«…Non ha dato i suoi frutti, Maestà» disse la voce, che Mat colse nel dormiveglia.
Qualcosa gli stava pungendo la faccia. Questo materasso era il peggiore in assoluto su cui avesse mai dormito. Avrebbe dato una bella strigliata al locandiere finché non avesse riottenuto i suoi soldi.
«L’assassino è molto difficile da seguire» continuò quella voce irritante. «Le persone che lo incontrano per strada non si ricordano di lui. Se il Principe dei Corvi ha informazioni su come si possa rintracciare quella creatura, sarei molto lieto di sentirle.»
Perché mai il locandiere avrebbe lasciato entrare queste persone nella stanza di Mat? Scivolò verso la veglia, lasciandosi alle spalle un sogno adorabile che riguardava Tuon e nessuna preoccupazione al mondo. Aprì un occhio annebbiato, alzando lo sguardo verso un cielo nuvoloso. Non era affatto il soffitto di una locanda.
Maledette ceneri, pensò Mat con un gemito. Si erano addormentati nei giardini. Si mise a sedere, trovandosi completamente nudo tranne per la sciarpa attorno al collo. I vestiti suoi e di Tuon erano sparpagliati sotto di loro. La sua faccia era stata in mezzo all’erba.
Tuon era seduta accanto a lui, ignorando il fatto di essere completamente nuda, impegnata a parlare con un membro dei Sorveglianti della Morte. Musenge era su un ginocchio, il capo chino, la faccia verso terra. Ma…!
«Luce!» disse Mat, allungando una mano verso i suoi vestiti. Tuon era seduta sulla sua camicia e gli scoccò un’occhiata irritata quando tentò di strattonarla via.
«O Venerato» disse la guardia a Mat, la faccia ancora rivolta a terra. «Saluti per il tuo risveglio.»
«Tuon, perché te ne stai seduta lì?» domandò Mat, recuperando finalmente la camicia da sotto quel posteriore sensuale.
«Come mio consorte,» disse Tuon in tono severo «puoi chiamarmi Fortuona o Maestà. Odierei doverti far giustiziare prima che tu mi dia un figlio, dal momento che sto arrivando a nutrire affetto per te. Riguardo questa guardia, fa parte dei Sorveglianti della Morte. Sono necessari per vegliare su di me in ogni momento. Li ho avuti spesso con me mentre facevo il bagno. È un loro dovere, e tengono la faccia distolta.»
Mat iniziò a vestirsi in tutta fretta.
Anche lei iniziò a farlo, anche se non abbastanza rapidamente per i gusti di Mat. Non vedeva di buon occhio una guardia che fissasse sua moglie. Il posto dove avevano dormito era delimitato da piccoli abeti azzurri, una stranezza qui al Sud, forse coltivati perché erano esotici. Anche se gli aghi stavano diventando bruni, offrivano una certa intimità. Oltre gli abeti c’era un anello di altri alberi: peschi, pensava Mat, ma era difficile a dirsi senza le foglie.
Riusciva a malapena a sentire la città svegliarsi fuori dai giardini, e nell’aria c’era un vago odore di aghi di abete. Era abbastanza tiepida che dormire all’addiaccio non era stato sgradevole, anche se era lieto di essersi rivestito.
Un ufficiale dei Sorveglianti della Morte si avvicinò proprio mentre Tuon finiva di vestirsi. Fece scricchiolare aghi secchi, piegandosi davanti a lei in un inchino profondo. «Imperatrice, potremmo aver preso un altro assassino. Non è la creatura della scorsa notte, dal momento che non ha nessuna ferita, ma stava cercando di intrufolarsi dentro il palazzo. Abbiamo pensato che potessi volerlo vedere prima di cominciare il nostro interrogatorio.»
«Portamelo» disse Tuon, raddrizzando il suo abito. «E va’ a chiamare il generale Karede.»
L’ufficiale si ritirò, passando accanto a Selucia che si trovava vicino al sentiero che conduceva alla radura. Si avvicinò per mettersi accanto a Tuon. Mat si mise in testa il cappello e le si accostò dall’altra parte, posando l’ashandarei nell’erba morta.
Mat era spiacente per questo povero sciocco preso a intrufolarsi nel palazzo. Forse era un assassino, ma poteva trattarsi di un semplice mendicante o di un altro stupido in cerca di eccitazione. Oppure poteva essere…
…il Drago Rinato.
Mat gemette. Sì, era proprio Rand quello che stavano conducendo lungo il sentiero. Rand pareva più vecchio e logoro rispetto all’ultima volta che Mat l’aveva visto di persona. Naturalmente lo aveva visto di recente in quelle maledette visioni. Anche se Mat si era esercitato a smettere di pensare a Rand per evitare quei colori, ogni tanto ci ricascava.
Comunque, vedere Rand di persona era diverso. Era passato… Luce, quanto tempo era passato? L’ultima volta che l’ho visto con i miei occhi è stato quando mi ha mandato a Salidar a prendere Elayne. Sembrava passata un’eternità. Era stato prima che lui venisse a Ebou Dar, prima che vedesse il gholam per la prima volta. Prima di Tylin, prima di Tuon.
Mat si accigliò quando Rand venne condotto da Tuon, le braccia legate dietro la schiena. Lei parlò con Selucia, agitando le dita nel loro linguaggio delle mani. Rand non sembrava minimamente preoccupato: il suo volto era calmo. Indossava una bella giacca rossa e nera, con sotto una camicia bianca e pantaloni neri. Niente oro o gioielli, niente armi.
«Tuon» iniziò Mat. «Questo è…»
Tuon distolse lo sguardo da Selucia per vedere Rand. «Damane» disse Tuon, interrompendo Mat. «Portami le mie damane Corri, Musicar! Corri!»
Il Sorvegliante della Morte barcollò all’indietro, poi si mise a correre, chiedendo a gran voce le damane e il Generale di Stendardo Karede.
Rand osservò l’uomo andar via, noncurante sebbene fosse legato. Tu guarda, pensò Mat oziosamente, in effetti ha una specie di aria da Re. Naturalmente era molto probabile che Rand fosse pazzo. Ciò avrebbe spiegato perché si era presentato da Tuon a quel modo.
O quello, oppure Rand stava semplicemente progettando di ucciderla. Delle corde non avevano la minima importanza per un uomo in grado di incanalare. Sangue e ceneri, pensò Mat. Come sono finito in questa situazione? Aveva fatto tutto il possibile per evitare Rand!
Rand incontrò lo sguardo di Tuon. Mat prese un grosso respiro, poi balzò davanti a lei. «Rand. Rand, suvvia. Restiamo calmi.»
«Salve, Mat» disse Rand in tono amichevole. Luce, era davvero pazzo! «Grazie per avermi condotto da lei.»
«Per averti condotto…»
«E questo che significa?» domandò Tuon.
Mat si girò. «Io… Davvero, è solo…»
Lo sguardo di Tuon avrebbe potuto perforare l’acciaio. «Sei stato tu a far questo» disse a Mat. «Sei venuto, mi hai indotto con l’inganno a manifestarti affetto, poi lo hai portato qui. Non è forse vero?»
«Non incolparlo» disse Rand. «Noi due dovevamo incontrarci di nuovo. Sai che è vero.»
Mat si mosse affannoso tra loro, sollevando una mano in entrambe le direzioni. «Insomma! Tutti e due, smettetela. Capito?»
Qualcosa afferrò Mat, trascinandolo in aria. «Lasciami, Rand!» disse.
«Non sono io» disse Rand, assumendo un’espressione concentrata. «Ah. Sono schermato.»
Mentre Mat era sospeso in aria, si tastò il petto. Il medaglione. Dov’era il suo medaglione?
Mat fissò Tuon. Per un breve istante, nel mettersi una mano nella tasca del suo abito, parve imbarazzata. Tirò fuori qualcosa di argenteo, forse con l’intento di usare il medaglione come difesa contro Rand.
Geniale, pensò Mat con un gemito. Tuon gliel’aveva preso mentre dormiva e lui non se n’era accorto. E le copie non erano nella sua tasca.
I flussi di Aria lo posarono a terra accanto a Rand; Karede era tornato con una sul’dam e una damane. Tutti e tre erano rossi in volto, come se fossero venuti di corsa. Era stata la damane a incanalare.
Tuon osservò Rand e Mat, poi iniziò a fare gesti bruschi nel linguaggio delle mani verso Selucia.
«Grazie un sacco per questo» borbottò Mat a Rand. «Bell’amico che sei.»
«Anch’io sono contento di vederti» disse Rand, un accenno di sorriso sulle sue labbra.
«Eccoci qua» disse Mat con un sospiro. «Mi hai trascinato di nuovo nei guai. Lo fai sempre.»
«Davvero?»
«Sì. Nel Rhuidean e nel Deserto, nella Pietra di Tear… ai Fiumi Gemelli. Ti rendi conto che, invece di venire a Merrilor per la tua festicciola con Egwene sono andato a sud per scappare?»
«Pensi di potermi stare lontano?» chiese Rand con un sorriso. «Pensi davvero che esso te lo permetterebbe?»
«Potrei dannatamente provarci. Nessuna offesa, Rand, ma tu diventerai pazzo e tutto quanto. Fio pensato che in questo modo avresti avuto un amico in meno da uccidere nei paraggi. Sai, risparmiarti qualche problema. A proposito, cos’hai fatto alla mano?»
«Cos’hai fatto all’occhio?»
«Un piccolo incidente con un cavatappi e tredici locandieri arrabbiati. La mano?»
«L’ho persa nel catturare una dei Reietti.»
«Catturare?» disse Mat. «Ti stai rammollendo.»
Rand sbuffò. «Dimmi che tu hai fatto di meglio.»
«Ho ucciso un gholam» disse Mat.
«Ho liberato Illian da Sammael.»
«Ho sposato l’imperatrice dei Seanchan.»
«Mat,» disse Rand «stai cercando davvero di fare a gara di spacconaggine con il Drago Rinato?» Fece una breve pausa. «Inoltre, ho ripulito saidin. Ho vinto.»
«Ah, quello non vale un granché» disse Mat.
«Non vale un granché? È l’avvenimento più rilevante dalla Frattura.»
«Bah. Tu e i tuoi Asha’man siete già pazzi,» disse Mat «perdo che importa?» Lanciò un’occhiata di lato. «Hai un bell’aspetto, a proposito. Ti sei preso più cura di te stesso, di recente.»
«Allora ti importa» disse Rand.
«Certo che mi importa» bofonchiò Mat, guardando Tuon con la coda dell’occhio. «Voglio dire, devi rimanere in vita, giusto? Andare a fare il tuo piccolo duello con il Tenebroso e tenerci tutti al sicuro? È bello sapere che hai l’aspetto adatto per farlo.»
«È bello sentirlo» disse Rand con un sorriso. «Niente frecciatine sulla mia giacca elegante?»
«Cosa? Frecciatine? Non sarai ancora arrabbiato per quella piccola presa in giro di un paio d’anni fa?»
«Presa in giro?» disse Rand. «Ti sei rifiutato di parlarmi per settimane.»
«Andiamo» disse Mat. «Non è stato così male. Ricordo facilmente quella parte.»
Rand scosse il capo, come perplesso. Era dannatamente ingrato, ecco cos’era. Mat era andato a prendere Elayne, come aveva chiesto Rand, ed ecco il ringraziamento. Certo, Mat era stato un po’ sviato dopo. Ma l’aveva fatto comunque, giusto?
«D’accordo» disse Mat molto piano, strattonando le corde di Aria che lo trattenevano. «Ci tirerò fuori da questa situazione, Rand. Sono sposato con lei. Lascia che sia io a parlare e….»
«Figlia di Artur Hawkwing» disse Rand a Tuon. «Il tempo scorre verso la fine di tutte le cose. L’Ultima Battaglia è cominciata e i fili vengono intrecciati. Presto la mia prova finale comincerà.»
Tuon venne avanti, con Selucia che le rivolgeva delle ultime parole con il linguaggio delle mani. «Verrai portato a Seanchan, Drago Rinato» disse Tuon. La sua voce era decisa, controllata.
Mat sorrise. Luce, era davvero un’ottima Imperatrice. Però non c’era bisogno di sgraffignarmi i medaglioni, pensò. Avrebbero dovuto scambiare due paroline su quello. Sempre che Mat fosse sopravvissuto a questa situazione. Lei non l’avrebbe fatto giustiziare davvero, giusto?
Saggiò di nuovo le corde invisibili che lo legavano.
«Ma davvero?» chiese Rand.
«Tu ti sei consegnato a me» disse Tuon. «È un presagio.» Suonava quasi rammaricata. «Non pensavi davvero che ti avrei permesso di andartene, giusto? Devo prenderti in catene come un governante che si è opposto a me, come ho fatto agli altri che ho trovato qui. Paghi il prezzo della dimenticanza dei tuoi antenati. Avreste dovuto ricordare i vostri giuramenti.»
«Capisco» disse Rand.
Però, disse Mat, anche lui se la cava bene a suonare come un Re. Luce, di che genere di persone si era circondato Mat? Cos’era successo alle cameriere graziose e ai soldati che gozzovigliavano?
«Dimmi una cosa, Imperatrice» disse Rand. «Cosa avreste fatto voi Seanchan se foste tornati su queste coste e aveste trovato gli eserciti di Artur Hawkwing ancora a governare? Se noi non avessimo dimenticato i nostri giuramenti, se vi avessimo prestato fede? Cosa avreste fatto allora?»
«Vi avremmo accolto come fratelli» disse Tuon.
«Ah sì?» disse Rand. «E vi sareste inchinati al trono qui? Il trono di Hawkwing? Se il suo impero fosse ancora in piedi, sarebbe stato governato dal suo erede. Avreste cercato di dominarli? Oppure avreste accettato il loro dominio su di voi?»
«Non è questo il caso» disse Tuon, ma parve trovare le sue parole intriganti.
«No, non lo è» confermò Rand.
«Secondo la tua argomentazione, voi dovete sottomettervi a noi.» Sorrise.
«Non ho avanzato quell’argomentazione,» disse Rand «ma facciamolo. Come affermi il vostro diritto a queste terre?»
«Essendo l’unica erede legittima di Artur Hawkwing.»
«E perché questo avrebbe importanza?»
«Questo è il suo impero. Lui è l’unico ad averlo unificato, è stato l’unico a governarlo in gloria e grandezza.»
«Ed è qui che ti sbagli» disse Rand, parlando più piano. «Tu mi accetti come il Drago Rinato?»
«Devi esserlo» disse Tuon lentamente, come se temesse una trappola.
«Allora mi accetti per colui che sono» disse Rand, la voce che si faceva più forte e netta. Come un corno da battaglia. «Io sono Lews Therin Telamon, il Drago. Io governavo queste terre, unificate, durante l’Epoca Leggendaria. Io ero il condottiero degli eserciti della Luce, io portavo l’Anello di Tamylrin.
Il ero il primo tra i Servitori, il rango più elevato degli Aes Sedai, e potevo invocare le Nove Verghe del Dominio.»
Rand venne avanti. «Io mantenni la lealtà e la fedeltà di tutti e diciassette i generali del Cancello dell’Alba. Fortuona Devi Paendrag, la mia autorità sovrasta la tua!»
«Artur Hawkwing…»
«La mia autorità sovrasta quella di Hawkwing! Se rivendichi il dominio nel nome di colui che ha conquistato, allora devi inchinarti davanti alla mia rivendicazione precedente. Io conquistai prima di Hawkwing, anche se non ebbi bisogno di nessuna spada per farlo. Tu sei qui sulla mia terra, Imperatrice, solo perché io ti tollero!»
Un tuono rombò in lontananza. Mat si ritrovò a tremare. Luce, era solo Rand. Solo Rand… giusto?
Tuon indietreggiò, gli occhi sgranati e le labbra socchiuse.
Il suo volto era carico di terrore, come se avesse appena assistito all’esecuzione dei propri genitori.
Erba verde si propagò attorno ai piedi di Rand. Le guardie lì vicino fecero un balzo indietro, portando le mani alle spade, mentre una scia di vita si diffondeva da Rand. I fili d’erba bruni e gialli si colorarono, come se vi fosse stata versata sopra della vernice, poi si misero dritti, come allungandosi dopo un lungo sonno.
Quel verde riempì l’intera radura del giardino. «È ancora schermato!» urlò la sul’dam. «O Venerata, è ancora schermato!»
Mat rabbrividì, poi notò qualcosa. Molto debole, così facile da non avvertire.
«Stai cantando?» sussurrò Mat a Rand.
Sì… era inequivocabile. Rand stava cantando, sottovoce, molto piano. Mat tamburellò il piede. «Giuro che ho sentito da qualche parte quella melodia, una volta… E Due fanciulle al bordo dell’acqua?»
«Non stai aiutando» sussurrò Rand. «Zitto.»
Rand continuò la sua canzone. Il verde si estese agli alberi, con gli abeti che rafforzavano i loro rami. Sugli altri iniziarono a spuntare le foglie — erano in effetti dei peschi — crescendo rapidissime, mentre la vita si riversava dentro le piante.
Le guardie si guardarono attorno, ruotando e cercando di osservare tutti gli alberi allo stesso tempo. Selucia si era fatta piccola. Tuon rimaneva dritta, gli occhi concentrati su Rand. Lì vicino, la sul’dam e la damane, spaventate, avevano smesso di concentrarsi, poiché i flussi che legavano Mat erano scomparsi.
«Neghi forse il mio diritto?» domandò Rand. «Neghi che la mia rivendicazione su questa terra preceda la tua di migliaia di anni?»
«Io…» Tuon prese un respiro profondo e lo osservò con aria di sfida. «Tu hai fratturato la terra, l’hai abbandonata. Io posso negare il tuo diritto.»
Dietro di lei, boccioli esplosero sugli alberi come fuochi d’artificio, bianchi e rosa intenso. Quegli scoppi di colore li circondarono. Nel crescere, i petali sprizzarono all’infuori, prorompendo dagli alberi e vorticando per la radura, catturati dal vento.
«Io ti ho permesso di vivere,» disse Rand a Tuon «quando avrei potuto distruggerti in un istante. Questo perché hai reso la vita migliore per i tuoi sudditi, anche se non sei priva di colpe per il modo in cui hai trattato alcuni. Il tuo governo è sottile come un foglio di carta. Tieni assieme questa terra solo tramite la forza di acciaio e delle damane, ma la tua patria brucia.
«Non sono venuto qui per distruggerti. Sono venuto da te ora per offrirti pace, Imperatrice. Sono venuto senza eserciti, sono venuto senza forze. Sono venuto perché credo che tu abbia bisogno di me, come io ho bisogno di te.» Rand venne avanti e, sorprendentemente, si mise su un ginocchio, il capo chino e la mano protesa. «Ti porgo la mano per un’alleanza. L’Ultima Battaglia è giunta. Unisciti a me e combattiamo.»
Sulla radura calò il silenzio. Il vento smise di soffiare, il rombo del tuono si placò. I boccioli di pesco, trasportati dalla brezza, si posarono sull’erba ora verde. Rand rimase dov’era, la mano protesa. Tuon fissò quella mano come se fosse una vipera.
Mat si precipitò in avanti. «Bel trucchetto» disse sottovoce a Rand. «Davvero bello.» Si avvicinò a Tuon, prendendola per le spalle e facendola voltare di iato. Lì accanto, Selucia pareva sbalordita. Karede non era in forma migliore di lei. Non sarebbero stati di nessun aiuto.
«Ehi, ascolta» le disse Mat piano. «È un bravo ragazzo. Un po’ spigoloso, a volte, ma puoi fidarti della sua parola. Se ti sta offrendo un trattato, lo onorerà.»
«Quella è stata un’esibizione davvero sorprendente» disse Tuon piano. Stava tremando debolmente. «Cos’è lui?»
«Che io sia folgorato se lo so» rispose Mat. «Ascolta, Tuon. Sono cresciuto con Rand. Garantisco per lui.»
«C’è un’oscurità in quell’uomo, Matrim. L’ho vista l’ultima volta che ci siamo incontrati.»
«Guardami, Tuon. Guardami.»
Lei alzò gli occhi, incontrando i suoi.
«Puoi fidarti totalmente di Rand al’Thor» disse Mat. «E se non puoi fidarti di lui, fidati di me. È la nostra unica scelta. Non abbiamo il tempo di riportarlo a Seanchan.
«Sono in città da abbastanza tempo per aver dato un’occhiatina alle tue forze. Se hai intenzione di combattere all’Ultima Battaglia e riconquistare la tua patria, avrai bisogno di una base stabile qui nell’Altara. Accetta la sua offerta. Lui ha appena rivendicato questa terra. Be’, convincilo a garantire i tuoi confini come sono e ad annunciarlo agli altri. Potrebbero dargli ascolto. Alleviare un po’ della pressione su di te. Ovvero, sempre che tu non voglia combattere i Trolloc, le nazioni di questa terra e i ribelli a Seanchan allo stesso tempo.»
Tuon sbatté le palpebre. «Le nostre forze.»
«Cosa?»
«Lei hai chiamate le mie forze» disse lei. «Sono le nostre forze. Tu sei uno di noi ora, Matrim.»
«Be’, immagino di esserlo. Ascolta, Tuon. Devi fare questo. Per favore.»
Lei si voltò, guardando Rand inginocchiato in mezzo a un motivo di boccioli di pesco che parevano averlo circondato. Nessuno era caduto su di lui.
«Qual è la tua offerta?» chiese Tuon.
«Pace» disse Rand, alzandosi in piedi con la mano ancora protesa. «Pace per cent’anni. Più a lungo, se posso farcela. Ho persuaso gli altri governanti a firmare un trattato e collaborare per combattere gli eserciti dell’Ombra.»
«Vorrei che i miei confini venissero garantiti» disse Tuon.
«L’Altara e l’Amadicia saranno tue.»
«Anche Tarabon e la Piana di Almoth» disse Tuon. «Ora sono occupati da me. Non verrò scacciata da quei territori dal tuo trattato. Desideri la pace? Mi darai questo.»
«Tarabon e metà della Piana di Almoth» disse Rand. «La metà che già controlli.»
«Voglio tutte le donne capaci di incanalare da questo lato dell’oceano Aryth come damane» disse Tuon.
«Non abusare della tua fortuna, Imperatrice» disse Rand in tono asciutto. «Io… ti permetterò di fare ciò che vuoi a Seanchan, ma pretenderò che rilasci qualunque damane hai preso mentre eri in questa terra.»
«Allora non abbiamo nessun accordo» disse Tuon.
Mat trattenne il respiro.
Rand esitò, abbassando la mano. «Il destino del mondo stesso potrebbe dipendere da questo, Fortuona. Per favore.»
«Se è così importante,» disse lei con fermezza «puoi acconsentire alla mia richiesta. Quella è una nostra proprietà. Vuoi un trattato? Allora lo otterrai con questa clausola: noi teniamo le damane che abbiamo già. In cambio, ti permetterò di andartene libero.»
Rand fece una smorfia. «Negozi come una del Popolo del Mare.»
«Spero meglio» disse Tuon, nessuna emozione nella sua voce. «Il mondo è una tua responsabilità, Drago, non mia. Io provvedo al mio impero. Mi saranno estremamente necessarie quelle damane. Ora scegli. Come credo tu abbia detto, ci resta poco tempo.»
L’espressione di Rand si incupì; poi protese la mano. «E sia. Che la Luce abbia pietà. Porterò anche questo peso. Puoi tenere le damane che hai già, ma non ne prenderai nessuna tra i miei alleati mentre combattiamo l’Ultima Battaglia. Dopo, prenderne qualcuna che non si trova nelle tue terre sarà considerato una violazione del trattato e un attacco alle altre nazioni.»
Tuon venne avanti, poi prese la mano di Rand nella sua. Mat esalò un sospiro.
«Ho per te dei documenti da esaminare e firmare» disse Rand.
«Selucia li prenderà» disse Tuon. «Matrim, con me. Dobbiamo preparare l’impero per la guerra.» Tuon si avviò lungo il sentiero a passo controllato, anche se Mat sospettava che volesse allontanarsi da Rand il più velocemente possibile. Lui la capiva bene.
La seguì, ma si fermò accanto a Rand. «Pare che anche tu abbia un po’ della fortuna del Tenebroso» borbottò a Rand. «Non riesco a credere che abbia funzionato.»
«Sinceramente?» disse Rand piano. «Non ci credo nemmeno io. Grazie per la buona parola.»
«Certo» disse Mat. «A proposito, io ho salvato Moiraine. Rimugina su questo mentre cerchi di decidere chi di noi due sta vincendo.»
Mat seguì Tuon e dietro di lui si levò la risata del Drago Rinato.