12

Iniziarono il loro viaggio la mattina del settimo giorno dopo la Festa dell’Estate. Il cielo coperto non sembrava di buon auspicio e una pioggerella tiepida scivolava lungo i fianchi del vascello di Pelio, ancorato nel lago di transito dell’Ala Nord. Yoninne Leg-Wot spinse lo sguardo oltre la superficie increspata del lago fino alla spiaggia grigia e alla vegetazione lucida per la pioggia. Non c’era nessuno a salutarli. Per tutta la mattina, mentre completavano i preparativi per la partenza, non aveva visto un solo servo o nobile che non fosse specificamente assegnato all’impresa, e anche quelli sembravano seccati. La cosa non le interessava più di tanto, ma Pelio ne soffriva. Dal giorno dello scontro diretto con suo padre, molta gente non fingeva più di provare per il principe nemmeno un minimo di rispetto. Era caduto così in disgrazia da sembrare una creatura senza diritti in un paese totalitario. E una creatura morta, per di più, se per caso non riuscivano a mettere in pratica il progetto di Ajao prima dei nove giorni concessi da Shozheru. Morta, come tutti i suoi compagni di viaggio. Yoninne nutriva pochi dubbi, in proposito.

Nove giorni. Quando Bjault e il Corporato avevano descritto per la prima volta il piano, il margine le era sembrato lunghissimo. Sbagliava, e non aveva affatto tardato ad accorgersene. Con tutta l’attrezzatura a portata di mano e il supporto tecnico necessario le cose sarebbero state facili, dal momento che, in teoria, il piano di Ajao era molto semplice. Ma, sotto molti aspetti, la tecnologia degli Azhiri era ferma all’età del ferro e anche gli oggetti più elementari dovevano essere ricavati praticamente dal nulla. La zavorra, per esempio. Solo per prepararla e collaudarne vari tipi diversi, Yoninne aveva sprecato tre giorni.

Aveva provato a lavorare per diciotto e poi venti ore al giorno, ma non serviva. Il tempo passava comunque molto in fretta, e più di una volta Bjault si era dimostrato una vera e propria palla al piede. Il vecchio archeologo pretendeva di essere messo al corrente di tutto ciò che lei faceva, facendosene spiegare ogni procedimento, passo per passo. La lasciava libera solo quando dormiva o quando passava le ore in interminabili analisi particolareggiate del progetto. A un certo punto, lei lo aveva trovato con la scrivania e il pavimento ricoperti per intero da una miriade di fogli, zeppi di formule matematiche tracciate con la sua calligrafia ordinata e sottile. In un certo senso, Yoninne lo ammirava. Molti dei suoi coetanei sarebbero stati assolutamente incapaci di risolvere le equazioni differenziali senza un computer, e non avrebbero mai nemmeno pensato di provarci. Ma Bjault era diventato adulto prima della riscoperta dei computer elettronici e quando aveva incominciato a occuparsi di matematica l’analisi numerica veniva eseguita tutta a mano. Eppure, era solo uno stupido spreco di tempo. Leg-Wot gli aveva già assicurato mille volte che il piano avrebbe funzionato. Lei lo aveva capito fin dall’istante in cui gliel’avevano illustrato. Forse non era un genio matematico, ma possedeva un sesto senso, per certe cose.

C’erano stati molti punti a loro favore: l’assistenza segreta del Corporato, una riserva praticamente inesauribile di manodopera e, tramite Pelio, la garanzia di aiuto del Re Shozheru. Finalmente erano riusciti a risolvere tutti i problemi preliminari e adesso erano pronti per dare il via alla parte iniziale, e più sicura, del piano di Ajao.

Si udì il fischio di avvertimento della barca. Leg-Wot scivolò all’indietro nel sedile e allacciò le cinture di sicurezza. Sul ponte, anche i membri dell’equipaggio raggiungevano i propri posti, mentre Ajao e Pelio si sistemavano accanto a lei. Il ragazzo, che aveva passato quasi tutta la notte in piedi per cercare una coppia di piloti navigatori di riserva, era stanco e nervoso. Rivolse a Yoninne un rapido sorriso, e guardò sul ponte in direzione del capo navigatore. Quest’ultimo era un Azhiri particolarmente robusto, vestito con un ampio mantello. Non guardava mai Ajao o Yoninne in faccia, pur dimostrando una rigida cortesia nei confronti del principe. Senza dubbio, pensava che Pelio cercasse di sfuggire alla propria disgrazia. L’uomo ricordava a Yoninne suo padre: un ufficiale burbero, sempre disposto ad adeguarsi anche ai più stupidi capricci dei superiori.

Era stato difficile ottenere la sua presenza, dato che il pellegrinaggio attraverso le terre artiche era compiuto solo da persone predisposte al combattimento e altamente selezionate. C’era voluta tutta l’autorità di Shozheru per sottrarlo all’esercito del Regno d’Estate. Ma senza di lui e gli altri due navigatori, la nave avrebbe dovuto servirsi di piloti locali almeno per una parte del viaggio.

Per un istante, la faccia dura dell’uomo si irrigidì ancora di più… e il primo salto venne portato a termine. Subito, Leg-Wot fu assalita da una dozzina di sensazioni diverse. Il fasciame della nave gemette e lei si sentì schiacciata di colpo contro lo schienale del sedile mentre il vascello piombava rivolto a est nel nuovo lago di transito. Lo scroscio dell’acqua cancellò qualsiasi altro suono. All’improvviso l’universo sembrò allegro e luminoso, perché nel nuovo arco di cielo c’erano solo poche nuvole sparse.

Era solo un salto, il primo di una lunga serie destinata a superare i cento. Qualche minuto più tardi si teletrasportarono ancora, e gli spostamenti si susseguirono finché il panorama circostante divenne un’immagine surreale e confusa nella mente di Leg-Wot. Trovarono cieli quasi sempre sereni, e i grandi depositi sul bordo dell’acqua sembravano più o meno gli stessi da un lago all’altro, anche se lo sfondo passava dalle distese di prati alle città e infine alle montagne. Il sole balzava a scatti verso sud mentre loro continuavano a spingersi sempre più in alto verso i confini settentrionali del Regno d’Estate. Viaggiare su una nave di strada era una piacevole combinazione tra il volo e la vela. Era strano ricordare come fosse sembrato spaventoso ed enigmatico il loro primo salto. Adesso, persino il fischio acuto che annunciava la partenza sembrava ovvio e sensato: prendeva l’avvio quando il navigatore rengava sul posto l’aria dalla successiva destinazione, e la stessa velocità dell’aria determinava la maggiore o minore acutezza del suono, tanto che era facile prevedere l’ampiezza del prossimo rollio.

Passarono due ore e si fermarono in un posto che Pelio chiamò Pfodgaru. Dato che era ormai ora di pranzo, l’imbarcazione venne assicurata al molo e rifornita di pentole di minestra fumante. Mentre il cibo veniva distribuito, Leg-Wot guardò Bjault. L’archeologo era rimasto stranamente tranquillo per tutta la mattina, non aveva posto nessuna delle sue solite domande inquietanti, né rivelato teorie appena partorite da una mente sempre in ebollizione. In quel momento cincischiava con la minestra, con espressione quasi nauseata.

Ajao avvertì lo sguardo di Yoninne su di sé. — Crampi — spiegò in lingua natale. — Mi hanno tormentato per tutta la mattina. — Si fissarono in silenzio per un lungo istante e la ragazza seppe che stavano pensando la stessa cosa. Tutto ciò che mangiamo è pieno di veleni metallici, piombo, mercurio, antimonio… e questi veleni si accumulano per portarci alla morte. Quali sono i primi sintomi? I crampi, forse? E, se è così, quanto tempo ci rimane? Ajao distolse bruscamente lo sguardo e si rivolse a Pelio. — Ci troviamo ancora all’interno del Regno d’Estate? — domandò.

Il principe guardò con una certa perplessità i due Novamerikani, poi annuì. — Ci troviamo proprio sul confine più settentrionale, a quasi trenta gradi dall’equatore e molto più a nord del punto dove siete stati catturati, anche se qui il clima è migliore che a Bogdaru. — Yoninne guardò oltre il magazzino sulla riva, verso le residenze in legno segnate dalle intemperie. Pfodgaru era una pallida e gelida imitazione delle lontane città del sud. E il clima sarebbe diventato ancora più freddo. Sul ponte, alcuni uomini dell’equipaggio fissavano alla balaustra dei pannelli in quarzo destinati a servire da riparo.

— Lo so — continuò Pelio — non è uno dei posti più gradevoli del Regno, specialmente in inverno, ma rappresenta il termine meridionale dell’unica strada polare a cui il trattato ci consenta di accedere. Per le prossime cento leghe, e cioè fino alla Contea di Tsarang, ci sposteremo all’interno del Regno delle Nevi.


Il salto successivo trasformò le montagne che circondavano Pfodgaru in una cresta dentata, grigia e quasi impercettibile sull’orizzonte sudoccidentale. Il territorio non sembrava molto diverso dalle distese settentrionali di Tutt’Estate, a parte forse un po’ più neve e meno vegetazione. Le città lungo il cammino erano costruite esclusivamente in pietra. Non c’era da meravigliarsi, dato che in quella terra piatta e grigia gli alberi scarseggiavano, e ancora di più le foreste. Tuttavia, gli ornamenti in pietra erano diversi da quelli che Yoninne aveva visto nel sud. I motivi erano più spigolosi e sfaccettati, con ghirigori più astratti e grotteschi. Inoltre, mentre la gente del Regno d’Estate tendeva invariabilmente a creare forti contrasti tra pietre di diverso colore,, gli Azhiri del Regno delle Nevi preferivano l’effetto opposto. Anche se erano disponibili pietre di diverso colore, le accostavano in modo che ciascun edificio fosse di un’unica tonalità di grigio o di marrone.

Le città che si trovarono a sfiorare recavano tracce di una povertà che Leg-Wot non aveva notato nel Regno d’Estate. La natura doveva rendere la vita molto più dura alla gente che abitava da quelle parti. La maggior parte degli edifici vicini ai laghi di transito sembravano più piccoli in confronto a quelli che avevano lasciato a sud. Yoninne era certa che se Bjault si fosse sentito meglio avrebbe tempestato Pelio di domande. Di che cosa vivevano gli abitanti del Regno delle Nevi? Come si procuravano il cibo? In che modo riscaldavano le loro case di pietra?

Saltarono da una città all’altra, percorrendo forse un centinaio di chilometri a ogni salto. Puntavano verso nordest, e ogni tappa faceva rollare violentemente l’imbarcazione a est nelle acque del lago di transito di arrivo. Il sole si abbassò rapidamente sull’orizzonte, e incominciò a fare davvero freddo. Il vento che sibilava tra i pannelli di quarzo sul ponte mandava soffi di aria gelida sui passeggeri. Le stufe a legna sul ponte non servivano a molto. Il povero Samadhom si rannicchiò su se stesso con aria infelice, finché Pelio non lo slegò per portarlo nella stiva.

Mentre le ombre continuavano ad allungarsi verso nord, i villaggi divennero sempre più squallidi e grotteschi. La neve si ammucchiava alta vicino a riva, come chissà quale deposito minerale, e molti magazzini erano costruiti utilizzando blocchi di ghiaccio grigiastri, al posto delle pietre. Ancora più a nord, le lastre di ghiaccio minacciavano di chiudere la superficie del lago e squadre di operai del posto lavoravano alacremente per mantenere la strada transitabile. L’acqua dei laghi era di un verde particolare e anche quando gli spruzzi raggiungevano i pannelli di quarzo della nave, per congelarsi subito dopo, il riflesso rimaneva verde. Pelio spiegò a Leg-Wot che il Popolo delle Nevi usava speciali pozioni da aggiungere all’acqua per mantenerla liquida anche alle temperature più rigide. Un antigelo?, pensò lei. Non riusciva a credere che solo poche ore prima viaggiava ancora nel bel mezzo di una foresta semitropicale.

A parte la fascia a cavallo dell’equatore, ampia circa trenta gradi, Giri era un pianeta gelido con calotte di ghiaccio ché scendevano anche fino a quarantacinque gradi di latitudine. I colonizzatori provenienti dal Mondo Natale erano stati molto saggi a stabilirsi su Novamerika, cinquanta milioni di chilometri più vicina al sole. I tropici Novamerikani erano insopportabili, — ma in compenso le spiagge balneabili si estendevano fino ai poli. Nei tre anni dalla fondazione della colonia lei aveva imparato ad amare le lunghe passeggiate solitarie su quelle bianche spiagge deserte. Sarebbe mai riuscita a rivederle?

Si lasciò andare all’indietro sul sedile e per un attimo rimase silenziosa e assorta come Bjault. Quando alzò gli occhi di nuovo, il sole era tramontato a sud. Nel giro di quattro salti, il crepuscolo si trasformò in notte, sebbene fosse ancora pieno pomeriggio, e il mutevole susseguirsi dei panorami diversi venne illuminato dalle stelle e dalle luce della più debole delle due lune. Svanita la luce del sole gli edifici presero sembianze più aggraziate e armoniose, e le finestre si accesero di allegre luci gialle. L’aria era cristallina, ma il vento continuava a soffiare implacabile contro i pannelli che riparavano il ponte.

Pelio divenne più loquace, come se avesse avvertito il cambiamento nel morale di Yoninne. Raccontò che aveva già fatto quel viaggio due o tre volte, in occasione di un paio di visite di stato nel Regno delle Nevi e di un’ispezione degli stati vassalli al di là del polo. Descrisse la funzione dei vari edifici raggruppati attorno a ciascun lago di transito, e identificò con orgoglio le navi commerciali di passaggio da e per i lontani feudi del Regno d’Estate. Lo stemma del sole in campo verde compariva su una moltitudine di scafi, ed era visibile anche al chiaro di luna. Mentre avanzavano nella notte nordica il traffico divenne più intenso, ma gli spruzzi sulle vetrate si congelarono, impedendo loro la vista. Ogni tre o quattro salti il pilota-navigatore mandava fuori la ciurma per rompere il ghiaccio. Le stufe venivano continuamente rifornite e le minuscole scintille rosse che filtravano dai lati illuminavano il ponte.

Pelio era così allegro e animato che Yoninne fu sul punto di sorridere. Era chiaro che pensava che sarebbero morti, alla fine di quel viaggio, eppure stava facendo del suo meglio per rallegrare lei.

Yoninne si chiese ancora se sarebbe stato disposto ad accettare quell’avventura anche se l’alternativa non fosse stata un’esecuzione capitale. Nove giorni prima, e sembrava che fosse trascorsa un’eternità, quando Bjault e Thengets del Prou le avevano presentato il piano ideato da Ajao, lei aveva insistito per presentarlo a Pelio direttamente.

Prou si era mostrato scettico. — Pelio correrebbe rischi terribili, cooperando con voi. Ormai il Torrione brulica di guardie, e se tentasse di usare la sua autorità per prendere ciò che rimane della vostra attrezzatura, è probabile che Shozheru finirebbe per scoprire che si è alleato a due witling. Il che, per il principe, significherebbe certamente un’esecuzione capitale. Non credo che sarebbe disposto a tanto. Invece, dobbiamo creare una situazione in cui Pelio, e suo padre, siano costretti a collaborare.

Yoninne si era guardata intorno con rabbia nel minuscolo locale di proprietà del Corporato. Qualcuno aveva ucciso per impossessarsi del maser, qualcuno era quasi riuscito a rapire Bjault. Si trovavano al centro di un intrigo pericoloso che né lei né Ajao riuscivano a comprendere, e adesso quel Corporato dalla parlantina sciolta voleva convincerli a tradire l’unico amico fidato che avevano su quel dannato pianeta. La luce guizzante delle torce le impediva di leggere il viso di Bjault. Credeva davvero a quello che diceva Prou? Come potevano essere sicuri che proprio Thengets del Prou e la sua Corporazione non fossero alla base di tutti i loro problemi?

L’archeologo sembrava averle letto nella mente. — Credo che possiamo fidarci di lui, Yoninne — aveva detto in lingua natale. — Se avesse voluto farci del male ci avrebbe rapito, o ucciso. E l’aiuto che ci offre servirà solo a metterci al sicuro dai suoi stessi poteri.

— Allora, secondo te, questa specie di anima buona agisce solo per puro altruismo? Oppure gli hai promesso le chiavi del regno di Magilandia? — aveva replicato lei nella stessa lingua, con la voce appesantita dal sarcasmo. — Se non è stato lui a rubare le armi e il maser, non possiamo dirgli niente che lo ricompensi dei suoi sforzi.

— Non è vero. — Il tono di Ajao era pacato come sempre. — Gli ho parlato di Novamerika e Prou è ansioso quanto noi di stabilire il contatto. Sembra divorato da una curiosità patologica, compensata in pari misura da un grande realismo politico. Lo sai che, nonostante tutto il suo potere, non gli viene permesso di allontanarsi più di pochi salti da Dhendgaru? Se riusciamo a farci venire a prendere, vuole un passaggio sulla nave che ci riporterà indietro.

Leg-Wot aveva risposto con una smorfia. Bjault parlava di Prou come di un brillante studente “assetato di sapere”.

Ma il piano di Ajao era la loro unica speranza di sopravvivenza, ora che il maser aveva preso il volo. E il piano si basava sulla collaborazione del Corporato. Dunque, non rimaneva altra scelta che fidarsi di lui. Yoninne aveva tamburellato con le dita tozze sul bracciolo della poltrona, e poi si era rivolta a Prou, parlando in Azhiri. — Come pensate di costringere Pelio e il re a collaborare al nostro progetto? — Quel “nostro” le era salito spontaneo alle labbra. Dal momento in cui Ajao le aveva descritto il piano lei era stata sicura di poterlo far funzionare.

Prou si era chinato in avanti, e per un attimo era sembrato che ascoltasse i rumori della notte fuori dal bungalow. — È semplice, anche se un po’ rischioso. Rivelerete pubblicamente di essere witling, e intimamente legati a Pelio. Shozheru dovrà per forza accettare il progetto, come mezzo per togliere Pelio dalla linea di successione. L’unica alternativa è che lo faccia giustiziare, ma il re è troppo buono per scegliere questa soluzione. E se vorrà offrire al figlio un’ultima possibilità, dovrà fornirvi tutto il materiale richiesto.

E così Leg-Wot aveva accettato, per quanto controvoglia, il suggerimento dell’Azhiri. Nel giorno della festa, Prou aveva fatto in modo che lei e Ajao apparissero nel bel mezzo della corte reale, pur senza manifestare la propria diretta responsabilità. I soldati di guardia alla polla di transito avevano immediatamente individuato i due witling intrusi ed era quindi sorto uno scandalo, con le conseguenze previste da Prou.

Quel pensiero riportò Yoninne al presente, alla realtà di una notte gelida in cui gli spruzzi d’acqua si congelavano sui vetri e al giovane viso di Pelio illuminato dalle scintille della stufa. Non era giusto. Sapeva che Pelio avrebbe accettato il piano e corso ogni rischio, se glielo avessero onestamente prospettato. Invece, lei e Ajao lo avevano tradito per riporre tutta la loro fiducia in un uomo che, nonostante la logica dell’archeologo, poteva ancora rivelarsi la talpa di tutta la faccenda.

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