17

Con il bastone in una delle mani rugose e una candela nell’altra, Madre Jujy si trascinava, incerta sulla gambe, in una delle antiche gallerie sotterranee. Di tanto in tanto mugugnava qualcosa fra sé e sé.

— Perché una vecchia strega non può vivere i suoi ultimi anni in pace? No, nemmeno sotto terra come una talpa la lasciano campare! I diaconi dovevano venire quaggiù a mettere tutto sottosopra e a costringerla a cercare scampo sempre più in basso. No, non che sia a Madre Jujy che danno la caccia! Oh no! Date una botta in testa a Madre Jujy e abbandonatela in un angolo! Non è lei che vogliamo. Sono le nuove streghe che vogliono. Quelle giovani. Quelle belle. Ma anche Madre Jujy era bella una volta. Così bella da batterle tutte quelle nuove di oggi! Ma adesso sono diventati tutti matti, il mondo va alla rovescia e così non c’è più posto per una vecchia strega. Che possano bruciare tutti quanti nel fuoco dell’inferno!

Nella foga della sua solitaria sfuriata, Madre Jujy si era fermata e stava agitando il bastone verso il soffitto a volta. La gatta nera, che la precedeva in avanscoperta alla luce tremula della candela, ritornò indietro e miagolò con fare interrogativo.

— No. Grimalkin, non è un topo e non ho niente da darti da mangiare! Ma non preoccuparti, uno di questi giorni Madre Jujy finirà per morire di fame e tu potrai spolpare le sue ossa, a meno che non sia lei prima a farti la festa! E di tutto questo devi ringraziare le nuove streghe, che ci hanno rovinato la piazza!

Grimalkin riprese la perlustrazione. Madre Jujy la seguì traballando e continuando a sputar veleno. Ma a un tratto il silenzio della galleria fu interrotto da un terribile strepito di soffi, ringhi e miagolii. Madre Jujy accelerò il passo, mentre la sua ombra zoppicante rimbalzava giganteggiando sulle pareti, rischiarate dalla luce ancor più vacillante della candela.

— Che cosa hai trovato Grimalkin? Un topo, uno scarafaggio o un diacono morto? Qualunque cosa sia non vale tutto il putiferio che stai facendo.

Grimalkin, il pelo irto e la schiena inarcata, stava sibilando rabbiosamente contro un mucchietto di tenebra vagamente ramato, dal quale si manteneva a debita distanza.

Madre Jujy la raggiunse, si chinò e aguzzò la vista. — Allora, di che cosa si tratta? Di un topo rosso? No, di una scimmia rossa? No, per le corna di Satanas! È un demone! Un piccolo, sporco demone morto! — E alzò il bastone per colpirlo.

Ma dal mucchietto di tenebra provenne una voce flebile e stridula.

— Sì uccidimi. Uccidi Dickon. Dickon è stanco di aspettare la morte qui al freddo e al buio.

Madre Jujy si bloccò con il bastone a mezz’aria.

— Che cosa hai detto? Sta buona, Grimalkin! Altrimenti non sento quello che sta farfugliando questo grumo di sporcizia.

— Ho detto, uccidi Dickon. Riduci in briciole le sue fragili ossa con il tuo grande bastone, Madre Jujy. Lascia che la tua gatta feroce lo squarci con i suoi artigli e beva il suo sangue freddo e consumato. Il fantasma di Dickon te ne sarà grato.

— Che cosa ti fa pensare che siamo disposti a farti dei favori, piccolo fantoccio piagnucoloso? — gli domandò acidamente la vecchia strega. — Ho riconosciuto la tua voce. Tu sei il sudicio cucciolo di quel burlone dell’Uomo Nero.

— Sì, ma adesso il fratello grande di Dickon sta languendo nelle celle del Santuario, dove i preti crudeli torturano i suoi pensieri. Non può più proteggere Dickon adesso. Puoi uccidere Dickon senza pericolo.

— È inutile che implori, sudicio nanerottolo, perché noi non ti faremo nessun favore. Indietro, Grimalkin! — La gatta aveva proteso il muso con aria tracotante e stava minacciando Dickon con la zampa tesa. — E così, alla fine, quell’impertinente del tuo padrone è caduto dal filo sul quale si ostinava a fare l’equilibrista, eh?

— Sì, Madre Jujy, e tutta la Nuova Stregoneria sta per fare la sua stessa brutta fine. Molte streghe e molti stregoni sono stati catturati. Se Dickon fosse riuscito a portare a termine la missione che gli aveva affidato suo fratello, forse alla Stregoneria restava qualche speranza. Ma adesso Dickon giace qui, al buio, sottoterra, smarrito e impotente. Uccidi Dickon prima che lo uccida il suo tormento.

— Parla più forte, sudicio nanerottolo. Non capisco neanche la metà di quello che dici! — protestò Madre Jujy chinandosi ulteriormente. — E si può sapere perché tu, piccolo sgorbio ingrato e disubbidiente, non puoi portare a termine la tua missione? Perché ti sei fermato qui a piangere e a lagnarti, brutto scansafatiche che non sei altro? — E così dicendo pungolò il demonietto con la punta del bastone.

— Dickon ha esaurito la sua scorta di sangue. Il poco che gli è rimasto non gli basterebbe a compiere cento passi e a ogni istante che passa diventa più freddo. Se Dickon potesse bere del sangue fresco, allora correrebbe veloce come il vento. Ma qui non c’è sangue fresco.

— Ma tu ci stai insultando, sudicio nanerottolo — sbottò Madre Jujy alzando in aria il bastone. — Nelle mie vene e in quelle di Grimalkin scorre lo stesso sangue che scorre in quelle del tuo padrone, e per quanto vecchie e appassite siamo, ti assicuro che è più che buono!

— Chiedo perdono, Madre Jujy! Dickon non intendeva mancarvi di rispetto. Dickon si riferiva solo al sangue che lui può bere.

— Brutto presuntuoso d’un cencio peloso! Che cosa ti fa pensare di aver diritto di decidere quale sangue bere e quale non bere?

Il piccolo demone la fissò con i grandi occhi pieni di rimprovero. — Non prenderti gioco di Dickon con tanta crudeltà. Tu odi Dickon e appena avrete finito di tormentarlo tu e la tua gatta feroce lo ucciderete.

— Sentitelo, il signor so-tutto-io! — sibilò Madre Jujy con tale veemenza, che Dickon si fece ancor più piccolo per la paura. — Hai forse la presunzione di dare ordini a quelli migliori di te? Berrai il sangue di Grimalkin e se non ti piacerà te lo farai piacere!

E, senza indugiare, oltre afferrò il minuscolo demonietto per la collottola. Ma Grimalkin, intuendo che la sua padrona stava per coinvolgerla in qualcosa di poco piacevole, si allontanò di alcuni metri. Contemporaneamente, Dickon urlò: — Il sangue di un gatto ucciderebbe Dickon come i suoi artigli. Anche il tuo sangue, Madre Jujy, potrebbe ucciderlo.

Per un attimo sembrò che Madre Jujy fosse sul punto di spedire lo stremato demone a raggiungere il gatto a suon di bastonate.

— Ah, e così il mio sangue non sarebbe abbastanza buono per te, eh? — urlò con la voce strozzata dalla rabbia. — Il sangue di Madre Jujy non sarebbe abbastanza buono per un sudicio nanerottolo avvizzito? Avanti, qui svelto, prima che Madre Jujy ti riduca in poltiglia e faccia a Grimalkin una giacca rossa con la tua pelliccia!

E, strattonandosi la veste, si scoprì la spalla giallastra e ossuta.

— Madre Jujy dice sul serio? — le chiese il demone con voce flebile, scrutandola dall’ingrata posizione in cui si trovava. — Madre Jujy non sta ingannando Dickon?

— Adesso mi dai anche della bugiarda? — gracchiò la vecchia strega. — Ancora una domanda del genere e ti pentirai di avere la lingua tanto lunga. Avanti, mangia, sudicio nanerottolo! — concluse bruscamente attaccandoselo alla spalla.

Per alcuni secondi ci fu silenzio. Poi Madre Jujy si dimenò nervosamente. — Mi fai solletico — protestò.

— Madre Jujy ha la pelle dura — si scusò Dickon.

Di nuovo sembrò che la strega fosse sul punto di farlo volare al capo opposto della galleria. Le sue gracili membra tremavano per la rabbia.

— La pelle dura? La pelle dura? Quand’era giovane Madre Jujy aveva la pelle più morbida di tutta Megateopoli! Razza di orribile fantoccio senza sesso che non sei altro! Per te è un onore anche solo appoggiarci sopra la tua bocca avvizzita!

A poco a poco, la sua sfuriata si ridusse a un acido borbottio, che alla fine si acquietò. Per lunghi minuti, il silenzio freddo e umido che li circondava fu interrotto soltanto dai miagolii di gelosia di Grimalkin, che misurava con impazienza l’oscurità del tunnel, lanciando occhiate assassine al nuovo cucciolo della sua padrona.

Alla fine, il demonietto alzò la testa. Adesso i suoi movimenti erano rapidi e straordinariamente pieni di vitalità.

— Dickon si sente leggero come l’aria — cinguettò con grande vivacità. — Nessun compito è troppo difficile per lui adesso. — Poi assunse di colpo un tono di grande rispetto. — Il tuo sangue era molto, molto buono, Madre Jujy, anche se era pieno di strane emozioni. Non ha fatto alcun male a Dickon. Oh, Madre Jujy, come potrà mai ripagarti Dickon? Come potranno suo fratello e i compagni di suo fratello saldare il loro debito? La mente di Dickon è troppo piccola per poter misurare l’importanza del favore che gli hai reso. Dickon non ha parole per descrivere…

— Per descrivere che cosa? Come stai a sprecare tempo prezioso ad adularmi, mentre il mondo intero attende l’esito della tua missione? — lo interruppe Madre Jujy. — Sparisci! — E con la mano libera gli diede una spinta che, nel debole gesto delle dita, si confuse con una rapida carezza al pelo ramato.

Lui le restituì un sorriso grinzoso. Quindi, con uno scatto fulmineo, che fece tremare l’aria umida della galleria e lasciò la povera Grimalkin a prendere a zampate il vuoto, si dileguò nell’oscurità, nella direzione opposta a quella dalla quale la strega era venuta.

Per molti minuti, Madre Jujy inseguì con lo sguardo l’ombra di Dickon inghiottita dalla tenebra, mentre dalla candela che le tremava fra le dita incerte, cadevano minuscole goccioline di cera che, appena toccavano il suolo freddo, si indurivano e sbiancavano.

— Forse ce la faranno — mormorò fra sé e sé, la voce rotta da un’emozione che non avrebbe mai confessato a nessuno se non a Grimalkin. — Che Satanas li aiuti. E chissà, forse ce la faranno davvero.

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