Capitolo ottavo

Il diario di Abraham Van Helsing


4 luglio. Lo sa, il povero John lo sa. Non nei dettagli, forse, ma gli è stato mandato il mio stesso sogno. Può solo significare che il Fato, o Dio, o qualunque Potere lavori per proteggere il Bene, sta cercando di avvertire tutti e due.

E tali avvertimenti devono essere compresi, poiché indicano l’avvicinarsi del Male. Nonostante tutti i miei sforzi per risparmiargli la sua eredità, vi viene attirato lo stesso. Forse, dopotutto, i buddisti hanno ragione; lui è biologicamente e psichicamente legato a Vlad, e il suo “karma” è quello di aiutare suo padre a liberare la famiglia da una maledizione vecchia di secoli.

Quindi il mio iniziale impulso a venire qui è stato giustificato. Non oso lasciarlo ora: non oso.


Il diario di Zsuzsanna Dracul


13 luglio. Una settimana a Londra e non mi sono mai sentita tanto splendidamente viva! Elisabeth apparentemente è infinitamente ricca: ha assecondato i miei capricci come un genitore asseconda un bambino terribilmente viziato. Ed ecco come mi sento: una bambina in vacanza, quando visito i bei negozi di vestiti, i calzolai e provo tutte le nuove mode. Nel corso della mia intera esistenza, da viva e da non vivente, non ho mai avuto così tanti vestiti, cappelli, scarpe, o guanti, quanti ne ho comperati in questa settimana. E, nel contempo sono curata come una vera signora, racchiusa nel grembo sociale di coloro che sono le mie prede. No, non una vera signora, ma la principessa che sono, poiché Elisabeth e io ci presentiamo con i nostri titoli: la contessa Nadasdy, e la principessa Dracul. Come tutti ci riveriscono!

Abbiamo persino comperato una casa, un grande château francese nella parte più ricca della città, che Elisabeth ha riempito di domestici. Possiedo un cocchiere meravigliosamente bello, frutto di una madre africana e di un padre italiano. Per divertirmi, ho intrapreso con lui quella che lui crede essere una relazione estremamente scandalosa… Non sa affatto fino a che punto sia strano per un umile cocchiere trastullarsi con questa particolare principessa.

Ma la casa, la casa… la casa è davvero bella. Ci sono vetri di cristallo alle finestre che rifrangono la luce del sole in arcobaleni, bei tappeti turchi, pavoni che camminano impettiti sul pavimento, fiori e fontane zampillanti, e statue di Bacco, Pan e Afrodite…

Noi siamo le nuove beniamine esotiche della società, le rappresentanti ungheresi e rumene della regalità. La gente ci viene a trovare e noi serviamo (e mangiamo!) i più deliziosi dolci francesi, quelli minuscoli decorati, del tipo che avevo visto nella Konditorei viennese ma che non avevo potuto assaggiare.

Divoro tutto. E succhio dall’élite cittadina più ricca e potente… per la maggior parte uomini, che fanno in modo di non farmi restare sola. Come glielo permetto allegramente… e poi, come bevo allegramente!

Ma una maledizione si staglia su questa beatitudine quando penso all’arrivo di Vlad. Cercherà di trovare qualcuno per ucciderci, proprio come noi abbiamo cercato l’aiuto di Mr. Harker. Abbiamo lasciato il nostro inglese a Budapest, in preda a un folle delirio. Sarà una scusa buona, specialmente perché non ricorderà nulla di noi due, ma tutto di Vlad. La sua gente lo crederà per tutto questo tempo malato di follia o di febbre cerebrale, senza alcun dubbio, cosicché, quando riapparirà nella sua Exeter, nessuno avrà dei sospetti.

E noi troveremo un modo per portarlo a Londra.

Ma io ho atteso così tanti anni per godermi la mia libertà in questa bella (ma sporca) città, che temo la fine della mia felicità. Ho voglia di dire a Elisabeth: Vai e ingaggia la tua guerra metafisica contro Vlad; lasciami qui!

Lei sembra felice ma, negli ultimi due giorni, è stata preoccupata. Si è divertila nel socializzare e si è concessa alcuni peccatucci sessuali con coloro con i quali io ceno, ma ieri, e oggi, si è chiusa oltre ogni mio tentativo di raggiungerla, usando una magia così forte che non riesco a scoprire dove sia andata. Suppongo che si stia preparando per il confronto con Vlad, o che si stia assicurando l’aiuto dell’Oscuro Signore. Ieri, quando è riapparsa, aveva il viso scuro, era silenziosa, e mi ha mandato da sola in giro per i negozi.

Oggi l’ha fatto ancora. Quando sono arrivata a casa tardi, l’ho trovata nella cantina, dove aveva aperto dei pacchi che le erano stati spediti da casa. Il contenuto?

Mio Dio, il contenuto… Una Vergine di Ferro della dimensione di una donna, con i capezzoli sui suoi seni duri dipinti di un rosso acceso, e l’ampio sorriso pieno di denti umani di varie dimensioni e sfumature di bianco, giallo e marrone. Dalla testa le fluivano lunghi capelli d’oro, e sul suo pube si attorcigliavano peli dello stesso colore.

Accanto c’era un’altra oscena creazione: una stretta gabbia cilindrica… di nuovo, ampia appena per contenere il corpo di una donna. Dalle sue sbarre di ferro emergevano delle lunghe lance affilate… rivolte verso l’interno, in modo che la prigioniera che lottasse o cercasse di fuggire vi si sarebbe trovata ben presto impalata. Rimasi a guardare con silenzioso orrore mentre Elisabeth dava ordini a Dorka e a un servitore su una scala perché l’appendessero al soffitto, facendo poi passare la corda attraverso una puleggia.

«Che cos’è», chiesi, con una voce bassa che tremava.

Già sapevo la risposta: il fine di quei congegni era palesemente chiaro, ma dovevo sentire la spiegazione di Elisabeth.

Lei si voltò sorridendo verso di me, con gli occhi che le brillavano di desiderio predatorio.

«Zsuzsanna, cara! Benvenuta nella nostra piccola prigione».

Il suo malumore era completamente scomparso, sostituito da una grande allegria; mi prese la mano e mi tirò a sé, poi mi piantò un focoso bacio sulle labbra.

Rimasi rigida e distante, poiché ero molto turbata: riuscivo a pensare soltanto a come avevo sempre disperatamente odiato il Teatro di Morte di Vlad, dove a lui piaceva tormentare senza misericordia le sue povere prede. Ho cenato con il sangue di sconosciuti troppo a lungo per provarne qualche rimorso ma, Vampiro o no, non ho mai condiviso la predilezione di Vlad per la tortura. È abbastanza brutto che quei poveri sciocchi debbano morire, così, da molto tempo, ho deciso che li avrei mandati nell’Ade su nuvole di estasi.

La maggior parte delle volte sono riuscita a farlo ma, quando ho visto gli orrendi congegni di Elisabeth, sono stata presa dal panico. L’avevo giudicata, come me, una donna generosa e gentile, capace di comprensione verso la propria cena; ero forse fuggita dalle braccia dell’Impalatore per cadere nell’abbraccio di una che era, in segreto, crudele come lui?

Alla mia freddezza, Elisabeth si limitò a ridere, e con giovialità mi tirò al suo fianco, in modo di potermi mettere un braccio intorno alla vita.

«Sciocca Zsuzsa! Non ti spaventare! Sono soltanto… attrezzi. Mezzi per ottenere un fine». Poi premette le sue labbra contro il mio orecchio e bisbigliò, in modo che né Dorka né il servitore potessero udire: «Con il tempo, cara… con il tempo, capirai. Non giudicare prima di vedere da te…».

«Io non voglio vedere», dissi ostinatamente, e mi allontanai.

Questo è quanto accadde; né lei né io abbiamo, da allora, parlato dei segreti della cantina. Francamente, non desidero nemmeno pensarci poiché, quando lo faccio, ciò rovina la sublime felicità di essere qui a Londra con colei che amo. Stasera abbiamo incontrato un gruppo in un ristorante — un baronetto con sua moglie e un Lord con la sua signora! — e abbiamo consumato un’eccellente cena britannica a base di champagne, ostriche, manzo alla Wellington e dolce. Il cibo è una tale delizia!

Farò del mio meglio per non giudicare Elisabeth finché non vedrò che intenzioni ha con quegli strumenti. Non riesco a immaginare niente di buono, ma devo concederle fiducia…


Il diario del dottor Seward


21 luglio. Dopo aver parlato a Van Helsing di Renfield, un mio paziente, ho acconsentito alla sua richiesta di porre privatamente delle domande al nostro mangiatore di carne viva nella sua cella. Sospetto che il professore creda — oserò dirlo? — che vi siano coinvolti i Vampiri. Da quando ha deciso di restare qui, mi ha parlato della sua “missione” solo due volte, e solo in termini vaghi. La mia possibilità di credere oscilla di volta in volta; credo che non sarò mai convinto finché non avrò l’irrefutabile prova fisica dell’esistenza di tali creature. Le riflessioni della notte scorsa sul nostro paziente carnivoro mi hanno influenzato più di quanto credessi. Dopo essermi ritirato abbastanza tardi, mi addormentai di colpo e sognai dei vividi e macabri sogni ricchi di dettagli su Renfield che rigurgitava i cadaveri insanguinati e mezzo-digeriti di passerotti, gatti, grossi cani… e persino di un cavallo, che emerse dalla sua gola impossibilmente intero. E dappertutto volavano piume, macchiate di sangue con i più delicati ed elaborati disegni che potessero mai essere creati per mano della natura.

All’improvviso, su questo nauseabondo spettacolo cadde una grande oscurità: il vuoto malvagio che tutto divora dell’incubo ricorrente che avevo raccontato al professor Van Helsing. Si spandeva come un’ombra sull’uomo che vomitava finché ne fu completamente eclissato. La vista evocò nuovamente in me un intenso terrore, un terrore che crebbe fino a insopportabili proporzioni quando, anche nel mezzo del sogno, ne compresi il significato.

L’Oscurità è, come Renfield, una mangiatrice di anime, che annienta disperatamente vita dopo vita, dopo vita, dopo vita. E ha intenzione di divorare Van Helsing… e me.


Il diario di Abraham Van Helsing


24 luglio. Dracula si avvicina. L’istinto e le prove me lo confermano; infatti, mi sono preso la libertà di ipnotizzare lo “zoofago” di John, Renfield, e sono convinto che la sua nuova ossessione di consumare la “vita” è, in qualche modo, un sinistro sintomo dell’avvicinarsi del Vampiro.

Difatti, Vlad sarebbe dovuto arrivare a Londra due settimane fa. Finora, comunque, Gerda non lo ha confermato. Con la voce di Zsuzsanna, parla soltanto di un’altra: questa misteriosa Elisabeth, che sembra non essere né una mortale né un Vampiro. Di Vlad, dice: «Uff! A chi importa di lui? Lo vedremo presto…».

Posso pensare solo a una possibile spiegazione: che Vlad e Zsuzsanna abbiano avuto un dissidio e abbiano preso strade separate. Per un momento quest’idea mi ha causato terrore, poiché potrebbe voler dire che Vlad è diretto altrove in Inghilterra o, addirittura, in un altro paese.

Ma no, Zsuzsanna dice che lei “lo vedrà abbastanza presto”. E io so che lei è qui a Londra. Dove non lo so, ma devo saperlo presto e scoprirla, prima che lei trovi me.


8 agosto. Finalmente, finalmente! Ci sono state delle parole da parte di Gerda: «Lui è venuto», ha detto questo pomeriggio… e questo è tutto quello che sono riuscito a persuaderla a dire. Poi, come una ragazzina, ha tirato su le ginocchia e se le è strette al petto, ha voltato la testa e ha messo il broncio. Confesso che nonostante il gelo che provo sapendo che Vlad è arrivato (e, con lui, un grande pericolo), ho sorriso. Non per la mia povera moglie, ma per la perfetta immagine mentale che avevo dell’immatura Zsuzsanna che tiene il broncio. Tutto quello che Gerda mi ha detto finora quadra: tutti i condiscendenti riferimenti a Vlad e alla sua libertà, e ora questa infelice reazione all’arrivo di lui che lei, un tempo, adorava. La mia intuizione è giusta; hanno avuto un dissidio.

Ma Vlad incontrerà Zsuzsanna qui? Per il suo arrivo c’è voluto più di un mese, il che significa che dev’essere venuto per mare. Avevo insistito con Gerda riguardo a questo, chiedendole:

«Dov’è ora? A Londra?».

Lei non ha risposto, e si è limitata a scuotere la testa.

Posso solo sperare che lui si scusi e ritorni da Zsuzsanna, altrimenti il mio compito sarà molto più difficile. Senza Gerda come mia bussola, sono perduto.


24 agosto. Dai piccoli pezzetti di informazione che ho raccolto da Gerda, credo di essere in grado di ricostruire l’area in cui Zsuzsanna si sta nascondendo: vicino all’East End o a Piccadilly. Ho perlustrato la zona completamente sia con il tassì che a piedi ma, finora, non sono riuscito a trovare nessuna proprietà che possa andar bene per i Vampiri. Tutte le case sono dei rifugi per la ricca classe abbiente; non vi sono cimiteri, né cappelle in rovina, niente di sufficientemente tetro per andar bene al gusto di Vlad.

Comunque, non ho altro da dire riguardo al fatto se si incontrerà con la sua consorte. Potrebbe darsi che mi si presenti un doppio compito: dare la caccia a lui e a Zsuzsanna separatamente. Mi auguro che non succeda.

Penso di no poiché, la notte scorsa, abbiamo preso uno spavento al manicomio in base al quale mi sono convinto che lui è effettivamente arrivato a Londra. Lo “zoofago” di John, Renfield, è diventato così seriamente ossessionato che ha scalato il muro del manicomio ed è fuggito nella proprietà confinante (fortunatamente, non è andato tanto lontano da mettere in allarme i residenti). La confusione mi ha fatto uscire dalla mia stanza e, quando John è ritornato (ansimando e sbuffando), mi ha raccontato tutto quello che era accaduto.

Ciò che ha maggiormente attirato la mia attenzione è stato un commento che il paziente ha fatto nel suo delirio, ossia che il Padrone era arrivato e che lui, Renfield, avrebbe fatto ciò che il Padrone gli ordinava. John lo ha ripetuto così:

«Ti ho venerato così a lungo. Ora che sei vicino, aspetto i Tuoi ordini…».

Renfield è, come ho sempre sospettato, eccezionalmente sensibile (di solito i pazzi lo sono: perdonami, cara Gerda, ma è vero anche per te). Lui sente la malvagia presenza del Vampiro che si avvicina, e l’ha incorporata nella sua follia. Ma noi dobbiamo sorvegliarlo in modo particolare, poiché si è offerto al servizio di Vlad. Quindi è, per noi, un grande pericolo potenziale.

Vlad è effettivamente nella zona; la mia intuizione è che si trovi a Londra, con Zsuzsanna. Domani, quando Gerda sarà in grado, vedrò se questa intuizione è giusta.


30 agosto. Tutto fa pensare a una separazione tra Vlad e Zsuzsanna. Quando chiedo a Gerda, lei si rifiuta di dire molte cose riguardo a lui; chiaramente, Zsuzsanna vive da qualche parte in città con questa Elisabeth e nessun altro. Ma, se disprezza Vlad così profondamente come le sue parole e il suo atteggiamento suggeriscono, perché ha scelto anche lei di venire qui? Perché non è andata in un’altra grande città europea, invece di dividere Londra con qualcuno che odia?

Ciò rende il mio lavoro doppiamente difficile, poiché mi basavo su Gerda per conoscere i movimenti di Vlad. Mi tormenta sapere che il Vampiro è nelle vicinanze, e che si nutre di vittime innocenti, mentre io sono incapace di trovarlo, e meno ancora di fermarlo.

Vedo soltanto una scelta: utilizzare Renfield quanto più possibile, nella speranza che possegga, da qualche parte nel suo cervello sconvolto, delle informazioni che possano essere utili.


Il diario di Abraham Van Helsing


Primo settembre. C’è stato un lieve cambiamento in Gerda. Sotto ipnosi, sembra abbattuta. Apparentemente Zsuzsanna ha avuto un qualche tipo di dissidio con la sua amica Elisabeth; ogni menzione di quest’ultima o di Vlad, provoca le più spregevoli imprecazioni. Ma dove Zsuzsanna si trovi, Gerda non lo dice.

Un’interessante informazione: quando parla di Vlad, parla anche di un “manoscritto” o di una “pergamena”. Non si dilunga in particolari ma, dalla sua espressione e dal tono di voce, capisco che lo vuole avere con ogni mezzo: anche solo allo scopo di toglierlo a Vlad.


Il diario del dottor Seward


3 settembre. Oggi Van Helsing e io abbiamo fatto una visita di carattere professionale a Lucy Westenra, a Hillingham (in seguito alle sue insistenze, sebbene avessi detto ad Art Holmwood che volevo portarvi un esperto). Povera ragazza! Mi si spezza il cuore al vederla in un tale stato. Ha perso molto peso, ora è troppo magra, e il suo pallore suggerisce una grave anemia del tipo che spesso costa ai giovani la vita. Però, era carina come sempre, seduta nella sua camera accanto a una finestra aperta attraverso la quale entrava la luce del sole; mi rattristò vedere che era troppo debole per godersi pienamente uno degli ultimi giorni d’estate. Portava un vestito bianco ricamato con del filo rosa e i capelli erano legati all’indietro con un grande fiocco bianco come quelli di una ragazzina. Nel sole, dei riflessi d’oro brillavano sui suoi capelli biondo cenere.

Ma era evidentemente esausta, distesa su una chaise longue sopra una grande quantità di cuscini. Nonostante la giornata calda, aveva una coperta di lana avvolta intorno alle gambe, e un’altra le avvolgeva le spalle. Quando la cameriera ci portò da lei, non alzò la testa, ma sollevò il braccio con un grande sforzo in modo che noi potessimo prenderle la mano. Debole o no, è riuscita a incantare completamente Van Helsing… e anche me, naturalmente.

E sono convinto che lui abbia incantato lei, sebbene egli recitasse ancora la parte dello straniero sciocco, il massacratore della grammatica e della sintassi inglese. Vorrei che non lo facesse… almeno quando ci sono io. Provo imbarazzo per lei (lo fa sembrare, uno degli uomini più intelligenti e istruiti del mondo, uno sciocco pasticcione), e qualche volta le sua frasi più oltraggiose mi fanno sorridere nei momenti meno opportuni.

Nondimeno, per quanto io fossi turbato, Lucy ne fu chiaramente conquistata. E, quando arrivò il momento che lui l’esaminasse, colsi con gratitudine la scusa di fare un giro lì intorno, per risparmiarmi altri intenzionali barbarismi.

Quando ebbe finito di esaminarla e prendemmo congedo dirigendoci verso la stazione nel calesse, il suo umore gioviale svanì all’improvviso. Nei suoi sconvolti occhi blu vidi la conferma delle mie peggiori paure: Lucy era in pericolo mortale.

«Allora, è una cosa grave?», chiesi, mentre il cocchiere faceva voltare il cavallo nel parco.

Era veramente una splendida giornata estiva, piena di sole e baciata da una deliziosa e fresca brezza; sopra le nostre teste, gli uccelli cantavano sui verdi rami oscillanti degli alberi.

Eppure, per me, non c’era nulla di piacevole in quel momento. Ricordo solo il senso di orrore che mi gelò la spina dorsale, nonostante la chiazza di luce calda e dorata in cui ci trovavamo. Infatti avevo pensato che la cosa peggiore sarebbe stata che Lucy fosse malata di anemia perniciosa, ma la risposta che lui diede fu, a pensarci, anche più terribile.

Guardò un istante la nuca del conducente, come per prendere una decisione, poi disse:

«È grave. È stata morsa».

«Morsa?». Onestamente ero confuso, pensando in parole strettamente mediche in termini di una diagnosi. «Ma come potrebbe ciò…», stavo per dire, Ma come potrebbe ciò causare una tale perdita di sangue? Sarebbe stata una ferita così evidente che né io né Lucy l’avremmo trascurata. Nella mia preoccupazione per lei, non avevo permesso che l’ossessione del professore per i Vampiri entrasse nella mia mente ma, prima che avessi finito di porre la mia domanda, compresi dal suo intenso e infelice sguardo che ciò era esattamente quello che lui intendeva: una creatura fornita di denti aguzzi aveva succhiato il sangue dal dolce collo di Lucy.

Senza dubbio, Van Helsing si accorse del mio sgomento, poiché uno sguardo compassionevole gli passò sul viso e lui chiese piano:

«Non riesci ancora a crederci, vero, John? Non ci puoi credere con tutto il tuo cuore».

Il chiaro cielo blu, le foglie mosse dal vento, il dolce canto degli uccelli, tutto assunse un colore orrendamente sinistro. Nulla era come sembrava; tutta la bellezza che ci circondava era corrotta, una bella facciata costruita per celare il Male.

Quanto tempo era passato — due settimane, un mese — da quando, per la prima volta, aveva parlato di Vampiri? Riflettei su tutto ciò che aveva detto, naturalmente; ci riflettei, ma lo trovai talmente orrido e impossibile che non potevo mentalmente impegnarmi contro di esso.

Eppure, il sogno dell’Oscurità e il mio stesso istinto non mi permettevano assolutamente di non credere. Dovevo sfuggire il mio amico, rifiutare la sua diagnosi e indirizzarlo verso un altro alloggio? O dovevo abbandonare le mie paure e il mio scetticismo? Se avessi dovuto dire a qualunque altro dei miei colleghi medici che sentivo le “aure” delle persone, mi avrebbero ritenuto pazzo; perciò, decisi in quel momento di non fare lo stesso con il professore che, in tutte le altre occasioni, si era dimostrato un’affidabile fonte di informazioni.

Ma accettare la sua pretesa voleva dire aprire la mente a un orrore indescrivibile.

«Sì, ho difficoltà a crederci, ma ho fiducia in voi, dottore. E se quello che dite è vero, cosa possiamo fare, allora, per aiutarla?», chiesi infine, con tale disperazione e angoscia che non riuscii a nasconderle.

Si batté un lato del dito indice contro le labbra e indicò con uno sguardo eloquente il conducente; ritornammo alla stazione in un pesante silenzio.

Il treno non era eccessivamente affollato, e riuscimmo a trovare uno scompartimento tutto per noi, dove potevamo parlare più liberamente.

«Devo stare solo», disse il professore quando restammo soli. «Ho bisogno di almeno tre giorni di tempo in cui possa essere certo di non essere disturbato».

«Ho un posto del genere: una villetta in campagna che è molto isolata. Non un’anima vi disturberà».

Si illuminò subito.

«Eccellente!», mormorò.

«Ma, prima che vi lasci partire con la chiave, dovete rispondere a una domanda».

Divenne silenzioso e a disagio, ma attese di udirla in modo da poter decidere se soddisfare la mia richiesta.

«Perché?», chiesi. «Perché siete così sicuro che Lucy sia stata morsa da un Vampiro e perché dovete andarvene da solo?».

Erano domande impertinenti, a dire il vero, ma se, veramente, avevamo a che fare con quel Male leggendario, la cortesia era l’ultima delle nostre preoccupazioni.

Sospirò, con l’aspetto di un uomo che sa che le sue risposte non saranno e non potranno essere completamente credute, o persino comprese.

«Per quanto riguarda la prima, posso soltanto dire che l’istinto mi dice così. Per la seconda… devo adottare delle misure che mi permetteranno di salvare la vita della signorina Westenra, se ce ne fosse bisogno. E devo provare ancora a cercare qualcuno che mi possa aiutare a rintracciare Vlad».

«Vlad…?». Avevo già sentito quel nome in precedenza, quando lui aveva fatto le domande alla signora Van Helsing. «È questo il Vampiro?»

«Uno di loro. C’è anche Zsuzsanna e, forse, una certa Elisabeth». Aggrottò all’improvviso le sopracciglia quando gli venne una nuova idea. «Prima che vada: potrei avere la vostra assistenza per Mr. Renfield? Vorrei ipnotizzarlo di nuovo, e preferirei che ci fosse vicino qualcuno fidato. Permettetemi di parlare apertamente: credo che sia così fortemente attirato dal Male da aver stabilito un legame psichico con Vlad. Forse posso ottenere da lui l’informazione di cui ho bisogno, e allora il mio viaggio in campagna non sarà necessario».

Acconsentii. Quando arrivammo a Purfleet e ritornammo al manicomio, andai a controllare Renfield per verificare il suo umore. Sfortunatamente, si trovava in uno stato di agitazione, così decidemmo di rimandare la seduta. Il professore mi ha chiesto di chiamarlo non più tardi di quindici minuti prima del tramonto.

Nel frattempo, ho spedito una lettera ad Art con un resoconto fantasioso di ciò che il dottor Van Helsing, il grande specialista di Amsterdam, ha avuto da dire dopo aver esaminato Lucy. Temo di avergli detto talmente poco, che si potrebbe allarmare, e io non potrei di certo mentirgli riguardo ai suoi sintomi o alla reazione del professore di fronte ad essi. Quindi c’era un granello di verità nella mia lettera, abbastanza per uno che, cercando prove di Vampiri, ne potesse trovare lì. Mi viene in mente che, confessare l’intera verità, avrebbe turbato Art ancora di più, poiché avrebbe pensato che il suo vecchio amico Jack e il grande medico olandese fossero del tutto impazziti, e non saprebbe più a chi rivolgersi. Per quanto possa essere geloso di lui, non posso essere tanto crudele con il mio vecchio amico. Per amor suo, non avrei rivelato l’opinione di Van Helsing anche se il professore non avesse insistito perché non dicessi niente ad Art.

Naturalmente, il professore ha insistito nel controllare la mia lettera, e mi è sembrato che provasse un piacere perverso nell’alterare tutto quello che attribuivo a lui. Il nostro piano è fingere di scoprire lentamente i segni del vampirismo, al fine che anche gli altri giungano alla stessa conclusione di loro iniziativa. Forse anche io — se un giorno troverò una prova fisica concreta — potrei esserne convinto.

Tutto ciò che posso dire è questo: se mai ho provato un’attrazione per le cose psichiche in natura, gli eventi di oggi l’hanno curata. Mi sento come se fossi intrappolato in uno strano e fantastico sogno, che mi turba tanto quanto quello della grande Oscurità.


Il diario di Abraham Van Helsing


3 settembre. Whitby! La graziosa signorina Westenra ha riferito che l’inizio del suo strano malessere cominciò verso la metà di agosto, quando era in vacanza al mare: a Whitby, nel periodo in cui apparve una “nave fantasma”! Da ciò che disse brevemente al riguardo, non ho dubbi: lì è dove lui è approdato. Le sue risposte indicano che vi rimase una settimana prima di proseguire… per Londra, dove è ancora attirato dalla sua vittima.

Per quanto riguarda la signorina Lucy di John (lui pensa che non lo sappia, ma è chiaro dai visi di entrambi che è questa la giovane signora che lo ha respinto), la lasciai con l’unica protezione che potevo darle: un minuscolo crocifisso d’argento che avevo con me. È chiaro che lei non ha inclinazioni religiose, quindi ho rinunciato a convincerla a indossarlo; che ragione logica potevo fornirle? Quando i fiori di aglio arriveranno da Amsterdam, sarò almeno in grado di citare il potere medicinale di quel tipo di erba.

Così ho fatto qualcosa di temerario, che ora mi sembra divertente, sebbène al momento il divertimento fosse la cosa più lontana dalla mia mente. Con il suo permesso, misi la signorina Lucy in una profonda trance ipnotica poiché, come spiegai, ciò le avrebbe permesso di fornirmi molti più dettagli di quelli che poteva ricordare consapevolmente.

Dopo che ebbi domandato tutto riguardo a Whitby e al “grande uccello che volava alla finestra”, ed ebbi ottenuto delle risposte soddisfacenti, la feci restare in trance, con gli occhi chiusi. Nel frattempo, eseguii un esercizio mentale — un incantesimo, se si vuole — che mi permette di muovermi senza che gli altri mi sentano. E, con un piccolo crocifisso in mano, mi arrampicai sul radiatore: in punta di piedi, incuneai l’amuleto protettivo tra l’intelaiatura di legno della finestra e il muro (poiché tutte le risposte indicavano con chiarezza la finestra come il luogo da cui lui era entrato). Inoltre, tirai fuori alcune piccole teste di aglio e con attenzione le misi sopra lo stretto stipite.

Mentre mi trovavo in quella posizione quanto mai precaria, mi venne in mente che Lucy avrebbe potuto all’improvviso emergere dalla trance e aprire gli occhi, o che la cameriera potesse spalancare la porta: come avrei fatto allora a spiegare perché mi trovavo in punta di piedi sul radiatore? Avrei dovuto fare un incantesimo per essere invisibile prima, pensai, ma ora era troppo tardi…

Adesso mi viene da ridere ma, in quel momento, ero molto spaventato. Comunque, riuscii a portare a termine i miei semplici sforzi senza la presenza di nessuno, e ora mi auguro che saranno sufficienti per un po’. Al più presto possibile, chiederò a Vanderpool ad Haarlem di far fiorire un po’ di aglio; lui è del tutto affidabile, e mi risparmierà la noia di dover fornire spiegazioni a un contadino inglese.

È una sfortuna che la signorina Lucy non fosse assolutamente disponibile. Sapendo che la cameriera era appena fuori della porta (senza dubbio pronta a entrare al primo segno di qualcosa che non andasse), non osai chiedere direttamente di Vlad e dei suoi spostamenti. Ma, forse, verrà il momento… Fino ad allora, useremo il Mr. Renfield di John.


Il diario del dottor Seward


4 settembre. Un giorno terribile! Ho mandato via l’inserviente appena prima dell’alba in modo da poter fare entrare il professore per vedere Renfield senza che nessuno lo sapesse. Van Helsing pensa che il nostro paziente zoofago sia a conoscenza dei movimenti dei Vampiri e possa essere d’aiuto nel rintracciarli.

Il paziente è rimasto calmo quando sono entrato, così ho fatto cenno a Van Helsing di entrare. Così ha fatto e, con mia sorpresa, ha indotto Renfield in uno stato ipnotico in meno di un minuto.

«Dove sei?», gli ha chiesto il professore, con ammirevole autorità.

«Non lo so», ha risposto Renfield, con un tono di sorpresa dignità; quando è calmo, sembra un raffinato gentiluomo, tranne che per i capelli scomposti e la barba (non osiamo dargli un rasoio e nemmeno un pettine, e lui non ha la pazienza di lasciare che l’inserviente lo pettini). Ma pettinate i capelli d’argento e radete la barba sale e pepe, e sotto di essi c’è un uomo con dei lineamenti aristocratici e degli intelligenti occhi azzurro chiaro sotto severe sopracciglia nere. Secondo sua moglie, ha cinquantanove anni, ma è estremamente muscoloso e in forma per la sua età (l’inserviente — e ora anche Van Helsing e io — lo possiamo confermare!).

«Penso di trovarmi in una scatola chiusa. C’è solo oscurità e tranquillità: tranne che per gli uccelli che cantano».

Come se fosse il momento giusto, un pettirosso cominciò a cantare appena fuori della finestra; il professore e io sorridemmo a quella coincidenza.

«Sei a Londra?», chiese Van Helsing.

La domanda sembrò confondere Renfield. Gli occhi ancora chiusi, aggrottò profondamente la fronte ed esitò.

«No… sì… non lo so. Che cosa intendi per Londra?».

Fu il turno del professore a essere confuso.

«La città. Londra: la città più grande d’Inghilterra».

«Sì, sì», rispose irritato il nostro pazzo. «Lo so che cos’è Londra! Semplicemente non so…».

Un gallo cantò in lontananza; improvvisamente, Renfield balzò in piedi e corse dal professore con velocità allarmante. Prima che riuscissi a muovermi, aveva messo le sue grosse mani intorno alla gola di Van Helsing e lo stava strozzando, mentre il professore aveva afferrato i polsi del suo aggressore e cercava di liberarsi.

Ma il viso del professore era già diventato di un acceso rosso apoplettico: non riusciva assolutamente a respirare, e poteva solo emettere degli orribili respiri strozzati. Suonai immediatamente per chiamare l’inserviente, poi mi gettai nella lotta, afferrando gli avambracci di Renfield proprio sopra le mani dalle nocche bianche di Van Helsing.

In una frazione di secondo (suppongo, sebbene sembrassero ore), l’inserviente entrò e si gettò con tutta la sua mole massiccia contro Renfield, mandandolo a sbattere contro la parete. Presto il paziente fu ristretto in una camicia di forza, mentre io mi occupavo di Van Helsing, che ingollava aria mentre si massaggiava piano il collo colpito. Mi preoccupai che non gli fosse stato causato un danno reale poiché, sotto le sue dita, c’erano degli scuri segni rossi sulla pelle che, ben presto, sarebbero diventati dei lividi. Ma lui mi allontanò con la mano e presto si riprese al punto da poter parlare. Oggi è diretto alla villetta in campagna. Sono preoccupato di saperlo solo là; se la sua teoria che Renfield sia controllato dai Vampiri è esatta, versa davvero in grave pericolo.

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