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Questa volta non ci furono contrattempi. Tornarono nel posto che Pelio chiamava la Sala Alta e trovarono quel servo speciale in grado di teletrasportarli all’interno del Torrione. Dalla polla di transito emersero in un ambiente vuoto, immenso e scarsamente illuminato. La luce, molto pallida, proveniva da macchie verdastre che sembravano galleggiare nel buio. A Yoninne furono necessari parecchi secondi per capire che quelle macchie erano della stessa sostanza cancrenosa e fungiforme che aveva già visto attaccata alle pareti della loro prigione di Bogdaru. Se non altro, il nuovo posto non puzzava e la fanghiglia non rendeva sdrucciolevole il pavimento, peraltro perfettamente asciutto.

La stanza era una caverna di forma elissoidale così lunga che le macchie luminose sulla parete più lontana sembravano poco più che piccole stelle nel buio. La polla di transito era sistemata su una sporgenza larga circa cinquanta metri che si protendeva in fuori nel punto in cui la parete laterale della caverna incominciava a curvarsi verso il soffitto. Yoninne si rese conto all’improvviso che quasi la metà delle lucine verdi in realtà erano immagini riflesse in un lago ovale che riempiva gran parte del pavimento della caverna. L’acqua era così immobile che lei non si sarebbe nemmeno accorta che c’era, se non avesse intravisto il debole riflesso dello scafo di una barca ancorato contro la riva più vicina.

Incominciarono a percorrere i gradini che scendevano dalla sporgenza. Come al solito, i servi di Pelio li seguivano a distanza.

— Questo è il Torrione della mia famiglia — annunciò il principe con evidente orgoglio. — Probabilmente rappresenta il miglior angeng del mondo. — Lei faticò a seguire il resto della descrizione, infarcito da troppe parole che non conosceva. Fu comunque in grado di comprenderne la storia generale. In origine, il Torrione era stato una caverna naturale con un’unica minuscola entrata, vicino alla Sala Alta. La Corporazione aveva sengato (sentito? visto? percepito?) la posizione esatta della caverna e aveva venduto l’informazione al Regno d’Estate. Gli antenati di Pelio vi erano entrati e l’avevano ampliata fino alle dimensioni attuali. L’unica via d’accesso era stata bloccata e da quel momento in poi mantenere la sicurezza era stata una questione relativamente semplice. Gli Azhiri non erano in grado di teletrasportarsi in un posto che non riuscissero a sengare, e a meno che non fossero Corporati l’unica possibilità che avevano di sengare una località era quella di raggiungere prima le sue immediate vicinanze, si parlava di metri, con un mezzo che non fosse il teletrasporto. Dopodiché, a quanto sembrava, il punto poteva essere sengato da qualsiasi distanza.

Una volta nell’arco di ciascuna generazione, il passaggio dalla Sala Alta al Torrione veniva sbloccato. I nuovi membri della famiglia reale salivano le ripide scale che si inerpicavano all’interno della parete di roccia fino alla Sala Alta e da lì attraversavano a piedi lo stretto pertugio che collegava la Sala Alta al Torrione. I pochissimi servi fidati destinati a diventare i sorveglianti della Sala Alta li accompagnavano solo nella seconda parte del pellegrinaggio. In pratica, gli esponenti di sangue reale erano gli unici a compiere il viaggio per intero.

La maggior parte dei servi di palazzo avevano compiuto il pellegrinaggio lungo le scale di pietra che portavano alla Sala Alta, sicché sapevano teletrasportarsi fin lassù e, all’occorrenza, rendere lo stesso servizio ai loro padroni. I sorveglianti della Sala Alta erano poi in grado di teletrasportare i visitatori all’interno del Torrione. Sembrava un buon sistema. A parte i componenti della famiglia reale, e naturalmente i Corporati, nessuno era in grado di raggiungere il Torrione senza aiuto.

— E il lago? Che funzione ha? — chiese Leg-Wot quando Pelio ebbe esaurito le spiegazioni. Il ragazzo continuava a dimostrarsi cortese, e difatti aveva acconsentito a condurla lì quella mattina, ma sembrava molto più taciturno e nervoso di prima. A volte, lei aveva la sensazione che non volesse nemmeno far udire le loro parole alle guardie del corpo. Yoninne non sapeva che cosa farci, e ora che la meta sembrava così vicina, quello strano atteggiamento incominciava a darle sui nervi.

Pelio la guardò prima di rispondere e un timido sorriso gli increspò il viso. Secondo i canoni umani aveva una faccia strana: tutta tonda, con la punta del naso e del mento appena percettibili. Yoninne non sapeva ancora leggervi bene i mutamenti di espressione. Di certo, nessun’altra persona aveva mai guardato lei in quel modo.

— Il lago serve per il teletrasporto — spiegò il ragazzo, con naturalezza. — Ci troviamo a una lega — un salto? - di distanza da cinque diverse strade reali, e grazie al lago i membri della mia famiglia possono trasferirsi rapidamente nel Torrione anche dall’esterno del palazzo. È proprio questo il punto della questione, capisci? La famiglia reale deve avere modo di mettersi al sicuro da qualsiasi eventuale attacco. Sempre che non sia un attacco da parte della Corporazione, si capisce.

Ecco di nuovo quel termine, “Corporazione”. Avrebbe dovuto cercare di saperne di più in proposito, ma per il momento la interessava molto di più mettere le mani sull’attrezzatura. Tra l’altro, non era detto che una volta rientrata in possesso del maser sarebbe riuscita tanto facilmente a chiamare aiuto. Non si trattava di una questione di potenza. Novamerika si trovava in congiunzione, a non più di cinquanta milioni di chilometri da loro. A quella distanza, il maser era tranquillamente in grado di mettersi in contatto con qualunque antenna di media grandezza, a patto che fosse orientata nella sua direzione. Ma che cosa sarebbe successo se lei, Ajao e l’equipaggio di Draere fossero già stati dati tutti per morti? L’unico motivo per cui i colonizzatori di Novamerika avrebbero continuato a orientare i ricevitori verso Giri sarebbe stato per captare i segnali della stazione telemetrica impiantata da Draere in quella dannata isola dimenticata da dio sull’altra faccia del pianeta. Ed era possibile che lei avesse più di un problema per sincronizzare le sue trasmissioni con quella stazione.

Arrivarono sul fondo del Torrione e Pelio fece strada attorno ai margini del lago. Quella palla di pelo a quattro zampe che il principe chiamava Samadhom continuò a tallonarli da vicino.

Gli occhi della ragazza ormai si erano abituati all’oscurità, e il posto le sembrava quasi un porto all’aperto, illuminato da centinaia di minuscole lune verdi. L’aria non era completamente immobile. Una brezza gentile le faceva ondeggiare il vestito attorno ai fianchi. Il suolo della caverna si rigonfiava verso il lago centrale, formando piccole montagnole che intralciavano il cammino. Pelio indicò i fori nelle pareti.

— La maggior parte dei locali qui dentro si dividono l’aria dell’intero Torrione. Crea troppi problemi rengare aria fresca in ciascun ambiente separatamente ed è meglio che il minor numero possibile di servi si occupi del Torrione. In generale, il posto è interdetto agli stranieri, tranne che in occasione di qualche ricevimento diplomatico. La mia famiglia custodisce troppi tesori al suo interno per lasciar entrare chiunque. — Yoninne cercò di non sorridere per il tono inconsciamente orgoglioso con cui erano pronunciate quelle parole. Quel ragazzo era una continua fonte di contraddizioni. — Ho fatto portare tutto quello che vi è stato trovato accanto al momento della cattura nella mia stanza di immagazzinaggio personale. — Girarono a destra e si scostarono dal lago centrale. Nella debole luce verde, Yoninne vide le rocce che si alzavano attorno a loro da entrambi i lati. Stavano camminando lungo una valle in miniatura tagliata perpendicolarmente rispetto all’asse più lungo del Torrione. La “valle” si restringeva fino a diventare una specie di corridoio senza soffitto. Alla fine, arrivarono a una piccola polla di transito.

— Avremmo potuto saltare direttamente qui — spiegò Pelio — ma volevo che tu vedessi il Torrione. — Si girò verso le guardie che li stavano raggiungendo. — Nella mia stanza di immagazzinaggio — ordinò con calma indicando il muro più vicino. — Si trova a circa venti iarde, in quella direzione.

La più bassa tra le guardie chiuse gli occhi per concentrarsi meglio. — L’ho sengata, Altezza — replicò con dolcezza, adeguandosi al tono di voce del principe. Chissà perché, anche i rumori più lievi sembravano forti, in quello spazio così vuoto.

Scivolarono nella polla ed emersero qualche secondo più tardi da un’altra simile, in una stanza interna. Il locale, illuminato dalla solita luce verde, conteneva una quantità incredibile di scrigni di legno e di vasi di bronzo, pieni fino all’orlo di gemme e metalli preziosi, o almeno di qualcosa che vi assomigliava. La luce fioca ne sminuiva la lucentezza e gli scintillii. Yoninne guardò verso quel cumulo aggrovigliato di tesori. La stanza aveva l’aria di un attico in disarmo. Qual era l’utilità di tutta quella roba, se poi la si teneva nascosta?

Pelio mosse qualche passo nella stanza ma si fermò all’improvviso. Gli altri, che lo seguivano, si accalcarono alle sue spalle, guardarono in basso, e videro i corpi. Su di loro non era visibile nemmeno un graffio e le uniformi a gonnellino apparivano in ordine perfetto. Eppure, i due giacevano sul pavimento come marionette a cui avessero tagliato i fili. Una delle guardie del corpo oltrepassò Pelio, si inginocchiò vicino ai corpi, e ne tastò la vena sul collo.

— Non sono neppure tiepidi, Altezza. Dobbiamo dare l’allarme?

— Sì… no! — Il ragazzo serrò le dita e le riaprì. — Ritiratevi fuori dalla stanza. Devo pensare… cioè, devo ispezionare gli oggetti immagazzinati per riscontrare le eventuali perdite.

— Ma, Altezza…

— Uscite! — L’ordine era perentorio. Le guardie scattarono sull’attenti, ma obbedirono solo dopo aver controllato che nessuno si nascondesse nel locale.

Quando se ne furono andati, Pelio rimase per un lungo istante come inebetito. Yoninne guardò prima lui e poi i corpi. — Sono stati assassinati? — chiese.

Il principe annuì con aria assente. — Kengati, immagino — replicò. Poi notò l’espressione perplessa della ragazza. — Qualcuno ha rimescolato tutti i loro organi interni. — Disse qualcos’altro che lei non riuscì a capire, ma che aveva l’aria di un’imprecazione. — Non riesco a capire come sia potuto succedere qui, nel Torrione. — Sembrava che stesse parlando a se stesso.

Samadhom annusò tristemente i corpi, come se cercasse di svegliarli. Yoninne distolse bruscamente lo sguardo. La razza Azhiri non aveva alcun bisogno di pugnali e pistole, il loro Talento era più che sufficiente. Quei due uomini, in apparenza dei servi, erano stati semplicemente… spenti. La morte di Draere era stata già abbastanza tremenda, ma almeno non si era trattato di un assassinio.

Sciocca sentimentale. Alza i tacchi e trova quel maser. Il pensiero le restituì l’efficienza di sempre. La solita fortuna, pensò. Proprio adesso che era vicina all’obiettivo, si metteva di mezzo anche un intrigo di palazzo. Si avvicinò a Pelio. — Dov’è custodita la mia attrezzatura?

Lui alzò gli occhi e indicò distrattamente un contenitore cubico dall’altra parte della stanza. Era grande, più di quattro metri per lato. La porta, massiccia e intagliata, era socchiusa tanto da lasciar intravedere all’interno la tela del paracadute raccolta in un mucchio disordinato. Lo spettacolo risvegliò di colpo l’attenzione del principe. — Quella porta doveva essere chiusa! — Attraversò a grandi passi la stanza, subito seguito dalla ragazza. Spalancò la porta ed entrambi si fecero largo in un mare di fiberene che raggiungeva il ginocchio. La scialuppa di ablazione e la carcassa carbonizzata della slitta a motore erano sistemati all’interno, sotto una serie di scaffali di metallo, vuoti.

Nella mente di Yoninne si formò una fredda e sgradevole certezza. Gran parte dell’attrezzatura era sicuramente andata persa nell’incendio della slitta, ma almeno il maser e le mitragliatrici avrebbero dovuto essere lì. La ragazza si arrampicò su un fianco della scialuppa per guardare nel boccaporto. Nonostante la luce debole, si vedeva chiaramente che l’interno era vuoto. C’erano gli strumenti fissi e le membrane di protezione, nient’altro. Il maser era sparito. Sparito.

Descrisse a Pelio gli oggetti mancanti. — Li avevo fatti mettere tutti qui — rispose lui, indicando gli scaffali vuoti. Dallo sguardo affranto lei capì che non stava recitando nessuna complicata commedia ai suoi danni. — Dunque hanno ucciso solo per impossessarsene. Ma chi può venire a rubare nel Torrione reale? — Il principe sgranò gli occhi. — Nessuno, a parte un Corporato… o un membro della famiglia reale. Leg-Wot gli girò le spalle, adirata. Adesso lei e Bjault erano davvero soli… e per di più condannati a morte.

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