IL NASTRO DI NATALE

Sotto di loro s’intravedeva un’isoletta a forma di anguilla circondata da un mare nero. L’isola si ergeva come una salamandra e a Louis sembrava di poterne cogliere con le dita le alte costruzioni slanciate. Era evidente che gli alien non si fidavano della terraferma.

Come la nave perse quota, videro che le luci provenivano dai pannelli di luce solare lungo le strade, dalle finestre, dalle illuminazioni dei parchi. Per un ultimo istante, Louis vide le costruzioni slanciate come lame di stocco di un’altezza smisurata. Poi la città si proiettò contro di loro per inghiottirli e si trovarono a terra, in un parco enorme pieno di piante alien dai vivaci colori.

Nessuno si muoveva.

In tutto lo spazio conosciuto la specie dei burattinai era considerata una delle più innocue. Erano troppo piccoli, troppo timidi e inoffensivi per apparire pericolosi. Erano semplicemente buffi.

Ma Nessus era ritornato improvvisamente a fare parte della sua razza; ed era una razza più potente di quanto gli uomini avessero mai supposto.

Il burattinaio pazzo si sedette, tranquillo e silenzioso. Agitava i suoi colli avanti e indietro per osservare i suoi dipendenti. C’era poco da ridere. La sua specie spostava i mondi a cinque alla volta.

Cominciarono a seguire una luce azzurra che ondeggiava nell’aria, attraverso un giardino troppo regolare, troppo curato e simmetrico.

L’aria era impregnata dell’odore chimico-aromatico che era una caratteristica dei burattinai.

L’odore si infiltrava ovunque. Nella camera del sistema di sopravvivenza della nave, l’odore era prodotto artificialmente. Un trilione di burattinai aveva aromatizzato l’aria di quel mondo che avrebbe avuto quell’odore per l’eternità.

Nessus avanzava con passo danzante; i suoi zoccoletti artigliati sembravano sfiorare la superficie elastica della passeggiata. Lo kzin avanzava leggero come un gatto agitando ritmicamente la coda. I passi del burattinaio risuonavano come un tip-tap, mentre Speaker procedeva senza alcun rumore.

Anche Teela camminava leggera e silenziosa. La sua andatura aveva sempre un che di goffo, tuttavia non incespicava e non urtava mai niente.

Giunsero a una cupola splendente come una perla interrata a metà. La luce fluttuante che li aveva guidati si divise in due.

— Devo lasciarvi — disse Nessus. E Louis si accorse che il burattinaio era terrorizzato.

— Vado ad affrontare Coloro-che-governano. — Parlava in fretta, con tono furtivo. — Speaker, dimmi: se non dovessi ritornate, mi verresti a scovare per ammazzarmi a causa dell’insulto che ti ho fatto al Krushenko?

— C’è pericolo che tu non ritorni?

— Forse. Coloro-che-governano potrebbero non gradire affatto quanto avrò da raccontare. Ti ripeto, mi daresti la caccia?

— Qui, in territorio alien, in mezzo a degli esseri dotati di un potere tremendo e molto scettici sugli scopi pacifici di uno kzin? — Speaker vibrò un vigoroso colpo di coda. — No. Ma non proseguirei neppure la spedizione.

— Mi basta. — Nessus trotterellò dietro la luce-guida. Tremava visibilmente.

— Di che cosa ha paura? — chiese Teela. — Ha eseguito gli ordini. Perché dovrebbero essere irritati con lui?

— Credo che stia tramando qualcosa — rispose Louis, — qualcosa di tortuoso.

La luce azzurra riprese la sua corsa. La seguirono fin dentro a una semisfera iridescente.


La cupola era sparita. Seduti su tre poltrone disposte a triangolo, i due umani e lo kzin rimasero a osservare l’avvicinarsi di uno strano burattinaio che si faceva strada in mezzo a una giungla di piante. La sfera era invisibile, oppure la scena del parco era una proiezione di immagini.

Lo strano personaggio si aprì un varco attraverso una frangia di viticci scarlatti penzolanti nel vuoto (Louis si ricordò che in un primo momento aveva considerato Nessus una «cosa» neutra. A che punto della vicenda lo aveva promosso al grado di «lui»? Speaker invece era stato un «lui» sin dall’inizio). Il burattinaio si fermò dove avrebbe dovuto trovarsi la parete della sfera. La criniera d’argento era abilmente acconciata in riccioli complicati. Anche la voce di questo burattinaio possedeva il sensazionale timbro di contralto che distingueva la voce di Nessus.

— Vi prego di scusarmi se non vi ricevo di persona. Chiamatemi Chiron.

Era un’immagine proiettata, quindi. Louis e Teela mormorarono frasi di convenienza. Speaker mise in mostra i denti.

— Colui che chiamate Nessus è già informato su quanto sta per apprendere. La sua presenza è richiesta altrove. Ha accennato alle vostre reazioni di fronte alla nostra capacità tecnica.

Mezza calotta si oscurò.

Per dispetto, era la parte di calotta situata di fronte alla proiezione del burattinaio. Louis trovò una leva che serviva a fare ruotare la sua poltrona ma, dopo un attimo di riflessione, si rese conto che per osservare tutti e due gli emisferi contemporaneamente avrebbe dovuto avere due teste con due paia di occhi indipendenti. Sulla parete oscura, un dischetto brillava contro lo sfondo dello spazio stellato.

Un disco circondato da un anello. Era un primo piano dell’olografia che Louis teneva ancora in tasca.

La sorgente di luce era di un bianco abbagliante, molto simile al Sole visto da Giove. L’anello aveva un diametro tanto largo da estendersi su tutto il lato oscuro della calotta, ma era basso, di poco più largo della sorgente di luce situata al suo asse. Sul lato sinistro, l’anello era nero, e nei punti in cui si stagliava sullo sfondo luminoso i suoi contorni risaltavano netti. Dall’altro lato, invece, sembrava un nastro celeste teso nello spazio.

Anche se Louis era abituato ai miracoli, non era però tanto blasé da fare sciocche supposizioni a voce alta. Disse invece: — Sembra una stella con un anello intorno.

Chiron rispose senza rivelare la minima sorpresa: — Un anello di materia solida, un prodotto artificiale.

Teela Brown batté le mani scoppiando in una risatina che soffocò subito. Riuscì ad assumere un’aria straordinariamente solenne; ma gli occhi le brillavano. Louis comprendeva i suoi sentimenti perché anche lui provava un briciolo della sua stessa gioia. L’astro circondato dall’anello era un giocattolo riservato a loro due: qualcosa di nuovo in un universo standard.

— Ormai sapete — disse Chiron, — che negli ultimi duecentoquattro anni terrestri ci siamo spostati a nord lungo l’asse della Galassia. Secondo il calendario kzin…

— Duecentodiciassette.

— Esatto. Naturalmente, in tutto quel periodo abbiamo studiato lo spazio davanti a noi per scoprire possibili imprevisti ed eventuali segni di pericolo. Sapevamo che la stella EC-1752 era circondata da un anello di materia scura che formava una strana fascia. Circa novanta giorni fa la nostra flotta di mondi ha raggiunto una posizione dalla quale era impossibile vedere la stella: l’anello ne occultava la vista. Ci siamo accorti che l’anello era compatto. Successive investigazioni ci hanno rivelato che non era formato da roccia di origine asteroide, ma che era una solida fascia con una considerevole resistenza tensile. Era logico che ne rimanessimo atterriti.

— Come siete riusciti a stabilirne la resistenza tensile? — chiese Speaker.

— La spettroanalisi e le variazioni di frequenza ci hanno rivelato una differenza proporzionale nelle velocità. L’Anello ruota attorno al suo pianeta primario a settecentosettanta miglia al secondo, una velocità abbastanza alta da compensare la forza di gravità creata dal pianeta primario e da fornire una addizionale accelerazione centripeta di 9,94 metri al secondo. Considerate come la resistenza tensile impedisce alla struttura di disintegrarsi sotto la spinta di una simile forza di attrazione.

— Gravità — disse Louis.

— A quanto pare.

— C’è gravità. Di poco inferiore a quella della Terra. Lassù vive qualcuno, lungo la superficie interna. Ooh! — esclamò Louis. Tutta la faccenda cominciava a impressionarlo. Sentì i colpi di coda dello kzin che sferzavano l’aria.

Louis si alzò di scatto e si avviò verso la presunta parete della cupola. Non funzionò. L’anello e la stella indietreggiarono man mano che avanzava finché lui non toccò una superficie liscia. Però vide qualcosa che non aveva notato prima.

L’anello era striato da ombreggiature perfettamente rettangolari lungo il fondo celeste.

— Non potresti darmi un’immagine migliore?

— Possiamo ingrandirla — rispose la voce di contralto. La stella K9 balzò in avanti, poi si allargò sulla destra in modo che Louis si trovò a guardare sulla superficie illuminata all’interno dell’anello. La visuale era offuscata, ma Louis intuiva che le zone più chiare e brillanti dovevano essere nuvole, le aree blu terre, e quelle celeste mari.

Ma le zone d’ombra erano chiaramente visibili. Sembrava che l’anello fosse composto da un incastro di pezzi rettangolari: una lunga striscia celeste e brillante, poi una più corta blu marino seguita da un’altra striscia celeste. Punti e linee.

— C’è qualcosa che crea quelle ombre — disse. — Forse qualcosa nell’orbita?

— Esatto. Un’orbita con venti forme rettangolari che compongono una Rosetta di Kempler e ruotano vicino al pianeta primario. Non sappiamo che funzione abbiano.

— Non potete saperlo. Da troppo tempo siete privi di un Sole. Lo scopo dei rettangoli in orbita deve essere quello di separare il giorno dalla notte. Altrimenti sull’Anello sarebbe sempre mezzogiorno.

— Ora capite perché abbiamo chiesto il vostro aiuto. La vostra capacità di osservazione sarà per noi un aiuto prezioso.

— Oh, oh! Quanto è grande l’Anello? Avete inviato le sonde?

— Abbiamo cercato di studiarlo il più possibile senza rallentare la nostra velocità e senza attirare l’attenzione su di noi. Non abbiamo inviato delle sonde perché si possono controllare a distanza via iper-onda e qualcuno potrebbe risalire fino a noi.

— Non si può seguire un segnale iper-onda. È teoricamente impossibile.

— Può darsi che chi ha costruito l’Anello abbia sviluppato teorie diverse dalle nostre.

— Hmm.

— Però abbiamo studiato l’Anello con altri strumenti. — La scena sulla parete della cupola passò dal nero al bianco e dal bianco al grigio. I contorni si spostarono ondeggiando. — Abbiamo preso fotografie e olografie in tutte le frequenze elettromagnetiche. Se vi interessano…

— Non rivelano molti particolari.

— No, la luce è inclinata a causa dei campi gravitazionali e del vento solare, oltre che della polvere e dei gas. I nostri telescopi non riescono a cogliere altri particolari.

— In conclusione non ne sapete un gran che.

— Ne sappiamo parecchio. C’è un solo punto incomprensibile. Apparentemente l’Anello arresta una media del 40 per cento di neutrini.

Teela alzò gli occhi, perplessa. Speaker, allarmato, emise un verso di paura. Louis fece un fischio sommesso.

Quello annullava tutto il resto.

Una materia normale, anche quella compressa sino all’estremo limite nel cuore di una stella, non avrebbe trattenuto i neutrini. Nessun neutrino aveva un cinquanta per cento di probabilità di superare una barriera di piombo larga anni-luce.

Un oggetto mantenuto entro un campo statico Slaver respingeva tutti i neutrini, come facevano gli scafi della General Products. Ma nessuna materia conosciuta avrebbe fermato il quaranta per cento dei neutrini lasciando passare gli altri.

— Qualcosa di nuovo, dunque — disse Louis. — Chiron, quanto è grande l’Anello? Qual è la sua massa?

— Presenta una massa del peso di due volte dieci alla terza potenza, un raggio che misura 0,95 per dieci miglia all’ottava potenza e una larghezza di poco inferiore alle dieci miglia alla sesta potenza.

Louis non riusciva a calcolare a mente le potenze di dieci. Provò a tradurre le cifre in immagini.

Pensava a un nastro natalizio, largo due centimetri, in equilibrio su uno dei bordi e disposto in circolo. L’Anello aveva un raggio superiore ai novanta milioni di miglia — lungo seicento milioni di miglia, calcolò — ma era alto, da un bordo all’altro, meno di un milione di miglia. La massa era di poco superiore a quella di Giove…

— Eppure non sembra abbastanza solido — osservò. — Un oggetto tanto vasto dovrebbe pesare quanto un astro di discrete dimensioni.

Lo kzin si dichiarò d’accordo con lui. — È da ridere. Mi sembra di vedere bilioni di esseri che cercano di vivere sopra un manufatto dello spessore di un libro-film.

— La tua intuizione è sbagliata — ribatté il burattinaio dai riccioli d’argento. — Esamina bene le dimensioni: se l’Anello fosse un nastro di metallo per scafi, per esempio, avrebbe all’incirca uno spessore di quindici metri.

Quindici metri? Era un po’ difficile da credere.

Ma Teela teneva gli occhi fissi al soffitto e faceva calcoli mentali muovendo le labbra in silenzio. — È giusto — fece. — Il conto torna. Ma a che cosa serve? Per quale ragione costruire una cosa simile?

— Per lo spazio vitale — precisò Louis. — Ecco di che si tratta. Una superficie di seicento trilioni di miglia quadrate corrisponde a tre milioni di volte la superficie della Terra. È come avere milioni di mondi disegnati piatti e uniti bordo a bordo. Sarebbe la risoluzione di ogni problema della sovrappopolazione.

— E che razza di problema dovevano avere!

— Un momento — disse lo kzin. — Chiron, avete esplorato le stelle vicine per scoprire l’eventuale esistenza di altri anelli?

— Sì, noi…

— Non ne avete trovati. Come immaginavo. Se la razza che ha costruito l’Anello avesse avuto la possibilità di viaggiare più velocemente della luce, avrebbe struttato anche altre stelle. Non avrebbe avuto alcun bisogno dell’Anello. Quindi esiste un anello solo.

— Sì.

— Mi sento più tranquillo. Almeno sotto questo punto di vista siamo superiori ai costruttori dell’Anello. — Lo kzin si alzò di scatto. — Esploreremo la superficie abitabile dell’Anello?

— Sbarcare fisicamente? È un’ambizione eccessiva.

— Sciocchezze. Dobbiamo ispezionare il veicolo che ci avete preparato. Quando possiamo partire?

Chiron, spaventato dall’audacia dello kzin, fece un fischio di dissenso. — Devi essere matto! Considera la potenza di chi ha costruito l’Anello! A confronto della loro civiltà la mia sembra ancora allo stato selvaggio!

— La tua potrebbe essere una civiltà di vigliacchi.

— E va bene. Potete andare a ispezionare la vostra nave quando ritornerà colui che chiamate Nessus. Prima è meglio che conosciate altri dati.

Sulla parte interna dell’Anello esisteva l’atmosfera. La spettroanalisi rivelava che la densità dell’aria corrispondeva a quella della Terra ed era di analoga composizione: respirabile per l’uomo, come per lo kzin e il burattinaio. Che cosa impediva all’aria di disperdersi? Era impossibile indovinarlo. Dovevano andare a vedere.

Nel sistema del sole K9 non esisteva niente altro che l’Anello. Niente pianeti, niente asteroidi né comete.

— Hanno ripulito tutto — osservò Louis. — Non volevano niente intorno che potesse entrare in collisione con l’Anello.

— È naturale — disse il burattinaio dai riccioli d’argento. — Se qualcosa dovesse urtare l’Anello, lo farebbe a una velocità minima di 770 miglia al secondo, la velocità di rotazione dell’Anello stesso. Non importa quanto sia resistente il materiale di cui è composto l’Anello: c’è sempre il pericolo che un oggetto invece di colpire la superficie esterna vada a urtare la superficie interna abitata, attraverso il sole.

L’astro era una stella nana gialla un po’ più fredda del Sole e anche di poco più piccola. — Sull’Anello avremo bisogno di tute termofore — disse lo kzin. Per grattarcisi dentro, pensò Louis.

— No — rispose Chiron. — La temperatura della superficie interna è assolutamente tollerabile per tutti noi.

— Come lo sai?

— La frequenza delle radiazioni infrarosse emesse dalla superficie esterna…

— Devi credermi pazzo…

— Ti dico di no. Noi abbiamo studiato l’Anello sin dal tempo della sua scoperta e voi invece lo conoscete da pochi minuti. La frequenza degli infrarossi indica una temperatura media di 290 gradi di Assoluto, che naturalmente si riferisce sia alla superficie interna che a quella esterna dell’Anello. Per Speaker-agli-Animali sarà di circa dieci gradi superiore all’optimum.

— Per me e per Teela è perfetta.

— Ecco Nessus che ritorna — disse Chiron. Il burattinaio si voltò, e trotterellò verso il parco.

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