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La conversazione fra i cinque amici riprese coi toni consueti solo quando Norman disse qualcosa a proposito del suo acquario.

«Forse ai dock possiamo trovare qualche arnese che vada bene per far saltar via il cemento da uno dei buchi che ho tappato» disse.

«Ci vorrà qualcosa di eccezionale» osservò Malmstrom. «Tu hai usato il cemento subacqueo. È lo stesso col quale hanno costruito il dock, e guarda quello! Dopo tutto questo tempo non c’è ancora il segno nel punto in cui le navi toccano.»

«Le navi non vanno a urtare il dock, a meno che non sia per un errore di manovra» osservò Rice dal timone. «Comunque, ci servono degli attrezzi. Nessuno di noi ha in casa qualcosa che possa andar bene, questo è certo.»

«Che cosa useremo? Martelli o scalpelli?»

«Un martello serve a poco sott’acqua. Ci vorrebbe una leva solida con una bella punta. Qualcuno sa dove trovarla?» Nessuno rispose, e dopo una breve pausa Norman riprese: «Chiederemo a quelli del dock, e se loro non ne hanno ci rivolgeremo agli uomini dell’impresa Costruzioni.»

«Se riuscissimo a procurarci un equipaggiamento subacqueo si potrebbe lavorare più in fretta» disse Rice.

«Le uniche attrezzature del genere che esistano sull’isola servono a quelli dei serbatoi. Non credo che ce ne presterebbero volentieri una» disse Bob. «E poi andrebbe bene soltanto a Kenny, che è il più alto di tutti.»

«E con questo?» disse Kenneth Malmstrom.

«Tutta la fatica dovresti farla tu. Ad ogni modo sono sicuro che non ce la presteranno.»

«Perché non ci facciamo da soli una tuta e un casco?»

«Perché sono almeno quattro o cinque anni che ne parliamo, ma se vogliamo andare sott’acqua dobbiamo ancora trattenere il respiro.» L’osservazione venne da Colby, e come al solito nessuno trovò niente da ribattere.

Dopo un breve silenzio Rice pose una nuova questione: «Che cosa adopereremo per impedire ai pesci di andarsene? Bob ha parlato di rete metallica, ma dove la prendiamo?»

«Non lo so proprio. Se sull’isola ne esiste sarà nei magazzini. Se ce n’è vedrò di procurarmene un pezzo, e se no potremmo prendere del semplice filo di ferro e costruircela da soli.»

Poco dopo i ragazzi, assicurata la barca agli appositi anelli, salivano sul dock da una delle scalette. Bob e Rice si occuparono della barca e poi raggiunsero gli altri, Rice un po’ più lentamente per via del piede indolenzito. L’immensa costruzione era in cemento armato e parti metalliche. Il particolare più caratteristico consisteva nei quattro giganteschi serbatoi cilindrici accanto ai quali le pompe e i vari meccanismi di controllo sembravano giocattoli. L’unica attrezzatura antincendio era costituita da condutture ad alta pressione per scaricare in mare l’eventuale carburante incendiato. Attorno ai serbatoi sorgevano baracche di lamiera che servivano da magazzini, e all’estremità opposta della massicciata, che andava dalla strada asfaltata alla spiaggia, sorgeva il complesso apparato per la distillazione del petrolio e della benzina dove veniva raffinato il combustibile necessario al consumo dell’isola.

Per il momento ai ragazzi interessavano solo i magazzini. Non speravano di trovare rete metallica, perché non sapevano proprio a cosa potesse servire sull’isola, ma non si sa mai. In fila indiana si avviarono alle baracche.

La loro marcia segnò una battuta d’arresto nel momento in cui aggiravano una delle baracche più piccole: un braccio sporse dalla porta, una mano afferrò Rice per il colletto della camicia e tirò dentro il ragazzo. Gli altri si fermarono di colpo, sorpresi. Poi sentirono la voce di Charles Teroa. Stava dicendo qualcosa a proposito di viaggio clandestino e di lavoro, e pareva alquanto soddisfatto. La conversazione fra Charles e Kenny durò qualche minuto, ma la voce di Kenny non arrivò alle orecchie degli amici. Alla fine Rice tornò fuori con aria trasognata, seguito da Charles tutto sorridente. Il polinesiano strizzò l’occhio a Bob, poi chiese: «Si può sapere che cosa ci fate, voi, qua attorno?»

«Possiamo fare la stessa domanda a te» ribatté Norman. «Se non mi sbaglio nemmeno tu lavori qui.»

«Io però sono d’aiuto» rispose Teroa. «Voi invece penso che stiate cercando qualcosa.»

«Niente comunque di cui qualcuno sentirebbe la mancanza» disse Norman. E stava per aggiungere qualcosa quando si sentì una nuova voce.

«Come puoi essere sicuro che potremmo farne a meno?» disse la voce. I ragazzi si girarono di scatto. Dietro di loro c’era il padre di Bob. «Siamo sempre felici di poter fare un favore» riprese il signor Kinnaird, «ma ci piace sapere che fine fa la nostra roba. Sentiamo un po’, qual era lo scopo della vostra visita, oggi?»

Norman non si fece pregare per rispondere, e spiegò che gli serviva un pezzo di rete metallica, o un po’ di fil di ferro, e che aveva tutte le intenzioni di chiederlo regolarmente, riservandosi solo di dare prima un’occhiata per poter indicare poi con precisione quello che andava bene per lui.

Il signor Kinnaird approvò con aria comprensiva. «Forse per la leva dovrete rivolgervi su al nuovo serbatoio» disse. «Ma per la rete metallica penso che qualcosa si possa fare. Andiamo un po’ a vedere.»

Tutti, compreso Teroa, seguirono il signor Kinnaird, e durante la strada Norman spiegò la faccenda dell’acquario e il modo in cui avevano scoperto perché i pesci morivano. Il signor Kinnaird ascoltò attentamente ma lanciò un’occhiata a Bob, che il ragazzo però non raccolse. La conversazione gli ricordò invece il libro del dottor Seever, e ne accennò a Norman quando questi smise di parlare per tirare il fiato.

«Hai intenzione di fare il medico?» chiese il signor Kinnaird. «Da come ti comporti non direi che sei il tipo adatto!»

«No… È solo che volevo cercare una cosa…» balbettò Bob. Il Cacciatore si chiese quando avrebbe avuto finalmente l’occasione di parlare al suo ospite.

Il signor Kinnaird sorrise e aprì la porta della baracca davanti alla quale si era fermato. «Qui dentro dovrebbe esserci qualcosa» disse. Era buio all’interno della baracca, e il signor Kinnaird azionò l’interruttore situato accanto allo stipite della porta, accendendo così l’unica lampadina che pendeva dal centro del soffitto. Gli occhi di tutti i ragazzi si posarono immediatamente su un grosso rotolo di rete metallica galvanizzata, dello spessore di quattro millimetri, che pareva fatta su ordinazione di Norman.

«Quanta te ne serve?» chiese il signor Kinnaird al ragazzo che era corso accanto al rotolo.

«Un pezzo di circa venti centimetri quadrati andrà benissimo» rispose Norman.

Il signor Kinnaird prese un paio di grosse cesoie da un bancone, e un minuto più tardi uscivano tutti, con Norman che reggeva il pezzo di rete.

«Non sapevo che ci fosse bisogno di questa roba» commentò Bob, mentre il padre richiudeva la porta della baracca.

«Ma guarda!» esclamò il padre. «Eppure mi pareva che avessi scorrazzato su e giù abbastanza per poter ricostruire l’isola in tutti i particolari!» Il signor Kinnaird si diresse al più vicino serbatoio d’immagazzinamento, e indicò uno dei canali di scarico.

I ragazzi gli si affollarono intorno per guardare in giù. A mezzo metro dall’apertura, tra il vuoto e il mare che rumoreggiava tre metri più in basso, era tesa una rete metallica di protezione uguale a quella appena vista nel magazzino.

«Non credevo che fosse abbastanza resistente da sostenere il peso di una persona che cadesse da questa altezza» commentò Bob.

«È solo una misura precauzionale» rispose il padre. «La gente non dovrebbe cadere là dentro, o se si mette in condizioni di cadere dovrebbe almeno saper nuotare. La rete comunque ha per lo più il compito di fermare gli attrezzi che possono scivolare di mano agli operai.» A questo punto il signor Kinnaird si voltò, e i ragazzi si allontanarono pensosi dall’imbocco del canale verticale. E l’utilità della rete venne prontamente dimostrata.

Il signor Kinnaird scivolò. O per lo meno, Malmstrom insistette poi che a scivolare per primo era stato lui, ma nessuno fu in grado di giurarlo. Il gruppo dei ragazzi si comportò come un mucchio di palle su una strada in discesa. L’unico a rimanere in piedi, grazie alla rapidità con la quale balzò indietro, fu Charles Teroa. Per gli altri andò così: Malmstrom venne proiettato contro Norman Hay, a Norman mancò improvvisamente il terreno sotto i piedi e andò a sbattere contro Bob e Colby, le scarpe di Bob e Colby non riuscirono a far presa sul cemento perché in quel punto c’era una chiazza di petrolio, e Bob lanciò uno strillo quando si accorse che entro qualche frazione di secondo avrebbe collaudato di persona la resistenza della rete metallica.

Lo salvarono la sua prontezza di riflessi e l’allenamento fatto a scuola con la squadra di hockey. Cadde dritto sui piedi, e un attimo prima che le sue suole toccassero la rete, il ragazzo allargò le braccia protendendole in avanti e riuscì ad aderire alla parete di cemento. Ricevette un colpo alquanto rude alle costole, ma in compenso la maggior parte del suo peso poggiò sulle braccia, e la rete tenne.

Il signor Kinnaird si mise carponi e allungò un braccio per afferrare una mano del figlio, ma scivolò ancora e mancò la presa. Furono Malmstrom e Colby che, senza sollevarsi dalla posizione bocconi, afferrarono l’amico per i polsi fornendogli un sufficiente punto d’appoggio perché potesse risalire scalando la breve parete di cemento.

Bob si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte, e suo padre si passò una mano sugli occhi, poi il signor Kinnaird si sforzò di sorridere. «Adesso sai a che cosa serve la rete!» disse, e dopo un attimo, ripresosi, aggiunse: «Credo che uno di noi due arriverà in ritardo per cena, perché se non mi sbaglio, quella barca legata alla scala è vostra e deve arrivare sino al canale.» I ragazzi confermarono la sua supposizione. «Bene, allora è meglio che vi imbarchiate prima che succeda qualcos’altro! Io vado a casa subito, così arrivo in anticipo, e facendo una media dei nostri due orari forse riusciremo a dimostrare a tua madre che siamo stati puntuali tutt’e due! Comunque sarà meglio non dirle niente delle tue acrobazie.» E con questo padre e figlio si separarono ridendo.

Il Cacciatore però non rideva. Difficilmente un’altra situazione gli sarebbe sembrata meno comica di quella! Aveva un mucchio di cose da dire al suo ospite, ne aveva tali e tante che non sapeva da quale cominciare.

Fu molto soddisfatto quando Bob lasciò a un altro i remi e andò a sedersi a prua. Appena il ragazzo staccò lo sguardo dagli amici per guardare il mare, il Cacciatore attirò la sua attenzione.

Bob! Le lettere che formavano il nome erano spesse, nerissime, e sottolineate. Se il Cacciatore avesse potuto, le avrebbe scritte colorate. Comunque il ragazzo capì che l’alieno aveva urgenza di parlare con lui, e immediatamente fissò il cielo sopra la linea dell’orizzonte.

Almeno per il momento sorvolerò, riprese il Cacciatore, sulla tua tendenza a cacciarti in ogni genere di guai soltanto perché sai di poter contare su di me! Questo sarebbe già un atteggiamento pericoloso, ma tu lo aggravi perché hai sopravvalutato i miei poteri. Ti sei offerto senza la minima esitazione di entrare in un’acqua ritenuta da tutti pericolosa, vai raccontando a destra e sinistra che ti interessi di biologia, di virus, eccetera… Oggi mi è venuta spesso la tentazione di paralizzarti la lingua! In principio ho pensato solo che la tua imprudenza potesse spingere la nostra preda a cercarsi un rifugio più sicuro, ma adesso temo che succeda qualcosa di più grave.

«Cos’altro potrebbe fare?» chiese Bob.

Non ne sono sicuro, ma mi sembra strano che il tuo ultimo incidente sia seguito a così breve distanza a tutte le chiacchiere fatte alla presenza dei più probabili sospetti. Anche la curiosità che ti ha spinto a esaminare così da vicino quel pesce morto può aver attirato l’attenzione di una persona sospettosa com’è naturale che sia il nostro amico.

«Ma anche Norman è venuto a guardare il pesce» rispose il ragazzo in fretta.

L’ho notato, infatti, ribatté il Cacciatore, e non aggiunse altro lasciando che fosse il suo giovane ospite a trarne eventuali conclusioni.

«In ogni caso come avrebbe fatto a provocare quella caduta? Tu mi hai detto che non era nelle tue capacità influenzarmi sino a farmi fare quello che vuoi. Lui è diverso da te?»

Non è diverso. E infatti non avrebbe potuto costringere nessuno a darti una spinta. Però può aver fatto opera di convinzione. Anche tu hai fatto parecchie cose perché io te l’avevo chiesto!

«Ma eri sicuro che lui non si sarebbe messo in condizione di tradirsi!»

Infatti sarebbe troppo rischioso per lui. Però può aver approfittato di una circostanza favorevole dopo essersi assicurata la collaborazione del suo ospite inventando una storia qualunque. L’ospite non aveva modo di controllare se il simbionte aveva detto la verità!

«Non vedo ancora di che utilità gli sarebbe stata una mia caduta in acqua da quel dock. Io so nuotare, e anche tutti quelli che erano presenti. Ma anche ammesso che fossi annegato, la mia morte non avrebbe fermato te.»

Verissimo, ma non sappiamo quale storia abbia raccontato al suo ospite, ammesso che la mia supposizione sia giusta e non possiamo conoscere le sue vere intenzioni.

«Credi che Charles Teroa ci tenga tanto a quel lavoro che lo porterebbe lontano dall’isola, solo per suggerimento del tuo fuggitivo?»

È possibile. Per questo dobbiamo assolutamente controllare quel tuo amico polinesiano prima che se ne vada.

Bob non prestò molta attenzione alle ultime parole dell’extraterrestre. Un altro pensiero gli occupava la mente, un pensiero originato da qualcosa che il Cacciatore aveva detto prima, riferendosi al criminale inseguito. L’ospite non aveva modo di controllare se il simbionte aveva detto la verità. Bob si rese conto improvvisamente che anche lui non aveva alcun modo di controllare se quello che il Cacciatore gli aveva detto era vero oppure no. Non avendo prove di alcun genere, poteva anche darsi che la creatura nascosta nel suo corpo, fosse, anziché il poliziotto, il criminale che cercava di sfuggire al suo inseguitore.

Stava quasi per dirlo, ma il suo innato buonsenso lo fermò all’ultimo momento. Era meglio che cercasse di scoprire da solo la verità, e finché non l’aveva scoperta era assai più prudente che il suo ospite ignorasse i suoi sospetti. In realtà il ragazzo non dubitava seriamente del Cacciatore, del quale si era fatta un’opinione favorevole, ma siccome ormai il dubbio, grosso o piccolo, c’era, tanto valeva togliersi quella spina dal cervello. Quando arrivarono al canale era alquanto preoccupato, e quasi non parlò mentre assicuravano la barca e nascondevano i remi. Ma il suo silenzio non venne notato in modo particolare: i ragazzi erano stanchi e un po’ scombussolati dalle avventure di quel pomeriggio. Sguazzarono nell’acqua per raggiungere la strada, recuperarono le biciclette riparate dai cespugli, e dopo essersi accordati di ritrovarsi al solito posto il giorno seguente, partirono ognuno verso casa propria.

Rimasto solo, Bob poté parlare più liberamente al piccolo poliziotto.

«Senti un po’» disse, «perché ti preoccupi che le mie chiacchiere e la mia curiosità insospettiscano il nostro amico? Dopo tutto, se lui tenta qualcosa ci fornirà una prova della sua presenza. In fondo il sistema migliore per trovarlo è proprio quello di fare da specchietto per le allodole. Non credi anche tu che usare una calamita sia il sistema più adatto per rintracciare un ago in un pagliaio?»

L’ho pensato anch’io. Ma è troppo pericoloso.

«In che modo potrebbe nuocerti?»

A me non potrebbe proprio fare niente, rispose il Cacciatore. Il pericolo, caso mai, è per te. Non so se il tuo comportamento dimostra in te il coraggio della maturità o la leggerezza della gioventù, ma cerca di capire una volta per tutte che non mi piace esporti a un pericolo finché è possibile agire in altro modo.

Bob non fece commenti, però prima di arrivare a casa rivolse un’altra domanda all’extraterrestre.

«Sulla barca hai detto che ti era venuta voglia di paralizzarmi la lingua. Puoi farlo veramente o è stata soltanto una battuta?»

Posso paralizzare qualunque muscolo del corpo che mi ospita, intervenendo sui centri nervosi. Non so dirti quanto tempo la paralisi continui a sussistere dopo che allento la pressione, perché non ho mai tentato l’esperimento con nessun individuo della tua razza, rispose il Cacciatore.

«Prova!» propose Bob, appoggiando la bicicletta a un albero.

Entra subito in casa a mangiare la nostra cena, e smettila di dire stupidaggini!

Bob entrò in casa, sorridendo soddisfatto.


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