INTERLUDIO CON I FIORI-SPECCHIO

Si sentiva come durante i suoi ritiri. Pilotare in solitudine, su un territorio mutevole e senza confini, era come vagare su una nave monoposto al di là delle stelle conosciute. Louis Wu era solo con l’universo. E l’universo era un balocco per Louis Wu. La domanda più bruciante nasceva di nuovo: Louis Wu è ancora soddisfatto di sé?

Aveva quasi scordato gli altri volocicli. Sobbalzò quando la faccia pelosa dello kzin si materializzò nel video.

— Sei stanco — disse Speaker. — Vuoi che piloti io?

— Vorrei scendere a terra. Sono rattrappito.

— Allora scendi. Sei tu ai controlli.

— Non voglio imporre a nessuno la mia compagnia.

— Teela Brown ti evita, vero? Condivido la sua umiliazione. Il mangia-erba ha svergognato anche me.

— Cose vecchie, Speaker. Roba passata.

— Vorrei restare solo.

— No, aspetta. Non chiudere. Hai notato quelle zone aride, verso Port?

— Sì. Un’erosione spaventosa. Chissà quanto tempo fa è cominciata. Come può decadere una civiltà di queste dimensioni?

— Non lo so. Nemmeno i burattinai hanno mai raggiunto il livello tecnico di questo mondo. Come possiamo indovinare che cosa li ha riportati al livello della clava?

— Dobbiamo sapere qualcosa di più sugli indigeni — disse Speaker-agli-Animali. — Abbiamo capito soltanto che non potremo mai spostare la Liar. È necessario trovare aiuto.

Era proprio la breccia che Louis sperava di trovare.

— Quanto a questo ho qualche idea, un modo pratico per prendere contatto con i nativi. Prima di discuterne vorrei atterrare.

— Allora scendiamo.

Lungo la rotta delle flottiglie si ergeva una schiera di montagne. Le vette riflettevano una luce perlacea. I venti che mugghiavano sui picchi ne avevano levigato la roccia, portando allo scoperto l’impalcatura del materiale di base dell’Anello.

Louis fece scendere dolcemente i volocicli aggirando le colline. L’obbiettivo era un corso d’acqua che defluiva dalle montagne scomparendo nella foresta.

Teela chiamò: — Che stai facendo?

— Atterriamo. Non chiudere. Ti devo delle scuse.

Teela interruppe la comunicazione. Louis sospirò: Meglio di quanto sperassi, pensò. La ragazza sapeva che c’erano in viaggio richieste di perdono. Sarebbe stata ad ascoltarlo. Aprì il collegamento con Speaker:

— Pronto per l’atterraggio?

— Pronto.

Al suolo, si guardarono attorno. Si sgranchirono. Teela Brown comparve dal suo veicolo, lanciò un’occhiataccia a Louis, e tutta impettita si avviò verso la foresta. Il terrestre si rivolse allo kzin:

— Forse potremo raggiungere la parete del margine senza neppure sbarcare. Oppure, potremo scendere in un punto dove le fondamenta sono scoperte. Nessun tipo di vita pericoloso può sopravvivere sopra quel metallo. Se vogliamo andarcene da questo immenso giocattolo, abbiamo bisogno di aiuto.

Gli orecchi dello kzin vibravano come banderuole: — Non saranno certo quei selvaggi, a trascinare la Liar per centomila miglia!

— Invece saranno proprio loro. Ma per convincerli, ho bisogno che tu faccia la pace con Nessus.

Lo kzin tirò fuori le unghie: — Allora, niente da fare.

Louis esitò di fronte agli artigli dell’orso arancione. Poi si fece coraggio: — Abbiamo bisogno del tasp. Premio o punizione per i nativi.

— Non c’è un altro sistema?

— No, è un sistema imbattibile per premiare la fede! Una raffica di piacere puro, diritta al cervello. Nessun effetto collaterale. Niente impicci. Un tasp è meglio del sesso!

— Louis, il tasp è stato progettato per colpire la struttura cerebrale degli Kzin. Su questo punto hai ragione: era un esperimento a carattere religioso, un esperimento diabolico.

— Però non siamo certi se funziona su un essere umano. Io credo di sì. Conosco Nessus: o il tasp vale per tutti e due, oppure ha due tasp. Io non sarei qui se non avesse la possibilità di tenere gli umani sotto il controllo.

— Ti stai abbandonando alla fantasia.

— Bisogna chiamarlo per chiederglielo.

— Stavi cercando di far leva sulla mia curiosità? Capisco. Volevi impegnarmi in una certa linea d’azione. Può darsi che il burattinaio trovi da sé la strada per la parete del margine. Fino a quel momento, viaggerà da solo.

Prima che Louis riuscisse a rispondergli, lo kzin balzò in un boschetto di radici a gomito. Ciò pose fine alla discussione, come se Speaker avesse chiuso l’interfono.

A Teela Brown era franato il mondo sotto i piedi. Singhiozzava disperatamente, in un’orgia di auto-commiserazione. Aveva trovato un posto stupendo per sfogare il suo dolore.

Non si era accorta di Louis Wu.

Prigioniera di un mondo alien, neanche Teela Brown sarebbe andata molto lontana senza la sua cassetta di pronto soccorso. La portava attaccata alla cintura, con un circuito di collegamento montato all’interno. Louis ne aveva seguito il segnale ed era arrivato fino agli abiti di Teela ammonticchiati su un ripiano di granito, vicino a uno stagno.

I riflessi verdi, il rimbombo della cascata e l’eco dei singhiozzi: Teela si trovava quasi sotto la cascata e doveva essere seduta su un masso peché spalle e braccia emergevano dall’acqua. Teneva il capo chino e i capelli neri le ricadevano in avanti, nascondendole il viso.

Non era il caso di aspettare che fosse lei a raggiungerlo. Louis si tolse i vestiti. Si accigliò sentendo l’aria pungente. Dopo una scrollata di spalle si tuffò.

Teela lo aveva visto. Rimase immobile, senza girare la testa. Louis nuotò verso di lei. Nel rumore della cascata, qualsiasi parola d’amore o di scusa sarebbe stata inutile e grottesca. Però poteva toccarla. E la toccò. Lei non si ritrasse. Abbassò il capo, e i capelli le nascosero di nuovo il viso.

Louis le indicò la riva. Teela ebbe un cenno affermativo, e lo seguì. Risalirono insieme, e si stesero presso il laghetto, rabbrividendo per il freddo, abbracciandosi. Si baciarono.

— Mi rincresce per quella risata — disse Louis. — Però devi ammettere che era buffo pensare a quei vigliacchi di burattinai che pretendono di essere padroni dell’universo.

— Trattano le altre razze come bestiame. Non sono mai stata così avvilita.

— Il problema non riguarda solo te, ma tutta la specie umana.

— Che bisogno c’era di ridere? Io non ci vedo niente di comico.

Louis la baciò sulla bocca. I loro corpi nudi cominciavano ad assorbire il calore. Louis posò la guancia sulla spalla della ragazza:

— Dovrebbero chiamarsi burattini, non burattinai.

— Hai torto. Ci trattano come marionette.

— Be’, tutto quel che sono riusciti a fare, è di rendere qualche umano più fortunato degli altri. In fondo l’umanità ha sempre avuto bisogno di fortuna.

Louis cominciò a carezzare Teela, e lei si rilassò.

— Vorrei che la spedizione fosse di nuovo riunita — disse Louis un attimo dopo. Sentì che la ragazza si era irrigidita. — L’idea non ti va?

— Lo odio. Lo odio! Ha prodotto i miei antenati come… come bestie! Speaker lo scaraventerebbe in cielo, se provasse ad avvicinarsi. E sarebbe giusto.

— Supponi che io convinca Speaker a lasciarlo ritornare tra noi.

— Ma perché vuoi convincerlo?

— Nessus è il proprietario della Long Shot. Quella nave è l’unico mezzo che permetterà alla razza umana di raggiungere la Nebulosa di Magellano in meno di qualche secolo. Se abbandoniamo il Mondo ad Anello senza di lui, perdiamo la Long Shot.

— Che volgarità, Louis!

— Stammi bene a sentire. Hai dichiarato che se i burattinai non avessero agito così nei confronti degli Kzin oggi saremmo tutti loro schiavi. È vero. Ma se non avessero interferito nelle Leggi della Fertilità non saresti nata neanche tu! Non vuoi perdonarli?

— No! — Teela rotolò allontanandosi da lui, e scivolò nell’acqua gelida. Louis la seguì dopo una breve esitazione. Una gelida scossa… risalì in superficie… Teela era tornata sotto la cascata, rivolta verso di lui con un sorriso invitante. Louis le si avvicinò con lunghe bracciate.

— Erano stupidi discorsi — le gridò. L’acqua era gelida. Teela rappresentava l’unica fonte di calore. Si inginocchiarono, abbracciandosi, sopra una roccia liscia semi-sommersa dall’acqua che fluiva. L’amore fu un mescolarsi di ondate calde e fredde. Era bello fare l’amore: non risolveva i problemi, ma li faceva dimenticare per qualche tempo.

Eppure, dopo l’ultimo bacio, Teela si era trasformata. Tornarono verso i volocicli, tenendosi per mano. Teela si fermò improvvisamente: — E va bene — disse, — fai pure avvicinare Nessus.

— Grazie — rispose Louis.

Era l’ora di mangiare un boccone. Anche Speaker ebbe la stessa idea: si avvicinò al suo volociclo, e compose la cifra per una fetta di fegato caldo. Non era andato a caccia; forse aveva meditato. Il terrestre gli si avvicinò:

— Ci hai ripensato?

— Sono sempre della stessa opinione. Sono offeso con Nessus e con tutti i burattinai. Se mi viene a tiro, lo distruggo.

— Io la penso in modo diverso. Forse dipende dal fatto che gli alien mi piacciono.

Un uomo dell’età di Louis, se non avesse trovato il modo di svagarsi si sarebbe annoiato della vita. La compagnia di esseri diversi, stravaganti, buffi, ringhiosi, patetici o aggressivi, era una necessità di importanza vitale.

Ripartirono. Il cielo si era rannuvolato. Salirono verso la coltre color piombo, in direzione delle montagne.

— Ci troviamo in un mondo sconosciuto — disse Louis. — Abbiamo bisogno di tutte le nostre qualità: intuito, forza, intelligenza, furbizia…

Lo kzin lo interruppe: — Non ho bisogno dell’intelligenza di un burattinaio!

— Ma hai bisogno della Long Shot.

— Per interesse? Non è un motivo sufficiente. E io non intendo vendere il mio onore, come fai tu.

— Quale onore? La Long Shot non è per me: è per tutta la razza umana, e anche per quella kzinti.

— Sei bravissimo nell’inventare alibi — concluse bruscamente Speaker. E chiuse l’interfono. Louis imprecò con se stesso: era stato abbastanza facile convincere Teela. Lo kzin era un osso duro. E non poteva fare l’amore con Speaker-agli-Animali, per ammansirlo!

Si allontanarono dalle montagne. Louis provò una punta di rimpianto per lo specchio d’acqua con la cascata, in mezzo alla foreste. Non l’avrebbero rivista mai più.

Una scia seguiva i volocicli, un’irritante onda si formava dove le barriere soniche toccavano le nubi. Più avanti, un solo particolare interrompeva l’orizzonte-infinito. Louis concluse che doveva essere una montagna o una tempesta. Aveva le dimensioni di una capocchia di spillo tenuta davanti agli occhi col braccio teso.

Fu Speaker a rompere il silenzio. — C’è una schiarita nella coltre di nubi, Louis. Avanti a noi, in direzione Spinward.

— La vedo.

— Voglio andare a controllare da vicino.

— Bene — disse Louis.

Seguì con gli occhi il puntolino che rappresentava il volociclo di Speaker mentre virava pericolosamente. Alla velocità Mach 2, Speaker avrebbe a malapena visto il suolo di sfuggita…

Nell’interfono echeggiò il miagolio dello kzin. Il puntino argenteo era diventato più luminoso, e la faccia di Speaker risplendeva di luce bianca. Teneva gli occhi serrati e la bocca spalancata nell’urlo.

L’immagine si offuscò. Speaker si riparava il viso con un braccio. Il suo pelo era fumante come sostanza carbonizzata. Il volociclo stava curvando per tornare indietro, mentre una luce abbagliante colpiva le nubi… come se un riflettore inseguisse lo kzin dal basso.

— Speaker! — chiamò Teela. — Ci vedi?

Speaker si scoprì la faccia. Solo una larga striscia intorno agli occhi non era bruciacchiata. Su tutto il resto del corpo il pelo era scuro come cenere. Speaker aprì gli occhi, li richiuse stretti e poi li riaprì. — Sono cieco — disse.

— Sì, ma ci vedi?

Louis notò appena la stranezza della domanda. Ma una parte di lui captò l’intonazione della voce della ragazza: l’ansietà e, oltre a quella, la sensazione che Speaker avesse dato una risposta errata e che sussistesse la speranza che le cose non fossero tanto gravi.

Non c’era tempo a Louis chiamò: — Speaker! Collega il tuo volociclo al mio. Dobbiamo metterci al riparo.

Speaker annaspò nervosamente sul cruscotto. — Fatto. Che razza di riparo, Louis? — La sofferenza affievoliva e alterava la sua voce.

— Dietro le montagne.

— No. Sarebbe perdita di tempo. So che cosa mi ha attaccato. Se non sbaglio, saremo al sicuro finché ci saranno coltri di nubi. Dovrai indagare.

— Ma tu hai bisogno di medicazioni.

— Sicuro che ne ho bisogno, prima però devi trovarci un posto sicuro per atterrare. Scendi dove le nubi sono più fitte.

Il suolo era una pianura ondulata. Non si vedevano le fondamenta dell’Anello, ma terra e vegetazione.

Louis perse quota lentamente, tenendo gli occhi socchiusi per evitare il riflesso abbagliante che veniva dalle nubi.

… Un’unica specie di piante, disseminate regolarmente sul paesaggio, copriva il terreno sino a perdersi nell’orizzonte-infinito. Ogni pianta aveva un unico fiore che si voltava seguendo Louis Wu. Spettatori terribili, silenziosi e attenti.

Louis toccò terra e discese dal volociclo vicino a una pianta. Lo stelo era alto mezzo metro, verde e bitorzoluto. Il fiore era grande quanto il viso di un uomo. La superficie interna era formata da uno specchio concavo. Dal centro dello specchio sporgeva un peduncolo che terminava in un bulbo verdastro.

Tutti i fiori lo tenevano d’occhio. Louis era sommerso dal bagliore. Sapeva che tentavano di ucciderlo. Alzò faticosamente gli occhi verso il cielo: la distesa di nuvole persisteva, fortunatamente, velando la luce del sole.

— Avevi ragione — disse all’interfono. — Sono girasoli Slaver. In piena luce solare, saremmo morti all’istante.

— Louis, cerca un riparo!

— Non è facile.

— Per carità — interruppe Teela. — Svelto, Louis. Speaker sta male sul serio.

— Scendete qui. Non vedo né grotte né altri ripari.

Ispezionò il dominio dei fiori-specchio. Non esistevano possibilità di sopravvivenza. Fra gli steli non nascevano piante né erba. Controllò attentamente: nessun uccello, nessun insetto volava. Sui fiori non vide traccia di muschio o funghi. Sicuramente, i girasoli uccidevano qualsiasi altra forma di vita, vegetale o animale. Gli specchi accentravano la luce della stella centrale sul nodulo fotosintetico al centro del fiore. I girasoli bruciavano qualsiasi sostanza organica, e se ne nutrivano. Oppure le utilizzavano come fertilizzante?

Louis si chiese come fossero arrivati nel Mondo ad Anello. Non potevano essere stati coltivati dagli antichi abitanti. I costruttori dovevano avere perlustrato nei pressi delle stelle per trovare le piante decorative e quelle utili. Forse erano arrivati sino a Silvereyes, nello spazio umano. E avevano deciso che i girasoli erano piante decorative?

No. Qualche seme deve essere caduto fuori dai recinti. Chissà quanto si sono diffusi, disse Louis tra sé. Rabbrividì al solo pensiero. Per quanto lontano arrivava lo sguardo, nessuna cosa vivente sfidava i girasoli.

Entro un certo periodo, i fiori-specchio sarebbero stati i padroni del Mondo ad Anello. Ma ci voleva molto tempo. L’Anello era vasto. Abbastanza vasto per qualsiasi cosa.

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