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Il grande aereo li portò da Seattle a Honolulu, e da lì ad Apia. Da Apia un apparecchio più piccolo coprì la distanza fino a Papeete e qui, venticinque ore dopo la partenza da Boston, Bob indicò sotto di loro, nel porto, il mercantile che faceva il giro delle isole e sul quale avrebbero compiuto l’ultima parte del viaggio. L’alto marinaio dalla pelle scura che vide Bob salire a bordo, guardò con un sospiro le scalette di corda che pendevano a intervalli regolari dal passaggio che univa la poppa alla prua, per permettere di scendere sul ponte di carico e alla sala macchine. Sapeva per esperienza che era impossibile tenere il ragazzo lontano dalle scalette e dalle macchine, e anticipò con terrore il momento in cui avrebbe dovuto consegnare al signor Kinnaird un mucchietto di ossa fratturate e di carne coperta di lividi.

«Salve, signor Teroa!» gridò Bob appena messo piede sul ponte. «Ce la farete a sopportarmi per un giorno e mezzo?»

Il marinaio sorrise. «Penso di sì, del resto ho scoperto che non sei il guaio peggiore che mi possa capitare» rispose, e Bob lo fissò sgranando gli occhi.

«Volete dire che qualcuno è riuscito a fare peggio di me?» chiese, usando quel miscuglio di dialetto francese e polinesiano in uso presso gli indigeni. «Dovete farmi conoscere quel genio!»

«Lo conosci già. Anzi, li conosci. Sono il mio Charlie e il giovane Hay. Un paio di mesi fa si sono imbarcati a mia insaputa e si sono tenuti fuori vista finché non è stato troppo tardi per rispedirli a terra. Ho avuto il mio daffare a giustificare la loro presenza a bordo!»

«Ma che cosa ci trovavano di interessante nel viaggio? Chissà quante volte l’hanno fatto!»

«Non si trattava del viaggio in sé. Charlie si era messo in mente di dimostrarmi che poteva essere utile a bordo, e Norman Hay voleva visitare il Museo Marino di Papeete senza avere intorno vecchi barbagianni che gli dicessero che cosa doveva guardare di più. Ti assicuro che me ne hanno dati di dispiaceri per tutto il tempo che sono stati a bordo!»

«Non sapevo che Norman fosse un appassionato di storia naturale» commentò Bob. «Secondo me c’è sotto dell’altro. Vedrò di scoprirlo.»

«A proposito, non ti aspettavo così presto. Cos’è, ti hanno cacciato da scuola?» L’insinuazione, accompagnata però da un sorriso cordiale, non suonò affatto offensiva.

Bob rise. Non si era preso il disturbo di inventare una spiegazione piena di particolari, ma gli pareva che dichiarando di non capire nemmeno lui la decisione del medico della scuola non avrebbe avuto bisogno di fornire spiegazioni.

«Il dottore ha detto che mi avrebbe fatto bene stare a casa per un po’» disse. «Non mi ha spiegato il perché. A me non pare di essere malato.» E per cambiare argomento chiese: «Charlie ha poi avuto quel lavoro che voleva?»

«Senti, tu non andare a dirglielo» rispose il marinaio, «però devo ammettere che a bordo ci sa fare, quel rompipalle. L’ho tenuto sott’occhio tutto il tempo, e ho visto che è in gamba. Però adesso non ti mettere in testa di ottenere anche tu un imbarco!» concluse Teroa, e con una manata amichevole spinse il ragazzo lungo il passaggio che portava alle cabine di fortuna.

Nel frattempo il Cacciatore, lavorando di meningi, era giunto a tracciare un giudizio niente affatto lusinghiero sulla propria intelligenza. Ma riconoscere di essere stato stupido non risolveva niente. Più opportuno era invece accumulare dati sull’isola in modo da averne un quadro esatto. Il suo ospite era il più accreditato per fornirgli le informazioni. Approfittando di un momento in cui Bob, risalito sul ponte, stava fissando la limpida distesa azzurra, formulò la sua richiesta.

Dovresti dirmi di più sull’isola, cominciò. Mi interessa conoscere la sua forma, le sue dimensioni e sapere dove abita la gente. All’inizio, il nostro lavoro sarà di ricostruzione, più che di ricerca. Quando saprò tutto sul posto in cui dovrò agire, potrò coordinare meglio i nostri movimenti.

«Benissimo, Cacciatore» disse Bob, reso particolarmente di buon umore dall’idea di rivedere presto la sua isola e i suoi amici. «Ti disegnerò una carta più utile di qualsiasi spiegazione verbale. In cabina devo avere dei fogli abbastanza grandi.» Il ragazzo voltò le spalle al mare, e per la prima volta in tanti viaggi, non si interessò alle pulsazioni che salivano dal cuore dello scafo, dove il grosso Diesel era entrato in funzione.

La cabina era uno stretto locale ricavato a poppa, con una branda per unico arredamento. Decisamente il mercantile non era stato progettato per trasportare passeggeri.

Frugando nei bagagli, Bob trovò un foglio di carta e una matita, e sedutosi sulla cuccetta tracciò per il Cacciatore uno schizzo dell’isola a forma di elle maiuscola, fornendo a mano a mano le varie informazioni riguardo al porto, le zone abitate dagli indigeni e quelle dove sorgevano le case dei bianchi, le strade, la barriera di corallo che di tanto in tanto andava smantellata per non compromettere l’entrata in porto delle navi con maggior pescaggio, le zone dove la vegetazione più folta era ancora allo stato di giungla primitiva, il sistema di scarico dei rifiuti, la produzione locale di petrolio e olio lubrificante integrata dall’utilizzazione di certi particolari insetti che depositano detriti appunto sotto forma di olio anziché di gas mefitici come altri di una specie simile, eccetera eccetera.

Quando risalirono sul ponte, alle loro spalle si vedeva soltanto il picco centrale di Tahiti.

Appena vide il ragazzo, l’uomo di guardia allungò la mano verso il telefono, con l’intenzione di chiedere rinforzi, poi rinunciò, ridendo. Bob girellò qua e là, chiacchierando con gli uomini, e si comportò abbastanza bene. Durante la giornata riuscì solo a bruciacchiarsi una mano andando a mettersi troppo vicino a una caldaia in sala macchine, e a far venire i capelli grigi al macchinista. Infine scese la notte. Il mattino seguente ci fu mare grosso, e il Cacciatore cercò invano un rimedio contro la nausea, in favore del suo ospite. Comunque, con grande sollievo di Bob, il vento calò dopo poche ore e le onde tornarono a dimensioni ragionevoli.

Poco dopo mezzogiorno comparve l’isola.

Secondo la terminologia locale l’isola era alta ma in realtà il suo punto più elevato s’innalzava sul livello del mare di soli ventisette metri, ragione per cui il cargo era già vicinissimo all’isola nel momento in cui Bob poté indicarla al Cacciatore.

A quanto pare saremo a riva tra un paio d’ore, commentò lo straniero. Se non hai niente in contrario vorrei vedere ancora quella carta che hai disegnato.

Nonostante l’assoluta impossibilità di esprimere scrivendo un qualsiasi stato d’animo, il ragazzo credette di indovinare un’eccezionale serietà nelle parole del suo ospite, e non fece obiezioni. Scese in cabina e aprì il foglio con lo schizzo.

Mi hai chiesto come avremmo fatto a scoprire dove si nasconde l’individuo che inseguo, disse subito il Cacciatore. Ma io non ti ho risposto.

«Mi sono infatti chiesto perché» disse il ragazzo. «Ma la tua razza mi sembra così… strana, che ho pensato che tu fossi in grado di sentirlo all’odore o qualcosa del genere. Vederlo, comunque, no, se è come te. O forse possiedi qualche strumento capace di rivelarne la presenza?»

Non possiedo nessuno strumento. Senti Bob, questo è il tuo mondo. Se tu fossi al mio posto, cosa faresti?

Il ragazzo ci pensò qualche minuto. «Quando tu entri in un corpo ti accorgi se lì c’è già qualcuno come te, no?» disse poi. Il Cacciatore fece un breve segno di conferma. «Nel tempo che ci impiegano due persone a stringersi la mano, tu riesci a penetrare sufficientemente in un corpo?»

No. Occorrono diversi minuti per farlo in modo che la persona non si accorga di niente. E poi, se tu lasci andare la mano dell’altro mentre io sono contemporaneamente in due corpi, la cosa sarebbe molto imbarazzante a tutti gli effetti. Potrei controllare tutti gli abitanti dell’isola lavorando di notte mentre dormono, ma dovrei essere in grado di spostarmi molto più rapidamente per non impiegare troppo tempo. Inoltre, così facendo, mi troverei in posizione di notevole svantaggio nel momento in cui localizzassi il mio «amico». Naturalmente il controllo finale dovrò farlo con questo sistema, ma dovrei essere ragionevolmente sicuro prima di tentare. Credo che mi sarebbe utile sentire la tua idea in proposito.

«Non conosco i vostri sistemi normali» disse Bob. «Al momento non mi viene in mente qualche persona particolare, ma si potrebbe ricostruire quello che il tuo amico ha fatto dal momento del naufragio, e poi fare una selezione delle persone che lui può aver scelto come ospiti. Cosa ne pensi?»

La cosa è possibile, però con una precisazione: noi possiamo ricostruire quello che forse il mio amico ha fatto. Può darsi che non esistano prove, o ne esistano pochissime, ma ritengo di poter stabilire con una certa precisione i suoi movimenti. Per far questo ho bisogno di sapere il più possibile sulla situazione. Tu puoi dirmi molto, e molto posso vedere io, personalmente.

«Ho capito» rispose Bob. «Allora bisogna cominciare dal momento in cui ha raggiunto l’isola… se l’ha raggiunta. Tu hai qualche idea?»

Dovremo cominciare da prima. Per decidere dove ha toccato terra bisogna prima sapere con precisione in che punto è naufragato. Vuoi indicarmi sulla carta il luogo in cui ti ho trovato?

Bob segnò un punto sulla cartina. All’estremità nordovest dell’isola, alla fine dell’asta più lunga della elle, la terra si assottigliava per finire come una specie di torta senza una fetta. Da lì la scogliera si allungava a nord per poi curvare a est e tornare in direzione sud verso la baia. Bob segnò il lato ovest della torta.

«Questo è l’unico punto della spiaggia non protetto dalla scogliera» spiegò il ragazzo. «È il posto che io e i miei amici preferiamo. È qui che siamo andati a nuotare quel giorno. Ricordo benissimo lo squalo.»

Questo, allora, è assodato, disse il Cacciatore. Sino a poco prima di penetrare nell’atmosfera terrestre la mia astronave, guidata dal pilota automatico, seguiva quella del fuggitivo. Appena mi resi conto di essere troppo vicino al pianeta ripresi personalmente il controllo dell’apparecchio cercando di imprimergli una traiettoria curva, ma non ci riuscii. Anche ammettendo che l’attrito con la vostra atmosfera avesse provocato una deviazione dalla nostra linea di volo, non credo che i nostri rispettivi punti d’impatto con l’acqua abbiano avuto tra loro una distanza superiore a due o tre chilometri. Io personalmente sono sprofondato alquanto vicino alla riva. Tu sai con che rapidità s’abbassa il fondale attorno all’isola?

«Solo approssimativamente. Comunque, oltre la barriera, l’acqua è subito molto profonda, infatti anche le navi molto grosse possono arrivare quasi fino a ridosso della scogliera.»

Proprio quello che pensavo. Io sono finito su un bassofondo. Lui dev’essere sprofondato in un raggio di due o tre chilometri attorno a quel punto. Una buona parte della zona compresa in questo raggio la possiamo eliminare. È escluso che sia caduto sulla terraferma, per esempio, perché i miei strumenti hanno chiaramente indicato che affondava in un elemento liquido. Sono altrettanto sicuro che non è arrivato nella baia, dato che lì l’acqua è profonda, come mi hai spiegato, e a quella velocità lui avrebbe immediatamente raggiunto il fondo e io l’avrei subito perso di vista mentre invece i miei strumenti hanno continuato a segnalarlo per qualche secondo. Quindi bisogna partire dal presupposto che è finito entro un semicerchio a ovest dell’isola, avente come centro la tua spiaggia. La certezza che sia andata effettivamente così non è assoluta, ma almeno ci fornisce un punto d’inizio. Ti è venuta qualche idea?

«Solo una domanda. Quanto tempo ritieni che ci abbia messo per raggiungere la riva?»

Se ha avuto la mia stessa fortuna, poche ore. Se era in acque molto profonde, con meno ossigeno di me, e agendo con maggior cautela, anche qualche giorno. Io non avrei mai attaccato quello squalo né avrei osato staccarmi dal fondale, se non fossi stato sicuro di trovarmi vicino a riva.

«Come può aver capito in che direzione doveva andare? Non può darsi che stia ancora girando sul fondo dell’oceano?»

Sì, può darsi. Però quella notte c’è stata tempesta, e dalla direzione delle onde dovrebbe aver capito, come l’ho capito io, da che parte era la riva. Se poi il fondale si abbassa rapidamente come dici tu, può essersi orientalo appunto sulla pendenza del fondo.

«Ammesso dunque che sia arrivato a riva, avrà fatto come te?»

Deve aver certamente pensato a cercarsi un ospite, ma non so dirti se si è limitato ad aspettare che gliene capitasse a tiro uno, o se è andato in cerca di qualcosa che facesse al caso suo. Se ha raggiunto terra in un punto dove erano visibili sovrastrutture chiaramente fatte da una razza intelligente, è probabile che si sia avvicinato ad esse pensando di incontrare prima o poi qualche creatura. Ma le mie sono solo ipotesi, ecco perché devo sapere tutto, e possibilmente trovare tracce.

«Che genere di tracce ti aspetti di trovare nel punto in cui ha preso Terra? E se le trovi, che cosa farai?»

Non lo so. La risposta poteva valere tanto per la prima quanto per la seconda domanda, ma Bob non insistette. Era stanco di chiedere spiegazioni. E seccato che il sistema di ricerche progettato insieme non si rivelasse molto promettente. Poi, di colpo, gli venne una idea.

«Cacciatore!» esclamò. «Mi è venuta in mente una cosa. Ti ricordi che tu mi hai potuto avvicinare quel giorno sulla spiaggia perché mi ero addormentato?» Il poliziotto fece un segno affermativo. «Non potrebbe essere successa la stessa cosa per il tuo compagno? Lui probabilmente non ci teneva a farsi vedere, e tu stesso hai detto che occorrono parecchi minuti per entrare nel corpo di una persona in maniera che questa non se ne accorga. Anche se il tuo amico non è tipo da preoccuparsi dei sentimenti del suo ospite, resta il fatto che era preferibile per lui non farsi vedere. Io penso che restringeremo di parecchio il nostro campo di ricerca se riesco a scoprire chi si è addormentato sulla spiaggia in questi ultimi mesi! Sulla riva del mare non ci sono abitazioni. La più vicina è quella di Norman Hay, e sull’isola non sono molte le persone che vanno a fare merenda sulla spiaggia come abbiamo fatto quel giorno io e i miei amici. Cosa te ne pare?»

Può essere un’idea, e forse vale la pena di tentare, ma non dimenticarti che qualsiasi parte dell’isola può venire raggiunta da uno come me, avendo tempo a disposizione, e che tutti prima o poi dormono, per quanto il mio amico questo non potesse saperlo in precedenza. Comunque, chiunque abbia dormito sulla spiaggia è sospetto, come hai osservato tu.


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