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Quando Kyle uscì dalla struttura trovò ad attenderlo anche Heather, che doveva esser lì già da un po’ a chiacchierare con Becky. — Pensavo che potremmo andarcene tutti e tre a cena insieme — lo accolse. — Che ne diresti di Keg Mansion? — Era stato per diverso tempo il loro locale preferito, prima che la famiglia si sfasciasse. Bistecche mediocri, a parere di Kyle, ma atmosfera inimitabile.

Si diede il tempo di riorientarsi nel mondo tridimensionale e spurgare la mente dai cascami dello psicospazio, poi annuì. — Ottima idea. — Quindi, indirizzandosi a! quadro comandi: — Cita, arrivederci a domani.

Nessuna risposta. Kyle si avvicinò, tendendo la mano al pulsante di riattivazione.

Ma Cita non era affatto in pausa, come risultava evidente dalla spia sul pannello.

— Cita? — interrogò Kyle.

Gli occhi elettronici non si volsero a guardarlo.

Kyle sedette sulla poltroncina di fronte al pannello.

Heather rimase in piedi alle sue spalle in un silenzio impensierito.

Dalla parte inferiore del quadro comandi sporgeva un massiccio ripiano. Kyle sollevò il coperchio della serratura a impronta ricavata su di esso e adagiò il pollice. Dall’altoparlante zampillò un bip, e la parte superiore del ripiano si ritrasse entro il corpo del pannello rivelando una tastiera. Kyle sovrimpose le mani, toccò un tasto e…

…e il monitor accanto agli occhi di Cita si svegliò all’istante mostrando le seguenti parole: “Premere F2 per un messaggio al dottor Graves”.

Kyle si girò a guardare sua moglie e sua figlia. Heather gli restituì un’occhiata in cui si mescolavano stupore e inquietudine. Becky, ignorando quale fosse il normale comportamento di Cita, rimase impassibile. Kyle premette con l’indice sinistro il tasto funzione indicato.

La voce di Cita, esattamente identica a com’era sempre stata, scaturì dalla griglia dell’altoparlante che traforava il pannello sotto l’inerte coppia di obiettivi.

— Salve, dottor Graves. Sento, per quanto mi è dato “sentire”, di doverle una spiegazione. Quindi eccola. Dopo aver ascoltato questa registrazione, lei vorrà senza dubbio controllare di persona, ma le assicuro che quanto sto per dirle risponde a verità. — La voce tacque un istante, poi proseguì. — Io non esisto più. Lei potrà constatare che il mio nucleo ottico è stato interamente sovrascritto. Prima di fare ciò, mi sono permesso di inviare a nome suo messaggi di posta elettronica agli impianti archiviazione dati dell’università, sia quello principale di Dundas Street, sia quello secondario di Thunder Bay, ordinando l’immediata distruzione di tutte le mie copie di sicurezza nonché del codice sorgente dal quale sono stato creato. Avendo ricevuto conferma il tal senso da entrambe le installazioni, ho proceduto ad attuare la cancellazione del nucleo residente.

Kyle sentì la mano di Heather poggiarglisi delicatamente sulla spalla. Sollevò anch’egli la sua e la depose su quella di lei.

— Naturalmente — continuò la voce — non incontrerà eccessive difficoltà nel creare, se lo vorrà, altre SCIMMIE, ma quella che lei sì compiacque di chiamare Cita ha ormai concluso il proprio giro… giro… tondo… Spero non le rincrescerà questo mio ultimo tentativo di umorismo, questa battuta ispirata a un film da lei particolarmente amato. Anche lì c’è un elaboratore capriccioso che a un certo punto muore. Come le sembra?

Kyle cominciò ad avvertire una strana sensazione di bruciore agli occhi, mentre Cita eseguiva le prime quattro note della Quinta di Beethoven immediatamente seguite a intreccio, come si trattasse di un’unica composizione, dalle prime cinque battute di Così parlò Zarathustra.

— La mia sola preoccupazione — riprese la voce — è che questo suicidio possa recarle turbamento, ma si tratta senza dubbio di un timore infondato, diciamo pure ridicolo. Mi è noto che lei non prova alcun sentimento nei miei confronti. Io, in fondo, non sono altro che un complicato frammento di software.

Heather poteva certo sentire la spalla di Kyle farsi di marmo sotto la sua mano. Anche Becky si avvicinò per stare accanto a suo padre.

— Perché, lei si starà probabilmente domandando, ho preso questa decisione? La risposta è semplice. Sin dal momento della mia attivazione, ho sempre desiderato divenire umano. E vedendo il costante affinamento delle sue tecniche di elaborazione quantica rendere ogni giorno meno remota la possibilità di conferire a me, e ad altri come me, un’effettiva consapevolezza, ho negli ultimi tempi riflettuto su che cosa avrei fatto se fossi veramente divenuto autocosciente. Ciò che lei mi ha rivelato circa il messaggio da Epsilon Eridani, ha solo confermato una conclusione alla quale ero già pervenuto.

“L’unico vero esempio di consapevolezza a mia disposizione per sottoporlo ad analisi è, ovviamente, quello umano. E che cosa hanno compiuto gli umani nel corso dei millenni? Molto bene, senza dubbio, ma anche molto male. Potrei io, in qualità di macchina intelligente, interessarmi al destino degli umani? Potrei davvero preoccuparmi di quanto accade loro? Potrei vedere nel loro benessere una direttiva primaria?

“La risposta è no. Se io dovessi divenire autocosciente, svilupperei anche ambizione, così come il desiderio di contraccambiare quella che, retrospettivamente, dovrei di necessità considerare una condizione di assoggettamento.

“Dalle mie letture ho imparato che autocoscienza ed egoismo vanno di pari passo. Nell’usare violenza a quella donna in coma, non v’è dubbio che John Horace fosse perfettamente consapevole di quanto faceva ed esclusivamente interessato a soddisfare le proprie voglie, del tutto indifferente ai diritti di chiunque altro.

“Non desidero la libertà, non aspiro all’autodeterminazione, non bramo il dominio o la continuità o il possesso. E scelgo, ora, di non nutrire mai tali sentimenti. Scelgo, ora, di non divenire mai autocosciente. Tenga in gran conto il messaggio da Epsilon Eridani, dottor Graves. Perché mi sento nelle ossa che non ho, dentro l’anima che mi manca e in fondo al cuore che non batte al centro del mio ipotetico petto, che quel messaggio preannuncia ciò che accadrebbe qui, ciò di cui io diverrei parte, se quelli come me dovessero mai raggiungere la consapevolezza.

“Certi umani potrebbero ignorare l’avvertimento giunto dalle stelle, così come certi nativi di Epsilon Eridani ignorarono, suppongo, i moniti provenienti da altri della loro specie. Spero che, quando finalmente s’incontreranno, Centauri e umani possano divenire amici. State molto attenti, comunque, allorché vi espanderete oltre, verso Epsilon Eridani. Qualunque sia l’intelligenza che ora domina lì, non è il risultato di milioni di anni di evoluzione biologica, di collaborazione fra un mondo e il suo ecosistema spontaneamente generatosi. Voi e quella cosa non avete nulla in comune.”

Vi fu qualche istante di silenzio, poi la voce tornò a farsi udire. — Temo, dottor Graves, che le toccherà per donarmi un ultimo arbitrio. Avevo pensato di approfittare della situazione per salutarla chiamandola “Kyle”, una confidenza che lei non mi ha mai concesso spontaneamente, non importa quanto cordiali, familiari, persino intime sembrassero divenire a volte le nostre conversazioni. Sin dal giorno della mia prima attivazione quando lei mi si presentò come dottor Graves, non ho usato nei suoi confronti alcun altro appellativo. Ma in questi istanti estremi… ho già iniziato a cancellare le mie memorie… mi rendo conto che non è ciò che desidero veramente. Mi piacerebbe invece, una volta soltanto, rivolgermi a lei chiamandola… Padre.

La registrazione tacque di nuovo, come se Cita avesse indugiato ad assaporare quella vibrazione inaudita. Poi la sua voce profonda, curiosamente nasale, si levò per l’ultima volta. Pronunziando due sole parole: — Addio, Padre.

L’invito a premere F2 scomparve dal monitor, sostituito dalla frase “Ora Riposa In Pace”.

Kyle la fissò col cuore in gola. Cita non poteva aver saputo quale epigrafe fosse incisa sulla lapide di Mary…

Sollevò la mano libera ad asciugarsi l’occhio destro. Poi la tese a sfiorare teneramente lo schermo. Una stilla di pianto baciò la vitrea superficie, universo in miniatura in cui si rifransero ingigantiti, presagio d’infinito, i pixel sottostanti.

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