14 Dosi di radice biforcuta

«Luce...» mormorò Perrin a Gaul, il suo sguardo che spaziava per il paesaggio. «Sta morendo.»

Il cielo nero ribollente, agitato e mulinante del sogno del lupo non era nulla di nuovo, ma la tempesta che il cielo aveva presagito per mesi era finalmente arrivata. Il vento soffiava in folate enormi, muovendosi da una parte e poi dall’altra secondo schemi innaturali. Perrin chiuse il mantello, poi lo rafforzò con un pensiero, immaginando che le cordicelle che lo tenevano chiuso fossero fissate per bene al loro posto.

Una piccola bolla di calma si espanse da lui, deviando il peggio dei venti. Fu più facile di quanto prevedeva, come se avesse allungato una mano per prendere un pesante pezzo di quercia e l’avesse trovato invece leggero come un legno di pino.

Il paesaggio pareva meno reale del solito. I venti violentissimi spianavano per davvero le colline, come erosione ad alta velocità. In altri punti il suolo si gonfiava, formando increspature di roccia e nuove alture. Pezzi di terra zampillavano in aria, frantumandosi. Il terreno stesso stava andando in pezzi.

Perrin afferrò Gaul per la spalla e li fece traslare entrambi lontano da quel posto. Perrin sospettava che fosse troppo vicino a Rand. In effetti, quando apparvero sulla familiare pianura a sud — il luogo dove aveva cacciato con Hopper — trovarono che la tempesta era meno potente.

Riposero i loro zaini pesanti, carichi di cibo e acqua, in una macchia di cespugli. Perrin non sapeva se potessero sopravvivere con cibo e acqua trovati nel sogno, ma non voleva doverlo scoprire. Qui dovevano avere il necessario per una settimana circa, e finché avessero avuto un passaggio ad aspettarli, si sentiva a suo agio — o almeno soddisfatto — con i rischi che stava correndo qui.

In questo posto il paesaggio non stava andando in frantumi come vicino a Shayol Ghul. Comunque, se osservava un tratto per un tempo sufficiente, poteva cogliere pezzi di... be’, di ogni cosa che venivano trascinati su tra i venti. Spighe di grano morte, frammenti di tronchi d’albero, globuli di fango e frammenti di roccia... tutto veniva trascinato lentamente verso quelle avide nuvole nere. Come era abitudine del sogno del lupo, quando si guardava indietro, cose che erano rotte spesso erano di nuovo integre. Perrin comprese. Questo posto stava venendo consumato lentamente così come il mondo della veglia. Qui era semplicemente più facile da notare.

I venti li sferzavano, ma non erano così forti da doverli tenere a bada. Sembravano i venti all’inizio di una tempesta, appena prima della pioggia e dei fulmini. Gli annunciatori di una distruzione in arrivo.

Gaul si era tirato lo shoufa sopra la faccia e si guardava intorno con aria sospettosa. I suoi vestiti erano cambiati in una tonalità che si confondeva con l’erba.

«Devi essere molto attento qui, Gaul» disse Perrin. «Un tuo minimo pensiero può diventare realtà.»

Gaul annuì, poi con esitazione si tolse il velo dalla faccia. «Ascolterò e farò come mi viene detto.»

Era incoraggiante che il vestiario di Gaul non cambiasse troppo mentre procedevano per il campo. «Solo cerca di tenere la mente sgombra» disse Perrin. «Libera da pensieri. Agisci per istinto e segui la mia guida.»

«Caccerò come i gara» disse Gaul annuendo. «La mia lancia è tua, Perrin Aybara.»

Perrin camminò per il campo, preoccupato che Gaul si inviasse accidentalmente da qualche parte solo pensandoti. L’uomo però subiva a malapena gli effetti del sogno del lupo.

I suoi abiti cambiavano un poco se veniva sorpreso, il velo che scattava al suo posto senza che lui lo toccasse, ma pareva limitarsi a questo.

«D’accordo» disse Perrin. «Ci porterò alla Torre Nera. Cacciamo una preda pericolosa, un uomo chiamato l’Assassino. Ti ricordi di Lord Luc?»

«Il lopinginnio?» disse Gaul.

Perrin si accigliò.

«È un tipo di uccello» affermò Gaul. «Della Triplice Terra. Non ho visto spesso quell’uomo, ma pareva un tipo che fa lo sbruffone e invece dentro è un codardo.»

«Be’, quella era una facciata» disse Perrin. «È a ogni modo è una persona molto diversa nel sogno: qui è un predatore chiamato l’Assassino che dà la caccia a lupi e uomini. È potente. Se decide di ucciderti, può comparire dietro di te in un batter d’occhio e immaginarti catturato da rampicanti e incapace di muoverti. Sarai immobilizzato mentre ti taglia la gola.»

Gaul rise.

«È divertente?» chiese Perrin.

«Ti comporti come se fosse qualcosa di nuovo» spiegò Gaul. «Eppure nel primo sogno, ovunque vado, sono circondato da uomini e donne che potrebbero legarmi in aria con un pensiero e uccidermi in qualunque momento. Sono abituato a essere inerme rispetto a qualcuno, Perrin Aybara. È così che va il mondo, in tutte le cose.»

«Comunque,» disse Perrin in tono severo «se troviamo l’Assassino — è un tipo con il volto squadrato e occhi che non sembrano del tutto vivi, e si veste di cuoio scuro — voglio che tu stia lontano da lui. Lascia che sia io a combatterlo.»

«Ma...»

«Hai detto che avresti obbedito, Gaul» lo interruppe Perrin. «Questo è importante. Ha ucciso Hopper; non permetterò che uccida anche te. Tu non combatterai l’Assassino.»

«Molto bene» disse Gaul. «Ti do il mio giuramento su questo. Non danzerò le lance con quest’uomo a meno che tu non lo ordini.»

Perrin sospirò, immaginando Gaul che se ne stava lì con le lance riposte, lasciando che l’Assassino lo uccidesse a causa di questo giuramento. Luce, quanto potevano essere suscettibili gli Aiel. «Puoi combatterlo se ti attacca,» disse Perrin «ma solo con lo scopo di fuggire. Non dargli la caccia, e se io lo sto affrontando, sta’ alla larga. Capito?»

Gaul annuì. Perrin mise una mano sulla spalla dell’Aiel, poi li traslò nella direzione della Torre Nera. Perrin non c’era mai stato prima, così dovette tirare a indovinare per trovarla. Il primo balzo fu sbagliato e li portò in una parte dell’Andor dove colline ricoperte d’erba parevano danzare nei venti mulinanti. Perrin avrebbe preferito semplicemente saltare da una collina all’altra, ma non pensava che Gaul fosse pronto per quello. Così traslò.

Dopo quattro o cinque tentativi, Perrin li portò in un posto dove notò una cupola trasparente vagamente viola che si innalzava in lontananza.

«Cos’è?» domandò Gaul.

«Il nostro obiettivo» disse Perrin. «Questo è ciò che impedisce a Grady e Neald di creare passaggi per la Torre Nera.»

«Proprio come è successo a noi nel Ghealdan.»

«Sì.» Vedere quella cupola gli riportò in mente ricordi vividi di lupi che morivano. Perrin li represse. Ricordi del genere potevano condurre a pensieri spontanei qui. Si concesse di provare una rabbia bruciante dentro di sé, come il calore del suo martello, ma si limitò a quello.

«Andiamo» disse Perrin, traslandoli di fronte alla cupola. Pareva vetro. «Se crollo a terra tirami via» disse a Gaul, poi entrò nella barriera.

Gli parve come se avesse colpito qualcosa di incredibilmente freddo. Gli succhiò via la forza. Barcollò, ma rimase concentrato sul suo obiettivo. L’Assassino. Uccisore di lupi. Quello che aveva ammazzato Hopper.

Perrin si raddrizzò quando gli tornarono le forze. Era più facile di quanto fosse stato l’ultima volta: essere nel sogno del lupo in carne e ossa lo rendeva davvero più forte. Non doveva preoccuparsi di trascinarsi dentro il sogno con troppa forza e lasciare il suo corpo a morire nel mondo reale.

Si mosse lentamente attraverso la barriera, come se fosse acqua, e uscì dall’altro lato. Dietro di lui, Gaul allungò una mano con un’espressione incuriosita in volto, poi toccò la parete della cupola con l’indice.

Gaul crollò immediatamente a terra, afflosciandosi come una bambola. Lance e frecce ruzzolarono via dal suo corpo e lui giacque perfettamente immobile, il torace che non si alzava. Perrin protese una mano — il suo braccio si mosse lento — e afferrò Gaul per la gamba per tirarlo dentro.

Una volta dall’altra parte, Gaul annaspò, poi si rotolò gemendo. Si mise a sedere, tenendosi la testa. Perrin andò a prendergli con calma frecce e lance.

«Questa sarà una buona esperienza per aumentare il nostro ji» disse Gaul. Si alzò in piedi e si sfregò il braccio dove aveva colpito il suolo. «Le Sapienti definiscono malvagio venire in questo posto come abbiamo fatto noi? Credo che a loro piacerebbe portare qui gli uomini per istruirli.»

Perrin fissò Gaul. Non si era accorto che quell’uomo lo avesse sentito parlare con Edarra del sogno del lupo. «Cos’ho fatto per meritarmi la tua lealtà, Gaul?» disse Perrin, perlopiù tra sé e sé.

Gaul rise. «Non è nulla che hai fatto.»

«Cosa intendi? Ti ho liberato da quella gabbia. Ecco perché mi segui.»

«Quello è il motivo per cui ho iniziato a seguirti» disse Gaul. «Non perché sono rimasto. Vieni, non c’è un pericolo a cui stiamo dando la caccia?»

Perrin annuì e Gaul si tirò il velo sulla faccia. Assieme camminarono sotto la cupola, avvicinandosi alla struttura all’interno. C’era una distanza notevole dal margine di una di queste cupole al centro, ma Perrin non voleva balzare ed essere colto di sorpresa, così continuarono a piedi, attraversando un paesaggio di praterie aperte punteggiate da macchie di alberi.

Camminarono per circa un’ora prima di notare le mura. Alte e imponenti, sembravano come quelle attorno a una grande città. Perrin e Gaul arrivarono fino a esse, con Gaul che esplorava con estrema attenzione, come se si aspettasse che qualcuno potesse attaccarli in qualunque momento. Comunque, nel sogno del lupo, queste mura non sarebbero state sorvegliate. Se l’Assassino era qui dentro, sarebbe stato in agguato nel cuore della cupola, al centro. E probabilmente avrebbe predisposto una trappola.

Perrin posò la mano sulla spalla di Gaul e li portò sulla cima delle mura in un istante. Gaul si mosse furtivamente da un lato, accucciato, per sbirciare dentro uno dei posti di guardia coperti.

Perrin andò verso il margine interno delle mura, guardando dentro. La Torre Nera non era imponente come lasciava intendere l’esterno: un villaggio distante di capanne e piccole case, e al di là un grosso progetto in costruzione.

«Sono arroganti, non diresti?» chiese una voce femminile.

Perrin sobbalzò, ruotando, evocando il martello nelle proprie mani e approntando un muro di mattoni attorno a sé come protezione. Una donna giovane e bassa con i capelli argentei era in piedi accanto a lui, eretta come per cercare di sembrare più alta di quanto era. Indossava abiti bianchi, legati in vita con una cintura argentea. Non riconobbe la faccia, ma conosceva il suo odore.

«Caccialuna» disse Perrin, quasi un ringhio. «Lanfear.»

«Non mi è più permesso usare quel nome» disse lei, picchiettando un dito sul muro. «Egli è così severo con i nomi.»

Perrin indietreggiò, guardando da un lato all’altro. Era in combutta con l’Assassino? Gaul apparve fuori dal posto di guardia e si immobilizzò nel vederla. Perrin protese una mano per fermarlo. Poteva balzare da Gaul e fuggire prima che lei attaccasse?

«Caccialuna?» chiese Lanfear. «È così che mi chiamano i lupi? Non è corretto, niente affatto. Io non caccio la luna. La luna è già mia.» Si sporse in basso, appoggiando le braccia sul parapetto alto fino al torace.

«Cosa vuoi?» domandò Perrin.

«Vendetta» sussurrò lei. Poi lo guardò. «Proprio come te, Perrin.»

«E devo credere che anche tu vuoi l’Assassino morto?»

«L’Assassino? Quell’orfano che Moridin usa come garzone? Lui non mi interessa. La mia vendetta sarà contro un altro.»

«Chi?»

«Colui che ha causato la mia prigionia» disse lei piano, con intensità. All’improvviso alzò lo sguardo verso i cieli. Sgranò gli occhi allarmata, poi scomparve.

Perrin passò il martello da una mano all’altra mentre Gaul veniva avanti furtivo, cercando di guardare in tutte le direzioni allo stesso tempo. «Quella cos’era?» mormorò. «Una Aes Sedai?»

«Peggio» disse Perrin con una smorfia. «Gli Aiel hanno un nome per Lanfear?»

Gaul trasse un brusco respiro.

«Non so cosa vuole» disse Perrin. «Per me non ha mai avuto senso. Con un po’ di fortuna, le nostre strade si sono soltanto incrociate e lei continuerà a perseguire i suoi obiettivi.»

Perrin non ci credeva, non dopo quello che i lupi gli avevano detto in precedenza. Caccialuna voleva lui. Luce, si disse, come se non avessi già abbastanza guai.

Li traslò fino in fondo alle mura e proseguirono.


Toveine si inginocchiò accanto a Logain. Androl fu costretto a osservare mentre gli accarezzava il mento, i suoi occhi stanchi che si aprivano e la guardavano con orrore.

«È tutto a posto» disse lei con dolcezza. «Puoi smettere di resistere. Rilassati, Logain. Arrenditi.»

Lei era stata Convertita facilmente. A quanto pareva, collegati con tredici Mezzi Uomini, era più facile per degli incanalatori maschi Convertire incanalatrici femmine e viceversa. Ecco perché stavano avendo così tanti problemi con Logain.

«Prendetelo» disse Toveine indicando Logain. «Facciamola finita, una volta per tutte. Si merita la pace della ricompensa del Sommo Signore.»

Gli sgherri di Taim trascinarono via Logain. Androl lo osservò disperato. Era evidente che Taim considerava Logain un premio. Convertito lui, il resto della Torre Nera avrebbe ceduto facilmente. Molti dei ragazzi lassù avrebbero accettato di buon grado il loro destino se Logain gliel’avesse ordinato.

Come può continuare a lottare?, pensò Androl. Il solenne Emarin era stato ridotto a un relitto piagnucolante dopo sole due sessioni, anche se non era ancora stato Convertito. Logain ne aveva subite quasi una dozzina e ancora resisteva.

Ciò sarebbe cambiato, poiché adesso Taim aveva le donne. Poco dopo la Conversione di Toveine ne erano arrivate altre, sorelle dell’Ajah Nera guidate da una donna orrenda che parlava con autorità. Le altre Rosse che erano venute con Pevara si erano unite a loro.

Una preoccupazione assonnata fluì attraverso il legame di Pevara fino ad Androl. Lei era sveglia, ma piena di quella bevanda che le impediva di incanalare. La mente di Androl invece era relativamente sgombra. Quanto tempo era passato da quando lo avevano costretto a bere i rimasugli dalla tazza che prima avevano dato a Emarin?

Logain... non durerà molto a lungo. La trasmissione di Pevara era intrecciata di stanchezza e una crescente rassegnazione. Cosa... Si interruppe, i pensieri che diventavano confusi. Che io sia folgorata! Cosa facciamo?

Logain urlò di dolore. Non l’aveva mai fatto prima. Sembrava un pessimo segno. Presso la porta, Evin si alzò e guardò. All’improvviso lanciò un’occhiata sopra la spalla, sobbalzando per qualcosa.

Luce, pensò Androl. Potrebbe essere... la sua follia, causata dalla corruzione? È ancora lì?

Androl notò per la prima volta che era schermato, cosa che non facevano mai ai prigionieri a meno che non lasciassero che la loro dose di radice biforcuta scemasse così da poterli Convertire.

Questo gli causò una fitta di panico. Lui sarebbe stato il prossimo?

Androl?, trasmise Pevara. Ho un’idea.

Cosa?

Androl iniziò a tossire attraverso il suo bavaglio. Evin sobbalzò, poi si avvicinò, tirando fuori la sua fiasca d’acqua e versandone un po’ sul bavaglio. Abors — uno dei tirapiedi di Taim — oziava contro il muro. Era lui a tenere lo schermo. Lanciò un’occhiata ad Androl, ma qualcosa dall’altro lato della stanza attirò la sua attenzione.

Androl tossì più forte, così Evin slegò il bavaglio e lo fece rotolare di lato, lasciando che sputasse fuori l’acqua.

«Zitto ora» disse Evin, guardando con la coda dell’occhio Abors, che era troppo lontano per sentire. «Non farli arrabbiare con te, Androl.»

La Conversione di un uomo all’Ombra non era perfetta. Pur cambiando la sua lealtà, non mutava tutto quanto nella persona. La cosa nella testa di Evin aveva i suoi ricordi, la sua personalità e — volesse la Luce — i suoi difetti.

«Li hai convinti?» sussurrò Androl. «A non uccidermi?»

«Proprio così» disse Evin, abbassandosi, gli occhi spiritati. «Continuano a dire che sei inutile dato che non riesci a incanalare molto bene, ma a nessuno di loro piace creare passaggi per mandare in giro la gente. Ho detto che li avresti fatti tu per loro. Lo farai, vero?»

«Ma certo» disse Androl. «È meglio di morire.»

Evin annuì. «Hanno interrotto la tua dose di radice biforcuta. Il prossimo sarai tu, dopo Logain. Il Sommo Signore finalmente ha inviato nuove donne a M’Hael, donne che non si stancano ogni volta che incanalano. Con loro, Toveine e le Rosse, tutto dovrebbe andare più spedito ora. M’Hael dovrebbe avere Logain entro la fine della giornata.»

«Li servirò» disse Androl. «Lo giurerò al Sommo Signore.»

«Questo è un bene, Androl» disse Evin. «Ma non possiamo lasciarti andare finché non sarai stato Convertito. M’Hael non accetterà solo un giuramento. Andrà tutto bene. Ho detto loro che ti saresti Convertito facilmente. Lo farai, vero? Non resisterai?»

«Non resisterò.»

«Grazie al Sommo Signore» disse Evin rilassandosi.

Oh, Evin. Non sei mai stato esageratamente sveglio.

«Evin,» disse Androl piano «devi stare attento ad Abors. Lo sai, vero?»

«Ora sono uno di loro, Androl» disse Evin. «Non devo preoccuparmi di loro.»

«Questo è un bene» sussurrò Androl. «Quello che gli ho sentito dire su di te non dev’essere stato nulla.»

Evin si mosse agitato. Quello sguardo nei suoi occhi... era paura. La corruzione era stata ripulita. Jonneth, Emarin e gli altri nuovi Asha’man non avrebbero mai dovuto patire la pazzia.

Questa si manifestava in modo diverso in Asha’man diversi, e a gradi diversi. Comunque, la paura era la più comune. Giungeva a ondate; aveva consumato Evin quando era avvenuta la purificazione. Androl aveva visto degli Asha’man che era stato necessario uccidere quando la corruzione li aveva sopraffatti. Lui conosceva bene quello sguardo negli occhi di Evin. Anche se il ragazzo era stato Convertito, portava ancora la pazzia con sé. L’avrebbe fatto per sempre.

«Cos’ha detto?» chiese Evin.

«Non gli piaceva che tu fossi stato Convertito» disse Androl. «Pensa che prenderai il suo posto.»

«Oh.»

«Evin... forse sta progettando di ucciderti. Fa’ attenzione.»

Evin si alzò in piedi. «Grazie, Androl.»

Si allontanò, lasciando Androl senza bavaglio.

Questo... non può funzionare, trasmise Pevara intorpidita.

Non aveva vissuto abbastanza a lungo fra loro. Non aveva visto cosa poteva fare la follia e non sapeva riconoscerla negli occhi degli Asha’man. Di solito, quando uno di loro diventava così, lo prendevano e lo isolavano finché non gli passava. Se quello non funzionava, Taim aggiungeva qualcosa al suo vino e lui non si svegliava più.

Se non fossero stati fermati, avrebbero portato distruzione. Avrebbero ucciso quelli più vicini a loro, scagliandosi innanzitutto contro le persone che avrebbero dovuto amare.

Androl conosceva quella pazzia. Sapeva che era anche dentro di lui. Questo è un errore, Taim, pensò. Usi i nostri stessi amici contro di noi, ma noi li conosciamo meglio di te.

Evin colpì Abors con una scarica dell’Unico Potere. Un secondo più tardi, lo schermo di Androl scomparve.

Androl abbracciò la Fonte. Non era molto forte, ma aveva Potere sufficiente per bruciar via qualche corda. Rotolò via dai suoi legacci, le mani insanguinate, ed esaminò la stanza. Non era riuscito a vederla prima, non del tutto.

La stanza era più grande di quanto aveva ritenuto, delle dimensioni di una piccola sala del trono. Un’ampia predella circolare dominava il lato opposto, sormontata da un doppio anello di Myrddraal e donne. Rabbrividì quando vide i Fade. Luce, quanto era orrendo quello sguardo senza occhi.

Gli uomini esausti di Taim erano in piedi presso la parete opposta, gli Asha’man che non erano riusciti a Convertire Logain. Lui sedeva sulla predella, afflosciato e legato a una sedia al centro del doppio anello. Come un trono. La testa di Logain rotolò da un lato, gli occhi chiusi. Pareva che stesse sussurrando qualcosa.

Taim, furibondo, si era girato verso Evin, che combatteva con Mishraile accanto al cadavere fumante di Abors. Sia Evin che Mishraile trattenevano l’Unico Potere, lottando per terra, un coltello tra le mani di Evin.

Androl si precipitò verso Emarin, ma per poco non cadde a faccia in giù quando le gambe gli cedettero. Luce! Era debole, ma riuscì a bruciar via le corde di Emarin, poi quelle di Pevara. Lei scosse la testa, cercando di schiarirsela. Emarin annuì con gratitudine.

«Riesci a incanalare?» sussurrò Androl. L’attenzione di Taim era sullo scontro di Evin.

Emarin scosse il capo. «La bevanda che ci hanno dato...»

Androl si aggrappò all’Unico Potere. Le ombre iniziarono ad allungarsi attorno a lui.

No!, pensò. No, non ora!

Un passaggio. Aveva bisogno di un passaggio! Androl risucchiò dentro di sé l’Unico Potere, formando il flusso per Viaggiare. Eppure, come prima, colpì una specie di barriera, come un muro che gli impediva di aprire il passaggio. Frustrato, cercò di fame uno per una destinazione più vicina. Forse la distanza contava. Poteva creare un passaggio per la bottega di Canler sopra di loro?

Si mosse a fatica contro quel muro, combattendo con tutto quello che aveva. Si sforzò, sempre più vicino; poteva quasi farcela... Aveva la sensazione che stesse succedendo qualcosa.

«Per favore» sussurrò. «Per favore, apriti. Dobbiamo andarcene da qui...»

Evin fu abbattuto dal flusso di Taim.

«Cos’è stato?» sbraitò Taim.

«Non lo so» disse Mishraile. «Evin ci ha attaccato! Stava parlando con il paggetto e....»

Entrambi si girarono verso Androl. Androl smise di provare a creare il passaggio, scagliando invece un flusso di Fuoco contro Taim dalla disperazione.

Taim sorrise. Quando la lingua di Fuoco di Androl lo raggiunse, scomparve in un flusso di Aria e Acqua che la dissipò.

«Sei davvero un tipo insistente» disse Taim, sbattendo Androl contro il muro con un flusso di Aria.

Androl annaspò dal dolore. Emarin barcollò in piedi frastornato, ma un secondo flusso di Aria lo buttò di nuovo a terra. Stordito, Androl si sentì issato su e trascinato per la stanza.

La donna brutta nerovestita uscì dal circolo di Aes Sedai e si andò a mettere accanto a Taim. «Allora, M’Hael» disse. «Non hai il controllo completo di questo posto come avevi affermato.»

«Ho strumenti scadenti» disse Taim. «Dovevano essermi date più donne prima!»

«Hai fatto lavorare i tuoi Asha’man fino allo sfinimento» replicò la donna. «Hai scialacquato la loro forza. Prenderò io il comando qui.»

Taim era in piedi sulla predella, accanto alla forma afflosciata di Logain, alle donne e ai Fade. Pareva che considerasse questa donna — forse una dei Reietti — una minaccia maggiore di chiunque altro dei presenti.

«Pensi che funzionerà, vero?» chiese Taim.

«Quando il Nae’blis verrà al corrente di questo tuo pasticcio...»

«Il Nae’blis? Non m’importa di Moridin. Ho già offerto un dono al Sommo Signore in persona. Bada, godo del suo favore. Tengo le chiavi nelle mie mani, Hessalam.»

«Vuoi dire... che l’hai fatto davvero? Le hai rubate?»

Taim sorrise. Tornò a voltarsi verso Androl, che era sospeso in aria, dibattendosi invano. Non era schermato. Scagliò un altro flusso verso Taim, ma l’uomo lo bloccò con noncuranza.

Androl non era uno che valesse nemmeno la pena schermare. Taim lo lasciò cadere dai flussi di Aria. Androl colpì forte il suolo. Grugni.

«Per quanto tempo ti sei addestrato qui, Androl?» chiese Taim. «Sei un imbarazzo per me. Quello è il meglio che riesci a fare quando cerchi di uccidere?»

Androl si sforzò di mettersi in ginocchio. Avvertiva dolore e preoccupazione da Pevara dietro di lui, la sua mente annebbiata dalla radice biforcuta. Di fronte a lui, Logain sedeva sul suo trono, bloccato lì, circondato dal nemico. Aveva gli occhi chiusi; era a malapena cosciente.

«Qui abbiamo finito» disse Taim. «Mishraile, uccidi questi prigionieri. Prenderemo quelli di sopra e li porteremo a Shayol Ghul. Il Sommo Signore mi ha promesso più risorse per il mio lavoro lì.»

I lacchè di Taim si avvicinarono. Androl, inginocchiato, alzò lo sguardo. Tutt’attorno l’oscurità crebbe, forme che si muovevano tra le ombre. L’oscurità... lo terrorizzava. Doveva lasciar andare saidin, doveva. Eppure non poteva farlo.

Doveva cominciare a tessere.

Taim gli lanciò un’occhiata, poi sorrise e intessé Fuoco Malefico.

Ombre, tutt’intorno!

Androl si aggrappò al Potere.

I morti, vengono a prendermi!

Intessé per istinto, il miglior flusso che conosceva. Un passaggio. Colpì quel muro, quel maledetto muro.

Così stanco. Le ombre... le ombre mi prenderanno.

Una barra incandescente di luce schizzò dalle dita di Taim, indirizzata verso Androl. Androl urlò, sforzandosi, gettando le mani in avanti e posizionando il suo flusso. Colpì quel muro e vomitò.

Di fronte a lui si aprì un passaggio del diametro di una moneta. Il flusso di Fuoco Malefico finì lì dentro.

Taim si accigliò e la stanza divenne immobile, con gli Asha’man stupefatti che interrompevano i loro flussi. In quel momento, la porta della stanza esplose verso l’interno.

Canler fece irruzione trattenendo l’Unico Potere. Era seguito da una ventina di ragazzi dei Fiumi Gemelli che erano venuti a addestrarsi nella Torre Nera.

Taim urlò, abbracciando la Fonte. «Siamo attaccati!»


La cupola pareva incentrata sul progetto di edificio che aveva notato. Quello era un male: con quelle fondamenta e buche, l’Assassino avrebbe avuto posti in abbondanza per nascondersi e tendergli imboscate.

Una volta raggiunto il villaggio, Perrin indicò un edificio particolarmente grosso. Due piani, costruito come una locanda, con un solido tetto di legno. «Ti porterò lassù» mormorò Perrin. «Appronta il tuo arco. Urla se noti qualcuno che cerca di cogliermi di sorpresa, d’accordo?»

Gaul annuì. Perrin li traslò sulla cima dell’edificio, e Gaul prese posizione accanto al camino. I suoi abiti si modificarono per confondersi con il colore dei mattoni d’argilla, e lui rimase basso, l’arco pronto. Non avrebbe avuto la gittata di un arco lungo, ma da qui sarebbe stato letale.

Perrin si lasciò cadere a terra, fluttuando piano per l’ultimo pollice per non fare rumore. Si accucciò e traslò al lato dell’edificio poco più avanti. Traslò di nuovo a margine dell’Ultima costruzione della fila prima dello scavo, poi si guardò sopra la spalla. Gaul, nascosto molto bene lassù, sollevò le dita. Aveva tracciato Perrin.

Da lì, Perrin strisciò in avanti sul ventre, non volendo traslare a un punto che non poteva vedere direttamente. Raggiunse l’orlo del primo foro cavernoso delle fondamenta e guardò giù verso un pavimento di terra. Il vento soffiava ancora e in basso turbinava della polvere, celando qualunque traccia potesse essere stata lasciata.

Perrin si mise accovacciato e iniziò a procedere attorno al perimetro delle grosse fondamenta. Dove sarebbe stato il centro esatto della cupola? Non riusciva a capirlo: era troppo grande. Tenne gli occhi aperti.

La sua attenzione era così concentrata sui buchi delle fondamenta che per poco non andò a sbattere contro le guardie. Se ne accorse perché uno di loro ridacchiò piano, e Perrin traslò immediatamente, balzando dall’altro lato delle fondamenta e mettendosi in ginocchio, l’arco lungo dei Fiumi Gemelli che gli compariva tra le mani. Esaminò la zona che aveva lasciato, ora distante.

Stupido, pensò, notando finalmente le guardie. I due uomini oziavano in una casupola costruita accanto alle fondamenta. Era il tipo di struttura in cui ci si aspettava che i lavoratori consumassero i pasti. Perrin si guardò attorno agitato, ma l’Assassino non uscì da un nascondiglio per attaccarlo e le due guardie non lo notarono.

Non riusciva a distinguere molti dettagli, perciò traslò cautamente vicino a dove era stato. Si gettò giù nelle fondamenta e creò un ripiano di terra da un lato su cui stare per sbirciare dall’orlo del foro dentro la casupola.

Sì, ce n’erano due. Uomini con giacche nere. Asha’man. Gli parve di riconoscerli dai momenti successivi ai Pozzi di Dumai, dove avevano salvato Rand. Erano leali a lui, giusto? Rand gli aveva inviato un aiuto?

Che la Luce folgori quell’uomo, pensò Perrin. Non potrebbe essere semplicemente chiaro con chiunque, per una volta?

Naturalmente perfino gli Asha’man potevano essere Amici delle Tenebre. Perrin meditò se arrampicarsi fuori dalla fossa e affrontarli.

«Attrezzi rotti» disse Lanfear in tono ozioso.

Perrin sobbalzò con un’imprecazione e la trovò in piedi sul ripiano accanto a lui, a scrutare i due uomini.

«Sono stati Convertiti» disse lei. «L’ho sempre considerata una pratica inefficiente. Si perde qualcosa nella trasformazione: non ti serviranno mai bene come se fossero venuti spontaneamente. Oh, saranno leali, ma quella luce sarà svanita. La motivazione, la scintilla di ingenuità che rende le persone tali.»

«Sta’ zitta» disse Perrin. «Convertiti? Cosa intendi? E...»

«Tredici Myrddraal e tredici Signori del Terrore» schernì Lanfear. «Che rozzezza. Che spreco.»

«Non capisco.»

Lanfear sospirò, parlando come se lo stesse spiegando a un bambino. «Le persone in grado di incanalare possono essere Convertite all’Ombra con la forza nelle giuste circostanze. Qui M’Hael sta avendo problemi a far funzionare il processo con la facilità con cui dovrebbe. Gli servono donne se vuole Convertire facilmente degli uomini.»

Luce, pensò Perrin. Rand sapeva che alle persone poteva succedere questo? Stavano progettando di fare la stessa cosa con lui?

«Io starei attento con quei due» disse Lanfear. «Sono potenti.»

«Allora dovresti parlare più piano» sussurrò Perrin.

«Bah. È facile piegare il suono in questo posto. Potrei urlare con quanto fiato ho in corpo e loro non sentirebbero. Stanno bevendo, vedi? Hanno portato qui il vino con loro. Sono qui in carne e ossa, naturalmente. Dubito che il loro capo li abbia avvisati del pericolo che comporta.»

Perrin osservò le guardie. I due uomini stavano sorseggiando il vino, ridacchiando tra loro. Mentre Perrin guardava, il primo si accasciò da un lato, poi anche il secondo. Scivolarono giù dalle loro sedie e crollarono a terra.

«Cos’hai fatto?»

«Radice biforcuta nel vino» disse Lanfear.

«Perché mi stai aiutando?» domandò Perrin.

«Sono affezionata a te, Perrin.»

«Sei una dei Reietti!»

«Lo ero» disse Lanfear. «Quel... privilegio mi è stato tolto. Il Tenebroso ha scoperto che stavo progettando di aiutare Lews Therin a vincere. Ora, io...» Si immobilizzò, guardando di nuovo verso il cielo. Un momento dopo scomparve.

Perrin provò a decidere cosa fare. Non poteva fidarsi di lei, naturalmente. Però era brava con il sogno del lupo. Riusciva a comparirgli accanto senza fare il minimo rumore. Quello era più difficile di quanto sembrava: lei doveva immobilizzare l’aria quando essa si spostava al suo arrivo. Doveva atterrare con tanta precisione da non fare rumore e doveva silenziare il fruscio dei suoi abiti.

Con un sussulto, Perrin si rese conto che stavolta aveva anche camuffato il suo odore. Era riuscito a fiutarla — il suo odore era quello di un soffice giglio notturno — dopo che aveva cominciato a parlargli.

Incerto, strisciò fuori dalla fossa e si avvicinò alla casupola. Entrambi gli uomini erano addormentati. Cosa succedeva a uomini che dormivano nel sogno? Di norma, questo li avrebbe rimandati nel mondo della veglia, ma loro erano qui in carne e ossa.

Rabbrividì, pensando a quello che era stato fatto loro. ‘Convertiti’? Era quella la parola che aveva usato Lanfear? Luce. Sembrava ingiusto. Non che il Disegno sia mai giusto, riconobbe Perrin, ispezionando rapidamente il capanno.

Trovò l’onirichiodo conficcato nel terreno sotto il tavolo. Il pezzo di metallo argenteo assomigliava a un lungo punteruolo da tenda, istoriato per tutta la sua lunghezza con disegni. Era simile all’altro che aveva visto, ma non esattamente uguale. Lo strappò via, poi attese, mano sul martello, aspettando che l’Assassino venisse ad aggredirlo.

«Non è qui» disse Lanfear.

«Luce!» Perrin sobbalzò, il martello sollevato. Si voltò. «Perché continui a comparire a quel modo, donna?»

«Egli mi cerca» disse lei, lanciando un’occhiata verso l’alto. «Non dovrei essere in grado di fare questo, ed è diventato sospettoso. Se mi trova, lo saprà con sicurezza e io sarò distrutta, catturata e bruciata per l’eternità.»

«Ti aspetti che provi compassione per te, una dei Reietti?» sbottò Perrin.

«Io ho scelto il mio padrone» disse lei, esaminandolo. «Questo è il mio prezzo... a meno che non riesca a trovare un modo per liberarmene.»

«Cosa?»

«Penso che tu abbia la migliore possibilità» disse lei. «Mi occorre che tu vinca, Perrin, e che io sia al tuo fianco quando lo farai.»

Lui sbuffò. «Non hai imparato nessun trucchetto nuovo, vero? Porta le tue offerte altrove. Io non sono interessato.» Rigirò l’onirichiodo tra le dita. Non era mai riuscito a capire come funzionava l’altro.

«Devi ruotarlo in cima.» Lanfear protese una mano.

Perrin la fissò.

«Non pensi che l’avrei potuto prendere da sola, se avessi voluto?» domandò divertita. «Chi è stato a eliminare gli animaletti di M’Hael per te?»

Lui esitò, poi glielo porse. Lanfear fece scorrere il pollice dalla punta fino a metà e all’interno scattò qualcosa. Lanfear mise la mano in cima e ruotò la testa. Fuori il muro violetto indistinto si restrinse e scomparve.

Lei glielo riconsegnò. «Ruotalo di nuovo per attivare il campo — quanto più lo giri, tanto più si espanderà — poi fai scorrere il dito al contrario di come ho fatto io per bloccarlo. Stai attento. Ovunque lo metterai, avrà ramificazioni nel mondo della veglia così come in questo mondo, e impedirà perfino ai tuoi alleati di spostarsi dentro o fuori. Puoi passare con una chiave, ma non la conosco per questo chiodo.»

«Grazie» disse Perrin malvolentieri. Ai suoi piedi, uno degli uomini addormentati grugnì, poi rotolò sul fianco. «Non esiste... non esiste alcun modo per resistere alla Conversione? Non c’è nulla che possono fare?»

«Una persona può resistere per breve tempo» disse lei. «Solo per breve tempo. Prima o poi anche i più forti cedono. Se sei un uomo a cui si contrappongono delle donne, ti sconfiggeranno rapidamente.»

«Non dovrebbe essere possibile» disse Perrin inginocchiandosi. «Nessuno dovrebbe poter costringere un uomo a votarsi all’Ombra. Quando ci viene sottratto tutto il resto, questa scelta dovrebbe rimanerci.»

«Oh, loro hanno la scelta» disse Lanfear, pungolandone distrattamente uno con il piede. «Potevano scegliere di essere domati. Ciò avrebbe rimosso la loro debolezza e nessuno avrebbe più potuto Convertirli.»

«Non è un granché come scelta.»

«È così che ordisce il Disegno, Perrin Aybara. Non tutte le opzioni sono buone. A volte devi trarre il meglio da un destino avverso e cavalcare la tempesta.»

Lui la guardò con decisione. «E vuoi lasciar intendere che è questo che hai fatto? Ti sei unita all’Ombra perché era la tua opzione ‘migliore’? Non me la bevo nemmeno per un momento. Ti sei unita all’Ombra perché volevi il potere. Lo sanno tutti.»

«Pensa quel che vuoi, cucciolo di lupo» disse lei, i suoi occhi che diventavano duri. «Io ho sofferto per le mie decisioni. Ho sopportato dolore, agonia, tristezza straziante per ciò che ho fatto nella mia vita. La mia sofferenza supera quello che potresti concepire.»

«E di tutti i Reietti» disse Perrin «tu hai scelto il tuo posto e l’hai accettato più volentieri.»

Lei storse il naso. «Pensi di poter credere a storie vecchie di tremila anni?»

«Meglio fidarsi di quelle che delle parole di una come te.»

«Come desideri» disse lei, poi abbassò di nuovo lo sguardo sugli uomini addormentati. «Se ti aiuta a capire, cucciolo di lupo, dovresti sapere che molti pensano che uomini come questi siano uccisi quando avviene la Conversione. E poi qualcos’altro invada il corpo. Alcuni lo pensano, perlomeno.» Scomparve.

Perrin sospirò, poi mise via l’onirichiodo e traslò di nuovo sul tetto. Non appena comparve, Gaul ruotò, tendendo l’arco. «Sei tu, Perrin Aybara?»

«Sono io.»

«Mi domando se debba chiederti una prova» disse Gaul, la freccia ancora incoccata. «Mi sembra che in questo posto chiunque possa cambiare facilmente il proprio aspetto.»

Perrin sorrise. «L’aspetto non è tutto. So che hai due gai’shain, una che vuoi, l’altra no. Nessuna pare contenta di comportarsi come dovrebbe fare un gai’shain. Se sopravviviamo a tutto questo, una potrebbe sposarti.»

«Una potrebbe» confermò Gaul, abbassando il suo arco. «Pare che dovrò prendere tutte e due o nessuna. Forse è la punizione per averle costrette a riporre le lance, anche se non è una mia scelta che lo facciano, ma loro.» Scosse il capo. «La cupola è sparita.»

Perrin tenne in alto l’onirichiodo. «Proprio così.»

«Qual è il nostro prossimo compito?»

«Aspettare» disse Perrin, sistemandosi sul tetto «e vedere se togliere la cupola attirerà l’attenzione dell’Assassino.»

«E in caso contrario?»

«Allora andremo nel posto successivo in cui è probabile trovarlo» disse Perrin, sfregandosi il mento. «E si tratta di qualunque posto dove ci siano lupi da uccidere.»


«Ti abbiamo sentito!» urlò Canler ad Androl nel mezzo del conflitto. «Che io sia folgorato se non è vero! Eravamo su nella mia bottega e ti abbiamo sentito parlare, implorare! Abbiamo deciso che dovevamo attaccare. Ora o mai più.»

Flussi esplodevano per tutta la stanza. Terra eruttava e Fuoco schizzava dai seguaci di Taim sulla predella verso gli uomini dei Fiumi Gemelli. I Fade si spostavano furtivi per la stanza con mantelli che non si muovevano, sfoderando le spade.

Androl si precipitò lontano da Canler, a testa bassa, dirigendosi verso Pevara, Jonneth ed Emarin sul lato della stanza. Canler l’aveva sentito? Il passaggio che aveva creato, appena prima che Taim lo sollevasse in aria. Doveva essersi aperto, così piccolo che non era riuscito a vederlo.

Poteva creare di nuovo passaggi. Ma solo molto piccoli. A cosa serviva? È stato sufficiente a fermare il Fuoco Malefico di Taim, pensò, raggiungendo Pevara e gli altri. Nessuno dei tre era in condizioni di combattere. Intessé un passaggio, colpendo il muro, spingendo...

Qualcosa cambiò.

Il muro scomparve.

Androl sedette, stordito per un momento. Scoppi ed esplosioni nella stanza gli aggredivano le orecchie. Canler e gli altri combattevano bene, ma i ragazzi dei Fiumi Gemelli affrontavano Aes Sedai completamente addestrate e forse una dei Reietti. Stavano cadendo uno a uno.

Il muro era sparito.

Androl si mise in piedi lentamente, poi tornò verso il centro della stanza. Taim e i suoi combattevano sulla predella; i flussi provenienti da Canler e dai suoi ragazzi perdevano energia.

Androl guardò verso Taim e provò un potente, travolgente impeto di rabbia. La Torre Nera apparteneva agli Asha’man, non a quest’uomo.

Era il momento che gli Asha’man la riconquistassero.

Androl ruggì, sollevando le mani ai suoi fianchi, e intessé un passaggio. Il potere si riversò attraverso di lui. Come sempre, il suo passaggio scattò al suo posto più veloce degli altri, diventando più grande di quanto un uomo della sua forza avrebbe potuto farlo.

Lo fece delle dimensioni di un grosso carro. Si aprì proprio di fronte agli incanalatori di Taim, posizionandosi proprio mentre facevano partire la loro raffica successiva di flussi mortali.

Il passaggio copriva solo la distanza di pochi passi e si apriva dietro di loro.

I flussi intessuti dagli uomini e dalle donne di Taim colpirono il passaggio aperto — sospeso davanti ad Androl come una foschia nell’aria — poi esplosero dietro di loro.

I flussi uccisero le stesse persone che li avevano creati, incenerendo le Aes Sedai e uccidendo gli Asha’man e i pochi Myrddraal rimasti. Sforzandosi più che poteva, Androl urlò più forte e aprì piccoli passaggi sulle corde di Logain, spezzandole. Ne aprì un altro proprio sul pavimento sotto la sedia di Logain, facendola cadere dalla stanza fino a un posto lontano dalla Torre Nera, uno che, volesse la Luce, era sicuro.

La donna chiamata Hessalam fuggì. Mentre schizzava attraverso un passaggio da lei creato, Taim la seguì con un paio d’altri. Quelli rimasti non furono così saggi, poiché un momento dopo Androl aprì un passaggio largo quanto il pavimento, facendoveli cadere attraverso per precipitare per centinaia di piedi.

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