13

Il pranzo fu delizioso. Un assortimento di cibi freddi (sottaceti, formaggi, panini, conserve di frutta, noccioline, ravanelli, scalogno, sedano e simili) circondava una pentola che bolliva su un fornelletto da tavola. Croccanti crostini di pane all’aglio grondavano burro. Georges distribuì la zuppa con la dignità di una maître d’hotel, versandola in grandi fondine. Appena mi fui seduta, Ian mi allacciò al collo un tovagliolo gigante. — Tuffatici come un porcellino — consigliò.

Assaggiai la zuppa. — Volentieri! — e aggiunsi: — Janet, devi aver passato tutta la giornata di ieri a curare la zuppa.

— Sbagliato! — ribatté Ian. — La nonna ha lasciato questa zuppa in eredità a Georges.

— Esagerato — obiettò Georges. — È stata la mia cara mamma, che il buon Dio le conceda gioia, a dare il via a questa zuppa il giorno che sono nato. Mia sorella maggiore ha sempre sperato di riceverla, ma ha sposato un uomo di rango inferiore, un anglo-canadese, così la zuppa è passata a me. Io ho cercato di tenere viva la tradizione, anche se mi sembra che il sapore e il bouquet fossero migliori quando la faceva mia madre.

— Non sono pratica di queste cose — dissi. — So solo che questa zuppa non ha mai visto una lattina.

— La cottura l’ho cominciata io la settimana scorsa — disse Janet. — Poi Georges ha preso in mano la situazione e l’ha curata lui. Capisce le zuppe meglio di me.

— L’unica cosa che capisco della zuppa è che bisogna mangiarla, e spero che in quella pentola ci sia un dividendo anche per me.

— Possiamo sempre — mi assicurò Georges — buttare dentro un altro topo.

— Ci sono novità, nei notiziari? — chiese Janet.

— Che fine ha fatto il tuo ordine di non parlarne a tavola?

— Ian, amore mio, tu meglio di chiunque dovresti sapere che i miei ordini riguardano gli altri, non me. Rispondimi.

— In generale, nessun cambiamento. Non sono stati segnalati altri omicidi. Se si sono fatti vivi altri pretendenti al titolo di grandi organizzatori del disastro, il nostro governo paternalista ha deciso di non informarci. Porca miseria, odio questo atteggiamento da papà saputello. Papà non sa un accidente di niente, se no non ci troveremmo in questo caos. L’unica cosa che sappiamo è che il governo sta usando la censura. Il che significa che sappiamo niente. Mi viene voglia di sparare a qualcuno.

— Di sparatorie ce ne sono già state abbastanza. O vuoi arruolarti negli Angeli del Signore?

— Sorridi quando dici cose del genere. O hai voglia di un bel labbro gonfio?

— Ricordi com’è andata l’ultima volta che hai cercato di sculacciarmi?

— È per questo che ho parlato di un labbro.

— Tesoro, ti prescrivo tre drink robusti o un Miltown. Mi spiace vederti sconvolto. La situazione non piace nemmeno a me, ma non credo ci sia altro da fare che aspettare che passi.

— Jan, a volte sei di una saggezza quasi irritante. La cosa che mi rovescia veramente lo stomaco è il grande buco nelle notizie, un buco senza alcuna spiegazione.

— Cioè?

— Le multinazionali. Si è parlato solo di stati territoriali, e non una parola sugli stati societari. Eppure, chiunque sia in grado di contare fino a dieci sulle punte delle dita sa dove sta il vero potere al giorno d’oggi. Quei buffoni assetati di sangue non lo sanno?

Georges disse dolcemente: — Vecchio mio, forse è proprio per questo motivo che le multinazionali non sono state indicate come bersagli.

— Sì, però… — lan si interruppe.

Io dissi: — lan, il giorno che ci siamo conosciuti mi hai fatto notare che è impossibile colpire uno stato societario. Mi hai parlato anche dell’Ibm e della Russia.

— Non ho detto questo, Marj. Ho detto che la forza militare è inutile contro una multinazionale. Di solito, quando combattono fra loro, i giganti usano soldi e procure e altre manovre a base di avvocati e banchieri, non di violenza. Oh, a volte, combattono con eserciti prezzolati, però non lo ammettono e non è il loro stile abituale. Ma i buffoni che si sono scatenati adesso usano esattamente le armi adatte per colpire e ferire una multinazionale, l’assassinio e il sabotaggio. È talmente evidente che mi preoccupa non sentirne parlare. Mi viene da chiedermi cosa stia succedendo senza che ce ne informino.

Masticai un grosso crostino di pane che avevo intinto in quella zuppa celestiale, poi dissi: — Ian, esiste la vaga possibilità che sia una o più delle multinazionali a condurre lo show, servendosi di fantocci?

Ian si rizzò di scatto sulla sedia, così in fretta da rovesciare la zuppa e sporcarsi il bavaglino. — Marj, mi sconcerti. All’inizio ti ho scelta in mezzo alla folla per motivi che non avevano nulla a che vedere col tuo cervello…

— Lo so.

— …Ma tu insisti ad avere un cervello. Hai intuito subito l’errore nell’idea della compagnia di assumere piloti artificiali, e userò il tuo argomento a Vancouver. Adesso hai preso questo assurdo puzzle di notizie e ci hai incastrato l’unico pezzo che dà senso a tutto.

— Non sono certa che abbia senso — ribattei. — Però, stando ai notiziari, ci sono stati omicidi e sabotaggi su tutto il pianeta e sulla Luna e addirittura su Cerere. Questo richiede centinaia di uomini, più probabilmente migliaia. Omicidi e sabotaggi sono lavori da specialisti; richiedono addestramento. Dei dilettanti, anche ammesso di poterli reclutare, sbaglierebbero tutto sette volte su dieci. Insomma, questa storia significa soldi. Un mucchio di soldi. Non basta un’organizzazione politica strampalata o una setta di fanatici religiosi. Chi ha i soldi per una dimostrazione del genere a livello mondiale, che coinvolge l’intero sistema? Non lo so. Ho solo buttato lì una possibilità.

— Credo che tu abbia risolto l’enigma. Resta solo da scoprire il chi. Marj, cosa fai quando non te ne stai con la tua famiglia nell’Isola del Sud?

— Non ho più famiglia nell’Isola del Sud, Ian. I miei mariti e le mie sorelle di gruppo hanno chiesto il divorzio.

(Restai scioccata quanto lui.)

Ci fu silenzio in ogni angolo. Poi Ian deglutì e disse piano: — Mi spiace molto, Marj.

— Non è necessario, Ian. È stato corretto un errore. Ormai è storia vecchia. Non tornerò in Nuova Zelanda. Però un giorno o l’altro mi piacerebbe fare un salto a Sydney, a trovare Bettie e Freddie.

— Sono sicuro che ne sarebbero felici.

— Io lo sarei senz’altro. E mi hanno invitata tutti e due. Ian, Freddie cosa insegna? Non me lo avete mai detto.

Rispose Georges. — Federico è un mio collega, cara Marjorie… Una lieta circostanza che mi ha condotto qui.

— Vero — convenne Janet. — Chubbie e Georges tagliavano geni assieme alla McGill, e tramite quell’amicizia Georges ha conosciuto Betty. Betty lo ha lanciato nella mia direzione e io l’ho preso al volo.

— Così Georges e io abbiamo stretto un patto — aggiunse Ian — visto che nessuno dei due riusciva a tenere testa a Jan da solo. Giusto, Georges?

— Hai ragione, fratello mio. Ammesso che assieme riusciamo a tenere testa a Janet.

— Sono io che ho problemi con voi due — commentò Jan. — Dovrei convincere Marj a firmare come mia assistente. Marj?

Non presi sul serio quella quasi-offerta perché ero certa che non fosse seria. Tutti quanti stavano chiacchierando a vuoto per coprire la bomba che io avevo fatto cadere. Lo sapevamo bene. Ma nessuno, a parte me, si era accorto che l’argomento non era più il mio lavoro? Sapevo cosa era successo; ma perché mai la parte profonda della mia mente aveva deciso di cambiar discorso in modo così melodrammatico? Non avrei mai svelato i segreti del Boss!

All’improvviso, avvertii il desiderio urgente di comunicare con Boss. Era coinvolto in quegli strani eventi? Se sì, da che parte stava?

— Ancora un po’ di zuppa, cara signora?

— Non darle altra zuppa finché non avrà risposto.

— Ma Jan, non dicevi sul serio. Georges, se prendo dell’altra zuppa mangerò altro pane all’aglio. E diventerò grassa. No. Non tentarmi.

— Altra zuppa?

— Be’… solo un pochino.

— Sono serissima — insistette Jan. — Non sto cercando di metterti le manette, anche perché probabilmente avrai il dente avvelenato col matrimonio. Però potresti provarci, e fra un anno potremmo discuterne. Se ne avrai voglia. Nel frattempo, ti terrò come mio cagnolino… E permetterò a quei due caproni di restare nella stessa stanza con te solo se sarò soddisfatta di come si comporteranno.

— Aspetta uri minuto! — Protestò Ian. — Chi l’ha portata qui? Io. Marj è il mio dolce amore.

— Il dolce amore di Freddie, stando a Betty. Tu l’hai portata qui per delega di Betty. In ogni caso, questo accadeva ieri, e oggi lei è il mio dolce amore. Se uno di voi due vuole parlarle, dovrete venire da me e farvi punzonare il biglietto. Giusto, Marjorie?

— Se lo dici tu, Jan. Ma la questione è puramente teorica, perché io devo assolutamente andarmene. Avete in casa una carta a scala grande del confine? Il confine a sud, intendo.

— Abbiamo un’ottima carta. Richiamala sul computer. Se vuoi uno stampato, usa il terminale del mio studio, a destra della camera da letto.

— Non voglio interferire coi notiziari.

— Non interferirai. Possiamo scollegare qualunque terminale dagli altri. È necessario in una casa di individualisti indemoniati.

— Specialmente Jan — convenne Ian. — Marj, perché vuoi una carta del confine dell’Impero?

— Preferirei tornare a casa in sotterranea. Ma non posso. Visto che non posso, devo trovare qualche altro modo.

— Come pensavo. Tesoro, dovrò nasconderti le scarpe. Non ti rendi conto che se cerchi di attraversare quel confine possono spararti? Poco ma sicuro, in questo momento le guardie su tutti e due i lati avranno il grilletto facile.

— Ehm… Posso almeno studiarmi la carta?

— Sicuro. Se prometti di non tentare di passare dall’altra parte del confine.

Georges disse dolcemente: — Fratello mio, non si dovrebbe mai indurre una persona cara a mentire.

— Georges ha ragione — decise Jan. — Niente promesse forzate. Fai pure Marj. Sparecchio io. Ian, ti sei offerto volontario per darmi una mano.

Trascorsi le due ore seguenti al terminale del computer, nella stanza presa a prestito. Memorizzai il confine nel suo insieme, poi passai all’ingrandimento massimo e imparai alcune zone nei minimi particolari. Nessun confine può davvero essere chiuso al cento per cento, nemmeno le impervie mura con cui alcuni stati totalitari circondano i loro sudditi. Di solito le rotte migliori sono nei paraggi dei porti d’ingresso custoditi; in quei punti, spesso, le vie di contrabbando filano lisce come l’olio. Ma io non avrei seguito una rotta già nota.

Non lontano c’erano molti porti d’ingresso: Emerson Junction, Pine Creek, South Junction, Gretna, Maida, eccetera. Studiai anche il Roseau River, ma pareva scorrere nella direzione sbagliata, verso nord fino a immettersi nel Red River (la carta non era chiara).

C’è una bizzarra fetta di terreno che si protende nel Lake of the Woods a est-sudest di Winnipeg. I colori della mappa la rappresentavano come una parte dell’Impero, e non c’era nulla che impedisse di superare il confine in quel punto; purché si fosse disposti ad affrontare diversi chilometri di terreno paludoso. Io non sono una superdonna; potrei fare una brutta fine in una palude; ma quel pezzetto non sorvegliato di confine mi tentava. Alla fine lo lasciai perdere perché, anche se legalmente la fetta di terreno faceva parte dell’Impero, era separata dall’Impero vero e proprio da ventun chilometri d’acqua. Rubare una barca? Ero pronta a scommettere che qualunque barca viaggiasse su quelle acque avrebbe interrotto un raggio-spia. Dopo di che, in mancanza di risorse adeguate, un laser avrebbe scavato un foro grande abbastanza da lasciar passare un cane. Io non discuto coi laser: non puoi comperarli, non puoi corromperli. Lasciai perdere l’idea.


Avevo appena smesso di studiare la carta e stavo dando al mio cervello il tempo di assorbire le immagini, quando dal terminale uscì la voce di Janet: — Marjorie, vieni in soggiorno. Spicciati!

Mi trasferii molto in fretta.

Ian stava parlando a qualcuno sullo schermo. Georges era spostato di lato, fuori campo. Janet fece cenno anche a me di non entrare in campo. — Polizia — mi disse piano. — Ti suggerisco di sparire immediatamente nel buco. Aspetta che ti chiami io quando se ne saranno andati.

Anch’io sottovoce le risposi: — Sanno che sono qui?

— Non lo sappiamo ancora.

— Assicuriamoci. Se sanno che sono qui e non mi trovano, voi sarete nei guai.

— I guai non ci fanno paura.

— Grazie. Sentiamo un po’.

Ian stava dicendo al viso sullo schermo: — Mel piantala. Georges non è uno straniero nemico e lo sai benissimo. In quanto a questa… signorina Baldwin, hai detto?… perché la cerchi qui?

— Ha lasciato il porto con te e tua moglie ieri sera. Se non è più con voi, saprete senz’altro dove è andata. In quanto a Georges, oggi come oggi ogni cittadino del Québec è uno straniero nemico, a prescindere dagli anni che ha vissuto qui o dai club a cui è iscritto. Immagino preferiate farlo arrestare da un vecchio amico che da un agente qualsiasi. Spegni la tua antiarea. Sto per atterrare.

Janet sussurrò: — Sì, un vecchio amico! È dalle superiori che cerca di venire a letto con me. Sono anni che gli ripeto di no. È viscido.

Ian sospirò: — Mel, è un momento piuttosto balordo per parlare d’amicizia. Se Georges fosse qui, sono certo che preferirebbe essere arrestato da un agente qualsiasi, non farsi portare via da un presunto amico. Per cui torna indietro e fai le cose a dovere.

— Ah è così, eh? Molto bene. Vi parla il tenente Dickey. Sono qui per operare un arresto. Disattivate l’antiarea. Sto atterrando.

— Ian Tormey, proprietario della casa. Ho ricevuto la comunicazione. Tenente, avvicinate il mandato d’arresto allo schermo in modo che possa verificarlo e fotografarlo.

— Ian, sei completamente fuori di testa. È stato dichiarato lo stato di emergenza. Non occorre nessun mandato.

— Non ti sento.

— Forse adesso mi sentirai. Attracco alla tua antiaerea e la carbonizzo. Se incidentalmente dovessi dare fuoco a qualcosa, be’, mi dispiace tanto.

Ian aprì le mani a ventaglio, disgustato, poi combinò qualcosa con la tastiera. — Antiaerea disattivata. — Mise il ricevitore in attesa e si girò verso di noi. — Voi due avete tre minuti circa per infilarvi nel buco. Non potrò trattenerlo molto alla porta.

Georges ribatté, tranquillo: — Non mi nasconderò in un buco nel terreno. Insisterò perché mi siano garantiti i miei diritti. Se mi saranno negati, appena possibile farò causa a Melvin Dickey e lo ridurrò in mutande.

Ian scrollò le spalle. — Canadese pazzo. Però ormai sei cresciuto. Marj, mettiti al sicuro, amore. Non ci vorrà molto a sbarazzarmi di lui. Non è sicuro che tu sia qui.

— Se sarà necessario scomparirò nel buco. Ma non potrei semplicemente aspettare nel bagno di Janet? Quello potrebbe andarsene. Sintonizzerò il terminale su quello che succede qui. Va bene?

— Marj, stai facendo la difficile.

— Allora convinci anche Georges a scappare nel buco. Se lui resta, potreste avere bisogno di me. Per aiutare lui e voi.

— Di che diavolo parli?

Nemmeno io sapevo di preciso di cosa stessi parlando. Però non mi sembrava degno del mio addestramento passare la mano e andarmi a nascondere in un buco sottoterra. — Ian, questo Melvin Dickey secondo me ha brutte intenzioni per Georges. Gliel’ho sentito nella voce. Se Georges non vuole venire con me nel buco, dovrei andare con lui per controllare che Dickey non gli faccia niente. Chiunque finisca nelle mani della polizia ha bisogno di un testimone a suo favore.

— Marj, non potresti mai impedire a… — Risuonò una nota profonda di gong. — Porca miseria! È alla porta. Sparisci! E ficcati nel buco!

Sparii. Non mi ficcai nel buco. Corsi nel grande bagno di Janet, accesi il terminale, poi col selettore portai sullo schermo il soggiorno. A volume alzato, era quasi come essere presente di persona.

Entrò un galletto tronfio.

Il corpo di Dickey non era piccolo: era piccola l’anima. Dickey possedeva un ego taglia dodici in un’anima taglia quattro, in un corpo grande quasi quanto quello di Ian. Apparve nella stanza con Ian, vide Georges, esclamò trionfante: — Eccoti qui! Perreault, ti arresto con l’accusa di non esserti presentato di tua spontanea volontà alla più vicina stazione di polizia, in ossequio al Decreto d’Emergenza, paragrafo sei.

— Non ho ricevuto nessun ordine.

— Oh, balle! I notiziari non parlano d’altro.

— Non ho l’abitudine di seguire i notiziari. Non conosco alcuna legge che mi obblighi a farlo. Posso vedere una copia dell’ordine che dovrebbe autorizzarti ad arrestarmi?

— Non cercare di fare il furbo con me, Perreault. Operiamo in condizioni di emergenza nazionale, e io obbedisco. Potrai leggere l’ordine alla stazione. Ian, ti nomino mio vice. Mi occorre aiuto. Prendi qua. — Dickey frugò dietro la schiena con una mano e trovò un paio di manette.

— Mettigliele. Mani dietro la schiena.

Ian non si mosse. — Mel, non fare l’idiota più del necessario. Non hai nessuna giustificazione per mettere le manette a Georges.

— Col cavolo! Siamo a corto di personale e devo eseguire questo arresto senza assistenza. Non posso correre il rischio che mi combini qualche scherzo mentre torniamo indietro. Sbrigati a mettergli le manette!

— Non puntare quella pistola su di me!

Io non stavo più guardando. Uscivo dal bagno, superavo due porte, percorrevo un lungo corridoio e arrivavo in soggiorno; il tutto con la sensazione di un movimento immobile che provo sempre quando entro in overdrive.

Dickey stava cercando di tenere sotto tiro con la pistola tre persone, e una di loro era Janet. Non avrebbe dovuto farlo. Lo raggiunsi, lo disarmai, e gli ruppi il collo. Le ossa emisero quello sgradevole scricchiolio che emettono sempre, così diverso dal crack secco di una tibia o un radio che si spezzano.

Lo depositai sul tappeto e gli misi accanto la pistola, e mi accorsi che era una Raytheon cinque-zero-cinque, tanto potente da fermare un mastodonte. Ma perché gli uomini con l’anima piccola devono avere grosse armi? Dissi: — Janet, sei ferita?

— No.

— Sono arrivata il più in fretta possibile. Ian, era questo che intendevo quando ho detto che poteva servirti aiuto. Ma avrei dovuto restare qui. Un soffio, e sarei stata in ritardo.

— Non ho mai visto nessuno muoversi così in fretta.

Georges disse piano: — Io sì.

Lo guardai. — Sì, certo Georges, vuoi aiutarmi a spostare questo? — Indicai il cadavere. — E sai guidare un Vma della polizia?

— Se proprio ci sono costretto, posso provarci.

— Più o meno sono allo stesso livello anch’io. Sbarazziamoci del corpo. Janet mi ha accennato a dove finiscono i cadaveri anche se non ho visto niente. Un pozzo a lato del tunnel d’emergenza, giusto? Mettiamoci in moto. Ian, appena ci saremo liberati di questo, Georges e io possiamo andarcene. Oppure Georges può restare e aspettare che passi. Sparito il corpo e il veicolo, tu e Jan potete fare gli indiani. Non ci sono prove. Voi non lo avete mai visto. Però dobbiamo sbrigarci, se no si accorgono della sua scomparsa.

Jan era in ginocchio a fianco del defunto tenente di polizia. — Marj, lo hai ucciso.

— Sì. È stato lui a mettermi fretta. Comunque l’ho ucciso volontariamente, perché con un poliziotto è molto più sicuro ammazzare che ferire. Jan, non doveva puntarti addosso l’arrostitore. Se non lo avesse fatto, forse lo avrei semplicemente disarmato. Lo avrei ucciso solo se voi lo aveste giudicato necessario.

— Sei stata veloce, come no. Un secondo prima non eri qui, poi c’eri, e Mel cadeva… Se era necessario ucciderlo? Non lo so, ma non piangerò. È un topo di fogna. Era un topo da fogna.

Ian disse, lentamente: — Marj, forse non ti rendi conto che uccidere un poliziotto è una faccenda seria. È l’unico delitto capitale ancora previsto nel Canada Britannico.

Quando la gente dice queste cose, non la capisco; un poliziotto non è un essere speciale. — Ian per me è una faccenda seria puntare una pistola sui miei amici. Puntarne una su Janet è un delitto capitale. Scusa se ti ho buttato all’aria. La realtà è che al momento dobbiamo sbarazzarci di un cadavere e di una Vma. Posso aiutarvi. Oppure posso sparire. Dite voi, ma decidete alla svelta. Non sappiamo fra quanto verranno a cercare lui e noi due. Sappiamo solo che verranno.

Mentre parlavo, cominciai a perquisire il cadavere. Niente borsello, per cui dovetti frugargli nelle tasche, stando ben attenta a quelle dei calzoni: gli sfinteri si erano aperti, come succede sempre. Non troppo, grazie a Dio: si era appena bagnato i pantaloni, e non puzzava ancora. Almeno non molto. Le cose importanti erano nelle tasche della giacca: portafoglio, cercapersone, documenti, soldi, carte di credito, tutto il baraccone portatile che assicura all’uomo moderno di essere vivo. Presi il portafoglio e la Raytheon; il resto era spazzatura. Raccolsi da terra quelle stupide manette. — Avete modo di far sparire il metallo? O devono andare a tenere compagnia al cadavere?

Ian si stava ancora mordendo il labbro. Georges disse dolcemente: — Ian, ti consiglio di accettare l’aiuto di Marjorie. È chiaro che è un’esperta.

Ian smise di gingillarsi: — Georges, prendilo per i piedi. — Gli uomini trasportano il cadavere in bagno. Io corsi avanti buttai sul mio letto la pistola, le manette e il portafoglio di Dickey; Janet aggiunse il berretto. Volai in bagno, spogliandomi lungo la strada. I nostri uomini, col loro carico, erano appena arrivati. Ian, mentre metteva giù il corpo, disse: — Marj è inutile che ti spogli. Lo portiamo sotto Georges e io. E ce ne liberiamo.

— Va bene — accettai. — Però lasciatelo lavare a me. So cosa bisogna fare. È meglio se sono nuda. Basterà una doccia per ripulirmi.

Ian restò perplesso, poi disse: — Al diavolo, teniamocelo sporco.

— Se lo dici tu… Però ti passerà la voglia di usare la vasca o anche semplicemente di andare e venire dal buco, se prima non avete cambiato l’acqua e ripulito tutto il fondo. Secondo me si fa prima a lavare il cadavere. A meno che… — Janet era appena entrata. — Jan, mi ha detto che la vasca si può svuotare in un serbatoio. Quanto tempo occorre? Ciclo completo, svuotamento e riempimento.

— Un’ora circa. La pompa è piccola.

— Ian, io posso ripulire il cadavere in dieci minuti, se lo spogli e lo infili sotto la doccia. E i vestiti? Finiscono nel vostro pozzo dell’oblio o come lo chiamate, o avete un altro modo per distruggerli? Devono passare nel tunnel per il buco?

A quel punto, le cose si misero in moto. Ian collaborò al massimo, e tutti quanti mi permisero di guidare il ballo. Anche Jan si spogliò e insistette per darmi una mano a lavare il cadavere, mentre Georges dava in pasto gli abiti del poliziotto alla lavanderia di casa e Ian si infilava nel tunnel per fare qualche preparativo.

Non avrei voluto che Janet mi aiutasse perché io conosco le tecniche del controllo mentale, e lei no. Comunque, tecniche o non tecniche, è un tipo duro. Arricciò il naso un paio di volte, ma quello fu tutto. E, naturalmente, col suo aiuto si fece molto più in fretta.

Georges tornò coi vestiti, gocciolanti. Janet li mise in un sacco di plastica e lo premette per togliere l’aria. Ian riapparve nella vasca con l’estremità di una corda. Gli uomini passarono la corda sotto le ascelle del cadavere, che dopo un po’ svanì.

Venti minuti più tardi eravamo asciutti e puliti, e in casa non c’era più una sola traccia del tenente Dickey. Janet era entrata nella "mia" stanza mentre io trasferivo nella borsa portamonete che mi aveva dato certe cose trovate nel portafoglio del poliziotto; soprattutto soldi e due carte di credito, l’American Express e la Maple Leaf.

Non disse frasi idiote tipo "Non si ruba ai cadaveri"; e se le avesse dette, non sarei stata a sentirla. Oggi come oggi, è impossibile operare senza una carta di credito valida e/o contanti. Jan uscì, tornò col doppio del denaro che avevo recuperato. Io lo accettai, e le dissi: — Lo sai che non ho idea di quando potrò restituirteli.

— Certo che lo so. Marj, io sono ricca. Lo erano i miei nonni, e io lo sono sempre stata. Senti, tesoro, un uomo mi ha puntato una pistola addosso, e tu lo hai fatto fuori a mani nude. Come potrò mai ripagarti di questo? I miei mariti erano presenti tutti e due, ma sei stata tu a sistemare Dickey.

— Non prendertela con gli uomini, Jan. Non hanno il mio addestramento.

— Me ne sono accorta. Un giorno o l’altro mi piacerebbe sapere qualcosa di questo tuo addestramento. C’è qualche possibilità che tu vada nel Québec?

— Una scelta eccellente, se Georges decide di partire.

— L’ho pensato anch’io. — Mi offrì altro denaro. — Non tengo molti franchi del Québec in casa. È tutto quello che ho.

A quel punto entrarono gli uomini. Io guardai il mio indice, poi la parete. — Sono passati quarantasette minuti da quando l’ho ucciso, per cui ha interrotto i contatti con la centrale da un’ora, più o meno. Georges, adesso tenterò di pilotare un Vma della polizia. Ho le chiavi qui. A meno che tu non voglia venire con me e farmi da pilota. Vieni? O ti fermi qui e aspetti che cerchino di arrestarti un’altra volta? In ogni caso, io parto subito.

Janet saltò su a dire: — Partiamo tutti.

Le sorrisi. — Perfetto!

Ian disse: — Vuoi farlo sul serio, Jan?

— Ecco… — Lei si bloccò depressa. — Non posso. Mamma gatta e i suoi piccoli. Black Beauty e Demon e Star e Red. Sicuro, potremmo chiudere la casa. Basta un generatore secondario per farle superare l’inverno. Ma occorrerebbero almeno uno o due giorni per i preparativi per il resto della famiglia. Abbiamo anche un maiale! Non posso piantarli qui. Proprio non posso.

Non c’era niente da dire, quindi non dissi niente. Gli abissi più gelidi dell’inferno sono riservati a chi abbandona gli animali. Boss dice che sono una stupida sentimentale, e sono sicura che ha ragione.

Uscimmo. Cominciava a fare buio, e all’improvviso mi resi conto che ero entrata in quella casa da meno di un giorno. Sembrava un mese. Dio del cielo, appena ventiquattro ore prima ero in Nuova Zelanda, il che mi appariva assurdo.

L’auto della polizia era posata sull’orto di Ian, cosa che spinse Janet a usare un linguaggio che non mi sarei aspettata da lei. Aveva la solita tozza forma a ostrica di un veicolo antiG non progettato per lo spazio, e all’incirca le stesse dimensioni del carro della mia ex famiglia ennezeta. No, questo non mi rese triste; Jan e i suoi uomini, e Betty e Freddie, avevano sostituito nel mio cuore la famiglia Davidson. La donna è mobile: il mio ritratto. Adesso desideravo con tutta me stessa tornare da Boss. La figura paterna? Probabile; ma non mi interessano le teorie degli strizzacervelli.

Ian disse: — Fatemi dare un’occhiata prima che partiate. Voi due piccoli potreste perdervi nel bosco. — Aprì la portiera, salì; dopo un po’ ridiscese. — Potete usarlo, se decidete di farlo. Però statemi a sentire. Ha un risponditore di identificazione. Quasi certamente ha anche un raggio attivo, ma non riesco a trovarlo. Lo Shipstone ha un’autonomia del trentuno per cento, per cui se pensavate al Québec potete scordarvelo. L’auto resterà sigillata, ma al di sopra dei dodicimila metri non potrete mantenere la pressione in cabina. Peggio di tutto, il terminale sta chiamando il tenente Dickey.

— E con ciò? Lo ignoriamo.

— Ovvio, Georges. Però, dopo i processi a Ortega dell’anno scorso, hanno installato congegni di autodistruzione radiocomandati sulle macchine della polizia. Ne ho cercato tracce. L’avessi trovato, lo avrei disattivato. Non l’ho trovato. Il che non significa che non ci sia.

Scrollai le spalle. — Ian, i rischi necessari non mi preoccupano mai. Gli altri cerco di evitarli. Comunque la prima cosa che dobbiamo fare è liberarci di questo ammasso di latta. Dobbiamo portarlo da qualche parte. Abbandonarlo.

Ian disse: — Non così in fretta, Marj. Gli aggeggi a motore sono affare mio. Questo qui… Sì, ha l’autopilota militare standard Ag. Quindi gli facciamo fare un giretto. Dove? Verso est, magari? Dovrebbe precipitare prima di arrivare in Québec, e questo potrebbe spingerli a presumere che tu ti sia diretto a casa, Georges, mentre te ne starai al sicuro nel buco.

— Non mi interessa, Ian. Non mi nasconderò nel buco. Ho accettato di partire perché Marjorie ha bisogno di qualcuno che pensi a lei.

— E più probabile che sia lei a prendersi cura di te. Hai visto come ha ripulito quel verme?

— D’accordo. Ma io non ho parlato di prendermi cura di lei. Ho detto che le occorre qualcuno che pensi a lei.

— Stessa cosa.

— Non starò a discutere. Dobbiamo farlo partire?

Intervenni io. — Ian, l’auto ha energia a sufficienza per raggiungere l’Impero a sud?

— Sì. Però usarla sarebbe pericoloso.

— Non intendevo questo. Mettila in rotta verso sud ad altitudine massima. Probabilmente la faranno fuori le guardie al vostro confine, o forse quelle dell’Impero. O forse passerà e la faranno esplodere col radiocomando. Oppure potrebbe restare all’improvviso senza energia e precipitare dall’altitudine massima. In ogni caso ce ne saremo sbarazzati.

— Fatto. — Ian balzò a bordo, si diede da fare con la tastiera; l’auto si alzò e lui saltò a terra da tre o quattro metri d’altezza. Gli tesi una mano. — Tutto a posto?

— Tutto perfetto. Guardala! — La macchina della polizia stava svanendo rapidamente sopra di noi, diretta a sud.

All’improvviso uscì dalle ombre che si stavano ammassando e si stagliò contro l’ultimo residuo di sole, luminosissima. Diventò sempre più piccola e poi scomparve.

Загрузка...