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Bob aveva calcolato bene il tempo. Quando arrivò davanti all’edificio della scuola le lezioni erano finite sì e no da un minuto. Immediatamente fu circondato da una turba rumorosa di ragazzi. Un gran stringere di mani, scambi di saluti, domande e risposte, e infine il gruppo si sciolse e Bob restò con gli amici più intimi.

Il Cacciatore riuscì a riconoscerne solo uno di tutti quelli che quel giorno erano stati a nuotare con Bob. Allora lo straniero non aveva ancora fatto l’occhio alle facce umane, ma non era facile dimenticare i capelli rossi di Kenny Rice. Gli altri erano Norman Hay, Hugh Colby e Kenneth Malmstrom, un biondino di quindici anni, molto alto per la sua età. I quattro e Bob erano amici fin da quando avevano cominciato a rotolare da soli fuori casa. Erano tutti maniaci della spiaggia e del mare, così nessuno trovò strano che Bob portasse subito la conversazione su quell’argomento.

«Qualcuno di voi è stato alla scogliera, ultimamente?» chiese Bob.

«Noi no» rispose Rice. «Hugh è uscito dalla barca attraverso il fondo, circa sei settimane fa, e non siamo riusciti a trovare un’asse della misura giusta per riparare il guaio.»

«Erano mesi che quella tavola minacciava di rompersi!» spiegò Hugh Colby. Era il più giovane dei cinque. Nessuno fece polemiche sulla sua difesa.

«In dicembre abbiamo avuto una bella tempesta» riprese Rice, «e un pezzo di corallo grosso come la nostra barca è venuto ad arenarsi a riva. Mio padre ci aveva promesso di romperlo con una carica di dinamite, in modo che ce ne potessimo prendere un pezzetto per uno, ma non l’ha ancora fatto.»

«Non puoi convincerlo a lasciar fare a noi?» chiese Bob. «Un candelotto sarebbe più che sufficiente, e sappiamo tutti come si usa quella roba.»

«Ci ho già provato. Mi ha risposto: Quando sarete più grandi.»

«Pazienza. Cosa ne dite di andare alla spiaggia?» C’erano molte spiagge sull’isola, ma per i cinque ragazzi quella parola indicava un solo posto: la loro spiaggia. «Mi pare un secolo che non nuoto nell’acqua salata!»

Tutti approvarono e s’affrettarono a prendere le biciclette appoggiate al muro della scuola. Durante la corsa fino alla spiaggia il Cacciatore fece buon uso degli occhi e delle orecchie di Bob. La conversazione non gli disse granché, ma lui riuscì a stamparsi in mente diversi particolari sulla configurazione dell’isola. Il ragazzo, ad esempio, si era dimenticato di parlargli del canale che arrivava sino a duecento metri dalla scuola, e lui non l’aveva notato quando gli erano passati accanto in jeep. Adesso invece l’osservò attentamente mentre superavano il ponte di legno. Poco dopo si ritrovarono nel punto in cui Bob aveva fermato la macchina per la seconda volta. Dopo un chilometro si fermarono tutti, e gli altri quattro aspettarono che Bob salisse in casa a prendere il costume da bagno. Più avanti, altra sosta davanti alla casa di Rice. Lì c’era un altro canale, che passava però sotto la strada. Da alcune frasi dei ragazzi il Cacciatore capì che la barca della quale avevano parlato prima era ancorata alla foce di quel corso d’acqua.

Dopo Rice, furono Malmstrom e Colby a fermarsi per depositare i libri e prendere il costume, e infine il gruppetto raggiunse la casa di Norman Hay, dove vennero lasciate tutte le biciclette. Da lì i ragazzi proseguirono a piedi in direzione ovest aggirando l’altura che formava la spina dorsale dell’isola.

Camminarono per ottocento metri, parte nella giungla e parte su terreno scoperto dove crescevano solo gruppi di palme, e si trovarono sulla spiaggia. Il Cacciatore riconobbe subito il posto. La pozza dov’era finito il suo squalo non c’era più, probabilmente livellata dalle maree e da qualche tempesta, ma la spiaggia e le palme erano indubbiamente quelle che lui aveva visto. Quello era il posto dal quale dovevano cominciare le ricerche del fuggitivo.

Poliziotti e criminali erano comunque lontanissimi dalle menti dei ragazzi che, infilati rapidamente i costumi da bagno, corsero verso l’acqua senza perdere tempo. Bob correva avanti a tutti, e nella fretta non badò a dove metteva i piedi, così si tagliò su uno dei tanti frammenti di corallo sparsi nella sabbia finissima. Il Cacciatore fu pronto a fare il suo dovere, e quando Bob si ispezionò la pianta del piede e non vide alcun segno di ferita pensò che cinque mesi di scarpe di cuoio avessero reso insensibile la sua pelle. La cosa seccò parecchio al Cacciatore che cominciò a temere di dover passare il tempo a rappezzare il suo ospite. Va bene che Bob era giovane, ma poteva anche controllarsi un po’ di più, e non fidare esclusivamente su di lui per mantenersi in buona salute! Rassegnato, lo straniero si lasciò portare in larghe bracciate sull’acqua, impegnandosi a tenere chiuso il taglio.

Fu una nuotata breve. In quel punto non protetto dalla scogliera la risacca alquanto forte richiedeva maggior fatica ai nuotatori, e dopo alcuni minuti i ragazzi tornarono a riva. Qui, raccolti i vestiti, si avviarono lungo la spiaggia verso sud. Il Cacciatore, approfittando di un attimo in cui Bob guardava il mare, gli consigliò di mettersi le scarpe, e il ragazzo ascoltando più il buon senso che la vanità obbedì. A un certo punto trovarono un’asse di consistenza e dimensioni considerevoli, probabilmente portata lì dalle onde e, pensando alla loro barca, s’affrettarono a rimorchiarla completamente in secca, per niente preoccupati all’idea che forse era stata strappata dal mare a un cantiere, e la lasciarono lì proponendosi di tornare a prenderla in seguito. Per prudenza, Malmstrom scrisse il suo nome sulla sabbia, accanto alla tavola. All’estremità sud della spiaggia Bob vide una razza, e ricordandosi di come era arrivato a riva il Cacciatore, si fermò a esaminarla ma non ne ricavò niente: il pesce doveva essere lì da parecchio e l’esame non fu gradevole.

Il Cacciatore fece un commento e per poco, dimenticandosi di non essere solo, Bob non rispose a voce alta.

Il ragazzo arrivò a casa tardi per il pranzo e solo dopo che, uniti i loro sforzi, i cinque amici ebbero trasportato l’asse fino al punto dove stava la barca. Da quel primo pomeriggio di attività, Bob riportò un unico ricordo: una bella e completa scottatura. Anche il Cacciatore non si era reso conto del pericolo, e non ne aveva interpretato giustamente i sintomi, così non aveva potuto avvertire il ragazzo di rivestirsi prima che succedesse il guaio. Al contrario di Bob, il Cacciatore riuscì a vedere almeno un vantaggio nell’incidente. Forse quella lezione, più di qualsiasi altra predica, avrebbe smorzato nel ragazzo la preoccupante tendenza a lasciare allo straniero tutto il peso di conservarlo in buona salute. Questa volta il Cacciatore non fece commenti, e lasciò il ragazzo al suo male e ai vari tentativi notturni di evitare alla maggior porzione di pelle possibile il contatto con le lenzuola. Per dire la verità, Bob era disgustato di sé. Da anni non gli capitava di essere tanto sbadato. Ripensandoci decise che la colpa di tutto doveva essere ricercata nella stranezza di trovarsi a casa fuori tempo, ma non riuscendo a convincersi che fosse proprio una scusa valida, si innervosì maggiormente contro se stesso.

Quando il mattino seguente scese a far colazione, il ragazzo era in collera col mondo intero. Guardandolo, suo padre fu tentato per un attimo di ridere, ma si trattenne, e gli si rivolse invece con molta comprensione.

«Forse è meglio che ti passi un po’ quella scottatura prima di andare a scuola; cosa ne dici? In fondo non sarà un gran danno se rimandi fino a lunedì.»

Bob approvò con un cenno. Tra l’altro si era completamente dimenticato della scuola. «Credo che tu abbia ragione» disse. «E poi è già giovedì. Comunque avevo progettato di andarmene un po’ in giro per qualche giorno.»

«Se fossi in te ci penserei due volte a mettere il naso fuori casa, ridotto in quello stato» ribatté il padre.

«Sai benissimo che non rinuncerebbe a uscire nemmeno se lo legassi» intervenne la signora Kinnaird.

Il capofamiglia non fece commenti, e tornò a rivolgersi al figlio. «Stai coperto, comunque» consigliò. «E se hai intenzione di fare l’esploratore dedicati alla giungla, lì almeno c’è ombra.»

«Se mi chiedi cosa ne penso» disse ancora la signora Kinnaird, «ti dirò che si tratta di scegliere tra averlo cotto o a brandelli. Se cuoce, almeno i vestiti si salvano, ma in genere, dopo qualche ora passata nella giungla mi torna a casa con pelle e vestiti a fette!» Sorrise guardando il figlio, e Bob ricambiò il sorriso.

«Va bene, mamma» disse il ragazzo, «vedrò di escogitare qualcosa che non ti renda troppo infelice.»

Finita la colazione, Bob si mise una vecchia camicia coloniale a maniche lunghe, che apparteneva a suo padre, lottò qualche tempo contro le liane che minacciavano di soffocare la casa e infine, riposte le cesoie, scomparve in direzione sud.

La signora Kinnaird non aveva affatto esagerato parlando della giungla. Gli alberi erano altissimi, ma fra un tronco e l’altro prosperava tutta una gamma di bassa vegetazione contorta, ricca di rami e rametti e spine fatti apposta per impigliarsi nei vestiti, con logica conclusione. Bob si inoltrò nel folto. Il ragazzo aveva in mente di raggiungere un particolare punto della giungla, distante non più di ottocento metri da casa sua, ma dovette camminare un’ora e mezza prima di arrivarci. Finalmente raggiunsero la cima della cresta e da lì poterono spaziare su tutta la parte abitata dell’isola. In quel punto, la giungla era stata arginata dall’uomo con liquidi chimici per permettere la coltivazione di giardini, e lì sorgeva un albero più alto di tutti quelli incontrati fino a quel momento, per quanto non altissimo come le palme della spiaggia. I rami più bassi erano caduti, e le profonde cicatrici sparse lungo il tronco a brevi intervalli formavano una specie di comoda scaletta. Bob se ne servì per scalarlo con facilità. Più in alto, dove ricominciavano i rami, c’era una rudimentale piattaforma di assi legate con liane, il che indicò al Cacciatore che il ragazzo si era servito altre volte di quel punto d’osservazione. Da lassù si spaziava su tutta l’isola. Bob girò attorno lo sguardo, lentamente, per permettere allo straniero di notare tutti i particolari necessariamente trascurati nella carta disegnata a bordo del mercantile. Come aveva notato il giorno prima, il Cacciatore vide diversi serbatoi di coltura sulla terraferma, nella parte nordovest dell’isola. Alla sua domanda, Bob disse che lì c’erano i batteri che lavoravano meglio ad alta temperatura, e che cessavano perciò la loro attività durante le ore notturne.

«Ce ne sono anche sul lato nordest, sul fianco dell’altura, l’unico punto che da qui non si vede molto bene» aggiunse il ragazzo.

La giungla però la si vede bene, disse il Cacciatore.

«Quella sì, perché è più alta. Comunque, non possiamo certo trovare il tuo amico esplorando l’isola a distanza. Ti ho portato quassù per farti avere una visione generale più precisa. Nei prossimi tre giorni potremo dedicarci alle ricerche vere e proprie. Io tornerò a scuola soltanto lunedì. Adesso, se la barca fosse in buono stato, potremmo andare alla scogliera.»

Non ci sono altre imbarcazioni sull’isola?

«Sì che ce n’è. Potrei farmene prestare una, ma non è consigliabile andare da soli alla barriera. Se succede qualcosa alla barca, o una persona cade sulla scogliera, sono guai seri. Noi di solito ci andiamo in convoglio.»

Se riesci a procurarti una barca, si può almeno dare un’occhiata ai punti meno pericolosi. Se questo è impossibile, non potremmo raggiungere a piedi qualche punto della barriera vicino alla tua spiaggia?

«A piedi no. A nuoto si arriva vicino a qualche roccia. Oggi però non è prudente che io nuoti, a meno che tu non intervenga sulle mie scottature meglio di quanto abbia fatto finora.» Il ragazzo fece una pausa, poi chiese: «Tra i miei amici che hai visto ieri, non hai trovato nessuno che potrebbe essere l’ospite del tuo criminale?»

Cosa pensavi che potessi vedere?

Bob non rispose per mancanza di idee, e dopo qualche minuto scese dall’albero.

Raggiunsero la strada asfaltata a duecento metri circa dalla scuola. Nel passare davanti alle varie case, Bob esaminò le diverse possibilità di ottenere una barca in prestito.

Quando arrivò in vista dell’abitazione di Teroa, allungò il passo. Si aspettava di vedere Charles in giardino, ma c’erano solo le due sorelle, le quali gli dissero che Charles era in casa. Mentre Bob si avviava all’ingresso, il polinesiano ne uscì di corsa.

«Bob, sei peggio di San Tommaso! Vuoi sapere una cosa? L’ho avuto!»

«Avuto cosa?» chiese il ragazzo, voltandosi a guar dare le due sorelle dell’amico.

«Il posto! Di che cosa abbiamo parlato ieri?» ribatté Charles. «Questa mattina è arrivato un cablogramma. Non ci speravo proprio.»

«Io lo sapevo già» disse Bob. «Me l’aveva detto tuo padre.»

«E con me hai fatto tutte quelle storie!» protestò Charles, e allungò a Bob uno scherzoso scappellotto che non arrivò a segno.

«Lui mi aveva detto che tu non dovevi sapere ancora niente.»

Charles rise. «Quel tuo amico testa rossa diventerà matto!»

«Cosa c’entra Ken? Non è venuto Norman con te?»

«Sì, ma l’idea era stata di Rice. Doveva essere anche lui della partita, poi probabilmente ha avuto fifa e non si è fatto vedere. Non dirgli niente, tu. Voglio vedere personalmente la sua faccia quando lo saprà.» Charles si avviò in direzione dei dock. «Devo andare al numero quattro a prendere una cosa che avevo prestato a Ray. Vieni anche tu?»

Bob guardò il cielo in attesa del parere dello straniero. Ma questi non si fece vivo, e il ragazzo dovette decidere da solo. «Non ho voglia di camminare» disse all’amico, e seguì con lo sguardo Charles che scomparve presto fra le baracche.

«Questa era la nostra unica probabilità di farci prestare una barca» disse poi al Cacciatore. «Adesso bisognerà aspettare finché finiscono le lezioni, a meno che non si riesca ad aggiustare da soli la nostra. Ieri non ho guardato molto bene quella tavola.»

Quel tuo amico intendeva usarla lui la sua barca?

«Sì. Ha detto che andava al quattro, l’hai sentito, no? Voleva dire che andava al quarto serbatoio. La persona che ha nominato, quel Ray, lavora sulla chiatta che gli uomini usano per portare via i rifiuti. Charlie va a prendere una cosa che ha prestato a Ray, prima di lasciare l’isola.»

L’attenzione del Cacciatore si risvegliò di colpo. Lasciare l’isola? ripeté. Chi va via, quello della chiatta?

«No, il mio amico Charlie. Non hai sentito quello che ha detto?»

L’ho sentito parlare di un lavoro. Per accettare questo lavoro deve partire?

«Naturalmente! Charlie è il figlio di quel marinaio che c’era sul mercantile. Non ti ricordi quello che ha detto a proposito di suo figlio?»

Ricordo che appena saliti hai parlato con un tale, rispose il Cacciatore, ma non ho capito quello che avete detto. Non avete parlato in inglese.

Bob si fermò di colpo. «È vero! Me n’ero dimenticato.» Bob cercò di ricordare tutto il colloquio avuto con Teroa, e lo riferì al Cacciatore.

Dunque questo Charles Teroa ha lasciato l’isola già una volta all’epoca del mio arrivo, e adesso sta per andarsene ancora. E anche Norman Hay è andato via una volta! Per amor del cielo, se hai sentito qualcosa del genere anche di altri, dimmelo!

«Non ce ne sono stati altri, a meno che tu voglia tener conto anche del padre di Charlie, il quale però non è stato molto tempo a terra, qui. Ma perché ti preoccupi di quel viaggio di Charlie e Norman? Il signor Teroa mi ha detto che non sono mai sbarcati, perciò se il tuo amico era con uno di loro, c’è ancora.»

Forse hai ragione. Ma questo Charlie, adesso, se ne va ancora. Sarà meglio esaminarlo prima che parta. Comincia a pensare come si può fare, per favore!

Per la prima volta dalla sera prima, Bob dimenticò le sue scottature.


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