Gawyn si trovava su un campo vicino alla zona dove le Aes Sedai avevano combattuto per la prima volta. Erano scesi dalle colline e si erano mossi più in profondità sulla pianura di Kandor. Continuavano ad arginare le avanzate dei Trolloc ed erano perfino riusciti a spingere indietro le forze principali del nemico di qualche centinaio di passi. Tutto sommato, questa battaglia stava andando meglio delle aspettative.
Avevano combattuto lì per una settimana, su questo campo aperto senza nome a Kandor. Questo luogo era stato arato e dissodato in preparazione per la semina. Qui c’erano così tanti corpi — quasi tutti di Progenie dell’Ombra — che perfino gli appetiti dei Trolloc non potevano consumarli tutti.
Gawyn impugnava una spada in una mano e lo scudo nell’altra, posizionato di fronte al cavallo di Egwene. Il suo compito era abbattere i Trolloc che riuscivano a superare gli attacchi delle Aes Sedai. Preferiva combattere a due mani, ma contro i Trolloc aveva bisogno di quello scudo. Alcuni lo ritenevano uno sciocco perché usava la spada. Preferivano picche o alabarde: qualunque cosa potesse tenere i Trolloc a distanza.
Non si poteva davvero duellare con una picca, però; come picchiere, eri come un mattone in un muro più vasto. Non eri tanto un soldato quanto una barriera. Un’alabarda era meglio — almeno aveva una lama il cui uso richiedeva una certa abilità — ma nulla dava la stessa sensazione di una spada. Quando Gawyn combatteva con la spada, controllava lo scontro.
Un Trolloc si avventò verso di lui, sbuffando con la faccia che mostrava le fattezze fuse di un uomo e un ariete. Questo era più umano di molti altri, inclusa una nauseante bocca umana con denti insanguinati. Quella cosa brandiva una mazza che aveva sul manico la Fiamma di Tar Valon, rubata a un membro caduto della Guardia della Torre. Anche se era un’arma a due mani, la creatura la impugnava facilmente con una.
Gawyn schivò da un lato, poi sollevò lo scudo sulla destra, sotto il colpo atteso. Lo scudo tremò con impatti ripetuti. Uno, due, tre. Normale furia cieca dei Trolloc: colpire forte, colpire rapido e pensare che l’avversario si sarebbe spezzato.
Molti lo facevano. Incespicavano, oppure le loro braccia diventavano insensibili per quei colpi martellanti. Quello era il valore dei muri di picche o delle file di alabarde. Bryne usava entrambi, e una fila appena escogitata, mezza di lance e mezza di alabarde. Gawyn aveva letto di qualcosa di simile nei libri di storia. L’esercito di Bryne le usava per tranciare i tendini ai Trolloc Le linee di picche li tenevano indietro, poi le alabarde si allungavano in avanti a tagliare le gambe.
Gawyn si scansò da un lato e il Trolloc non era pronto al suo scatto. La creatura si voltò, troppo lentamente, mentre Gawyn le separava la mano dal polso, usando ‘turbine sulla montagna’. Mentre l’essere urlava, Gawyn ruotò, conficcando la spada nello stomaco di un altro Trolloc che si era fatto strada a forza attraverso le difese delle Aes Sedai.
Strappò via la spada da quel corpo e la conficcò nel collo del primo Trolloc. La bestia morta scivolò via dalla sua lama. Era il quarto che Gawyn uccideva oggi. Pulì con attenzione la spada sullo straccio insanguinato che portava legato alla cintura.
Controllò Egwene. In sella, lei usava l’Unico Potere per fare a pezzi torme di Trolloc Le Aes Sedai usavano una rotazione, tenendo solo una piccola parte di loro sul campo allo stesso tempo. Usare così poche Aes Sedai alla volta richiede va che i soldati assorbissero il grosso dello scontro, ma le Aes Sedai andavano sempre in battaglia riposate. Il loro compito era spazzar via i gruppi di Trolloc, mandando in pezzi le file e permettendo ai soldati di occuparsi dei resti sparpagliati.
Con le Aes Sedai che impedivano ai Trolloc di assumere solide formazioni di battaglia, lo scontro — per quanto sanguinoso — stava procedendo bene. Non avevano dovuto ripiegare da quando si erano lasciati alle spalle le colline, e avevano arrestato lì con efficacia l’avanzata dei Trolloc per una settimana.
Silviana sedeva in sella a un castrone roano accanto a Egwene e faceva del suo meglio per impedire che i Trolloc arrivassero troppo vicino. Il terreno era squarciato e increspato proprio di fronte a loro: gli attacchi di Silviana lo avevano lacerato, lasciando delle depressioni simili a trincee per tutto il campo. Malgrado ciò, ogni tanto un Trolloc strisciava attraverso il pantano e arrivava fino a Gawyn.
Gawyn vide del movimento nella trincea più vicina e avanzò. Un Trolloc dalle fattezze di lupo era accucciato dentro. Gli ringhiò contro, balzando in piedi.
‘L’acqua scorre a valle’.
Il Trolloc ricadde all’indietro nella trincea e Gawyn pulì la lama sullo straccio insanguinato. Cinque. Niente male per uno dei suoi turni da due ore. Spesso le Aes Sedai erano in grado di respingere i Trolloc e lui finiva per starsene accanto a Egwene. Naturalmente, oggi lei era accompagnata da Silviana — venivano sempre a coppie al fronte — e Gawyn era quasi convinto che la Custode degli Annali ne lasciasse passare qualcuno ogni tanto solo per farlo lavorare un po’.
Un’improvvisa serie di esplosioni nelle vicinanze lo spinse a indietreggiare e a guardarsi sopra la spalla. Il loro cambio era arrivato. Gawyn sollevò la spada verso Sleete mentre l’uomo prendeva posizione con il Custode di Piava Sedai per controllare la zona.
Gawyn si unì a Egwene e Silviana mentre lasciavano il campo di battaglia. Poteva percepire la spossatezza crescente di Egwene. Si stava affaticando troppo, insistendo per unirsi a troppi turni.
Procedettero per l’erba calpestata, passando accanto a un gruppo di Compagni Illianesi che caricavano nella mischia. Gawyn non aveva una visuale abbastanza buona della battaglia nel suo complesso per sapere dove erano richiesti nello specifico. Li osservò andare con una punta di invidia.
Sapeva che Egwene aveva bisogno di lui. Ora più che mai. Di notte dei Fade si intrufolavano nell’accampamento, portando lame thakan’dar per uccidere le Aes Sedai. Gawyn sorvegliava personalmente Egwene quando dormiva, confidando su di lei perché gli togliesse la fatica quando lo sopraffaceva. Dormiva quando lei era in riunione con il Consiglio della Torre.
Insisteva che lei dormisse in una tenda diversa ogni notte. Una volta ogni tanto, la convinceva a Viaggiare a Mayene e ai letti nel palazzo. Egwene non lo faceva da alcuni giorni. Gawyn avanzava argomentazioni secondo cui doveva andare a controllare le Gialle e il loro operato per la Guarigione, ma erano sempre più prive di fondamento. Lì Rosil Sedai aveva la situazione in mano.
Gawyn e le due donne procedettero dentro l’accampamento. Alcuni soldati si inchinarono, quelli che non erano attualmente in servizio, mentre altri si affrettavano verso il campo di battaglia. Gawyn ne osservò alcuni. Troppo giovani, troppo inesperti.
Altri erano Fautori del Drago, e chi sapeva cosa fare di loro? Tra quelli c’erano anche degli Aiel, cosa che per lui aveva senso, dal momento che tutti gli Aiel in pratica gli sembravano Fautori del Drago. Ma tra le loro file c’erano anche delle Aes Sedai. Lui non aveva una grande opinione di quella scelta.
Gawyn scosse il capo e proseguì. Il loro campo era enorme anche se, teoricamente, non conteneva nessun seguito. Il cibo veniva portato quotidianamente attraverso passaggi con dei carri, alcuni dei quali trainati da quelle inaffidabili macchine metalliche di Cairhien. Quando quei carri se ne andavano, portavano via vestiti da lavare, armi da riparare e stivali da rammendare.
In tal modo l’accampamento era molto efficiente: non era popolato troppo densamente, però, dato che quasi tutti passavano lunghe ore sul campo di battaglia a combattere. Tutti tranne Gawyn.
Sapeva che c’era bisogno di lui e che quello che faceva era importante, ma non poteva fare a meno di sentirsi sprecato. Era uno degli spadaccini più abili dell’esercito e stava sul campo di battaglia solo per poche ore al giorno, uccidendo l’occasionale Trolloc tanto stupido da caricare due Aes Sedai. Quello che faceva Gawyn era più porre fine alle loro sofferenze che combatterli.
Egwene si accomiatò da Silviana con un cenno del capo, poi voltò il cavallo verso la tenda di comando.
«Egwene…» disse Gawyn.
«Voglio solo controllare le cose» disse con calma. «Elayne dovrebbe aver mandato nuovi ordini.»
«Hai bisogno di dormire.»
«Pare che tutto ciò che faccio in questi giorni sia dormire.»
«Quando combatti sul campo, vali come mille soldati» disse Gawyn. «Se fossero necessarie ventidue ore al giorno per tenerti in forma e proteggere gli uomini per due, ti consiglierei di farlo. Per fortuna, ciò non è richiesto… né è richiesto che ti sforzi come fai ora.»
Gawyn poté percepire la sua irritazione attraverso il legame, ma Egwene la soppresse. «Hai ragione, naturalmente.» Lo fissò. «E non c’è bisogno che tu ti senta sorpreso nel sentirmelo ammettere.»
«Non ero sorpreso» disse Gawyn.
«Posso percepire le tue emozioni, Gawyn.»
«Quello era per qualcosa di completamente diverso» disse lui. «Mi sono ricordato una cosa che mi ha detto Sleete qualche giorno fa, una battuta che non ho compreso fino a ora.» La guardò con aria innocente.
Quello, finalmente, la fece sorridere. Solo un accenno di sorriso, ma era sufficiente. Egwene non sorrideva molto in questi giorni. Pochi di loro lo facevano.
«Inoltre,» disse lui, prendendole le redini e aiutandola a smontare mentre raggiungevano la tenda di comando «non ho mai riflettuto molto sul fatto che un Custode può, naturalmente, ignorare i Tre Giuramenti. Mi domando quanto spesso le sorelle lo abbiano trovato utile…»
«Spero non troppo spesso» disse Egwene. Una risposta molto diplomatica. All’interno della tenda di comando, trovarono Gareth Bryne che guardava giù nel suo ormai abituale passaggio; veniva mantenuto da una riservata sorella Grigia che Gawyn non conosceva. Bryne si accostò alla sua scrivania disseminata di mappe, dove Siuan stava cercando di mettere ordine. Lui scrisse qualche annotazione su una mappa, annuendo fra sé, poi alzò lo sguardo per vedere chi era entrato.
«Madre» disse Bryne, poi le prese la mano per baciarle l’anello.
«Sembra che la battaglia stia andando bene» disse Egwene, annuendo a Siuan. «Abbiamo tenuto bene qui. Pare che tu abbia progetti per avanzare con un’offensiva…»
«Non possiamo perdere tempo qui per sempre, Madre» disse Bryne. «La Regina Elayne mi ha chiesto di considerare un’avanzata più in profondità dentro Kandor, e io ritengo che la sua sia una proposta saggia. Mi preoccupa che i Trolloc si ritireranno sulle colline per difendersi. Hai notato come ogni notte portano via dal campo più corpi?»
«Sì.»
Gawyn poteva percepire il disappunto di Egwene: lei desiderava che le Aes Sedai avessero la forza di bruciare le carcasse dei Trolloc ogni giorno con l’Unico Potere.
«Stanno ammassando cibo» disse Bryne. «Potrebbero decidere di muovere verso est e cercare di aggirarci. Dobbiamo tenerli ingaggiati qui, cosa che potrebbe significare spingerli su quelle colline. Sarebbe una mossa azzardata, di norma, ma ora…» Scosse il capo, dirigendosi verso il suo passaggio e guardando giù per vedere i fronti. «Le tue Aes Sedai dominano questo campo di battaglia, Madre. Non ho mai visto nulla del genere.»
«C’è un motivo» ribatté lei «per cui l’Ombra ha fatto tutto ciò che era in suo potere per abbattere la Torre Bianca. Lo sapeva. La Torre Bianca ha la capacità di dominare questa guerra.»
«Dovremo stare attenti ai Signori del Terrore» disse Siuan, scartabellando le carte. Rapporti di esploratori, sospettava Gawyn. Lui sapeva poco di Siuan Sanche, a parte averle risparmiato la vita, ma Egwene parlava abitualmente della bramosia di quella donna per le informazioni.
«Sì» disse Egwene. «Arriveranno.»
«La Torre Nera» disse Bryne accigliandosi. «Ti fidi delle notizie di Lord Mandragoran?»
«Con la mia stessa vita» disse Egwene.
«Asha’man che combattono per il nemico. Perché il Drago Rinato non avrebbe fatto qualcosa? Luce, se tutti gli Asha’man rimasti si schierassero con l’Ombra…»
Egwene scosse il capo. «Bryne, voglio che organizzi dei cavalieri e li mandi alla zona fuori dalla Torre Nera dove possono essere ancora creati passaggi. Inviali lì e ordina loro di recarsi più velocemente possibile dalle sorelle ancora accampate fuori dalla Torre Nera.»
«Vuoi che attacchino?» chiese Gawyn, drizzando le orecchie.
«No. Devono ritirarsi fino al punto in cui è possibile creare passaggi, poi devono unirsi a noi qui. Non possiamo permetterci ulteriori ritardi. Le voglio qui.»
Egwene tamburellò il tavolo con un dito. «Taim e i suoi Signori del Terrore verranno. Sono rimasti lontano da questo campo di battaglia, concentrandosi invece su Lord Mandragoran. Ciò permette loro di dominare quel campo mentre noi abbiamo questo. Sceglierò altre sorelle da inviare all’esercito delle Marche di Confine. Prima o poi dovremo affrontarli.»
Gawyn non disse nulla, ma contrasse le labbra in una linea sottile. Meno sorelle qui volevano dire più lavoro per Egwene e le altre.
«E ora,» disse Egwene «ho bisogno…» La sua voce si spense nel vedere l’espressione di Gawyn. «Suppongo di aver bisogno di dormire. Se dovessi servire, mandatemi… Luce, non so dove dormirò oggi. Gawyn?»
«Ti ho fatto mettere nella tenda di Maerin Sedai. Lei è di servizio nel turno dopo questo, perciò dovresti poter dormire ininterrottamente per alcune ore.»
«Ameno che non ci sia bisogno di me» gli ricordò Egwene. Si diresse verso i lembi della tenda.
«Ma certo» disse Gawyn, seguendola fuori ma scuotendo il capo verso Bryne e Siuan. Bryne gli sorrise di rimando, annuendo. Su un campo di battaglia, c’era poco che richiedeva assolutamente l’attenzione dell’Amyrlin. Al Consiglio della Torre era stata attribuita la supervisione diretta delle loro armate.
Fuori Egwene sospirò, chiudendo gli occhi. Gawyn la cinse con un braccio e le permise di afflosciarsi contro di lui. Quel momento durò solo pochi secondi prima che lei si ritraesse, rimettendosi dritta e assumendo l’espressione dell’Amyrlin. Così giovane, pensò Gawyn, perché le sia richiesto così tanto.
Naturalmente Egwene non era molto più giovane di al’Thor stesso. Gawyn era lieto e un po’ sorpreso che pensare a quell’uomo non gli provocasse alcuna rabbia. Al’Thor avrebbe combattuto la sua battaglia. Davvero, ciò che quell’uomo faceva non erano affari di Gawyn.
Condusse Egwene fino alla sezione dell’accampamento occupata dall’Ajah Verde, con diversi Custodi lungo il perimetro che li salutarono con cenni rispettosi del capo. Maerin Sedai aveva una tenda grande. A molte delle Aes Sedai era stato concesso di portare tutti gli alloggi e i mobili che desideravano, sempre che potessero tessere il proprio passaggio e usare i propri Custodi per portarli. Se l’esercito avesse dovuto muoversi rapidamente, certe cose sarebbero state abbandonate. Molte Aes Sedai avevano scelto di portare pochissimo, ma altre… be’, non erano abituate all’austerità. Maerin era una di quelle. Poche avevano portato tanto quanto lei.
Leilwin e Bayle Domon attendevano fuori dalla tenda. Erano stati loro a informare Maerin Sedai che la sua tenda sarebbe stata presa in prestito e che non doveva dire a nessuno che sarebbe stata Egwene a usarla. Il segreto poteva essere scoperto se qualcuno avesse chiesto in giro — non si erano nascosti nel camminare fin lì — ma allo stesso tempo qualcuno che avesse chiesto dove stava dormendo l’Amyrlin avrebbe attirato l’attenzione. Era la protezione migliore che Gawyn poteva predisporre, dato che Egwene non era disposta a Viaggiare ogni giorno per dormire.
Le emozioni di Egwene si inasprirono immediatamente quando vide Leilwin.
«Hai detto tu di volerla tenere vicino» disse Gawyn piano.
«Non mi piace che sappia dove sono. Se i loro assassini vengono a cercarmi al campo, potrebbe essere lei quella che li conduce da me.»
Gawyn represse l’istinto di obiettare. Egwene era una donna astuta e intelligente, ma aveva un punto debole che riguardava ogni cosa Seanchan. Lui, d’altro canto, si ritrovava a fidarsi di Leilwin. Pareva il tipo che trattava con la gente in modo diretto.
«La terrò d’occhio» disse.
Egwene si ricompose con un respiro, poi si diresse alla tenda e superò Leilwin senza dire una parola. Gawyn non la seguì all’interno.
«L’Amyrlin pare intenzionata a non lasciarmi offrire i miei servigi» disse Leilwin a Gawyn nel caratteristico accento strascicato dei Seanchan.
«Non si fida di te» le disse Gawyn con franchezza.
«Un giuramento vale così poco da questo lato dell’oceano?» disse Leilwin. «Le ho pronunciato un giuramento che nessuno infrangerebbe, nemmeno un Muyamil»
«Un Amico delle Tenebre infrangerebbe qualunque giuramento.»
La donna lo fissò con freddezza. «Comincio a pensare che lei reputi tutti i Seanchan Amici dell’Oscurità.»
Gawyn scrollò le spalle. «L’avete picchiata e imprigionata, rendendola un animale tirato per un collare.»
«Non sono stata io» disse Leilwin. «Se un fornaio ti vendesse del pane guasto, riterresti forse che tutti i fornai cercano di avvelenarti? Bah. Non obiettare. Non ha senso. Se non posso servire lei, allora servirò te. Hai mangiato oggi, Custode?»
Gawyn esitò. Quand’era stata l’ultima volta che aveva mangiato qualcosa? Stamattina… no, era stato troppo impaziente per il combattimento. Il suo stomaco brontolò forte.
«So che non la lascerai,» disse Leilwin «in particolare sotto gli occhi di una Seanchan. Vieni, Bayle. Andiamo a prendere del cibo per questo sciocco, così che non svenga se dovessero venire degli assassini.» Si allontanò a grandi passi, seguita dal suo grosso marito illianese. Il tizio gli scoccò un’occhiataccia da sopra la spalla che avrebbe potuto conciare il cuoio.
Gawyn sospirò e si sedette per terra. Tirò fuori dalla tasca tre anelli neri; ne scelse uno, poi si rimise in tasca gli altri.
Parlare di assassini gli faceva sempre pensare agli anelli, che aveva tolto ai Seanchan che erano venuti a uccidere Egwene. Quegli anelli erano ter’angreal. Erano stati quelli a permettere a quei Coltelli del Sangue di muoversi rapidamente e confondersi con le ombre.
Tenne in alto l’anello verso la luce. Non sembrava simile a nessun ter’angreal che avesse visto, ma un oggetto di Potere, poteva avere qualunque aspetto. Gli anelli erano di qualche pietra nera pesante che non riconosceva. L’esterno era intagliato come spine, anche se la superficie interna — il lato che toccava la pelle — era liscia.
Si rigirò l’anello tra le dita. Sapeva che avrebbe dovuto portarlo da Egwene. Sapeva anche come la Torre Bianca trattava i ter’angreal. Li rinchiudevano in un magazzino, temendo di farci esperimenti. Ma questa era l’Ultima Battaglia. Se c’era un momento per correre dei rischi…
Hai deciso tu di stare all’ombra di Egwene, Gawyn, pensò. Hai deciso tu che l’avresti protetta, che avresti fatto quello che le occorreva. Egwene stava vincendo questa guerra, lei e le Aes Sedai. Si sarebbe lasciato ingelosire da lei come aveva fatto nei confronti di al’Thor?
«È ciò che credo che sia?»
La testa di Gawyn scattò all’insù e il suo pugno si chiuse attorno all’anello. Leilwin e Bayle Domon erano stati alla tenda della mensa ed erano tornati con una scodella per lui. Dall’odore, si trattava ancora di stufato d’orzo. I cuochi usavano così tanto pepe che era quasi nauseante. Gawyn sospettava che lo facessero perché i punti neri nascondevano pezzi di larve.
Posso comportarmi come se non stessi facendo nulla di sospetto, pensò immediatamente. Non posso lasciare che lei vada da Egwene.
«Questo?» chiese, tenendo in alto l’anello. «È uno degli anelli che abbiamo recuperato dagli assassini che hanno cercato di uccidere Egwene. Supponiamo che sia un ter’angreal di qualche tipo, anche se non uno di quelli che la Torre Bianca conosce.»
Leilwin sibilò piano. «Questi vengono concessi solo dall’imperatrice, che possa…» Si interruppe e prese un respiro profondo. «Solo a una persona prescelta come Coltello del Sangue, che ha dato la propria vita all’Imperatrice, è concesso portare un anello del genere. Se tu te lo infilassi, sarebbe molto, molto sbagliato.»
«Per fortuna» disse Gawyn «non ce l’ho al dito.»
«Gli anelli sono pericolosi» disse Leilwin. «Non so molto su di essi, ma si dice che uccidano coloro che li usano. Non lasciare che il tuo sangue tocchi l’anello, oppure l’attiverai e ciò potrebbe essere letale, Custode.» Gli porse la scodella di stufato, poi si allontanò.
Domon non la seguì. L’Illianese si grattò la barba corta. «Non è sempre la donna più accomodante, mia moglie» disse a Gawyn. «Ma è forte e saggia. Faresti bene ad ascoltarla.»
Gawyn si mise in tasca l’anello. «Comunque Egwene non mi permetterebbe mai di portarlo.» Quello era vero. Se lei avesse saputo che ce l’aveva. «Di’ a tua moglie che apprezzo l’avvertimento. Dovrei avvisarvi che l’argomento degli assassini è ancora molto irritante per l’Amyrlin. Vi suggerisco di evitare di parlare dei Coltelli del Sangue o dei loro ter’angreal.»
Domon annuì e poi andò dietro Leilwin. Gawyn provò solo ima piccola punta di vergogna per quell’inganno. Non aveva detto nulla che non fosse vero. Solo non voleva che Egwene ponesse domande imbarazzanti.
Quell’anello e i suoi simili rappresentavano qualcosa. Non erano consoni a un Custode. Stare accanto a Egwene, in allerta per qualunque pericolo la minacciasse… quello era consono a un Custode. Gawyn avrebbe fatto la differenza sul campo di battaglia servendo lei, non cavalcando alla carica come qualche eroe.
Se lo ripeté più e più volte mentre mangiava il suo stufato. Quando ebbe finito, era quasi certo di crederci.
Tuttavia non disse a Egwene degli anelli.
Rand si ricordava la prima volta che aveva visto un Trolloc. Non quando avevano attaccato la sua fattoria nei Fiumi Gemelli. La vera prima volta che li aveva visti. Durante la scorsa Epoca.
Giungerà un tempo in cui non esisteranno più, pensò, intessendo Fuoco e Aria per creare un muro esplosivo di fiamme che presero vita ruggendo nel mezzo di un branco di Trolloc. Lì vicino, gli uomini della Guardia del Lupo di Perrin sollevarono le armi in segno di ringraziamento. Rand annuì a sua volta. In questo combattimento indossava la faccia di Jur Grady, per ora.
Una volta i Trolloc non avevano flagellato la terra. Potevano tornare a quella condizione. Se Rand avesse ucciso il Tenebroso, sarebbe accaduto immediatamente?
Le fiamme del suo muro di Fuoco gli fecero sudare la fronte. Attinse con cautela all’angreal dell’uomo grasso — non poteva permettersi di sembrare troppo potente — e abbatté un altro gruppo di Trolloc lì sul campo di battaglia appena a ovest del fiume Alguenya. Le forze di Elayne avevano attraversato l’Erinin e la campagna a est, e stavano aspettando che i loro ponti per superare l’Alguenya venissero costruiti. Erano stati quasi completati, ma nel frattempo un’avanguardia di Trolloc li aveva raggiunti e l’esercito di Elayne si era messo in posizione difensiva per rallentarli finché non fossero riusciti ad attraversare il fiume.
Rand era felice di aiutare. Il vero Jur Grady riposava nel suo campo a Kandor, spossato dalla Guarigione. Un volto comodo che Rand poteva indossare per non attirare l’attenzione dei Reietti.
Le urla dei Trolloc mentre bruciavano erano appaganti. Verso la fine della Guerra del Potere, lui aveva amato quel suono. Lo aveva sempre fatto sentire come se stesse facendo qualcosa.
La prima volta che aveva visto i Trolloc non aveva saputo cos’erano. Oh, era stato al corrente degli esperimenti di Aginor. Lews Therin l’aveva definito un pazzo in più di un’occasione. Non aveva capito; molti di loro non avevano capito. Aginor aveva amato fin troppo i suoi progetti. Lews Therin aveva commesso l’errore di supporre che Aginor, come Semirhage, godesse della tortura fine a sé stessa.
E poi era giunta la Progenie dell’Ombra.
I mostri continuavano a bruciare, gli arti che si contorcevano.
Tuttavia, Rand era preoccupato che queste cose potessero essere umani rinati. Aginor aveva usato persone per creare i Trolloc e i Myrddraal. Era questo il destino di alcuni? Rinascere come creazioni deformate simili a queste? Quell’idea lo nauseava.
Controllò il cielo. Le nubi avevano cominciato a ritirarsi, come facevano vicino a lui. Poteva costringerle a non farlo, ma… no. Gli uomini avevano bisogno della Luce, e lui non poteva combattere qui troppo a lungo, per evitare che diventasse evidente che uno degli Asha’man era troppo forte per la faccia che portava.
Rand lasciò arrivare la luce.
Per tutto il campo di battaglia vicino al fiume, la gente lanciò un’occhiata verso il cielo quando i raggi si riversarono su di loro al ritrarsi delle nubi.
Basta nascondersi, pensò Rand, togliendosi la Maschera di Specchi e sollevando la mano a pugno sopra la testa. Intessé Aria, Fuoco e Acqua, creando una colonna di luce che si estendeva da lui, alta fino al cielo. Per tutto il campo di battaglia i soldati esultarono.
Rand non avrebbe fatto scattare le trappole che il Tenebroso aveva in serbo per lui. Attraversò un passaggio che lo riportò a Merrilor. Non rimaneva mai a lungo su un fronte, ma si rivelava sempre prima di andarsene. Lasciava che sopra di lui le nubi si rompessero, per dimostrare che era stato lì, poi si ritirava.
Min lo attendeva al terreno di Viaggio di Merrilor. Rand si guardò alle spalle quando il suo passaggio si richiuse, lasciando gli uomini a combattere senza di lui. Min gli mise una mano sul braccio. La sua scorta di Fanciulle attendeva lì; gli permettevano con riluttanza di combattere da solo, poiché sapevano che la loro presenza lo avrebbe tradito.
«Hai l’aria triste» disse Min piano.
Una brezza calda spirò da qualche parte a nord. I soldati nelle vicinanze gli rivolsero il saluto. Molti di quelli che aveva qui erano Domanesi, Tairenesi e Aiel. La forza d’assalto, guidata da Rodel Ituralde e da Re Darlin, che avrebbe cercato di tenere la valle di Thakan’dar mentre Rand lottava con il Tenebroso.
Era quasi giunto il momento per quello. L’Ombra l’aveva visto combattere su tutti i fronti. Si era unito al combattimento di Lan, poi di Egwene e poi di Elayne a turno. A quest’ora l’Ombra aveva impegnato buona parte delle sue armate nello scontro a sud. Era arrivato il momento che Rand attaccasse Shayol Ghul.
Guardò verso Min. «Moiraine mi definisce uno sciocco per questi attacchi. Dice che perfino un piccolo rischio per me non vale ciò che realizzo.»
«Probabilmente Moiraine ha ragione» disse Min. «Ce l’ha spesso. Ma io ti preferisco come la persona che farebbe questo. Quella è la persona in grado di sconfiggere il Tenebroso: l’uomo che non riesce a starsene in disparte a elaborare piani mentre altri muoiono.»
Rand le cinse la vita col braccio. Luce, cosa avrebbe fatto senza di lei? Sarei crollato, pensò. Durante quei mesi bui… sarei crollato di sicuro.
Sopra la spalla di Min, Rand vide avvicinarsi una donna dai capelli grigi. E dietro di lei una figura più minuta in blu si fermò e si voltò di proposito dall’altra parte. Cadsuane e Moiraine facevano ampi giri per evitarsi nell’accampamento. A Rand parve di cogliere un accenno di occhiataccia negli occhi di Moiraine quando vide che Cadsuane l’aveva notato per prima.
Cadsuane gli si avvicinò, poi gli camminò attorno, squadrandolo dall’alto in basso. Annuì tra sé diverse volte.
«Stai cercando di decidere se sono all’altezza del compito?» disse Rand a Cadsuane, non lasciando trasparire le emozioni — irritazione, in questo caso — dalla sua voce.
«Non me lo sono mai chiesta» disse Cadsuane. «Ancora prima di scoprire che eri rinato, non mi sono mai domandata se sarei stata in grado di renderti l’uomo che ti occorreva essere. Interrogarsi, in quel modo almeno, è per gli sciocchi. Tu sei uno sciocco, Rand al’Thor?»
«Una domanda impossibile» ribatté Min. «Se dice di esserlo, diventa uno sciocco. Se dice di non esserlo, questo implica che non cerca ulteriore saggezza.»
«Puah. Tu leggi troppo, bambina.» Cadsuane parve affettuosa mentre lo diceva. Si voltò verso Rand. «Spero che tu le dia qualcosa di bello.»
«Cosa intendi?» chiese Rand.
«Hai dato cose alla gente,» disse Cadsuane «nel prepararti alla morte. È usanza comune per gli anziani o per uomini che cavalcano in una battaglia che non pensano di poter vincere. Una spada per tuo padre, un ter’angreal per la Regina dell’Andor, una corona per Lan Mandragoran, gioielli per la ragazza aiel e per questa.» Annuì verso Min.
Rand si irrigidì. In un certo senso aveva saputo cosa stava facendo, ma sentirselo spiegare era sconcertante.
L’espressione di Min si rabbuiò e serrò la sua stretta su di lui.
«Passeggia con me» disse Cadsuane. «Solo tu e io, Lord Drago.» Gli lanciò un’occhiata. «Se vuoi.»
Min guardò verso Rand, ma lui le diede una pacca sulla spalla e annuì. «Ci rivediamo alla tenda.»
Lei sospirò ma si ritirò. Cadsuane si era già avviata per il sentiero. Rand dovette fare una corsetta per raggiungerla. Probabilmente le piaceva vederglielo fare.
«Moiraine Sedai è sempre più irrequieta per i tuoi ritardi» disse Cadsuane.
«E tu cosa ne pensi?»
«Penso che nelle sue considerazioni ci sia una parte di saggezza. Ma non ritengo che il tuo piano sia una completa idiozia. Non devi ritardare ancora a lungo, però.»
Non disse di proposito quando avrebbe dato l’ordine di attaccare Shayol Ghul. Voleva che tutti se lo domandassero. Se nessuno attorno a lui sapeva quando avrebbe colpito, c’erano buone possibilità che non l’avrebbe saputo nemmeno il Tenebroso.
«Comunque sia,» disse Cadsuane «non sono qui per parlare dei tuoi ritardi. Ho la sensazione che Moiraine abbia il pieno controllo sulla tua… istruzione in quella faccenda. C’è qualcos’altro che mi preoccupa molto di più.»
«E sarebbe?»
«Che ti aspetti di morire. Che stai dando via così tanto. Che non cerchi nemmeno di vivere.»
Rand trasse un respiro profondo. Dietro, un gruppo di Fanciulle lo seguiva. Superò le Cercavento nel loro piccolo campo, rannicchiate a parlare sopra la Coppa dei Venti. Guardarono verso di lui e Cadsuane con volti placidi.
«Lasciami andare al mio destino, Cadsuane» disse Rand. «Ho abbracciato la morte. La accoglierò quando arriverà.»
«Ne sono lieta» disse lei «e non pensare — nemmeno per un momento — che non scambierei la tua vita con il mondo.»
«Lo hai messo in chiaro fin dall’inizio» disse Rand. «Allora perché preoccuparsi adesso? Questo scontro mi costerà la vita. Così dev’essere.»
«Non devi presumere che morirai» disse Cadsuane. «Anche se è quasi inevitabile, non lo devi ritenere completamente inevitabile.»
«Elayne ha detto più o meno la stessa cosa.»
«Allora ha pronunciato parole sagge almeno una volta nella vita. Una media migliore di quanto avevo ritenuto per lei.»
Rand rifiutò di irritarsi per quel commento, e Cadsuane si lasciò sfuggire un sorriso. Era lieta di come lui sapeva controllarsi ora. Ecco perché l’aveva messo alla prova.
Le prove sarebbero mai finite?
No, pensò lui. Non fino all’ultima. Quella più importante di tutte.
Cadsuane si fermò sul sentiero, facendo fermare pure lui. «Hai un dono anche per me?»
«Li sto dando a coloro a cui tengo.»
Questo non fece che accentuare il suo sorriso. «Le nostre interazioni non sono sempre state lisce, Rand al’Thor.»
«È un modo per dirlo.»
«Comunque,» continuò lei squadrandolo «voglio che tu sappia che sono contenta. Sei venuto fuori bene.»
«Dunque ho il tuo permesso per salvare il mondo?»
«Sì.» Cadsuane guardò verso l’alto, dove le nuvole nere ribollivano. Iniziarono a separarsi in presenza di Rand, dato che lui non cercava di mascherarla o di lasciare le nubi dov’erano.
«Sì,» ripeté Cadsuane «hai il mio permesso. Sempre che tu lo faccia presto. Quell’oscurità cresce.»
Come in concerto con le sue parole, la terra rombò. Lo faceva sempre più spesso, di recente. Il campo tremò e gli uomini barcollarono, guardinghi.
«Ci saranno dei Reietti» disse Rand. «Una volta che sarò entrato. Qualcuno dovrà affrontarli. Intendo chiedere ad Aviendha di guidare la resistenza contro di loro. Potrebbe farle comodo il tuo aiuto.»
Cadsuane annuì. «Farò la mia parte.»
«Porta Alivia» disse Rand. «È forte, ma mi preoccupa metterla con altri. Non comprende i limiti nel modo in cui dovrebbe.»
Cadsuane annuì di nuovo, e dallo sguardo nei suoi occhi Rand si domandò se non aveva già progettato di fare proprio così. «E la Torre Nera?»
Rand assunse un’espressione decisa. La Torre Nera era una trappola. Lui sapeva che era una trappola. Taim voleva attirarlo in un posto da cui non potesse fuggire con un passaggio.
«Ho mandato Perrin ad aiutare.»
«E la tua decisione di andare di persona?»
Devo aiutarli. In qualche maniera. Ho lasciato che Taim li radunasse. Non posso semplicemente lasciarli a lui…
«Non sei ancora certo» disse Cadsuane, insoddisfatta. «Rischieresti te stesso, rischieresti tutti noi, per far scattare una trappola.»
«Io…»
«Sono liberi.» Cadsuane si voltò per andarsene. «Taim e i suoi uomini sono stati cacciati via dalla Torre Nera.»
«Cosa?» domandò Rand, prendendola per il braccio.
«I tuoi uomini si sono liberati da soli» disse Cadsuane. «Anche se, da quanto mi è stato riferito, sono piuttosto malridotti. Pochi lo sanno. La Regina Elayne forse non sarà in grado di usarli in battaglia per qualche tempo. Non conosco i dettagli.»
«Si sono liberati da soli?» disse Rand.
«Si.»
Ce l’hanno fatta. O Perrin ce l’ha fatta.
Rand esultò, ma un’ondata di colpa lo sopraffece. Quanti erano morti? Avrebbe potuto salvarli, se fosse andato? Ormai erano giorni che sapeva della loro situazione, eppure li aveva lasciati lì, obbedendo al consiglio insistente di Moiraine che quella era una trappola che non poteva permettersi di far scattare.
E ora loro vi erano sfuggiti.
«Vorrei aver potuto tirarti fuori una risposta» disse Cadsuane «su cosa intendevi fare lì.» Sospirò, poi scosse il capo. «Hai delle crepe in te, Rand al’Thor, ma dovrai bastare.»
Lo lasciò.
«Deepe era un brav’uomo» disse Antail. «Era sopravvissuto alla caduta di Maradon. Era sulle mura quando esplosero, ma sopravvisse e continuò a combattere. Alla fine i Signori del Terrore hanno avuto la meglio su di lui, mandando un’esplosione per finire il lavoro. Deepe ha trascorso gli ultimi momenti scagliando flussi contro di loro. È morto bene.»
I soldati malkieri levarono le coppe verso Antail, in onore al morto. Lan alzò la propria coppa, anche se era in piedi fuori dall’anello di uomini attorno al fuoco. Desiderava che Deepe avesse seguito gli ordini. Scosse il capo, tracannando il suo vino. Anche se era notte, gli uomini di Lan erano di turno per essere svegli in caso di un attacco.
Lan si rigirò la coppa tra le dita, pensando ancora a Deepe. Scoprì di non riuscire a nutrire rabbia per quell’uomo. Deepe aveva voluto uccidere uno degli incanalatori più pericolosi dell’Ombra. Lan non poteva dire che lui non avrebbe approfittato di un’opportunità simile, se gli fosse stata concessa.
Gli uomini continuarono i loro brindisi ai caduti. Era diventata una tradizione di ogni sera e si era estesa tra tutti i campi delle Marche di Confine. Lan trovava incoraggiante che gli uomini qui stessero cominciando a trattare Antail e Narishma come compagni. Gli Asha’man erano distaccati, ma la morte di Deepe aveva forgiato un legame tra loro e i comuni soldati. Ora avevano pagato tutti il conto del macellaio.
Gli uomini avevano visto Antail soffrire e l’avevano invitato a fare un brindisi.
Lan si allontanò dal fuoco e camminò per l’accampamento, fermandosi presso le linee dei cavalli per controllare Mandarb. Lo stallone se la stava cavando bene, anche se aveva una grossa ferita sul fianco sinistro dove il suo mantello non sarebbe più ricresciuto; pareva che stesse guarendo bene. Gli stallieri parlavano ancora in toni sommessi di come il cavallo ferito fosse apparso dalla notte dopo lo scontro in cui era morto Deepe. Molti cavalieri erano stati uccisi o disarcionati nel combattimento di quel giorno. Pochissimi cavalli erano sfuggiti ai Trolloc ed erano riusciti a tornare al campo.
Lan diede una pacca sul collo di Mandarb. «Ci riposeremo presto, amico mio» disse piano. «Lo prometto.»
Mandarb sbuffò nell’oscurità, e lì vicino diversi altri cavalli nitrirono.
«Creeremo una casa» disse Lan. «Una volta sconfitta l’Ombra, Nynaeve e io risaneremo Malkier. Faremo fiorire di nuovo i campi, ripuliremo i laghi. Pascoli verdi. Niente più Trolloc da combattere. Bambini a cavalcioni sulla groppa, vecchio amico. Potrai trascorrere i tuoi giorni in pace, a mangiare mele e scegliere le tue giumente preferite.»
Era passato parecchio tempo da quando Lan aveva pensato al futuro con qualcosa che assomigliasse alla speranza. Strano trovarla ora, in questo posto, in questa guerra. Lui era un uomo duro. A volte, si sentiva di avere più cose in comune con le rocce e la sabbia che con gli uomini che ridevano assieme accanto al fuoco.
Era così che aveva reso sé stesso. Era la persona che gli occorreva essere, una persona che un giorno avrebbe potuto viaggiare verso Malkier e difendere l’onore della sua famiglia. Rand al’Thor aveva iniziato a incrinare quell’involucro, poi l’amore di Nynaeve l’aveva fatto a pezzi completamente.
Mi domando se Rand l’abbia mai saputo, pensò Lan, tirando fuori la striglia e lavorando sul manto di Mandarb. Lan sapeva com’era essere scelti fin dall’infanzia per morire. Sapeva com’era quando gli veniva indicata la Macchia e gli veniva detto che lì avrebbe sacrificato la sua vita. Luce, come lo sapeva. Probabilmente Rand al’Thor non avrebbe mai saputo quanto erano simili loro due.
Lan strigliò Mandarb per un po’, anche se era esausto. Forse avrebbe dovuto dormire. Nynaeve gli avrebbe detto di farlo. Immaginò la conversazione nella testa, concedendosi un sorriso. Lei avrebbe vinto, spiegando che un generale aveva bisogno di sonno e che c’erano stallieri in abbondanza per prendersi cura dei cavalli.
Ma Nynaeve non era lì. Lan continuò a strigliare.
Qualcuno si avvicinò alle linee dei cavalli. Lan udì i passi molto prima che la persona arrivasse, naturalmente. Lord Baldhere recuperò una spazzola dalla postazione degli stallieri, annuendo a una delle guardie lì, e si diresse verso il proprio cavallo. Solo allora notò Lan.
«Lord Mandragoran?» disse.
«Lord Baldhere» disse Lan, annuendo verso il Kandori. Il Portatore della Spada della Regina Ethenielle era snello, con strie di bianco fra i capelli altrimenti neri. Anche se Baldhere non era uno dei gran capitani, era un buon comandante e aveva servito bene Kandor dalla morte del suo Re. Molti avevano presunto che la Regina avrebbe sposato Baldhere. Il che naturalmente era sciocco: Ethenielle lo considerava come un fratello. Inoltre, chiunque prestasse attenzione avrebbe saputo che chiaramente Baldhere preferiva gli uomini alle donne.
«Sono spiacente di disturbarti, Dai Shan» disse Baldhere. «Non mi ero reso conto che qualcun altro sarebbe stato qui.» Fece per ritirarsi.
«Avevo quasi finito» disse Lan. «Non lasciare che sia io a fermarti.»
«Gli stallieri sono piuttosto bravi» disse Baldhere. «Non ero qui per controllare il loro lavoro. Ho scoperto che, a volte, fare qualcosa di semplice e familiare mi aiuta a pensare.»
«Non sei l’unico ad averlo notato» disse Lan, continuando a spazzolare Mandarb.
Baldhere ridacchiò, poi tacque per un momento. Alla fine parlò. «Dai Shan,» disse «sei preoccupato per Lord Agelmar?»
«In che senso?»
«Temo che si stia sforzando troppo» disse Baldhere. «Alcune delle sue scelte… mi confondono. Non è che le sue decisioni militari siano sbagliate. Semplicemente mi sembrano troppo aggressive.»
«È guerra. Non so se si possa essere troppo aggressivi nello sconfiggere il proprio nemico.»
Baldhere rimase in silenzio per un momento. «Certo. Ma hai notato la perdita dei due squadroni di cavalleria di Lord Yokata?»
«Quella è stata una disgrazia, ma gli errori capitano.»
«Non si tratta di un errore che Lord Agelmar avrebbe dovuto commettere. Si è trovato in situazioni simili in precedenza, Dai Shan. Avrebbe dovuto capirlo.»
Era successo nel corso di una recente scorreria contro i Trolloc. Gli Asha’man avevano dato fuoco a Fal Eisen e alla campagna circostante. Su ordini di Agelmar, Yokata aveva portato la sua cavalleria ad aggirare una grossa collina per attaccare il fianco destro dell’esercito di Trolloc che avanzava verso gli Asha’man. Usando una classica manovra a tenaglia, Agelmar avrebbe dovuto mandare altra cavalleria contro il fianco sinistro del nemico, e gli Asha’man si sarebbero voltati per affrontare i Trolloc frontalmente.
Ma i condottieri dell’Ombra avevano previsto quella manovra. Prima che Agelmar e gli Asha’man potessero agire, un contingente numeroso di Trolloc aveva superato la collina per colpire il fianco destro di Yokata, mentre gli altri lo attaccavano da davanti, accerchiando la sua cavalleria.
Quelle truppe erano state uccise fino all’ultimo uomo. Subito dopo i Trolloc si erano avventati contro gli Asha’man, che erano stati a malapena in grado di salvarsi.
«È stanco, Dai Shan» disse Baldhere. «Io conosco Agelmar. Non avrebbe mai commesso un errore come quello se fosse stato sveglio e guardingo.»
«Baldhere, chiunque avrebbe potuto commettere un errore come quello.»
«Lord Agelmar è uno dei gran capitani. Dovrebbe vedere la battaglia in modo diverso dagli uomini normali.»
«Sei certo di non aspettarti troppo da lui?» chiese Lan. «Agelmar è solo un uomo. Lo siamo tutti, alla fin fine.»
«Io… Forse hai ragione» disse Baldhere, la mano sulla spada, come se fosse preoccupato. Non stava portando Tarma della Regina, naturalmente: lo faceva solo quando lei assumeva il suo ruolo di comando. «Suppongo che si tratti di istinto, Lan. Un prurito. Agelmar sembra molto stanco, e temo che questo stia influenzando la sua capacità di fare piani. Ti prego, osservalo e basta.»
«Lo osserverò» disse Lan.
«Grazie» disse Baldhere. Ora sembrava meno turbato di quando l’aveva avvicinato.
Lan diede un’ultima pacca a Mandarb, lasciò Baldhere ad accudire il suo cavallo e attraversò l’accampamento fino alla tenda di comando. Entrò; la tenda era illuminata e ben sorvegliata, anche se ai soldati di guardia non era permesso di vedere bene le mappe di battaglia.
Lan aggirò i teli appesi che celavano l’ingresso e annuì ai due comandanti shienaresi subordinati di Agelmar, che presenziavano in questo luogo riservato. Uno stava studiando le mappe stese per terra. Agelmar in persona non era lì. Un condottiero aveva bisogno di dormire, ogni tanto.
Lan si accovacciò, guardando la mappa. Dopo la ritirata di domani, pareva che avrebbero raggiunto un posto chiamato Fonti del Sangue, che prendeva il nome dal modo in cui le rocce sotto l’acqua facevano sembrare che questa scorresse rossa. Alle Fonti del Sangue, avrebbero avuto un lieve vantaggio di altitudine grazie alle colline adiacenti, e Agelmar voleva organizzare un’offensiva contro i Trolloc con arcieri e linee di cavalleria che lavorassero assieme. E, naturalmente, avrebbero continuato a bruciare la terra.
Lan si mise su un ginocchio, esaminando gli appunti di Agelmar su quale esercito avrebbe combattuto dove e su come avrebbe diviso gli attacchi. Era ambizioso, ma nulla che sembrasse particolarmente preoccupante a Lan.
Mentre stava studiando, i lembi della tenda frusciarono ed entrò Agelmar in persona, parlando piano con Lady Ells della Saldaea. Si fermò quando vide Lan, congedandosi sommessamente dalla sua conversazione. Si avvicinò a Lan.
Agelmar non era ingobbito dalla stanchezza, ma Lan aveva imparato a non guardare solo la postura di un uomo nel cercare segni di affaticamento. Rossore agli occhi. Alito che odorava lievemente di erbapiatta, che veniva masticata per tenere la mente sveglia quando una persona non dormiva per troppo tempo. Agelmar era stanco, ma come chiunque altro nell’accampamento.
«Approvi quello che vedi, Dai Shan?» chiese Agelmar inginocchiandosi.
«È molto aggressiva, per una ritirata.»
«Possiamo permetterci qualche altra azione?» domandò Agelmar. «Lasciamo una scia di terra bruciata dietro di noi, distruggendo lo Shienar proprio come se l’Ombra l’avesse presa. Userò sangue Trolloc per estinguere quelle ceneri.»
Lan annuì.
«Baldhere è venuto da te?» chiese Agelmar.
Lan alzò lo sguardo bruscamente.
Agelmar mostrò un sorriso mesto. «Suppongo che riguardasse la perdita di Yokata e dei suoi uomini?»
«Sì.»
«È stato un errore, certo» disse Agelmar. «Mi domandavo se qualcuno mi avrebbe affrontato su questo; Baldhere è uno che crede che non avrei mai dovuto commettere un tale sbaglio.»
«Pensa che tu ti stia affaticando troppo.»
«È bravo nella tattica,» disse Agelmar «ma non sa quanto pensa. Ha la testa piena di storie dei gran capitani. Io non sono privo di difetti, Dai Shan. Questo non sarà il mio unico errore. Li capirò, come ho capito questo, e imparerò da essi.»
«Tuttavia, forse dovremmo assicurarci che tu dorma di più.»
«Sono in perfetta salute, Lord Mandragoran. Conosco i miei limiti; ho passato la mia intera vita a impararli. Questa battaglia mi spingerà a dare il massimo, e devo lasciare che sia così.»
«Ma…»
«Sollevami dall’incarico o lasciami stare» disse Agelmar, interrompendolo. «Ascolterò i consigli — non sono uno sciocco — ma non tollererò che si critichino a posteriori le mie decisioni.»
«Molto bene» disse Lan alzandosi. «Mi fido della tua saggezza.»
Agelmar annuì, abbassando gli occhi sulle sue mappe. Stava ancora lavorando sui suoi piani quando Lan finalmente usci dalla tenda per andare a dormire.