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Una lega dopo l’altra, Bre’en teletrasportò i witling e Tru’ud verso nord, senza che cambiasse nulla, in apparenza, se non gli edifici di servizio attorno alle polle di transito. Oltre i finestrini della loro piccola imbarcazione, il cielo rimase di un azzurro limpido e incontaminato. Da trenta gradi di altezza su un orizzonte candido, il sole riempiva la massa confusa del ghiaccio antartico di lunghe ombre azzurrine. La luce del giorno era già troppo luminosa, anche se il cronografo da polso di Yoninne indicava che il mattino era appena iniziato, secondo l’ora del Regno d’Estate. Lì la notte era ancora lontana più di cento giorni.

Per il momento, i soldati del Re delle Nevi sembravano intenzionati a lasciarli procedere verso la Contea di Tsarang. Se fossero riusciti a raggiungere quel piccolo stato vassallo del Regno d’Estate avrebbero ancora avuto qualche speranza di portare a termine quella parte del progetto di Ajao che un tempo era parsa loro la più pericolosa. E quella parte era destinata a portarli finalmente sull’isoletta di Draere.

L’imbarcazione di cui si erano impossessati era piccola, ma dotata di uno scafo solido, tanto solido da permettere di saltare un lago di transito ogni due lungo la strada, in tutta tranquillità. Procedevano regolarmente, anche se si fermavano a riposarsi per cinque o dieci minuti tra un salto e l’altro. Quel piccolo arco di tempo era necessario a Bre’en per preparare il balzo successivo e a Pelio per controllare le cinghie che imprigionavano i due ostaggi.

— Non corriamo rischi — aveva spiegato il principe. — Per quanto siano addestrati, non possono rengarsi via di qui finché li teniamo legati.

Ajao aveva osservato qualcosa a proposito dell’energia di coesione molecolare, ma Leg-Wot aveva già intuito il senso dell’affermazione di Pelio. Quando gli Azhiri si teletrasportavano, portavano con sé parte dell’ambiente immediatamente circostante e solo i Corporati avevano la capacità di controllare perfettamente il volume di materia rengata. Per teletrasportarsi fuori dalla nave, Bre’en e Tru’ud avrebbero dovuto strappare le cinghie che li tenevano legati e già questa era un’azione che andava ben al di là delle potenzialità del loro Talento. Yoninne guardò il principe con un rispetto del tutto nuovo. Né lei né Ajao sarebbero mai riusciti a escogitare quel trucco.

Senza contare che in quel momento non si sarebbero di certo trovati a fare rotta verso nord, se non fosse stato per il fegato e lo spirito d’iniziativa dimostrati da Pelio. Era stata solo la disperazione a smuoverlo, oppure era già un uomo anche quando lei lo trattava come un adolescente smidollato?

— Credo che qualcuno ci faccia da battistrada — osservò Ajao all’improvviso, due salti più tardi.

— Che cosa? — disse Pelio.

— Da’ un’occhiata al lago. Alcune di quelle barche sono stranamente familiari.

— Sì — confermò il principe soppesando le parole — e ciascun lago sembra sempre un po’ più affollato del precedente. Scommetto che gli uomini del Re delle Nevi hanno già spedito i loro messaggi per chiamare a raccolta ogni nave disponibile dell’esercito. Siamo circondati da vicino, come se ci trovassimo ancora nel Palazzo delle Nevi. — Rivolse un sogghigno a Bre’en e al suo re. — Non sarà un gran vantaggio, per voi. Se ci faranno saltare per aria, voi verrete con noi. — I due non risposero e lui continuò: — In un certo senso dovrei esservi grato. Mi avete dato la possibilità di dimostrare che non sono completamente innocuo.

— Hai avuto bisogno dell’orso da guardia — puntualizzò Bre’en, cupo.

— Verissimo. Ma voi siete praticamente morti di paura quando ho preso in ostaggio il re. I witling non attaccano la gente normale, e voi li considerate addirittura inferiori agli animali. Non riuscivate nemmeno a concepire che potessi diventare una minaccia, tanto che non avete sprecato neanche una guardia per sorvegliarmi. E una volta tanto, la vostra arroganza vi ha giocato un brutto scherzo.

Bre’en non rispose, ma Tru’ud gridò con rabbia qualcosa nella sua lingua nativa. Pelio si limitò a sorridere.


In due ore portarono a termine diciassette salti e coprirono circa quattromila chilometri, spostandosi in direzione del Circolo Antartico. Il sole si abbassò fino a sfiorare l’orizzonte sudorientale, e la sua luce trasformò le nevi in una distesa dorata e scintillante. Più di una volta si videro creste di roccia ergersi imperiose su quel mare bianco-giallo e piccoli ruscelli tumultuosi defluire dai ghiacci per andare a tuffarsi nei laghi di transito in piena. Dopo altri quattro salti, la neve in gran parte scomparve per cedere il posto a una tundra sconfinata che si stendeva quasi fino all’orizzonte. E laggiù c’era del verde! Il salto successivo segnò un cambiamento ancora più significativo: gli squallidi edifici di pietra sulla riva del lago erano contornati da un dedalo di tende e da centinaia e centinaia di Azhiri indaffarati. Dietro a quegli strani ripari disposti a scacchiera si intravedevano mandrie di animali pelosi, a quattro zampe, che approfittavano della vegetazione estiva per cibarsi. Ecco, dunque, di che cosa viveva il Popolo delle Nevi! Il loro era un esempio di nomadismo su vasta scala. Il bestiame veniva rengato da un polo all’altro a seconda dell’avvicendarsi delle stagioni, per trovare di volta in volta una vegetazione più ricca. Non c’era da stupirsi che le città dell’altro emisfero fossero sembrate a Yoninne così squallide e deserte.

La vista della campagna circostante venne impedita di colpo dall’arrivo, proprio di fianco a loro, di una delle navi inseguitrici dell’esercito. Ormai gli indesiderati compagni di viaggio ammontavano a una ventina di equipaggi e Dio solo sapeva l’entità delle forze che si andavano raggruppando nei laghi anteriori e successivi a quello. Eppure la situazione era ancora a un punto morto. Il Popolo delle Nevi aveva i soldati, e loro avevano il re Tru’ud.

Da qualche parte, nel corso dei due salti successivi, il sole scivolò sotto l’orizzonte. Mentre il crepuscolo si addensava, l’aria divenne sensibilmente più calda. I witling gettarono acqua sulla minuscola stufa della nave per spegnerla e, qualche lega più a nord, si liberarono anche degli indumenti più pesanti. Mentre Yoninne teneva Tru’ud e Bre’en sotto tiro con il maser, ritenuto dagli Azhiri un’arma micidiale, Pelio sciolse le cinghie e permise ai due di togliersi la pelliccia e i sovragambali. Leg-Wot si sentì quasi dispiaciuta per loro. Erano legati ormai da quattro ore. Il re si contorceva a ogni salto e Bre’en incominciava a manifestare una certa stanchezza. Alla fine, Pelio gli concesse un riposo più lungo tra un salto e l’altro.

Viaggiarono per più di un’ora attraverso le tenebre, con solo le stelle in cielo e i fuochi da campo sulla riva a rischiarare loro il cammino. O meglio, a delineare i contorni di un paesaggio quasi spettrale. Alla fine, come per incanto, la luce incominciò a farsi strada verso est. Il viaggio li aveva portati dal pieno giorno antartico all’esiguo spicchio di notte concesso alle terre che via via si allontanavano dal polo, e fra poco il sole sarebbe sorto ancora una volta sopra l’orizzonte. Il territorio rischiarato dal nuovo giorno era molto diverso da quello che si erano lasciati alle spalle. Le tende e gli animali al pascolo erano spariti per lasciare il posto a una terra desolata, arida e rocciosa. Gli edifici che circondavano il lago erano lisci, affusolati e quasi cotti dal sole. La riva era contornata da cespugli spinosi e scheletrici, vicino ai quali strani uomini dalla pelle scura erano fermi a guardare in silenzio.

— Sono uomini del deserto — spiegò Pelio. — Ci troviamo all’interno dei loro possedimenti, ma per noi non fa grande differenza. Nei punti in cui le terre di Tutt’Estate confinano con il deserto loro non fanno altro che provocarci. I capitribù sono tutti alleati del Re delle Nevi, e dunque siamo in pericolo esattamente come prima. La speranza migliore è che l’esercito di Tru’ud venga rallentato nel tentativo di accordarsi con i caporioni del posto. Credo che…

Yoninne non guardava verso Tru’ud quando quest’ultimo si mosse e per un istante tutto sembrò confondersi davanti ai suoi occhi. Il Re delle Nevi si slanciò lungo il ponte della nave, con i legacci a penzoloni. Cercò scampo verso il boccaporto semiaperto e per un attimo rimase sospeso, mezzo fuori e mezzo dentro, con l’enorme pancia incastrata nell’apertura. Poi, prima che Pelio potesse raggiungerlo, riuscì a liberarsi e si lasciò pesantemente ricadere nell’acqua sottostante.

Lei si girò di scatto verso Bre’en, con il maser in posizione di tiro. — Mani in alto! — Il diplomatico si contorse sul sedile, tendendosi per raggiungere una minuscola piastrina d’argento dall’aspetto insignificante a pochi centimetri dalle sue dita. Maledizione, una lametta per segare i lacci, pensò Yoninne. Ecco il vero motivo di tutti i contorcimenti da parte di Tru’ud! — Se non alzi subito le mani ti brucerò vivo. — Bre’en obbedì, a malincuore, e dietro di loro Samadhom intervenne con uno dei suoi meep interrogativi.

Pelio si sporse per scrutare le acque scure del lago sotto di loro, poi richiuse il portello del boccaporto con un colpo rabbioso e tornò al proprio sedile. — Portaci fuori di qui, Bre’en. Subito!

Il diplomatico dovette scorgere nei suoi occhi un’insospettata luce omicida, perché obbedì all’istante.

Il principe sembrò notarlo appena. — Tru’ud deve essersi teletrasportato in un’altra parte del lago nel momento stesso in cui ha toccato l’acqua. Era impossibile riuscire a riprenderlo. Adesso siamo proprio sistemati. L’esercito scoprirà nel giro di pochi minuti che il re ci è sfuggito e il fatto di avere Bre’en come ostaggio non servirà a nulla. Hai sentito, Bre’en? Morirai con noi, a meno che tu non riesca a tenerci lontano dalle altre navi.

Per un attimo il diplomatico non rispose. Nel frattempo, anche il nuovo lago di transito incominciò a riempirsi di imbarcazioni dell’esercito.

— Hai proprio ragione, principe Pelio — disse infine Bre’en. — I tuoi crimini sono così grandi che il mio re sarà senz’altro disposto a pagare qualunque prezzo, pur di punirti. — Il suo sguardo si rivolse ad Ajao e Yoninne. — Ma voi due siete solo dei complici, e la collaborazione che potreste offrirci è ancora molto gradita. Non vedete che la situazione è tutta in vostro favore? Avete anche le armi, no? Consegnate il ragazzo, e arrendetevi. Non vi sarà fatto alcun male.

Pelio si girò verso la ragazza, ma non disse nulla. Con ogni probabilità le promesse di Bre’en sono bugie, pensò Leg-Wot, ma quale scelta abbiamo?… — No! — esclamò in tono deciso, senza nemmeno controllare che Ajao fosse d’accordo. Non era disposta a tradire Pelio un’altra volta. — Continua a rengare questa barca a nord, uomo delle Nevi.

Bre’en la fissò con espressione minacciosa, ma obbedì. Il lago successivo era più o meno identico a quelli che lo avevano preceduto, un’oasi nel deserto all’alba. Qualche secondo più tardi, le navi dell’esercito piombarono nell’acqua attorno a loro. Pelio guardò Yoninne con quell’espressione speciale che lei aveva tanto rimpianto dopo la loro ultima discussione a Grechper.

— Che cosa faremo, Ionina? Gli unici posti in cui Bre’en può portarci sono sotto il controllo di Tru’ud. Dovunque andiamo ci affonderanno.

Prima che lei potesse rispondere il silenzio mattutino fu spezzato dal rumore di uno schianto sul lato orientale dello scafo. Dal punto d’impatto scaturì un tuono che andò a perdersi nel cielo, le schegge si dispersero tutt’intorno e Samadhom guaì di dolore. Yoninne ruotò sul sedile, per guardare meglio. Sembrava che qualche oggetto dalla sagoma ottusa fosse piombato contro la parte superiore della nave, producendo un foro irregolare. Oltre il quarzo scheggiato e il rivestimento di legno a brandelli, lei vide le navi nemiche a solo trenta metri di distanza. Gli uomini del Re delle Nevi rengavano aria da mezzo mondo di distanza e la scagliavano contro la loro barca a una velocità di centinaia di metti al secondo. Nell’arco di solo due secondi gli attaccanti colpirono altre tre volte, aprendo una falla nello scafo che arrivava fino al livello dell’acqua. Poi Bre’en compì un altro salto e il mattino ritornò di nuovo immobile.

Samadhom! Leg-Wot si tese per guardare l’orso più da vicino. Da una delle spalle pelose sporgeva una scheggia di legno lunga dieci centimetri, e la pelliccia si stava lentamente macchiando di rosso. L’animale cercò di leccarsi la ferita e la guardò con i profondi occhi verdi contornati di bianco. Non doveva trattarsi di niente di grave, altrimenti Bre’en avrebbe già avuto tutto il tempo di ucciderli. Yoninne incominciò a slegare le cinghie, con l’intenzione di allontanare subito Samadhom dalla paratia semidistrutta, ma proprio in quel momento cinque navi nemiche piombarono sulle acque scure dell’oasi.

Due colonne di spruzzi, accompagnati dal caratteristico tuono, si alzarono di colpo sulla superficie del lago. Poi gli uomini del Re delle Nevi aggiustarono il tiro e i dardi di vento ultrasonico si abbatterono sulla piccola nave, producendo altri squarci nello scafo.

— Ci stanno usando dei riguardi — urlò Bre’en per sovrastare il rumore del bombardamento. In quel momento sembrava sofferente e spaventato, molto meno viscido del solito. — Potrebbero rengarci addosso intere tonnellate di acqua o di roccia.

— Salta, maledizione, salta! — gridò Leg-Wot in lingua natale, ma l’altro capì comunque il senso. Saltarono, e a lei parve di perdere momentaneamente l’equilibrio, mentre le cinghie la trattenevano. Erano saltati a est invece che a nord. Non si spostavano più per andare da qualche parte, ma solo per evitare il nemico. Fatica sprecata. Il nuovo lago era già occupato. La nave tremò sotto i colpi incessanti. Il ponte si inclinò verso le voragini che si aprivano sulla superficie dell’acqua.

— Siamo in trappola — disse Pelio, senza rivolgersi a nessuno in particolare. — Devono aver piazzato le loro navi in ogni lago di transito per molte leghe tutt’intorno. Continueranno a colpirci, qualunque direzione scegliamo. — Un altro schianto. Una serie di schegge di legno si alzò dal ponte e l’imbarcazione si inclinò di lato. Le navi nemiche incominciavano ad avvicinarsi, come se seguissero lo schema di una delicata operazione, pezzo per pezzo. Tutto sommato, sembrava proprio che intendessero salvare la vita di Bre’en. Yoninne vide il prigioniero compiere un altro tentativo per raggiungere la piastrina d’argento e sventolò il maser nella sua direzione. Se anche lui riusciva a fuggire, il nemico avrebbe lasciato perdere i riguardi.

E proprio allora, quando la nave incominciava già a sgretolarsi sotto di loro, il vecchio Bjault se ne uscì con una delle sue insensate domande. — Se non ho capito male, avete imparato a sengare questa parte di mondo quando eravate soldato? — disse, rivolto a Bre’en. Leg-Wot non seppe se ridere o imprecare. Possibile che il vecchio fosse impazzito fino al punto di non accorgersi che la fine avrebbe tardato ormai solo pochi secondi?

Per tutta risposta, il diplomatico grugnì. — Allora — continuò Ajao imperterrito — avrete senz’altro imparato a sengare anche angoli molto più sperduti di un lago di transito. Dovete conoscere ogni genere di nascondigli…

— Ma certo! — esclamò Pelio sopra gli scrosci di acqua e di vento. — I luoghi adatti alle imboscate o ai rifornimenti! Puoi portarci in almeno un centinaio di posti dove i soldati non ci troveranno per ore.

Nella luce sempre più luminosa dell’alba, la faccia di Bre’en tradì un odio ormai impossibile da nascondere. — No! — protestò con voce stridula. C’è andato così vicino, pensò Yoninne. Stava per catturarci di nuovo, salvando anche la pelle. Rivolse la canna tozza del maser contro di lui e cercò di ignorare l’acqua che ormai le arrivava alle caviglie. — Ancora un altro salto, Bre’en. Portaci in qualche posto che nessuno visita più da molto tempo.

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