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Il martedì non portò niente di nuovo sino alla fine delle lezioni, tranne un’aumentata ansietà del Cacciatore nei riguardi di Charles Teroa. Il polinesiano doveva partire giovedì quindi restavano soltanto due notti.

Non ossessionati da questo pensiero, appena usciti di scuola, i ragazzi partirono a caccia di materiale per la loro barca. Bob si unì a loro, ma si fermò dal dottor Seever con la scusa plausibile di far controllare la gamba. Il ragazzo raccontò al medico la storia di Tip e gli confidò le sue idee in merito. Però prima che il dottor Seever potesse esprimere il suo parere, intervenne il Cacciatore.

Non avevo capito che tu avessi in mente un’idea del genere, scrisse. Ricordo di averti detto che Tip non era stato ucciso dal nostro amico, e di aver parlato di trappola anche nei tuoi confronti, ma forse sono stato poco chiaro. Avrei dovuto aggiungere che parlavo di trappola naturale. È per questa ragione che negli ultimi due giorni non hai più avuto pensieri per Charles Teroa?

«Temo di sì» rispose Bob, e poi fece al dottore un riassunto del dialogo.

«Il giovane Teroa?» chiese il medico. «Dovrebbe venire da me domani per le vaccinazioni. Sospettate di lui?»

«Dapprima abbiamo pensato di controllarlo perché intendeva lasciare l’isola» rispose Bob. «Poi siamo venuti a sapere che aveva dormito almeno una volta, in barca, vicino al punto sospetto.»

«In quanto a questo temo che non si possa escludere in via assoluta nessun abitante dell’isola» commentò il medico. «Ieri sera, durante la spedizione per ritrovare le ossa del cane non è accaduto niente che ti abbia dato un’idea precisa su qualcuno dei tuoi amici?»

«Una cosa c’è stata. Quando Kenneth Malmstrom ha tolto il teschio di Tip da sotto l’albero, si è punto la mano con le spine. Be’, sanguinava che pareva una fontana. Perciò credo che lui possa essere escluso.»

Seever si accigliò, e dopo aver pensato un attimo si rivolse all’extraterrestre: «Cacciatore, che genere di coscienza ha il vostro fuggitivo? È probabile che abbia evitato di intervenire, lasciando che il suo ospite sanguinasse normalmente proprio perché Bob giungesse a questa conclusione?»

Il fuggitivo manca completamente di coscienza, rispose il Cacciatore. Però, intervenire su ferite del genere è talmente un’abitudine, in noi, che anche lui l’avrebbe fatto, a meno che non avesse qualche valido motivo per credere che il suo ospite era sospettato. In questo caso non sarebbe intervenuto nemmeno per ferite molto più gravi. In fondo è il tipo che si preoccupa esclusivamente della propria salute. Direi che, per quanto quella adottata da Bob non sia una prova del tutto positiva, si possa segnare un punto in favore di Malmstrom.

«È quello che avevo immaginato rifacendomi al nostro colloquio precedente» disse il medico. «Ecco, mi pare che il problema più immediato da risolvere sia quello di Charles Teroa. Sarebbe interessante sapere l’effetto che provoca negli individui della vostra razza il vaccino contro la febbre gialla, perché domani farò una di queste iniezioni al nostro polinesiano.»

Sarei felice di lasciarvelo scoprire se non nuocesse a Bob. Una cosa però posso dirvela: appena inietterete il liquido, il nostro amico si ritirerà dall’arto interessato e aspetterà fino a che il vaccino non avrà perso d’intensità. Inoltre è poco probabile che il vaccino sia dannoso per noi, perciò resto del parere che la soluzione migliore sia quella di procedere di persona a un controllo. Una volta localizzato il nostro amico, cercheremo un mezzo per renderlo inoffensivo.

«Ritengo che sia prudente avere già pronto questo mezzo per il momento in cui lo localizzerete» ribatté il dottor Seever. «Da parte mia, tutto quello che posso offrire sono alcuni antibiotici e vaccini innocui per l’ospite, ma non possiamo provarli tutti su Bob. Avremmo dovuto cominciare parecchi giorni fa, per questo. Vediamo un po’… Se cominciamo le prove adesso, con una sostanza per volta, voi potrete dirci esattamente quali effetti hanno su di voi. E si potranno sistemare le cose in modo che voi possiate lasciare in gran fretta il corpo di Bob appena vi accorgerete che una delle sostanze è nociva per il vostro organismo. Dopo di che proveremo quella su Teroa. Se nessuno dei liquidi avrà effetto, la nostra situazione non sarà comunque peggiorata.»

Ma ci vorrebbero diversi giorni a disposizione, come avete fatto notare anche voi. E Teroa parte fra quarantott’ore!

«Non è ancora detto. Volendo, posso trattenerlo sull’isola fino al prossimo passaggio della nave, per quanto l’idea non mi entusiasmi sapendo quanto il ragazzo ci tenga a cominciare il suo lavoro. Così ci sarebbero dieci giorni a disposizione, e provando due droghe al giorno avremmo la possibilità, se pur lieve, di trovare quella buona.»

Mi pare una soluzione eccellente, se Bob non ha niente in contrario, rispose il Cacciatore. È un vero peccato non avere chiesto prima la vostra collaborazione dottore. Possiamo fare subito una prova?

Bob si dichiarò pronto, e il medico procedette all’iniezione mentre il ragazzo teneva gli occhi fissi su una parete per ricevere il messaggio del Cacciatore.

Per me è solo una diversa specie di molecola proteinica, scrisse infine l’alieno. Dovresti chiedere al dottore se devo consumare la sostanza o se posso lasciarla circolare nel tuo sistema.

Bob riferì il messaggio.

«È indifferente, per quanto se ne sa» disse il medico. «Comunque mi farebbe un favore se la lasciasse circolare e poi mi riferisse quali effetti ha avuto sui tuoi tessuti. Noi riteniamo che sia innocua. Ma forse per oggi non conviene riprovare. Puoi tornare dai tuoi amici. Tieni gli occhi aperti. Teroa non è il solo sospetto, anche se la tua idea non era poi male.»

I ragazzi erano ancora al cantiere. Bob aveva tenuto d’occhio la strada per poterlo controllare. La gamba gli diede una fitta quando lui montò in bicicletta. Si rese conto, con un certo divertimento, che il dottore si era completamente dimenticato della ferita. Sperò di poter fare altrettanto. Non ci impiegò molto ad arrivare, e non appena fu là notò con soddisfazione che c’era già un bel po’ di materiale accanto alle bici degli altri. Lasciò la sua nello stesso posto, e andò a cercare gli amici.

I quattro ragazzi in cerca di materiale si erano presi una breve pausa. Erano sulla collina, oltre il muro che Bob aveva visto fare. Il cemento si era indurito, ed erano già stati sistemati i cassoni per le pareti laterali. I ragazzi si sporgevano a guardare in giù. Bob li raggiunse. Ad attirare la loro attenzione era un gruppo di uomini indaffarati là in basso intorno a una bizzarra apparecchiatura. Portavano tutti la maschera, ma l’uomo che li comandava era riconoscibile: era il padre di Malmstrom. Avevano una specie di pompa a pressione collegata da un tubo flessibile alla spina di un contenitore. Uno degli uomini spargeva un liquido sul cemento, e gli altri gli andavano dietro coi cannelli ossidrici. I ragazzi avevano un’idea approssimativa di quello che stava succedendo: molti batteri usati nei serbatoi producevano sostanze estremamente corrosive, sia negli stadi intermedi sia come prodotti finali di scarto. La vernice vetrosa che veniva applicata alla parete doveva servire come protezione contro queste sostanze. Consisteva, in realtà, di una plastica ricca di fluorina, un recente ritrovato messo a punto pochi anni prima durante le ricerche sulla separazione degli isotopi d’uranio. La sostanza veniva immessa nel contenitore con uno dei normali inibitori di reazione e polimerizzata istantaneamente in vernice vetrosa quando veniva spruzzata. I vapori dell’inibitore erano tutt’altro che salubri, per questo gli uomini portavano la maschera.

I ragazzi, dieci metri più in alto, ricevevano di tanto in tanto qualche zaffata di vapori. Nemmeno il Cacciatore si rese conto del pericolo, ma qualcun altro sì, fortunatamente.

«Prima una scottatura di sole che quasi ti bruciava vivo, e adesso questo. Non te ne importa molto di quello che ti può succedere, vero?» I ragazzi si girarono e alzarono gli occhi, sorpresi, sull’alta figura del padre di Bob che torreggiava su di loro. Lo avevano visto poco prima sul fondo del serbatoio, indaffarato, e nessuno di loro lo aveva notato venire verso di loro. «Perché credete che il signor Malmstrom e i suoi uomini portino la maschera? Vi conviene venire con me. A questa distanza non dovrebbe esserci pericolo, ma non è il caso di correre rischi.» Si girò e fece strada lungo il muro, e i ragazzi lo seguirono in silenzio.

All’estremità della parte già finita, il signor Kinnaird indicò il cassone. «Ci troveremo là fra qualche minuto. Devo andare a casa a prendere qualcosa, e se poi vi impegnate a caricare la vostra roba sulla jeep, vi accompagnerò fino alla cala» disse, e guardò i ragazzi scendere di corsa il pendio, poi scese anche lui servendosi di un’impalcatura laterale.

Prese la maglietta che si era tolto per il caldo e aveva lasciato accanto alle seghe elettriche, l’indossò, e si avviò verso il punto che aveva indicato, dov’era parcheggiata la jeep. Lì, lo stava aspettando soltanto suo figlio. Gli altri erano andati avanti, alla catasta del materiale raccolto. Il signor Kinnaird li raggiunse con la jeep, scendendo in folle per quasi tutto il percorso.

Il carico non richiese molto tempo: i ragazzi avevano già fatto bracciate dei pezzi più piccoli, e il signor Kinnaird raccolse tutti gli altri. Poi avviò la jeep. E le cinque biciclette, dietro. I ragazzi ne approfittarono per fare una gara. La distanza era breve, e non arrivarono molto distanziati l’uno dall’altro. La jeep non li aveva preceduti di molto.

Vedendo i ragazzi togliersi le scarpe e arrotolarsi i pantaloni, il signor Kinnaird fece altrettanto, poi, con lo stesso legname di poco prima sotto il braccio, li seguì nell’acqua e raggiunse il teatro delle operazioni. Esaminò lo scheletro della barca, diede qualche consiglio per la costruzione, e tornò indietro rapidamente. «Dovete aver ammaestrato una squadra di granchi per scoraggiare le intrusioni» disse ridendo. I ragazzi risposero sullo stesso tono, e alla fine si misero al lavoro.

Di tanto in tanto rompevano la monotonia di segare e piantar chiodi facendo una nuotata, e fu durante uno di questi brevi bagni che il Cacciatore imparò perché gli esseri umani evitavano le meduse. A un certo punto Bob non riuscì ad allontanarsi in tempo da una di quelle creature e il Cacciatore fece un’ottima conoscenza delle cellule del celenterato. Non fu piacevole.

Un paio d’ore più tardi un’altra barca comparve all’imbocco del canale, e Charles Teroa si unì ai ragazzi suscitando il massimo interesse nel Cacciatore e nel suo ospite.

«Ciao, dormiglione!» salutò Rice agitando un martello in un gesto di benvenuto. «Sei venuto a dare un ultimo saluto a questi posti?»

Teroa lo guardò con espressione non precisamente amichevole. «Peccato che la tua lingua non riesca mai a vedere i segnali di pericolo» ribatté il polinesiano. «A quanto vedo, siete ancora nei guai con la barca. Non l’avevate appena aggiustata?» Quattro paia di polmoni s’affannarono a spiegare cos’era successo, mentre la faccia bruna di Charles assumeva un’espressione divertita, di cui Rice faceva le spese. Nessun commento parlato avrebbe fatto sentire più a disagio il ragazzo dai capelli rossi, e durante la mezz’ora in cui Charles Teroa restò con loro, i rapporti fra il polinesiano e Kenny Rice furono assai freddi. Del resto il maggior peso della conversazione fu sostenuto da Norman e Colby, quest’ultimo con brevi interventi, perché Bob si sentiva alquanto a disagio conoscendo le intenzioni del dottor Seever, e da Malmstrom, che di tutti loro era il più amico del polinesiano e il più evidentemente rattristato per la sua prossima partenza. Infatti, quando Charles risalì in barca, Malmstrom pregò Colby di occuparsi della sua bicicletta perché lui intendeva andare con il polinesiano. Colby promise con un cenno della testa, e tutti restarono a guardare la barca finché la persero di vista.

«Non ci crederete, ma mi dispiace che se ne vada» disse Rice alla fine. «Però lo rivedremo abbastanza spesso… Allora, riprendiamo il lavoro?»

Dissero tutti di sì, ma l’entusiasmo se n’era andato, perciò lavoricchiarono di malavoglia, nuotarono ancora, e finalmente venne l’ora di cena.

Dopo aver mangiato, anziché fare i compiti Bob uscì di nuovo; alla domanda della madre rispose che andava giù al villaggio, il che, genericamente, era vero. In effetti Bob andò dal dottor Seever. Il medico lo accolse con sorpresa. «Salve, Bob. Sei impaziente di fare la seconda prova o c’è qualche novità? Accomodati…» il medico chiuse la porta e indicò una sedia.

«Non ho le idee ben chiare dottore» disse Bob. «Comunque, si tratta di quel trucchetto che abbiamo studiato per Charles. So che abbiamo buone ragioni per farlo, ma non mi sento la coscienza a posto…»

«Non piace nemmeno a me, Bob» rispose il dottor Seever. «Però non vedo altre soluzioni, e di questo devi essertene reso conto anche tu. Sei sicuro che non si tratti d’altro?» concluse sorridendo.

«Non ne sono affatto sicuro» fu la risposta del ragazzo, «ma ve l’ho detto: non vedo chiaro in me stesso. Non so… non riesco a essere tranquillo!»

«Be’, questo è abbastanza naturale, data la situazione. Però questa tua irrequietezza può venirti da qualcosa che hai visto, che ti è rimasto in mente solo in modo vago, e che inconsciamente cerchi di ricordare senza riuscirci. Magari qualcosa che ha a che fare con il nostro problema… Hai provato a passare in rivista tutto quello che ti è successo da quando sei tornato sull’isola?»

«Ho ripensato a tutti gli avvenimenti dalla fine delle ultime vacanze.»

«E ne hai anche parlato con il tuo amico?»

«Non di tutto.»

«Parlarne potrebbe essere una buona idea. Di solito vengono in mente molte più cose. Se vuoi possiamo provare insieme a ricostruire almeno quello che riguarda i tuoi amici. Di Charles Teroa sappiamo già tutto, e inoltre abbiamo già fatto un piano per lui. Vediamo un po’… C’è Malmstrom, per il quale è stato segnato un punto di vantaggio per via di quei graffi che sanguinavano. C’è altro che possa servire? Non sai per esempio se si è addormentato sulla spiaggia?»

«Il giorno in cui è arrivato il Cacciatore abbiamo dormito tutti sulla spiaggia, ma Kenneth non c’era. Però non significa niente, perché il Cacciatore dice che dal punto in cui è caduto il fuggitivo ci sarebbe voluto troppo tempo per arrivare dov’eravamo noi. Perciò l’altro dev’essere arrivato a riva molto più tardi.» Bob si concentrò per qualche secondo, poi riprese: «Ricordo solo un altro particolare che riguardi Kenneth Malmstrom. Oggi è andato via assieme a Charles, ma siccome sono sempre stati molto amici non ci trovo niente di strano.»

«Proviamo allora a parlare di Rice, quel tipo coi capelli rossi.»

«I suoi movimenti sono stati più o meno quelli degli altri, e siccome non mi è mai capitato di assistere a un suo incidente per cui avrebbe dovuto perdere sangue… Un momento! C’è stata quella storia del corallo. Però indossava le scarpe pesanti che usiamo sempre per andare alla scogliera, quindi non si deve nemmeno essere tagliato.»

«Non sapevo che fosse successo qualcosa a Rice. Vuoi parlarmene?»

«È stato quel giorno che abbiamo trovato il pezzo di astronave» rispose Bob, e proseguì raccontando al medico tutta la storia. «In giro non abbiamo detto niente perché non lo venissero a sapere i suoi, ma quel giorno Kenny ha corso davvero il rischio di annegare» concluse il ragazzo.

«Mi sembra un particolare interessante. Cacciatore, non credete che il vostro fuggitivo abbia potuto insinuarsi nel corpo di Rice approfittando dell’incidente? Tra la paura che il ragazzo deve aver provato, l’agitazione, e il dolore provocato dal peso del masso di corallo, qualsiasi sensazione data dall’arrivo del vostro amico sarebbe passata inosservata.»

Possibilissimo, ammise il Cacciatore. Inoltre il mio simile può benissimo essere rimasto nascosto nel relitto della sua astronave fino a quel giorno, se era riuscito a procurarsi del cibo.

«Però se il fuggitivo è entrato solo quel giorno nel corpo di Rice» intervenne personalmente Bob, «non può aver provocato l’incidente successo poco dopo al dock, perché gli ci sarebbero voluti almeno alcuni giorni, come al Cacciatore, per organizzarsi nel corpo dell’ospite, e soprattutto perché non poteva sospettare in nessun modo che l’ospite del suo inseguitore fossi io.»

«Dal tuo punto di vista hai ragione, Bob» disse il medico. «Ma l’incidente del dock può essere stato davvero un incidente. Io ti conosco da quando sei nato, e se qualcuno mi chiedesse se trovo qualcosa di strano in tutta la serie di incidenti che sembrano perseguitarti, ti assicuro che risponderei di trovarli del tutto naturali. La stessa cosa vale per tutti gli altri ragazzi dell’isola. Tutti i giorni c’è qualcuno che cade o si taglia o si sloga un piede o corre il rischio di annegare.»

Bob dovette ammettere che l’osservazione del dottor Seever era giusta. «Non ricordo altro riguardo a Rice, se non che è stato lui a rompere di nuovo la barca» aggiunse poi. «Ma non vedo come questo c’entri con tutta la faccenda.»

«E nemmeno io» rispose il medico. «Comunque, per il momento Rice è abbastanza sospettabile. Passiamo a un altro. Norman Hay, per esempio, il quale si è interessato ai virus ancora prima di te. Cos’hai da dirmi su di lui?»

«Le stesse cose che valgono anche per gli altri. Per di più c’è il fatto che non ha esitato molto a seguirmi nell’acqua dell’isoletta quando pensavamo che fosse pericolosa.»

«Questo è un particolare interessante e non dobbiamo trascurarlo, soprattutto se lo sommiamo alla storia dell’improvviso interesse di Norman per la biologia, E anche Norman era presente all’incidente del dock, come mi hai detto. Questo è un altro punto a suo sfavore, ammettendo che la tua caduta di quel giorno fosse voluta da qualcuno. Ci resta Hugh Colby, restringendo il campo alla vostra compagnia, per il momento. Non lo conosco molto bene, avrò scambiato sì e no dieci parole con lui. Professionalmente non mi ha mai consultato.»

«Per quanto riguarda il numero di parole, noi gliene abbiamo sentite dire un po’ più di dieci, ma non molto di più» disse Bob. «Hugh non è un chiacchierone, però ha i riflessi molto pronti. È stato lui a ficcare il secchio in testa a Rice prima che qualcuno di noi riuscisse a capire le sue intenzioni. No… Non mi viene in mente niente riguardo a Colby, se non che quel giorno ai dock c’era anche lui.»

«Con questo, per il momento il campo è ristretto a Charles Teroa, Rice, e Norman Hay. Non so se questa chiacchierata ti è servita, ma un po’ di lavoro l’abbiamo fatto. Adesso vuoi che facciamo una prova con una seconda iniezione?»

Bob accettò subito. Il risultato fu il medesimo del pomeriggio. Comunque il Cacciatore dichiarò che quel vaccino aveva un sapore più gradevole del primo.


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