Epilogo Vedere la risposta

Rand scivolò sul suo sangue.

Non poteva vedere. Portava qualcosa. Qualcosa di pesante. Un corpo. Arrancò su per il cunicolo.

Chiudendo, pensò. Si sta chiudendo. Il soffitto si abbassava come fauci che si chiudevano, pietra strusciava contro pietra. Con un rantolo, Rand raggiunse l’aria aperta mentre le rocce crollavano dietro di lui, serrandosi come denti stretti.

Rand inciampò. Il corpo tra le sue braccia era pesante. Scivolò a terra.

Poteva... vedere, debolmente. Una figura era inginocchiata accanto a lui. «Sì» sussurrò una donna. Lui non riconobbe la voce. «Sì, va bene. È quello che devi fare.»

Sbatté le palpebre, la vista sfocata. Quelli erano abiti aiel? Una donna anziana, con i capelli grigi? La sua forma indietreggiò e Rand si protese verso di lei, non volendo restare solo. Voleva spiegarsi. «Ora vedo la risposta» mormorò. «Ho posto la domanda sbagliata agli Aelfinn. Scegliere è il nostro destino. Se non hai scelta, non sei affatto un uomo. Sei una marionetta...»

Delle urla.

Rand si sentì pesante. Piombò nell’incoscienza.


Mat si alzò in piedi mentre la nebbia di Mashadar evaporava da lui e scompariva. Il campo era disseminato dei corpi di quei sinistri Trolloc butterati. Guardò in alto attraverso i fili di nebbia che svanivano e trovò il sole proprio sopra la sua testa.

«Be’, questa sì che è una bella sorpresa» gli disse. «Dovresti uscire più spesso. Hai una bella faccia.» Sorrise, poi abbassò lo sguardo sull’uomo morto ai suoi piedi. Padan Fain assomigliava a un fagotto di rametti e muschio, la carne gli scivolava via dalle ossa. L’oscurità del pugnale si era diffusa nella sua pelle in decomposizione. Puzzava.

Mat allungò la mano verso il pugnale... Quasi. Poi sputò. «Per una volta,» disse «è un azzardo che non voglio compiere.» Voltò le spalle al pugnale e si allontanò.

A tre passi di distanza trovò il cappello. Sorrise, lo raccolse e se lo mise in testa, poi iniziò a fischiettare mentre appoggiava l’ashandarei sulla spalla e se ne andava via. I dadi avevano smesso di sbatacchiargli nella testa.

Dietro di lui, il pugnale, rubino e tutto il resto, si fuse nel caos che era stato Padan Fain.


Perrin entrò a passi stanchi nell’accampamento che avevano montato alla base di Shayol Ghul dopo che il combattimento era cessato. Lasciò cadere la giacca. L’aria gli dava una bella sensazione contro il petto nudo. Ripose Mah’alleinir nel suo posto alla cintura. Un bravo fabbro non trascurava mai i propri attrezzi, nonostante a volte trasportarli potesse dargli l’impressione di trascinarlo nella tomba.

Pensava di poter dormire cento giorni filati. Ma non ancora. Non ancora.

Faile.

No. Nel profondo sapeva di dover sapere notizie di terribili su di lei. Ma non ancora. Per il momento, spinse via quella preoccupazione, quel terrore.

Gli ultimi spiriti dei lupi svanirono nuovamente nel sogno del lupo.

Addio, Giovane Toro.

Che tu possa trovare ciò che cerchi, Giovane Toro.

La caccia termina, ma noi cacceremo ancora, Giovane Toro.

Perrin avanzò tra file di Aiel e uomini feriti che celebravano la sconfitta della Progenie dell’Ombra. Alcune tende erano piene di gemiti, altre di urla di vittoria. Gente di ogni tipo correva per la valle di Thakan’dar ora in fiore, alcuni in cerca di feriti, altri che gridavano di gioia ed esultavano incontrando amici che erano sopravvissuti agli ultimi momenti bui.

Gli Aiel chiamarono Perrin. «Ehi, fabbro, unisciti a noi!» Ma non si aggregò ai loro festeggiamenti. Cercò le guardie. Qualcuno da queste parti doveva essere abbastanza assennato da preoccuparsi di qualche Myrddraal o Draghkar solitario che potesse approfittare di quell’opportunità per prendersi una piccola vendetta. Come previsto, trovò un anello di difensori al centro del campo, a guardia di una grossa tenda. Che ne era di Rand?

Davanti alla sua vista non turbinò nessun colore. Nessuna immagine di Rand. Perrin non avvertiva più nessuno strattone a trascinarlo da qualche parte.

Parevano segni molto brutti.

Si fece largo tra le guardie, intontito, ed entrò nella tenda. Dove avevano trovato una tenda così grande su questo campo di battaglia? Tutto era stato calpestato, soffiato via o bruciato.

L’interno odorava di erbe ed era diviso con tendaggi appesi.

«Ho provato tutto» sussurrò una voce. Quella di Damer Flinn. «Nulla cambia quello che sta accadendo. Lui...»

Perrin si fece strada fino a Nynaeve e Flinn, in piedi accanto a un giaciglio dietro uno dei divisori. Rand, pulito e vestito, era steso lì, con gli occhi chiusi. Moiraine era inginocchiata accanto a lui, le mani sulla sua faccia, sussurrava così piano che nessuno tranne lui poteva sentire. «Hai agito bene, Rand. Hai agito bene.»

«È vivo?» chiese Perrin, asciugandosi il sudore dalla faccia con la mano.

«Perrin!» esclamò Nynaeve. «Oh, Luce. Hai un aspetto orribile. Siediti, imbranato! Crollerai a terra. Non voglio due di voi da curare.»

Gli occhi di Nynaeve erano arrossati. «Sta morendo comunque, vero?» chiese Perrin. «Lo avete fatto uscire vivo, ma morirà lo stesso.»

«Siediti» ordinò Nynaeve, indicando uno sgabello.

«I cani obbediscono a quel comando, Nynaeve,» disse Perrin «non i lupi.» Si inginocchiò, posando una mano sulla spalla di Rand.

Non potevo sentirti strattonare e non mi apparivi nelle visioni, pensò Perrin. Non sei più ta’veren. E sospetto di non esserlo più nemmeno io. «Le avete mandate a chiamare tutte e tre?» chiese Perrin. «Min, Elayne, Aviendha. Ce bisogno che gli facciano visita un’ultima volta.»

«È tutto qui quello che sai dire?» sbottò Nynaeve.

Perrin alzò lo sguardo su di lei. Il modo in cui incrociava le braccia faceva sembrare che si stesse trattenendo. Avvolgeva le braccia attorno a sé stessa per impedirsi di piangere.

«Oli altro è morto?» chiese Perrin, facendosi forza. Era evidente dall’espressione di Nynaeve. Aveva già perso qualcuno.

«Egwene.»

Perrin chiuse gli occhi, espirando. Egwene. Luce.

Nessun capolavoro si ottiene senza un prezzo, pensò. Questo non significa che non valga la pena forgiarlo. Eppure... Egwene?

«Non è colpa tua, Nynaeve» disse, aprendo gli occhi.

«Certo che no. So che non lo è, stupido citrullo.» Si voltò.

Perrin si alzò, abbracciandola e dandole delle pacche sulla schiena con le mani da fabbro. «Mi dispiace.»

«Sono partita... per salvare voi» mormorò Nynaeve. «Sono venuta assieme a voi per proteggervi.»

«L’hai fatto, Nynaeve. Hai protetto Rand affinché potesse fare quello che doveva.»

Nynaeve fu scossa da sussulti e la lasciò piangere. Luce. Versò alcune lacrime lui stesso. Nynaeve si staccò bruscamente dopo un momento, poi si precipitò fuori dalla tenda.

«Ho tentato» disse Flinn in tono disperato, guardando Rand. «Anche Nynaeve. Abbiamo tentato assieme, con l’angreal di Moiraine Sedai. Non ha funzionato nulla. Nessuno sa come salvarlo.»

«Hai fatto quello che potevi» disse Perrin, sbirciando dal lato del divisorio accanto. Lì sul giaciglio era steso un altro uomo. «Cosa ci fa lui qui?»

«Li abbiamo trovati assieme» disse Flinn. «Rand deve averlo portato fuori dal pozzo. Non sappiamo perché il Lord Drago abbia voluto salvare uno dei Reietti, ma non ha importanza. Non possiamo Guarire nemmeno lui. Stanno morendo. Entrambi.»

«Mandate a chiamare Min, Elayne e Aviendha» disse di nuovo Perrin. Esitò. «Sono sopravvissute tutte e tre?»

«La ragazza aiel se l’è vista brutta» disse Flinn. «È arrivata barcollando nell’accampamento, aiutata da una Aes Sedai dall’aspetto orrendo che ha creato un passaggio per lei. Vivrà, anche se non so quanto riuscirà a camminare negli anni a venire.»

«Informatele. Tutte quante.»

Flinn annuì e Perrin uscì dalla tenda dietro Nynaeve. Trovò quello che aveva sperato di vedere, il motivo per cui se n’era andata così di fretta. Appena fuori dalla tenda, Lan la teneva stretta. L’uomo pareva coperto di sangue e stanco quanto Perrin. I loro occhi si incontrarono e si scambiarono un cenno del capo.

«Diverse Cercavento hanno aperto un passaggio tra qui e Merrilor» disse Lan a Perrin. «Il Tenebroso è di nuovo sigillato. Le Terre Inaridite stanno fiorendo e si possono nuovamente aprire passaggi.»

«Grazie» disse Perrin, passandogli accanto. «Qualcuno ha... avuto notizie di Faile?»

«No, fabbro. L’ultimo a vederla è stato il Suonatore del Corno, ma l’ha lasciato ed è entrata nel campo di battaglia per attirare i Trolloc via da lui. Sono spiacente.»

Perrin annuì. Aveva già parlato con Mat e Olver. Gli sembrava che... che avesse evitato di pensare a quello che doveva essere successo.

Non ci pensare, si disse. Non osare. Si fece forza, poi andò a cercare il passaggio che Lan aveva menzionato.


«Scusatemi» chiese Loial alle Fanciulle sedute accanto alla tenda. «Avete visto Matrim Cauthon?»

«Oosquai?» chiese una di loro, ridendo e alzando l’otre.

«No, no» disse Loial. «Devo trovare Matrim Cauthon e ottenere il suo resoconto della battaglia, capite. Mentre è ancora fresco. Mi occorre che tutti mi dicano cos’hanno visto e udito, cosicché possa metterlo per iscritto. Non ci sarà mai un momento migliore.»

E, ammise fra sé, voleva vedere Mat e Perrin. Vedere che stavano bene. Era accaduto così tanto; voleva parlare con i suoi amici e accertarsi che stessero bene. Con quello che stava accadendo a Rand...

La donna aiel gli sorrise con aria ebbra. Loial sospirò, poi proseguì attraverso il campo. Il giorno stava volgendo al termine. Il giorno dell’Ultima Battaglia! Adesso era l’Epoca Quarta, giusto? Un’epoca poteva cominciare nel mezzo di una giornata? Sarebbe stato scomodo per i calendari, giusto? Ma tutti erano d’accordo. Rand aveva sigillato il Foro a mezzogiorno.

Loial continuò per l’accampamento. Non si erano mossi dalla base di Shayol Ghul. Nynaeve diceva che era troppo preoccupata per spostare Rand. Loial continuò a cercare, sbirciando dentro le tende. In quella successiva, trovò il brizzolato generale Ituralde, circondato da quattro Aes Sedai.

«Ascoltate» disse Ituralde. «Ho servito i Re dell’Arad Doman per tutta la vita. Ho pronunciato giuramenti.»

«Alsalam è morto» disse Saerin Sedai accanto alla sedia. «Qualcuno deve prendere il trono.»

«C’è confusione nella Saldaea» aggiunse Elswell Sedai. «La successione è complicata, con i legami che adesso ha con l’Andor. L’Arad Doman non può permettersi di restare senza un sovrano. Tu devi prendere il trono, Rodel Ituralde. Devi farlo in fretta.»

«Il Consiglio dei Mercanti...»

«Tutti morti o scomparsi» disse un’altra Aes Sedai.

«Ho pronunciato giuramenti...»

«E il tuo Re cosa vorrebbe che facessi?» chiese Yukiri Sedai. «Lasciare che il regno si disintegri? Devi essere forte, Lord Ituralde. Non è il momento perché L’Arad Doman resti senza un governante.»

Loial sgattaiolò via e scosse il capo, provando dispiacere per quell’uomo. Quattro Aes Sedai. Ituralde sarebbe stato incoronato prima che il giorno fosse finito.

Loial si fermò di nuovo presso la principale tenda di Guarigione per controllare se qualcuno avesse visto Mat. Era stato in questo campo di battaglia e la gente diceva che era sorridente e in salute, ma... Be’, Loial voleva vederlo con i propri occhi. Voleva parlare con lui.

Dentro la tenda, Loial dovette piegarsi per non strusciare la testa contro il soffitto. Una grossa tenda per umani era piccola per i canoni ogier.

Sbirciò dentro per vedere come stesse Rand. Il suo amico sembrava star peggio di prima. Lan era in piedi presso la parete. Indossava una corona — era soltanto una semplice fascia argentea — dove di solito teneva l’hadori. Quello non era strano, ma la corona identica portata da Nynaeve fece trasalire Loial.

«Non è giusto» sussurrò Nynaeve. «Perché lui dovrebbe morire quando l’altro migliora?»

Nynaeve pareva turbata. Aveva ancora gli occhi rossi, ma prima aveva rimproverato chiunque lo dicesse, perciò Loial non disse nulla. Spesso gli umani volevano che lui non dicesse nulla, il che era bizzarro per delle persone che vivevano le loro vite così rapidamente.

Nynaeve guardò Loial e lui rispose chinando il capo.

«Loial» disse lei. «Come va la tua ricerca?»

«Non bene» rispose lui con una smorfia. «Perrin mi ha ignorato e Mat non si riesce a trovare.»

«Le tue storie possono aspettare qualche giorno, Costruttore» disse Lan.

Loial non obiettò. Lan era un Re adesso, dopotutto. Ma... No, le storie non potevano aspettare. Dovevano essere fresche in modo che la cronaca potesse essere accurata.

«È terribile» disse Flinn, ancora guardando Rand. «Ma, Nynaeve Sedai... È così strano. A nessuna delle tre sembra importare affatto. Non dovrebbero essere più preoccupate...?»

Loial li lasciò, anche se andò a far visita ad Aviendha in una tenda vicina. Era seduta mentre diverse donne si occupavano dei suoi piedi straziati e sanguinanti. Aveva perso diverse dita. Annuì a Loial; a quanto pareva, finora le Guarigioni le avevano tolto il dolore, poiché anche se appariva stanca, non sembrava in preda al tormento.

«Mat?» chiese lui speranzoso.

«Non l’ho visto, Loial, figlio di Arent figlio di Halan» rispose Aviendha. «Almeno, non da quando l’hai chiesto poco fa.»

Loial arrossì, poi la lasciò. Superò Elayne e Min lì fuori. Avrebbe raccolto le loro storie — aveva già posto alcune domande — ma i tre ta’veren... Loro erano i più importanti! Perché gli umani se ne andavano sempre in giro e di fretta, non restavano mai fermi? Non si prendevano mai tempo per pensare. Questo era un giorno importante.

Era strano, però. Min ed Elayne. Non si sarebbero dovute trovare al fianco di Rand? Sembrava che Elayne stesse ricevendo rapporti su vittime e provviste per i profughi, mentre Min era seduta a guardare verso Shayol Ghul, un’espressione distante nei suoi occhi. Nessuna entrava a tenere la mano di Rand mentre scivolava verso la morte.

Be’, pensò Loial, forse Mat è sgattaiolato via ed è tornato a Merrilor. Non stavano mai fermi, questi umani. Sempre di fretta...


Matrim Cauthon entrò a grandi passi nell’accampamento seanchan sul lato meridionale di Merrilor, lontano dalle pile di cadaveri.

Tutt’attorno, uomini e donne seanchan rimasero senza fiato, portandosi le mani alla bocca. Lui inclinò il cappello verso di loro.

«Il Principe dei Corvi!» Toni sommessi si diffusero per il campo davanti a lui, passando di bocca in bocca come l’ultima bottiglia di acquavite in una notte fredda.

Si diresse dritto da Tuon, che era in piedi presso un grosso tavolo delle mappe al centro dell’accampamento, a parlare con Selucia. Mat notò che Karede era sopravvissuto. Probabilmente si sentiva in colpa per quello.

Tuon guardò Mat e si accigliò. «Dove sei stato?»

Mat sollevò il braccio e Tuon aggrottò le ciglia, alzando lo sguardo verso il nulla. Mat ruotò e gettò la mano verso il cielo.

Fiori notturni iniziarono a esplodere in alto sopra l’accampamento.

Mat sorrise. Cera voluto un po’ per convincere Aludra, ma non molto. Le piaceva così tanto far esplodere le cose.

Non era ancora il crepuscolo, ma lo spettacolo era comunque magnifico. Aludra adesso aveva addestrato metà dei dragonieri a preparare fuochi artificiali e a maneggiare le sue polveri. Pareva molto meno riservata di quanto lo fosse stata un tempo.

I suoni di quello spettacolo si riversarono su di loro.

«Fuochi artificiali?» disse Tuon.

«Il dannato miglior spettacolo di fuochi d’artificio nella storia della mia terra o della tua» disse Mat.

Tuon si accigliò. Le esplosioni si riflettevano nei suoi occhi scuri. «Sono incinta» disse. «La mia Occhi del Fato l’ha confermato.»

Mat provò un sussulto, come se un fuoco d’artificio fosse scoppiato dentro il suo stomaco. Un erede. Un figlio maschio, senza dubbio! Quante erano le probabilità che fosse un maschietto? Mat si costrinse a sorridere. «Be’, immagino di essere libero dalle responsabilità, ora. Hai un erede.»

«Ho un erede,» disse Tuon «ma sono io quella libera dalle responsabilità. Ora posso ucciderti, se voglio.»

Mat percepì il suo sorriso allargarsi. «Be’, dovremo vedere che soluzione riusciamo a trovare. Dimmi, giochi mai a dadi?»


Perrin sedette fra i morti e finalmente cominciò a piangere.

Gai’shain in bianco e donne di città cercavano tra i morti. Non c’era segno di Faile. Nessunissimo segno.

Non riesco più a continuare. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva dormito? Quella notte a Mayene. Il suo corpo lamentava che non era stato affatto sufficiente. Prima si era sforzato parecchio, trascorrendo l’equivalente di settimane nel sogno del lupo.

Lord e Lady Bashere erano morti. Faile sarebbe stata Regina, se fosse sopravvissuta. Perrin tremolava e non riusciva più a muoversi. C’erano centinaia di migliaia di morti su questo campo di battaglia. Le altre persone impegnate nelle ricerche ignoravano un corpo se non aveva vita, contrassegnandolo e andando avanti. Lui aveva cercato di spargere tra loro la voce di cercare Faile, ma quelli dovevano trovare i vivi.

Dei fuochi d’artificio esplosero nel cielo che si andava oscurando. Perrin si seppellì la testa tra le mani, poi si sentì scivolare di lato e crollare tra i cadaveri.


Moghedien trasalì per quello spettacolo nel cielo. Ogni esplosione le faceva rivedere quel fuoco mortale che dilaniava gli Sharani. Quella vampata di luce, quel momento di panico.

E poi... Poi l’oscurità. Si era risvegliata qualche tempo dopo, data per morta tra i corpi degli Sharani. Quando si era ripresa, aveva trovato questi sciocchi per tutto il campo di battaglia, che affermavano di avere vinto.

Affermavano? pensò, trasalendo mentre risuonava un’altra salva di fuochi d’artificio. Il Sommo Signore era caduto. Era tutto perduto.

No. No. Proseguì, mantenendo fermo il passo, non destando sospetti. Aveva strangolato una donna impegnata nelle ricerche, poi aveva assunto la sua forma, incanalando solo un poco e invertendo il flusso. Questo avrebbe dovuto permetterle di fuggire da questo posto. Zigzagò tra i corpi, ignorando la puzza nell’aria.

Non tutto era perduto. Lei era ancora viva. Ed era una dei Prescelti! Quello voleva dire... Quello voleva dire che era un’imperatrice tra gli inferiori. Be’, il Sommo Signore era di nuovo imprigionato, perdo non poteva punirla. E di sicuro molti, se non tutti gli altri Prescelti erano morti o imprigionati. Se era vero, nessuno poteva competere con lei.

Poteva funzionare davvero. Poteva essere una vittoria. Si fermò accanto a un carro di rifornimenti rovesciato, tenendo stretto il suo cour’souvra: era ancora integro, per fortuna. Le sue labbra si incresparono in un ampio sorriso, poi intessé una piccola luce per illuminare la strada.

Sì... Doveva guardare il cielo limpido, non le nuvole temporalesche. Poteva trasformare questo a suo vantaggio. Insomma... Nel giro di pochi anni, lei stessa poteva dominare il mondo!

Qualcosa di freddo si chiuse attorno al suo collo.

Moghedien lo toccò con le mani con orrore, poi urlò: «No!

Non di nuovo!» Il suo travestimento si dissolse e l’Unico Potere la lasciò.

Una sul’dam dall’aria tronfia era in piedi dietro di lei. «Hanno detto che non potevamo prendere nessuna di quelle che si facevano chiamare Aes Sedai. Ma tu, tu non indossi uno dei loro anelli e ti aggiri furtiva come qualcuno che abbia fatto qualcosa di sbagliato. Non penso che mancherai a nessuno.»

«Liberami!» disse Moghedien, artigliando l’a’dam. «Liberami, brutta...»

Il dolore la fece finire a terra, in preda agli spasmi.

«Mi chiamo Shanan» disse la sul’dam mentre un’altra donna si avvicinava con una damane al seguito. «Ma puoi chiamarmi Padrona. Penso che dovremmo tornare rapidamente a Ebou Dar.»

La sua compagna annui e la damane creò un passaggio.

Dovettero trascinarvi attraverso Moghedien.


Nynaeve uscì dalla tenda di Guarigione a Shayol Ghul. Il sole era quasi sotto l’orizzonte.

«È morto» sussurrò alla piccola folla radunata lì fuori.

Pronunciare quelle parole fu come lasciar cadere un mattone sui propri piedi. Non pianse. Aveva già versato quelle lacrime. Non voleva dire che non le facesse male.

Lan uscì dalla tenda dietro di lei, mettendole un braccio attorno alle spalle. Nynaeve sollevò la mano sulla sua. Lì vicino, Min ed Elayne si guardarono a vicenda.

Gregorin bisbigliò a Darlin; era stato trovato mezzo morto nei resti della sua tenda. Entrambi guardarono le donne accigliati. Nynaeve riuscì a cogliere parte di quello che diceva Gregorin: «... aspettavo che la selvaggia Aiel fosse senza cuore, e forse la Regina dell’Andor, ma l’altra? Nemmeno una lacrima.»

«Sono sconvolte» rispose Darlin.

No, pensò Nynaeve, esaminando Min ed Elayne. Quelle tre sanno qualcosa che io non so. Dovrò estorcerglielo con la forza.

«Scusatemi» disse Nynaeve, allontanandosi da Lan.

Lui la seguì.

Lei lo guardò con un sopracciglio alzato.

«Non ti libererai di me nelle prossime settimane, Nynaeve» disse lui, l’amore che pulsava attraverso il legame. «Anche se lo desideri.»

«Bue ostinato» borbottò lei. «A quanto ricordo, sei stato tu a insistere per lasciarmi, così da marciare da solo verso il tuo presunto destino.»

«E avevi ragione su quello» disse Lan. «Come ce l’hai spesso.» Lo disse con una calma tale che era difficile essere arrabbiati con lui.

Inoltre erano le donne quelle con cui era arrabbiata. Scelse Aviendha per prima e si diresse da lei, con Lan al suo fianco.

«... con Rhuarc morto,» stava dicendo Aviendha a Sorilea e Bair «penso che qualunque cosa io abbia visto deve poter cambiare. È già cambiata.»

«Io ho assistito alla tua visione, Aviendha» disse Bair. «O a qualcosa di simile, attraverso occhi differenti. Penso che sia un monito per qualcosa che non dobbiamo lasciar accadere.»

Le altre due annuirono, poi lanciarono un’occhiata a Nynaeve e i loro volti divennero impassibili come quelli delle Aes Sedai. Aviendha era proprio come le altre, completamente calma sulla sedia, i piedi avvolti da bende. Un giorno avrebbe potuto camminare di nuovo, ma non avrebbe più combattuto.

«Nynaeve al’Meara» disse Aviendha.

«Mi hai sentito dire che Rand è morto?» chiese Nynaeve. «Se n’è andato silenziosamente.»

«Colui che è stato ferito si è svegliato dal sogno» disse Aviendha in tono tranquillo. «È come devono fare tutti. La sua morte è arrivata nella grandezza, e nella grandezza sarà celebrato.»

Nynaeve si chinò verso di lei. «D’accordo» disse in tono minaccioso, abbracciando la Fonte. «Sputa il rospo. Ho scelto te perché non puoi sfuggirmi.»

Aviendha mostrò per un momento quella che poteva essere paura. Scomparve in un lampo. «Prepariamo la sua pira.»


Perrin correva nel sogno del lupo. Da solo.

Altri lupi ululavano il loro dispiacere per il suo lutto. Dopo che li superava, tornavano ai loro festeggiamenti, ma ciò non rendeva meno reale la loro solidarietà.

Lui non ululò. Non gridò. Divenne Giovane Toro e corse.

Non voleva essere qui. Voleva sonno, vero sonno. Lì non avrebbe potuto sentire il dolore. Qui poteva.

Non avrei dovuto lasciarla.

Un pensiero da uomini. Perché si era insinuato?

Ma cosa potevo fare? Ho promesso di non trattarla come vetro.

Correre. Correre veloce. Correre finché non fosse giunta la spossatezza.

Dovevo andare da Rand. Dovevo. Ma nel farlo non sono stato lì per lei!

Ai Fiumi Gemelli in un lampo. Di nuovo fuori, lungo il fiume. Il Deserto, poi indietro, una lunga corsa verso Falme.

Come ci si poteva aspettare che li difendessi entrambi, e poi ne lasciassi andare uno?

A Tear. Poi ai Fiumi Gemelli. Una forma indistinta e ringhiante, che si muoveva più veloce che potesse. Qui. Qui l’aveva sposata.

Qui ululò.

Caemlyn, Cairhien, i Pozzi di Dumai.

Qui salvava uno di loro.

Cairhien, Ghealdan, Malden.

Qui aveva salvato l’altra.

Due forze nella sua vita. Ciascuna l’aveva strattonato. Giovane Toro crollò finalmente vicino alcune colline da qualche parte nell’Andor. Un luogo familiare.

Il luogo dove ho incontrato Elyas.

Divenne di nuovo Perrin. I suoi pensieri non erano pensieri da lupo, le preoccupazioni non erano preoccupazioni da lupo. Alzò lo sguardo verso il cielo che adesso, dopo il sacrificio di Rand, era sgombro dalle nubi. Aveva voluto essere con il suo amico mentre moriva.

Stavolta, sarebbe stato con Faile dove era morta.

Voleva urlare, ma non sarebbe servito a nulla. «Devo lasciar andare, vero?» sussurrò verso quel cielo. «Luce. Non voglio. Ho imparato. Ho imparato da Malden. Non l’ho più fatto! Ho fatto quello che avrei dovuto, stavolta.»

Da qualche parte lì vicino, un uccello lanciò un richiamo nel cielo. Lupi ulularono. In caccia.

«Ho imparato...»

Il richiamo di un uccello.

Pareva un falcone.

Perrin balzò in piedi, ruotando. Là. Scomparve in un istante, ricomparendo su un campo aperto che non riconobbe. No, conosceva questo campo. Lo conosceva! Era Merrilor, solo senza il sangue, senza l’erba trasformata in fango, senza la terra devastata e spezzata.

Qui trovò un minuscolo falcone — piccolo quanto la sua mano — che lanciava un verso basso, con una zampa spezzata incastrata sotto una roccia. Il suo cuore batteva debolmente.

Perrin ruggì mentre si svegliava, uscendo a forza dal sogno del lupo. Si alzò sul campo di corpi, urlando nel cielo notturno. Quelli impegnati a cercare lì vicino si sparpagliarono dalla paura.

Dove? Al buio poteva trovare lo stesso posto? Corse, incespicando sopra i cadaveri, tra buche create da incanalatoli o Draghi. Si fermò, guardando da una parte e poi dall’altra. Dove. Dove!

Sapone floreale. Una traccia di profumo nell’aria. Perrin scattò verso essa, scagliando il suo peso contro il cadavere di un enorme Trolloc, steso in cima ad altri corpi che gli arrivavano quasi fino al petto. Sotto di esso, trovò la carcassa di un cavallo. Incapace di riflettere davvero su cosa stesse facendo o sulla forza che avrebbe dovuto impiegare, spostò il cavallo da una parte.

Lì sotto c’era Faile, coperta di sangue, stesa in una piccola conca nel terreno, prendeva corti respiri. Perrin urlò e cadde in ginocchio, cullandola tra le braccia, inalando il suo odore.

Gli occorsero solo due battiti di cuore per traslare nel sogno del lupo, portare Faile da Nynaeve lontano a nord e traslare fuori. Pochi secondi dopo, la sentì che veniva Guarita tra le sue braccia, e lui non era disposto a lasciarla andare nemmeno per quello.

Faile, il suo falcone, tremolò e si agitò. Poi aprì gli occhi e gli sorrise.


Gli altri eroi se n’erano andati. Birgitte era rimasta con l’approssimarsi della sera. Lì vicino i soldati preparavano la pira di Rand al’Thor.

Birgitte non poteva restare ancora per molto, ma per adesso... Sì, poteva restare. Poco tempo. Il Disegno l’avrebbe permesso.

«Elayne?» disse Birgitte. «Sai qualcosa? Sul Drago?»

Elayne scrollò le spalle nella luce morente. Le due si trovavano in fondo alla folla radunatasi per veder accendere la pira del Drago Rinato.

«So cos’hai in mente» disse Birgitte a Elayne. «Con il Corno.»

«E cos’ho in mente?»

«Di tenerlo,» disse Birgitte «assieme al ragazzo. Di trattarlo come un tesoro dell’Andor, forse come un’arma della nazione.»

«Forse.»

Birgitte sorrise. «Allora è un bene che l’abbia mandato via.»

Elayne si voltò verso di lei, ignorando quelli che stavano preparando la pira di Rand. «Cosa?»

«Ho mandato via Olver» disse Birgitte. «Con guardie di cui mi fido. Ho detto a Olver di trovare qualche posto in cui nessuno lo cercherebbe, un posto che possa dimenticare, e di gettarci il Corno. Preferibilmente l’oceano.»

Elayne espirò piano, poi si voltò di nuovo verso la pira. «Donna insopportabile.» Esitò. «Grazie per avermi risparmiato di prendere quella decisione.»

«Pensavo l’avresti pensata a quel modo.» In effetti, Birgitte aveva presunto che ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che Elayne capisse. Ma Elayne era cresciuta nelle scorse settimane. «Comunque, devo essere tutt’altro che insopportabile, dal momento che sei stata bravissima a sopportarmi in questi ultimi mesi.»

Elayne si voltò di nuovo verso di lei. «Questo sembra un addio.»

Birgitte sorrise. A volte poteva capirlo, quando stava per accadere. «Lo è.»

Elayne parve triste. «Deve proprio essere così?»

«Sto per rinascere, Elayne» mormorò Birgitte. «Ora. Da qualche parte una donna si sta preparando a partorire e io andrò in quel corpo. Sta accadendo.»

«Non voglio perderti.»

Birgitte ridacchiò. «Be’, forse ci incontreremo di nuovo. Per ora, sii felice per me, Elayne. Questo significa che il ciclo continua. Potrò essere con lui di nuovo. Gaidal... Sarò solo qualche anno più giovane di lui.»

Elayne le prese il braccio, le lacrime agli occhi. «Amore e pace, Birgitte. Grazie.»

Birgitte sorrise, poi chiuse gli occhi e si lasciò trascinare via.


La sera si posò sulla terra e Tam alzò lo sguardo su quello che un tempo era stato il luogo più temuto di tutti quanti. Shayol Ghul. Gli ultimi scintillii di luce mostravano piante che crescevano qui, fiori che sboccavano, erba che si faceva strada attorno ad armi cadute e cadaveri.

È questo il tuo dono per noi, figlio mio? si domandò. Un ultimo dono?

Tam accese la torcia dalla fiammella tremolante che scoppiettava nella fossa lì vicino. Andò avanti, superando file di fiammelle nella notte. Non avevano detto a molti del rito funebre di Rand. Tutti avrebbero voluto venire. Forse tutti meritavano di venire. Le Aes Sedai stavano progettando una commemorazione elaborata per Egwene; per suo figlio, Tam preferiva qualcosa di più tranquillo.

Finalmente Rand poteva riposare.

Superò persone in piedi a capo chino. Nessuno portava una luce tranne Tam. Gli altri attendevano al buio: una piccola folla di forse duecento persone circondava il catafalco. La torcia di Tam baluginava arandone su quelle facce solenni.

La sera, perfino con la sua luce, era difficile distinguere un Aiel da una Aes Sedai, un uomo dei Fiumi Gemelli da un Re tairenese. Nella notte erano tutti sagome, che salutavano il corpo del Drago Rinato.

Tam giunse al catafalco, accanto a Thom e Moiraine, che si tenevano le mani, i volti solenni. Moiraine allungò la mano e strizzò gentilmente il braccio di Tam. Tam guardò il cadavere, osservando il volto di suo figlio alla luce del fuoco. Non si asciugò le lacrime dagli occhi.

Hai agito bene. Ragazzo mio... hai agito davvero bene.

Accese la pira con una mano riverente.


Min si trovava sul davanti della folla. Osservò Tam, con le spalle ingobbite, chinare la testa davanti alle fiamme. Alla fine l’uomo tornò indietro per unirsi alla gente dei Fiumi Gemelli. Abell Cauthon lo abbracciò, sussurrando piano al suo amico.

Teste nella notte, ombre, si voltarono verso Min, Aviendha ed Elayne. Si aspettavano qualcosa da loro tre. Una manifestazione di qualche tipo.

Con solennità, Min venne avanti con le altre due; Aviendha ebbe bisogno dell’aiuto di due Fanciulle per camminare, anche se riuscì a stare in piedi appoggiandosi a Elayne. Le Fanciulle si ritirarono per lasciar sole le tre donne davanti alla pira. Elayne e Min restarono a osservare il fuoco che bruciava, consumando il cadavere di Rand.

«Ho visto questo» disse Min. «Sapevo che sarebbe successo il giorno in cui lo incontrai la prima volta. Noi tre, qui, assieme.»

Elayne annuì. «Adesso cosa?»

«Adesso...» disse Aviendha. «Adesso ci assicuriamo che tutti credano per bene e per davvero che non c’è più.»

Min annuì, sentendo la pulsazione costante del legame in fondo alla sua mente. Diventava più forte ogni momento.


Rand al’Thor — solo Rand al’Thor — si svegliò da solo in una tenda scura. Qualcuno aveva lasciato una candela accesa accanto al suo giaciglio.

Inspirò a fondo, stiracchiandosi. Si sentiva come se si fosse appena svegliato da un sonno lungo e profondo. Non doveva essere ferito? Indolenzito? Sofferente? Non provava nulla di tutto ciò.

Allungò una mano sul fianco e tastando non trovò nessuna ferita. Nessuna ferita. Per la prima volta dopo parecchio tempo, non provava alcun dolore. Quasi non sapeva cosa pensare.

Poi abbassò lo sguardo e vide che la mano che gli tastava il fianco era la sinistra. Rise, tenendola in alto davanti a sé. Uno specchio, pensò. Mi serve uno specchio.

Ne trovò uno oltre il divisorio successivo della tenda. A quanto pareva, l’avevano lasciato completamente solo. Tenne in alto la candela, guardando nel piccolo specchio. C’era la faccia di Moridin a guardarlo.

Rand si toccò il volto, tastandolo. Nel suo occhio destro era sospeso un unico saa, nero, con la forma della zanna del Drago. Non si muoveva.

Rand sgattaiolò nuovamente nella parte della tenda dove si era svegliato. Lì c’era la spada di Laman, posata in cima a una pila di abiti assortiti. A quanto pareva, Alivia non aveva saputo cosa avrebbe voluto indossare. Era stata lei a lasciare queste cose, naturalmente, assieme a una borsa di monete di diverse nazionalità. A lei non era mai importato molto di abiti o monete, ma sapeva che a Rand sarebbero serviti entrambi.

Lei ti aiuterà a morire. Rand scosse il capo, vestendosi e raccogliendo le monete e la spada, poi scivolando fuori dalla tenda. Qualcuno aveva lasciato un buon cavallo, un castrone screziato, legato poco lontano. Quello sì che gli sarebbe servito. Da Drago Rinato a ladro di cavalli. Ridacchiò tra sé. Cavalcare a pelo sarebbe dovuto andar bene.

La canzone che intonavano era un inno funebre delle Marche di Confine. Rand condusse il cavallo nella notte per andare un po’ più vicino. Sbirciò tra le tende verso il punto in cui tre donne erano in piedi attorno a una pira funeraria.

Moridin, pensò. Sta venendo cremato con tutti gli onori del Drago Rinato.

Rand indietreggiò, poi montò sul pezzato. Mentre lo faceva, notò che una figura non si trovava presso il fuoco. Una figura solitaria guardava verso di lui mentre tutti gli altri occhi erano voltati.

Cadsuane. Lo squadrò da capo a piedi, gli occhi che riflettevano la luce della pira di Rand. Rand annuì, attese per un momento, poi fece voltare il cavallo e diede di sproni.


Cadsuane lo osservò andar via.

Curioso, pensò. Quegli occhi avevano confermato i suoi sospetti. Sarebbero state informazioni che poteva usare. Non c’era bisogno di continuare a guardare questo finto funerale, allora.

Si allontanò per l’accampamento e finì dritta in un’imboscata.

«Saerin» disse mentre le donne la accerchiavano. «Yukiri, Lyrelle, Rubinde. Cosa c’è?»

«Vorremmo un indirizzo» disse Rubinde.

«Indirizzo?» Cadsuane sbuffò. «Chiedete alla nuova Amyrlin, una volta che avrete trovato qualche povera donna a cui affibbiare quella posizione.»

Le altre donne continuarono a camminare con lei.

Quando comprese, Cadsuane si fermò di colpo.

«Oh, sangue e ceneri, no!» disse Cadsuane, ruotando verso di loro. «No, no, no.»

Le donne sorrisero quasi come predatori.

«Hai sempre parlato così saggiamente al Drago Rinato di responsabilità» disse Yukiri.

«Parli di come le donne di questa Epoca hanno bisogno di un addestramento migliore» aggiunse Saerin.

«È una nuova Epoca» disse Lyrelle. «Abbiamo molte sfide davanti a noi... E ci servirà una Amyrlin forte per guidarti»

Cadsuane chiuse gli occhi con un gemito.


Rand tirò un sospiro di sollievo lasciandosi alle spalle Cadsuane. Lei non diede l’allarme, anche se aveva continuato a fissarlo mentre lui metteva della distanza tra loro. Lanciando un’occhiata sopra la spalla, notò che si stava allontanando con altre Aes Sedai.

Cadsuane lo preoccupava; probabilmente sospettava qualcosa che lui desiderava non sospettasse. Era meglio quello che dare l’allarme, però.

Sospirò, frugando nella tasca, dove trovò una pipa. Grazie per questa, Alivia, pensò, riempiendola di tabacco da un borsello che trovò nell’altra tasca. Per istinto, si protese verso l’Unico Potere per accenderla.

Non trovò nulla. Nessun saidin nel vuoto, nulla. Esitò, poi sorrise e provò un enorme sollievo. Non poteva incanalare. Giusto per sicurezza, si protese a titolo di prova verso il Vero Potere. Nulla nemmeno lì.

Osservò la pipa, cavalcando su per un piccolo declivio da un lato di Thakan’dar, ora coperto di piante. Nessun modo per accendere il tabacco. Esaminò la pipa per un momento al buio, poi la pensò accesa. E lo fu.

Rand sorrise e svoltò a sud. Si guardò sopra la spalla. Tutte e tre le donne presso la pira si erano voltate per guardare verso di lui. Poteva distinguere loro, ma non molto altro, alla luce del corpo che bruciava.

Mi domando quale mi seguirà, pensò, poi il suo sorriso si allargò. Rand al’Thor, sei diventato un vero zuccone, vero? Credere che una — o più — di loro ti seguirà.

Forse nessuna l’avrebbe fatto. O forse l’avrebbero fatto tutte, ognuna a suo tempo. Si ritrovò a ridacchiare.

Quale avrebbe scelto? Min... Ma no, lasciare Aviendha? Elayne. No. Rise. Non riusciva a scegliere. Aveva tre donne innamorate di lui e non sapeva quale gli sarebbe piaciuto che lo seguisse. Qualunque di loro. Tutte loro. Luce, amico. Sei senza speranza. Innamorato senza speranza di tutte e tre, e non c’è modo per uscirne.

Spronò il cavallo a un piccolo galoppo, diretto ancora più a sud. Aveva un borsello pieno di monete, un buon cavallo e una spada forte. La spada di Laman, che era una spada migliore di quanto poteva volere. Poteva attirare l’attenzione. Era una vera spada con il marchio dell’airone e un’ottima lama.

Alivia si rendeva conto di quanto denaro gli aveva dato? Lei non sapeva nulla di monete. Probabilmente le aveva rubate tutte, perciò non era solo un ladro di cavalli. Be’, le aveva detto di procurargli dell’oro e lei lo aveva fatto. Poteva comprarsi un’intera fattoria nei Fiumi Gemelli con quello che portava.

Sud. Est o ovest sarebbero andati bene, ma immaginava di voler andare in qualche posto lontano da tutto una volta per tutte. Prima a sud, poi forse a ovest, lungo la costa. Forse poteva trovare una nave? Cerano così tante parti del mondo che non aveva visto. Aveva partecipato ad alcune battaglie, era rimasto invischiato in un enorme Gioco delle Casate. Molte cose con cui non aveva voluto aver nulla a che fare. Aveva visto la fattoria di suo padre. E palazzi. Aveva visto parecchi palazzi.

Solo non aveva avuto il tempo per dare una vera occhiata a buona parte del mondo. Questa sarà una novità, pensò. Viaggiare senza essere inseguiti o dover governare qua o là. Viaggiare dove poteva semplicemente dormire in un granaio in cambio di tagliare la legna a qualcuno. Ci pensò su e si ritrovò a ridere, continuando a cavalcare verso sud e fumando la pipa. Mentre lo faceva, un vento si levò attorno a lui, attorno all’uomo che era stato chiamato Lord, Drago Rinato, Re, assassino, amante e amico.

Il vento si levò alto e libero, per librarsi in un cielo sgombro senza nubi. Passò sopra un paesaggio spezzato, disseminato di cadaveri non ancora seppelliti. Un paesaggio coperto allo stesso tempo di festeggiamenti. Solleticò i rami di alberi che finalmente avevano cominciato a coprirsi di gemme.

Il vento soffiò verso sud, attraverso foreste intricate, sopra pianure scintillanti e terre inesplorate. Questo vento non era la fine. Non c’è alcuna fine, né mai ci sarà, al girare della Ruota del Tempo.

Ma fu una fine.


E accadde in quei giorni, come era accaduto prima e come sarebbe accaduto di nuovo, che l’Oscurità calò pesante sulla terra e gravò sui cuori degli uomini, e tutto ciò che era verde avvizzì e la speranza morì. E gli uomini urlarono al Creatore dicendo: O Luce dei Cieli, Luce del Mondo, fa’ che Colui che è stato Promesso nasca dalla montagna, secondo le profezie, come fu in epoche passate e come sarà in epoche a venire. Che il Principe del Mattino canti alla terra che tutto ciò che è verde crescerà e che le valli si riempiranno di agnelli. Che il braccio del Signore dell’Alba ci protegga dall’Oscurità e che la grande spada della giustizia ci difenda. Che il Drago cavalchi ancora sui venti del tempo.

(da Charal Drianaan te Calamon, il Ciclo del Drago.

Autore sconosciuto, Epoca Quarta)

Giunse come il vento, come il vento tutto toccò e come il vento scomparve.

(da Il Drago Rinato di Loial, figlio di Arent figlio di Halan, Epoca Quarta)

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