una volta ho cercato di tradurlo con i termini che usate voi — disse il burattinaio. — Una traduzione più appropriata della frase sarebbe coloro-che-governano-da-dietro. C’è un presidente eletto o un portavoce-di-tutti oppure… la vera traduzione della sua qualifica è Ultimo. È stato Ultimo ad accettarmi come compagno. Ha detto che non poteva chiedere a nessun altro di sacrificare il rispetto di se stesso.

Nessus si agitò, cominciando a rilassarsi.

— È la faccenda del pronome che mi disturba — disse Louis. — Devo dire lei a te o a Ultimo?

— Sei indelicato, Louis. Non si discute di sesso con una razza alien. — Una testa sbucò fuori dalle gambe di Nessus e lo fissò con disapprovazione. — Tu e Teela non vi accoppiereste in mia presenza.


C’era una siepe color arancione, alta tre metri e perfettamente allineata, dalla quale pendevano tentacoli blu cobalto. Delimitava i confini del parco. Nessus sospinse il gruppetto in quella direzione.

Louis si aspettava di trovare una breccia nella siepe. Con suo stupore, invece, Nessus entrò difilato dentro la siepe che si aprì da sola per lasciarlo passare, richiudendosi poi dietro di lui. Gli altri lo seguirono.

Il cielo, che prima era di un azzurro cupo, appariva adesso nero e bianco. Sullo sfondo nero della notte eterna spiccavano delle nubi vaganti illuminate dal bagliore di una città che si estendeva per miglia e miglia.

Sin dalla prima occhiata si notava la differenza di dimensioni a paragone delle città terrestri. Gli edifici erano più larghi, gli isolati più massicci, uniformi e alti, anzi altissimi. Il cielo era punteggiato di finestre illuminate che si interrompevano bruscamente là dove l’oscurità indicava, con una linea retta, l’apice dell’edificio.

Perché la città non si intravedeva da lontano? Sulla Terra erano pochi gli edifici più alti di un miglio, mentre qui lo erano quasi tutti. Louis pensò che intorno al parco esistessero campi di flessione della luce. Non aveva pensato a chiederlo. Era un altro miracolo dei burattinai.

— Il nostro veicolo si trova sull’altra estremità dell’isola — disse Nessus. — Saremo là in un minuto, con i dischi mobili. Ve li faccio vedere.

— Ti senti bene, adesso? — chiese la ragazza.

— Sì, Teela, il peggio è passato. — Il burattinaio fece un’abile impennata davanti a loro. — Ultimo è il mio amore. Basta che io ritorni dal Mondo ad Anello.

Al centro della trasversale c’era un’area azzurra di forma rettangolare. Ad ogni entrata del rettangolo era piazzato un disco blu. — Potete salire sui dischi — disse Nessus, — però cercate di non prendere quello sbagliato. — Senza curarsi del disco più vicino, attraversò la strada e trottò verso il disco che si trovava sul lato opposto. Sparì.

Per un istante rimasero tutti paralizzati dallo stupore. Poi Teela si mise a correre verso il disco, strillando come un fantasma impazzito. E si dileguò anche lei.

Speaker scattò con un ruggito, piombando sul disco con una precisione da fare invidia a una tigre. Louis si trovò solo.

— Per tutti i Diavoli della Nebbia — esclamò con aria sbalordita. — Hanno trovato cabine-transfert senza pareti.

E fece un passo avanti.

Si ritrovò in piedi nel rettangolo al centro della trasversale successiva, tra Nessus e Speaker. — La tua compagna è partita prima — disse Nessus, — spero che ci aspetti.

Il burattinaio si diresse verso un altro disco che gli si trovava dirimpetto. Lo raggiunse in pochi passi e sparì di nuovo.

— Che razza di organizzazione! — esclamò Louis ammirato. Era di nuovo solo, perché lo kzin aveva già seguito Nessus. — Basta camminare ed è fatta. Con tre passi superi un isolato. Come una magia. — Proseguì a lunghi passi.

Era come calzare gli stivali delle sette leghe. Corse agilmente sulla punta dei piedi, e la scena cambiava ogni tre passi. I segni circolari che si vedevano agli angoli dovevano essere i codici postali, in modo che i pedoni sapevano quando erano arrivati a destinazione. Per scendere al centro dell’isolato bastava far ruotare il disco.

Sulla strada si affacciavano le vetrine. O non erano vetrine, ma qualcosa di molto diverso? In fondo a quel canyon di edifici vide spuntare dei palazzi al di sopra degli altri. Accelerò il passo.

Davanti a lui, in fondo al sentiero, gli alien gli stavano sbarrando la strada.

— Temevo che avessi perso il tuo turno — disse Nessus, e li guidò a sinistra.

— Aspetta… — ma anche lo kzin era sparito. Dove diavolo era Teela?

Doveva essere stata la prima a filare. Louis voltò a sinistra e proseguì.

Gli stivali delle sette leghe. La città gli passò davanti come in sogno. Fugaci visioni di chicche colorate gli confondevano il cervello. Via libera attraverso la città, con dischi dai diversi colori, a dieci isolati per volta. Dischi per le lunghe distanze che facevano centro miglia per ogni passo. Piste per attraversare gli oceani: ad ogni passo un’isola. Isole come pietre per attraversare un ruscello!

Cabine-transfert aperte. Il progresso dei burattinai era pauroso. Il disco era in uno spiazzo e non si faceva in tempo a salirvi che già si metteva in funzione. Un passo ed ecco già la prossima fermata. Al confronto i marciapiedi mobili facevano una meschina figura.

Louis si trovò fuori dei dischi mobili, sulla riva di un mare nero e tranquillo. Oltre l’orizzonte, quattro lune paffute si levavano, in linea verticale, sullo sfondo delle stelle. A metà strada si stagliava un’isoletta vivamente illuminata. Gli alien lo stavano aspettando.

— E Teela?

— Non so dove sia — rispose Nessus.

— Per i Diavoli Fumanti! Come possiamo rintracciarla?

— Dovrà trovarci lei. Non è il caso di preoccuparsi.

— Si è persa in un mondo straniero. Potrebbe capitarle qualcosa!

— Non su questo mondo, Louis. Non esiste un altro mondo sicuro come il nostro. Quando Teela arriverà sulla riva di questa isola, si accorgerà che i dischi diretti alle isole vicine non funzionano, almeno per lei. Passerà da un disco all’altro lungo tutta la spiaggia finché non pescherà quello giusto.

— Credi di stare parlando di un computer che si è perso? Teela è una ragazza!

Teela piombò improvvisamente vicino a lui. — Salve! Mi ero persa un momento. Che cos’è questa eccitazione?

Speaker fece uno sberleffo a Louis digrignando i denti. Louis, che evitava lo sguardo interrogativo di Teela, si sentì il sangue salire alle gote. Nessus invece si limitò a dire: — Venite con me.

Lo seguirono verso un gruppo di dischi allineati lungo la riva. Salirono su un pentagramma di un colore marrone sporco…

Si ritrovarono su una roccia nuda, fortemente illuminata da tubi di luce solare. Un’isola grande come uno spazioporto privato. Al centro, un’astronave era ritta accanto a un edificio.

— Ecco il nostro veicolo — dichiarò Nessus.

Louis osservò l’astronave e sentì i muscoli rilassarsi per il sollievo. Ne aveva abbastanza dei miracoli. I dischi mobili, la città enorme, i quattro mondi tributari sospesi nel vuoto come zucche colorate: tutte minacce. La nave no. Era uno scafo N. 2 della General Products con l’ala triangolare sulla quale erano situati le unità propellenti e i motori a fusione. Meccanismi familiari che rendevano inutile qualsiasi domanda.

Lo kzin gli dimostrò che aveva torto. — Dal punto di vista di un burattinaio, mi sembra che sia stata disegnata in maniera piuttosto singolare. Nessus, non ti sentiresti più sicuro se questa nave fosse rivestita da uno scafo metallico?

— No. Questa nave ha diverse innovazioni.

La General Products, una compagnia commerciale dei burattinai, aveva venduto manufatti in tutto lo spazio conosciuto, ma aveva fatto fortuna soprattutto con la vendita dei suoi scafi. Ne produceva quattro tipi diversi che andavano da una sfera grande quanto un pallone da pallacanestro fino al tipo di diametro superiore ai quattrocento metri: precisamente lo scafo n. 4, quello della Long Shot. Lo scafo n. 3 era un cilindro ad angoli smussati con la pancia appiattita, lo stesso tipo di nave che li aveva trasportati sul mondo dei burattinai poche ore prima. Lo scafo n. 2 invece era costituito da un cilindro stretto, con una strozzatura nella parte centrale, che si andava affusolando alle due estremità. Di solito, in quel tipo di scafo c’era posto per un unico pilota.

Per quel che Louis riusciva a vedere, all’interno della nave erano installati solamente il sistema di sopravvivenza e il cambio per l’iperpropulsione. Tutto il resto era sistemato sulla grande ala triangolare: un paio di propulsori puntati in basso, due motori a fusione sul davanti, altri motori a fusione, più grandi, sui bordi di uscita dell’ala e un paio di poderose capsule sull’estremità dell’ala. Le capsule dovevano contenere gli apparecchi indicatori e le attrezzature per le comunicazioni.

Mezza nave era sull’ala, esposta ai pericoli che preoccupavano tanto il burattinaio. Perché non usare il n. 3 collocando il tutto all’interno dello scafo?

Il burattinaio li aveva fatti passare sotto l’ala guidandoli verso la poppa affusolata: — Vedete? — disse, — in caso di pericolo, il sistema di sopravvivenza entra in una stasi Slaver. Il tempo non scorre, quando si è all’interno di un campo statico. Nulla può danneggiare i passeggeri. Non siamo tanto pazzi da affidarci solamente alla robustezza dell’involucro. I raggi dei laser a luce visibile possono penetrare anche attraverso uno scafo della General Products, uccidendone i passeggeri. L’anti-materia può disintegrarlo completamente.

— Non lo sapevo.

— Pochi lo sanno.

Louis si allontanò da sotto l’ala, dove Speaker stava ispezionando i motori. — Perché tutti questi motori? — domandò il terrestre.

Lo kzin sbuffò. — Non credo proprio che un umano abbia dimenticato la Lezione Kzinti.

— Ah. — Naturalmente, qualunque burattinaio che avesse studiato la storia kzinti o quella umana sapeva che cosa fosse la Lezione Kzinti. Una guida a non-reazione è un’arma con potenza direttamente proporzionale alla sua efficienza. Qui c’erano propulsori a scopi pacifici e propulsori con possibilità aggressive.

— Adesso ho capito come hai imparato a manovrare i mezzi spaziali con i motori a fusione.

— È naturale, Louis. Mi sono esercitato alla guerra.

— Proprio nell’eventualità di un altro conflitto tra Uomini e Kzin.

— Devo dimostrartele, le mie capacità guerresche, Louis.

— Ne avrai l’occasione — l’interruppe il burattinaio. — I nostri tecnici volevano che questa nave fosse pilotata da uno kzin. Speaker, vuoi ispezionare le leve di controllo?

— Tra un momento. Avrò anche bisogno dei dati di funzionalità, delle documentazioni sui voli di collaudo, eccetera eccetera. L’iperpropulsione è di tipo comune?

— Sì. Ma non sono stati eseguiti voli di collaudo.

Tipico, pensò Louis mentre si dirigevano verso la camera di equilibrio. Si erano limitati a costruire l’oggetto e a lasciarlo lì ad attenderli. Era logico che agissero così. I burattinai non ci pensavano neanche, a collaudarla.

La porta si aprì. Teela era raggiante. — Che bellezza, Louis, come sono contenta di essere venuta! Questa città… è un tale spasso! — Gli afferrò le mani stringendole, con un sorriso muto e rapito. Quel sorriso era un raggio di sole e lui non se la sentì di redarguirla.

— Sì, è stato divertente — disse, e la baciò con impeto. Si avviò alla cabina di controllo tenendole la vita, mentre col pollice le sfiorava la curva dell’anca.

Ne era certo, adesso. Teela Brown non sapeva che cosa voleva dire soffrire. Il primo dolore sarebbe stato una sorpresa sconvolgente, capace di annientarla.

Avrebbe pianto sul corpo inerte di Louis Wu.

Gli dèi non proteggono i folli. I folli sono sempre protetti da altri più pazzi di loro.


Il sistema di sopravvivenza della nave comprendeva tre camere da letto, un soggiorno, una cabina di controllo e una serie di armadietti più la cucina, i rigeneratori, le batterie. Il quadro dei controlli era distribuito alla maniera degli Kzin e le targhette corrispondenti erano scritte in lingua kzinti.

Gli armadietti contenevano una pletora inquietante di attrezzi esplorativi. Ma non c’era nessun oggetto che Louis potesse indicare dicendo: — Quella è un’arma. — Alcuni di essi, tuttavia, potevano essere usati a scopo difensivo. C’erano quattro volocicli, zaini a propulsione e con cintura a spinta catalitica, apparecchi analizzatori per i cibi, fiale di additivi dietetici, cassette di pronto soccorso, dispositivi sensori per l’aria. Qualcuno doveva essere maledettamente convinto che la nave sarebbe riuscita ad atterrare da qualche parte.

Be’, perché no? Una razza come quella degli abitanti del Mondo ad Anello, priva di mezzi di propulsione, poteva anche invitarli a sbarcare. Forse era proprio ciò che i burattinai speravano.

Per non danneggiare il suolo dell’isola, decollarono con i propulsori a non-reazione. Mezz’ora più tardi avevano superato la debole gravità della Rosetta dei burattinai. Passarono in iperpropulsione.

Con una rapida cerimonia, battezzarono la nave col nome Liar, «sporca bastarda». Anche Teela, divertita, accettò il nome.

In una settimana coprirono la distanza di oltre due anni-luce. Quando si rituffarono nello spazio einsteiniano, si trovarono nel sistema al quale apparteneva la stella con l’anello K9.

Louis ispezionò attentamente tutti gli aggeggi degli armadietti. Meglio stare in guardia, disse fra sé. Troppe armi. L’attrezzatura militare gli lasciò il gusto amaro di un cattivo presentimento.

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