31

Durante il tragitto fino a Botany Bay rimuginai di continuo sull’idea, cercando di trovarci qualche pecca. Mi tornò in mente il caso classico di J.F. Kennedy. Il suo presunto assassino era stato ucciso (ammazzato) troppo in fretta anche solo per un’udienza preliminare. Poi c’era il dentista che aveva sparato a Huey Long, e pochi secondi dopo si era suicidato. E un’infinità di agenti, ai tempi della lunga Guerra Fredda, erano sopravvissuti quanto bastava per completare la missione, dopo di che erano finiti, "per caso", sotto veicoli in movimento.

Ma l’immagine che si ripresentava in continuazione al mio cervello era così antica da essere quasi mitica: una spiaggia deserta, e il capo dei pirati che dirige la sepoltura del tesoro. Il buco viene scavato, ci entrano gli scrigni colmi di bottino; e gli uomini che hanno scavato vengono uccisi; e i loro corpi danno una mano a riempire il buco.Sì, sono melodrammatica. Ma stiamo parlando del mio utero, non del vostro. Nell’universo conosciuto, tutti sanno che il padre dell’attuale Primo Cittadino è salito al trono seminando una quantità innumerevole di cadaveri e che suo figlio resta sul trono perché è ancora più spietato del padre.

Mi ringrazierà per aver migliorato la sua linea di discendenza? Oppure seppellirà le mie ossa nella segreta più profonda?

Non prenderti in giro, Friday; sapere troppo è un delitto capitale. In politica lo è sempre stato. Se avessero avuto intenzione di trattarti come si deve, non saresti incinta. Quindi sei costretta a presumere che non ti tratteranno come si deve dopo che ti avranno tolto questo feto reale.

Era ovvio cosa dovessi fare.

Quello che non era ovvio era come farlo.

Il fatto che il mio nome non si trovasse sull’elenco dei passeggeri che scendevano ad Avamposto non mi pareva più l’errore di un impiegato.

La sera dopo, all’ora del cocktail, rintracciai Jerry e gli chiesi di ballare con me. Era un valzer classico, il che portò il mio viso abbastanza vicino al suo da poter conversare in privato. — Come va lo stomaco? — mi chiese lui.

— Le pillole blu funzionano — gli assicurai. — Jerry, chi lo sa, a parte te e me?

— Guarda, è strano. Sono stato talmente occupato che non ho trovato il tempo di annotare niente sulla tua cartella clinica. Gli appunti sono nella mia cassaforte.

— Sì? E il tecnico di laboratorio?

— Era pieno di lavoro. I test li ho fatti io.

— Perbacco. Secondo te è possibile che quegli appunti vadano persi? Che si brucino, magari?

— Sulla nave non bruciamo mai niente. Dà fastidio all’addetto agli impianti d’aerazione. Facciamo a pezzettini e ricicliamo. Non temere, ragazza mia. Con me il tuo piccolo segreto è al sicuro.

— Jerry, sei un vero amico. Tesoro, non fosse stato per la mia cameriera, forse avrei attribuito a te questa paternità. La mia prima sera sulla nave… ricordi?

— Impossibile che dimentichi. Ho avuto un attacco acuto di frustrazione.

— Avere una cameriera alle calcagna non è un’idea mia. Me l’ha affibbiata la mia famiglia, e mi sta attaccata come una sanguisuga. Si direbbe che i miei non si fidino di me semplicemente perché sanno di non potersi fidare… come tu sai benissimo. Sapresti trovare il modo di sfuggire alla sua tutela? Mi sento molto arrendevole. Con te. Con un uomo di cui mi fido, un uomo che conosce i miei segreti.

— Uhm. Devo rifletterci. Il mio alloggio, no. Per arrivarci bisogna attraversare il quadrato ufficiali e un’altra ventina di cabine. Occhio, arriva Jìmmy.

Sì, ovviamente cercavo di corromperlo per assicurarmi il suo silenzio. Ma a parte quello gli ero riconoscente e sentivo di dovergli qualcosa. Se quello che lui voleva era (e lo era) un congresso carnale con la mia carcassa non più vergine, ero pronta a concederglielo; e pronta anche di mia spontanea volontà: ultimamente ero rimasta a stecchetto, e Jerry è attraente. Essere incinta non mi imbarazzava, anche se per me era un’idea del tutto nuova, ma volevo tenere segreto il mio stato (se era possibile; se sulla nave non c’era già un plotone di persone che sapevano); tenerlo segreto, se lo era ancora, finché non avessi stabilito cosa fare. Il quadro totale della mia situazione potrebbe non esservi chiaro; forse è meglio che illustri. Se fossi arrivata al Regno, mi aspettavo di essere uccisa in una sala operatoria, in modo tranquillo e legale e pulito. Se non credete che cose simili possano accadere, non viviamo nello stesso mondo ed è inutile che continuiate a leggere questi ricordi. Nel corso dell’intera storia, il metodo più comune per sistemare un testimone scomodo è sempre stato fare in modo che smetta di respirare.

Poteva anche non accadermi. Ma tutto lasciava sospettare che sarebbe accaduto… se avessi raggiunto il Regno.

Restare semplicemente a bordo? Ci pensai, ma mi risuonarono alle orecchie le parole di Pete-Mac: — Quando arriviamo, un ufficiale della guardia di palazzo sale a bordo e voi diventate un problema suo. — A quanto sembrava, non avrebbero nemmeno aspettato che mettessi piede a terra e fingessi di ammalarmi.

Ergo, dovevo lasciare la nave prima di arrivare al Regno; cioè a Botany Bay. Non avevo scelta.

Semplice: basta scendere dalla nave.

Sicuro! Scendere dalla passerella e fare ciao-ciao con la mano.

Questa non è una nave oceanica. Il punto massimo di vicinanza tra la Forward e un pianeta è l’orbita stazionaria; nel caso di Botany Bay, sono trentacinquemila chilometri circa. L’unico modo possibile per raggiungere la superficie di Botany Bay era una delle scialuppe della nave, come era successo con Avamposto.

Friday, non ti lasceranno salire su quella scialuppa. Ad Avamposto ci sei riuscita a viva forza. Adesso sono in allarme; non ce la farai una seconda volta. Cosa accadrà? Il signor Woo o qualcun altro ti intercetterà al portello d’imbarco con un elenco, e di nuovo il tuo nome non comparirà. Però questa volta avrà con sé un addetto alla sicurezza armato. Cosa farai?

Logico, lo disarmo, sbatto la sua testa contro quella dell’altro, scavalco i due corpi riversi e mi siedo. Friday, sei stata addestrata per cose del genere, per non parlare della tua progettazione genetica.

E poi cosa succede? La scialuppa non parte in orario. Aspetta chiusa nell’intelaiatura di decollo, e intanto arriva una squadra di otto uomini, e con la forza bruta e una spruzzata di anestetico quelli ti trascinano fuori dalla scialuppa e ti chiudono a chiave nella cabina Bb; dove resterai finché quell’ufficiale della guardia di palazzo non assumerà la custodia della tua carcassa.

Non è un problema che si possa risolvere con la forza.

Restano i discorsini dolci, il sex appeal, e la corruzione.

Aspetta! E l’onestà?

Eh?

Sicuro. Vai diritta dal capitano. Raccontagli cosa ti ha promesso il signor Sikmaa, raccontagli che ti hanno imbrogliata, chiedi a Jerry di mostrargli i risultati dei test, digli che hai paura e hai deciso di aspettare a Botany Bay la prima nave che torna alla Terra senza passare per il Regno. E un brav’uomo, dolce e paterno; hai visto le foto delle sue figlie. Si prenderà cura di te!

Quale sarebbe stata l’opinione di Boss in merito?

Avrebbe notato che siedi a destra del capitano. Perché?

Ti hanno dato una delle cabine più lussuose della nave all’ultimo minuto. Perché?

È stato trovato lo spazio per altre sette persone, gente che passa tutto il tempo a tenerti d’occhio. Credi che il capitano non lo sappia?

Qualcuno ha tolto il tuo nome dall’elenco dei passeggeri che scendevano su Avamposto. Chi?

Chi possiede le Linee IperSpazio? Il trenta per cento è di proprietà della Interworld, che a sua volta è di proprietà o è controllata da svariate parti del gruppo Shipstone. E tu hai notato che l’undici per cento appartiene a tre banche del Regno; lo hai notato perché altri bocconi di aziende Shipstone sono di proprietà del Regno.

Quindi non aspettarti troppo dal caro vecchio capitano van Kooten. Puoi già sentirlo: "Oh, io non kredo. Il signor Sikmaa è un mio karo amiko; lo konosko da anni. Sì, gli ho promesso ke non afremmo korso riski per fostra sikurezza. Ekko perké non posso permetterfi di scendere su pianeti selvatichi e inchivili. Ma al ritorno, fi facchio difertire sul serio su Alcione, giuro. Adesso fate la brava rakazza e non mi date più problemi, eh?"

E magari ci crederebbe anche.

Quasi certamente sa che non sei "Miss Dollaro Facile" e probabilmente sa che hai accettato di fare da madre ospite (probabilmente non gli hanno detto che si tratta della famiglia reale, ma potrebbe averlo immaginato); forse penserebbe che vuoi solo sottratti a un impegno legale ed equo. Friday, non hai una sola parola scritta che tenda a indicare che ti hanno imbrogliata.

Non aspettarti aiuto dal capitano. Friday, sei abbandonata a te stessa.

Fu solo tre giorni prima del previsto arrivo a Botany Bay che si verificò qualche cambiamento. Io pensai parecchio, ma per la maggior parte si trattò di elucubrazioni superflue; persi inutilmente tempo a immaginare cosa avrei fatto se non fossi riuscita a fuggire a Botany Bay. Per esempio: "Mi avete sentita, capitano! Resterò chiusa in cabina finché non lasceremo il Regno. Se farete abbattere la porta per consegnarmi a quell’ufficiale della guardia di palazzo, non posso fermarvi; ma troverete solo un corpo morto!"

(Ridicolo. Sarebbe bastato un po’ di gas soporifero dai condotti dell’aria per mettermi fuori gioco.)

Oppure: "Capitano, avete mai visto un aborto fatto coi ferri da maglia? Siete invitato a vedere. A quanto ne so, può essere uno spettacolo piuttosto sanguinoso".

(Ancora più ridicolo. Posso parlare di aborto; non posso farlo. Anche se la creatura che ho dentro non è carne della mia carne, è pur sempre il mio innocente ospite.)

Cercai di non sprecare tempo in queste riflessioni inutili e di concentrarmi invece su un piano di rivolta, pur continuando a comportarmi normalmente. Quando l’ufficio del commissario di bordo annunciò che era ora di iscriversi per le escursioni a Botany Bay, fui tra i primi ad arrivare. Feci domande, mi portai opuscoli in cabina, e firmai e pagai in contanti per tutti i percorsi migliori e più costosi. Quella sera, a cena, chiacchierai col capitano delle escursioni che avevo scelto, chiesi la sua opinione su tutte, e mi lamentai di nuovo perché il mio nome era sparito dall’elenco di Avamposto e lo pregai, questa volta, di controllare personalmente; come se il capitano di un incrociatore gigante non avesse niente di meglio da fare che eseguire commissioni per Miss Dollaro Facile. Da quanto vidi, lui non batté ciglio; di certo non mi disse che non potevo scendere a terra. Ma forse era un bugiardo matricolato come me; e io ho imparato a mentire con la faccia più onesta del mondo fin da quando ero piccola così.

Quella sera (tempo della nave) mi trovai al Buco Nero coi miei tre primi corteggiatori: il dottor Jerry Madsen, Jaime "Jimmy" Lopez, e Tom Udell. Tom è primo vice supercargo, e io non avevo mai capito di cosa si trattasse. Sapevo sólo che aveva una spallina in più degli altri due. La prima sera a bordo, Jimmy mi aveva detto in tono solenne che Tom era portinaio capo.

Tom non lo aveva negato. Si era limitato ad aggiungere: "Hai dimenticato che sono anche facchino capo".

Quella sera, a meno di settantadue ore da Botany Bay, scoprii in parte cosa faceva Tom. La scialuppa di dritta era in fase di carico per Botany Bay. — La scialuppa di babordo l’abbiamo caricata alla Piantadifagiolo — mi disse: — Quella di dritta invece è stata riempita per Avamposto. Adesso per Botany Bay ci servono tutte e due, quindi c’è da spostare un po’ di roba. — Sorrise. — Molto lavoro, molto sudore.

— Ti farà bene, Tommy. Stai ingrassando.

— Parla per te, Jaime.

Chiesi in che modo caricassero la scialuppa. — Il portello mi sembra piuttosto piccolo.

— Non facciamo passare le merci da lì. Vuoi vedere come ce la caviamo?

Così presi appuntamento con lui per il mattino dopo. E scoprii diverse cose.

Le stive della Forward sono talmente enormi che ispirano più agorafobia che claustrofobia. Ma anche le stive delle scialuppe sono grandi. E anche una parte delle merci è gigantesca, in particolare le macchine. Botany Bay aspettava un turbogeneratore Westinghouse, grosso come una casa. Chiesi a Tom come diavolo avrebbe fatto a spostare quello.

Lui sorrise. — Magia nera. — Quattro dei suoi operai chiusero il turbogeneratore in una rete metallica e vi attaccarono una scatola di metallo grande quanto una valigetta. Tom andò a ispezionare, poi disse: — Okay, fuoco.

Il caposquadra fece fuoco, e quel mostro di metallo tremò e si sollevò di un soffio: un’unità antiG portatile, non diversa da quella di un Vma, però esposta all’aria aperta anziché chiusa nel suo guscio.

Con estrema attenzione, a mano, usando funi e pali, gli uomini fecero passare la macchina in una porta enorme, fino alla stiva della scialuppa. Tom mi fece notare che anche se il mostro galleggiava per aria, libero dalla gravità artificiale della nave, era enormemente poderoso come sempre, e avrebbe potuto schiacciare un uomo come un uomo schiaccia un insetto.

— Dipendono l’uno dall’altro e devono fidarsi a vicenda. La responsabilità è mia, ma a un morto non interesserebbe niente se la colpa ricadesse su di me. Devono badare l’uno all’altro.

La sua vera responsabilità, mi spiegò, era assicurarsi che ogni cosa fosse sistemata nel punto previsto e fosse saldamente legata contro le accelerazioni, e anche accertarsi nel modo più assoluto che le grandi porte per le merci, sui due lati, fossero a perfetta tenuta stagna ogni volta che venivano chiuse dopo essere state aperte.

Tom mi mostrò gli spazi della scialuppa riservata agli emigranti. — Abbiamo più nuovi coloni per Botany Bay che per tutti gli altri posti. Quando ripartiremo, la terza classe sarà quasi deserta.

— Sono tutti australiani? — chiesi.

— Oh, no. La maggioranza sì, però quasi un terzo non lo sono. Comunque hanno una cosa in comune. Tutti quanti conoscono bene l’inglese. È l’unica colonia che chieda la conoscenza di una lingua. Stanno cercando di fare in modo che l’intero pianeta abbia una sola lingua.

— Ne ho sentito parlare. Perché?

— Pensano che ci saranno minori probabilità di guerre. Può darsi… Ma le guerre più sanguinose della storia sono state guerre fratricide. Senza problemi di lingua.

Non avevo opinioni, quindi non commentai. Lasciammo la scialuppa dal portello passeggeri, e Tom lo chiuse dietro di noi. Poi mi ricordai di aver lasciato dentro una sciarpa. — Tom, l’hai vista? Sono certa che l’avevo nella stiva emigranti.

— No, ma la troveremo. — Si girò e aprì il portello.

La sciarpa era dove l’avevo lasciata cadere, fra due panche nella zona per i coloni. La feci passare al collo di Tom e abbassai il suo viso a livello del mio e lo ringraziai, e lasciai che la mia gratitudine arrivasse fino al punto che lui preferiva: abbastanza lontano, ma non troppo, perché lui era ancora in servizio.

Meritava i migliori ringraziamenti. Il portello aveva una serratura a combinazione. Adesso potevo aprirlo.

Quando tornai dall’ispezione alle stive e alla scialuppa, era quasi l’ora di pranzo. Shizuko, come sempre, stava facendo un lavoro o l’altro (non è necessario tutto il tempo di una donna per fare in modo che un’altra sia ben vestita e truccata.)

Le dissi: — Non voglio andare in salone. Voglio fare una doccia veloce, mettere un accappatoio e mangiare qui.

— Cosa desidera la signorina? Ordino.

— Ordina per tutte e due.

— Per me?

— Per te. Non voglio mangiare da sola. È semplicemente che non mi va di vestirmi per il salone. Non discutere. Chiedi il menù. — Mi avviai al bagno.

La sentii cominciare a ordinare, ma quando chiusi l’acqua lei era pronta con un salviettone morbido e gigantesco, e ne aveva uno più piccolo allacciato alla vita: la perfetta ragazza del bagno pubblico. Dopo che mi ebbe asciugata e aiutata a mettere l’accappatoio, il montacarichi squillò. Mentre lei tirava fuori la roba, io portai un tavolino nell’angolo dove avevo parlato con Pete-Mac. Shizuko corrugò la fronte ma non discusse; cominciò ad apparecchiare. Io chiesi musica al terminale e di nuovo scelsi brani ad alto volume, di rock classico.

Shizuko aveva messo in tavola un solo piatto. Girandomi verso di lei, così che le mie parole le arrivassero nonostante la musica, dissi: — Tilly, metti qui anche il tuo piatto.

— Cosa, signorina?

— Piantala, Matilda. La farsa è finita. Con questa sistemazione possiamo parlare.

Lei esitò un solo attimo. — Okay, signorina Friday.

— Meglio che mi chiami Marj, così io non dovrò chiamarti signorina Jackson. Oppure chiamami Friday, è il mio vero nome. Tu e io dobbiamo mettere le carte in tavola. Fra parentesi, la tua recitazione da cameriera è perfetta, ma non c’è più bisogno di preoccupartene quando saremo in privato. Dopo il bagno posso asciugarmi da sola.

Lei quasi sorrise: — Mi piace occuparmi di te, signorina Friday. Marj. Friday.

— Oh, grazie. Mangiamo. — Le misi il sukiyaki nel piatto.

Dopo qualche boccone (la conversazione procede meglio col cibo) dissi: — Tu cosa ci guadagni?

— Da cosa, Marj?

— Dal sorvegliarmi. Dal consegnarmi alla guardia di palazzo del Regno.

— Le tariffe sindacali. Pagate al mio boss. Dovrebbe esserci un premio per me, ma io nei premi ci credo solo quando li spendo.

— Vedo. Matilda, io taglio la corda a Botany Bay. Tu mi aiuterai.

— Chiamami Tilly. Davvero?

— Davvero. Perché io ti pagherò di più.

— Credi sul serio di potermi convincere tanto facilmente?

— Sì. Perché hai soltanto due scelte. — In mezzo a noi c’era un grosso cucchiaio da portata in acciaio. Lo presi, chiusi le mani sull’incavo, lo stritolai. — Puoi aiutarmi. O puoi morire. Di corsa. Cosa decidi?

Lei raccolse il cucchiaio mutilato. — Marj, non c’è bisogno di essere così melodrammatica. Escogiteremo qualcosa. — Col pollice raddrizzò l’acciaio contorto. — Qual è il problema?

Io restai a fissare il cucchiaio. — Tua madre era una provetta…

— E mio padre un bisturi. Come nel tuo caso. È per questo che mi hanno assunta. Parliamo. Perché lasci la nave? Se lo fai io passerò l’inferno.

— Se non lo faccio, sarò morta. — Senza cercare di barare, le raccontai dell’accordo che avevo concluso, di come mi fossi trovata incinta, e delle ipotesi sulle mie scarse possibilità di sopravvivenza se fossi arrivata al Regno. — Allora, cosa ci vuole per convincerti a guardare dall’altra parte? Credo di potermi permettere il tuo prezzo.

— Non sono l’unica che ti sorveglia.

— Pete? Mi occuperò io di Pete. Credo possiamo ignorare gli altri tre uomini e le altre due donne. Se avrò il vostro aiuto attivo. Voi due, tu e Pete, siete gli unici professionisti. Chi ha assunto gli altri? Gentaglia.

— Non lo so. Non so nemmeno chi abbia assunto me, per questo. L’affare è stato concluso col mio boss. Forse possiamo lasciare perdere gli altri. Dipende dal tuo piano.

— Parliamo di soldi.

— Prima parliamo del piano.

— Uh… Pensi di poter imitare la mia voce?

Tilly rispose: — Uh… Pensi di poter imitare la mia voce?

— Rifallo!

— Rifallo!

Sospirai. — Okay, Tilly, puoi farlo. Il Daily Forward dice che emergeremo domani nei paraggi di Botany Bay, e se i calcoli sono precisi come lo sono stati per Avamposto, saremo in orbita stazionaria e faremo scendere le scialuppe verso mezzogiorno di domani l’altro. Meno di quarantotto ore da adesso. Quindi domani io mi ammalo. Un peccato. Perché non vedevo l’ora di atterrare sulla superficie per tutte quelle meravigliose escursioni. I tempi esatti del mio piano dipendono dagli orari di partenza delle scialuppe, e se ho capito bene per saperli dovrò aspettare che rientriamo nello spazio normale e che predicano al millimetro quando raggiungeremo l’orbita stazionaria. A prescindere dagli orari, la sera prima della partenza delle scialuppe, verso le nove quando i corridoi sono deserti, io me ne vado. Da allora in poi tu diventi tutte e due. Non lasci entrare nessuno, sono troppo malata.

"Se qualcuno mi chiama al terminale, stai bene attenta a non accendere il video. Io non lo uso mai. Sarai tutte e due nelle questioni che riesci ad affrontare, e se non ci riesci, io dormo. Se cominci a impersonarmi e le cose si fanno troppo complicate, be’, sarai talmente imbottita di febbre e medicinali da essere incoerente.

"Ordinerai la colazione per tutte e due. La solita colazione per te, e tè e latte e succhi di frutta per l’invalida."

— Friday, vedo che hai intenzione di nasconderti in una scialuppa. Ma le porte d’accesso delle scialuppe sono sempre chiuse, se a bordo non c’è nessuno. Lo so.

— Infatti. Non preoccuparti, Til.

— Va bene. Non sta a me preoccuparmi. Okay, posso coprirti dopo che te ne sarai andata. Cosa dico al capitano?

— Allora il capitano c’è di mezzo. Lo sospettavo.

— È al corrente. Però noi prendiamo ordini dal commissario di bordo.

— Sensato. Se facessi in modo che ti ritrovino legata e imbavagliata? Ovviamente la colpa sarà tutta mia. È chiaro che non posso legarti io, perché tu dovrai essere tutte e due dalle prime ore del mattino alla partenza delle scialuppe. Però posso trovare qualcuno che ci pensi per me. Credo.

— Il mio alibi farebbe un salto di qualità! Ma chi è il filantropo?

— Ricordi la prima sera sulla nave? Sono rientrata tardi, con un uomo. Ci hai servito tè e dolci alle mandorle.

— Il dottor Madsen. Conti su di lui?

— Credo di sì. Col tuo aiuto. Quella sera era piuttosto eccitato.

Lei sbuffò. — La lingua gli arrivava al tappeto.

— Sì. È ancora lì. Domani io mi ammalo. Lui viene a visitarmi. Tu sei qui, come al solito. Teniamo le luci spente nella zona letto. Se il dottor Jerry ha i nervi saldi come penso, prenderà quello che gli offro. Dopo di che, collaborerà. — La guardai. — Okay? Il mattino dopo viene a darmi un’occhiata, e ti lega. Semplice.

Tilly restò pensosa per lunghi attimi. — No.

— No?

— Facciamo le cose veramente semplici. Non coinvolgere nessun altro. Nessuno. Non c’è bisogno di legarmi. Servirebbe solo a destare sospetti. Senti la mia storia. A un certo punto, poco prima che le scialuppe partano, tu decidi che stai bene. Ti alzi, ti vesti, e lasci la cabina. Non mi spieghi i tuoi piani; io sono solo la povera cameriera scema. Non mi dici mai cose del genere. O magari hai cambiato idea e vuoi partecipare lo stesso alle escursioni. In ogni caso, non importa. Io non ho l’incarico di tenerti a bordo della nave. La mia unica responsabilità è sorvegliarti qui in cabina. Non credo che nemmeno Pete abbia la responsabilità di tenerti a bordo. Se riesci a tagliare la corda, probabilmente l’unico che resterà bruciato sarà il capitano. E non verserò lacrime su di lui.

— Tilly, credo che tu abbia ragione, su tutti i punti. Presumevo che tu volessi un alibi. Ma te la caverai meglio senza.

Lei mi guardò e sorrise. — Però questo non dovrà impedirti di portare a letto il dottor Madsen. Divertiti. Uno dei miei compiti era tenere gli uomini lontano dal tuo letto, come probabilmente saprai…

— Lo avevo immaginato — ammisi secca.

— Però adesso cambio rotta, per cui la cosa finisce qui — Di colpo le spuntarono le fossette. — Forse dovrei offrire un premio al dottor Madsen. Quando verrà a trovare la sua paziente il mattino dopo e gli dirò che sei andata alla sauna o da qualche altra parte.

— Non offrirgli un premio di quel tipo se non fai sul serio. Perché so che lui fa sul serio. — Rabbrividii. — Ne sono certa.

— Se offro, do. Siamo d’accordo? — Si alzò; la imitai.

— Resta il particolare di cosa ti devo.

— Ci ho pensato, Marj, tu conosci le tue possibilità meglio di me. Lascio decidere a te.

— Non mi hai nemmeno detto cosa ti pagano.

— Non lo so. Il mio padrone non me l’ha detto.

— Sei una schiava? — Provai una desolazione improvvisa. Sarebbe successo a qualunque Pa.

— Non più. O non del tutto. Sono stata venduta per ventun anni. Me ne mancano ancora tredici. Poi sarò libera.

— Ma… Dio, Tilly, lascia anche tu questa nave!

Lei mi mise una mano sul braccio. — Calma. Mi ci hai fatto pensare proprio tu. È il motivo principale per cui non voglio essere legata. Marj, dai documenti che sono stati consegnati per il mio imbarco non risulta che non sono una Persona Libera. Di conseguenza, posso partecipare a un’escursione a terra se ho i soldi per pagare e li ho. Forse ci rivedremo laggiù.

— Sì! — la baciai.

Lei mi attirò a sé forte, e il bacio guadagnò ritmo. Tilly mugolava contro la mia lingua, e una delle sue mani scivolò sotto il mio accappatoio.

Alla fine riuscii a interrompere il bacio, a guardarla negli occhi. — È questo che provi, Tilly?

— Al diavolo, sì! Dalla prima volta che ti ho fatto il bagno.


Quella sera, gli emigranti che lasciavano la nave a Botany Bay allestirono uno show per i passeggeri della prima classe.

Il capitano mi disse che quegli spettacoli erano tradizionali e che in genere i passeggeri di prima classe offrivano qualcosa per i coloni, ma l’offerta non era obbligatoria.

Lui stesso si presentò in salone la sera (un’altra tradizione), e io mi trovai seduta al suo fianco.

Sfruttai l’occasione per accennargli che non mi sentivo troppo bene. Aggiunsi che forse avrei dovuto annullare le prenotazioni per le escursioni, e mi lamentai come si conviene.

Lui mi disse che se non mi sentivo in perfetta forma, non dovevo rischiare di espormi alla superficie di un pianeta alieno; ma non mi preoccupassi troppo di perdere Botany Bay, che non era poi quella gran cosa. Il resto del viaggio era la parte più fantastica. Kosì fai la brava rakazza, o defo kiuderti in kabina?

Gli risposi che se il mio stomaco non la smetteva di fare i capricci, non sarebbe stato necessario mettermi sotto chiave.

Il viaggio ad Avamposto era stato orribile, nausee continue, e non avrei rischiato niente del genere un’altra volta. Avevo predisposto la messinscena a cena, limitandomi a mangiare come un uccellino.

Lo spettacolo fu una cosa da dilettanti, però divertente. Qualche scenetta, ma soprattutto canzoni di gruppo: Tie Me Kangaroo Down, Waltzing Matilda, Botany Bay, e, per il bis, The Walloping Window Blind. Me lo godetti, ma non mi sarebbe sembrato niente di speciale non fosse stato per un uomo nella seconda fila del coro, un uomo che mi era familiare.

Lo guardai e mi chiesi: Friday, sei diventata il tipo di vacca distratta e indifferente che non ricorda nemmeno se ha dormito o no con un uomo?

Mi ricordava il professor Federico Farnese. Però costui aveva una barba imponente, mentre Freddie era del tutto glabro; il che non dimostrava nulla, visto che c’era stato tutto il tempo perché lui si facesse crescere la barba, e prima o poi quasi tutti i maschi si lasciano prendere dalla mania della barba.

Comunque, i peli mi rendevano impossibile ogni certezza. E l’uomo non si esibì mai in un assolo, per cui non potei identificare nemmeno la voce.

L’odore del corpo: impossibile, a una trentina di metri di distanza, isolarlo fra dozzine di altri odori.

Provavo la forte tentazione di non fare la signora: alzarmi, traversare la pista da ballo, e affrontarlo di petto. — Sei Freddie? Non mi hai portata a letto ad Auckland il maggio scorso?

E se avesse risposto di no?

Sono una vigliacca. Quello che feci fu dire al capitano che mi sembrava di aver riconosciuto una vecchia conoscenza di Sydney fra gli emigranti, e come potevo accertarmi? Andò a finire che scrissi "Federico Farnese" su un programma e il capitano lo passò al commissario di bordo, che lo passò a uno dei suoi assistenti, il quale sparì e tornò poco dopo riferendo che fra gli emigranti c’erano diversi nomi italiani, però nessuno dei nomi, italiani o meno, somigliava vagamente a "Farnese".

Lo ringraziai e ringraziai il commissario di bordo e ringraziai il capitano; poi pensai di chiedere lo stesso controllo per "Tormey" e "Perreault", ma decisi che era una mossa idiota: non avevo visto né Betty né Janet, e loro non potevano farsi crescere la barba. Avevo solo visto una faccia dietro un barbone enorme, cioè avevo visto niente. Mettete la barba a un uomo, e vedrete solo brandelli incomprensibili di carne.

Decisi che tutte le sciocchezze da vecchie comari sulle donne incinte erano probabilmente vere.

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