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Fu una di quelle cerimonie tanto care ai programmisti degli spettacoli televisivi. Hadfield e il suo stato maggiore al completo si erano raccolti in gruppo compatto al limite della radura, con le cupole di Porto Lowell alte nello sfondo. Una bellissima inquadratura, pensò l’operatore, per quanto la doppia illuminazione in continuo aumento gli complicasse alquanto il lavoro.

Ricevuto il segnale della sala di regia, fece girare lentamente la macchina da presa da destra a sinistra per offrire agli spettatori una visione d’insieme prima dell’inizio vero e proprio dello spettacolo. Non che ci fosse gran che da vedere: il paesaggio era estremamente piatto, e la maggior parte dei dettagli si sarebbe perduta nella trasmissione monocroma. Non era possibile colorare la fascia di lunghezze d’onda in una trasmissione diretta da lì alla Terra, e anche in bianco e nero la trasmissione non era facile. Aveva appena terminato con le sue panoramiche, che ricevette l’ordine di inquadrare Hadfield il quale doveva fare un breve discorso. Il parlato era ripreso su un’altra frequenza, e quindi l’operatore non poteva sentire niente. Ci avrebbero pensato in sala di regia a sincronizzare il sonoro con le immagini che lui stava riprendendo. Del resto sapeva a memoria quello che il presidente stava dicendo in quel momento. Discorsi del genere ne aveva sentiti tanti.

Il maggiore Whittaker passò ad Hadfield la vanga alla quale era rimasto appoggiato per oltre cinque minuti in posa da Cincinnato, e il Presidente prese a spalare la sabbia finché non ebbe coperto le radici della pianta marziana. L’alga aerea, come era ormai universalmente nota, non aveva certo un aspetto sensazionale, non sembrava neppure abbastanza resistente per reggersi, malgrado la scarsa gravità. E in ogni caso non dava affatto l’impressione di poter un giorno dominare l’avvenire di un pianeta…

Hadfield terminò il suo lavoro di giardinaggio ufficiale lasciando la buca riempita a metà. Ma qualcun altro avrebbe pensato a completare l’opera. Già la squadra di giardinieri aspettava nello sfondo che i pezzi grossi se n’andassero per poter proseguire in pace con il lavoro.

Seguirono molte strette di mano e molti scambi di pacche sulla schiena, poi Hadfield venne letteralmente sommerso dalla folla che gli si era assiepata intorno. L’unico a non curarsi allatto di tutto quel movimento era Quiicc, il cucciolo marziano che seguitava a dondolarsi sulle anche come uno di quei bambolotti col contrappeso in fondo che per quanti urti prendano tornano sempre nella stessa posizione. L’operatore rivolse la macchina su di lui tentando di coglierne un primo piano: sarebbe stata la prima volta che qualcuno sulla Terra avrebbe visto un Marziano vero… almeno in un programma televisivo.

Ehi, che cosa stava succedendo? Qualcosa doveva aver attiralo l’attenzione di Quiicc, lo tradivano le orecchie agitate da un forte tremito. Il cucciolo prese a muoversi con balzi brevi, cauti, e l’operatore lo seguì allargando il campo per vedere dove fosse diretto. Nessun altro si era accorto che Quiicc aveva cominciato a muoversi. Gibson stava parlando con Whittaker e sembrava essersi completamente dimenticato del suo amico.

Ecco che cosa aveva attirato l’interesse di Quiicc. Adesso sì che ci sarebbe stato da divertirsi. E come sarebbe piaciuto sulla Terra! Sarebbe riuscito ad arrivare fin là prima che gli altri se n’accorgessero? Sì… ce l’aveva fatta! Con un ultimo balzo Quiicc era saltato nella buca, e col triplice becco aveva addentato una foglia della pianta appena interrata con tante cerimonie e tanta cura. Sicuramente Quiicc doveva pensare che i suoi amici erano stati molto gentili a darsi tanta pena per lui… Oppure sapeva di fare un dispetto e lo faceva apposta? Si era avvicinato con tanta cautela da far escludere che avesse agito in perfetta innocenza. In ogni caso l’operatore non intendeva mancare una occasione così bella: ne sarebbe risultata una scena molto divertente. Per un attimo girò la macchina a inquadrare Hadfield e gli altri ancora intenti a congratularsi per l’opera che Quiicc stava rapidamente distruggendo.

Ma era troppo bello per durare. Gibson si accorse di quello che stava succedendo e lanciò un urlo che fece trasalire tutti, poi si precipitò su Quiicc il quale, data una rapida occhiata intorno e visto che non c’era nessun posto dove nascondersi, decise di restarsene immobile, assumendo un’aria d’innocenza calunniata. Quindi si lasciò trascinare via senza opporre resistenza, nonostante che Gibson per punirlo lo allontanasse dalla scena del crimine tirandolo per un orecchio. Un gruppo di esperti si raccolse preoccupato intorno all’alga aerea, ma subito si constatò, con grande sollievo di tutti i presenti, che i danni subiti dalla piccola pianta non erano gravi.

Era stato un incidente banale, e in quel momento nessuno pensò che potesse avere qualche conseguenza. Tuttavia era destinato a ispirare a Gibson una delle sue trovate più brillanti e più efficaci, anche se lui in quel momento non se ne rese conto.


Per Martin Gibson l’esistenza era diventata a un tratto estremamente complicata ma anche estremamente interessante.

Era stato tra i primi a vedere Hadfield dopo la fortunata realizzazione del Progetto Aurora. Il Presidente l’aveva fatto chiamare, e benché avesse potuto concedergli solo pochi minuti del suo tempo prezioso, quei minuti erano stati tuttavia sufficienti per mutare l’avvenire di Gibson.

«Mi spiace di avervi fatto aspettare tanto» gli disse Hadfield, «ma ho ricevuto dalla Terra la risposta che vi riguarda proprio mentre stavo per partire. Dicono che potete restare purché veniate assorbito nella nostra struttura amministrativa, per usare un’espressione ufficiale. E poiché l’avvenire della nostra struttura amministrativa dipendeva in gran parte dall’esito del Progetto Aurora ho ritenuto più opportuno aspettarne i risultati per parlarvi.»

Finalmente dall’animo di Gibson era stato tolto il peso dell’incertezza. Finalmente sapeva, anche se restare lì si fosse rivelato un errore.

Aveva presa la sua strada e adesso non poteva più tirarsi indietro. Si era ormai definitivamente schierato per Marte: avrebbe partecipato con la colonia alla lotta per ricreare quel mondo che cominciava appena a ridestarsi dal suo sonno.

«E che incarico mi affidate?» chiese con una certa ansia.

«Ho deciso di regolarizzare il vostro status ufficioso» rispose Hadfield con un sorriso.

«Come sarebbe a dire?»

«Ricordate che cosa vi ho detto durante il nostro primo incontro? Allora vi chiesi di aiutarci, spiegando alla Terra non soltanto i fatti nudi e crudi relativi alla nostra situazione ma illustrando anche lo spirito che ispira i nostri atti, le ragioni che ci hanno spinti a creare una nuova possibilità di vita quassù. Mi è molto dispiaciuto di avervi dovuto tenere nascosto il Progetto Aurora, ma dato il mestiere che fate sarebbe stato molto più duro per voi lavorare sapendo, e dovendo tacere, che non ignorando. Non siete d’accordo con me?»

Gibson non aveva visto le cose sotto questo punto di vista, ma intuì che il presidente in fondo aveva ragione.

«Mi ha molto interessato» proseguì Hadfield, «notare i risultati ottenuti dai vostri articoli e dai vostri servizi radiofonici. Forse non sapete che abbiamo un metodo molto sicuro per saggiare tali risultati.»

«E quale sarebbe?» chiese Gibson, sorpreso.

«Non lo indovinate? Ogni settimana circa diecimila persone, sparse su tutta la superficie della Terra, decidono di trasferirsi su Marte, e di queste diecimila il tre per cento superano le prove preliminari. Da quando sono cominciati ad apparire regolarmente i vostri articoli la cifra delle richieste settimanali è salita a quindicimila, e tende ad aumentare.»

«Oh!» esclamò Gibson, fattosi improvvisamente pensoso. Quindi scoppiò a ridere. «E pensare» aggiunse, «che non volevate che venissi su Marte.»

«Tutti possono commettere errori, ma io ho imparato a trarre profitto dai miei» disse Hadfield sorridendo. «Per farla breve, vorrei che dirigeste una piccola sezione che, per parlar chiaro, funzionasse come nostro ufficio di propaganda. Naturalmente troveremo una definizione più simpatica, ma in poche parole vorremmo che voi pubblicizzaste Marte. Oggi i vantaggi sono maggiori di ieri, dato che adesso abbiamo qualcosa di tangibilmente interessante da mettere in mostra nella nostra vetrina. Se riuscirete a convincere un numero sufficiente di persone a emigrare quassù allora la Terra sarà costretta a fornirci la flotta interplanetaria di cui abbiamo tanto bisogno. E più presto questo succederà, più presto potremo garantire alla Terra di essere in grado di fare da soli. Qual è la vostra risposta?»

Gibson provò un attimo di delusione. In fondo non cambiava niente: avrebbe continuato nello stesso trantran. Ma il Presidente aveva ragione, quello era l’unico modo in cui avrebbe veramente potuto aiutare Marte.

«Va bene, accetto» disse alla fine. «Datemi soltanto una settimana per sistemare le mie faccende terrestri e sbrigare gli impegni che ho attualmente in sospeso.»

Certo una settimana soltanto era poco, ma era anche la maniera migliore per dare un taglio netto. Chissà come avrebbe reagito Ruth. Probabilmente avrebbe pensato che era impazzito, e forse era così.

«La notizia che restate qui» riprese Hadfield in tono soddisfatto «susciterà un enorme interesse e favorirà sicuramente la nostra campagna. Non avete niente in contrario a che dia subito l’annuncio?»

«Niente.»

«Molto bene. Whittaker vorrebbe scambiare due parole con voi su alcune questioni marginali. Voi sapete, vero, che il vostro stipendio corrisponderà a quello di un funzionario amministrativo di seconda classe con la vostra età?»

«Sì, l’avevo immaginato» disse Gibson. Non aggiunse, perché non era necessario, che per lui questo era di importanza secondaria. Il suo stipendio su Marte, per quanto inferiore a un decimo del suo reddito, sarebbe stato lo stesso più che sufficiente per permettergli di vivere su un pianeta dove i lussi erano quasi ignorati. Non era ancora certo sul modo in cui impiegare i suoi crediti terrestri, ma senza dubbio sarebbe riuscito a servirsene per contrabbandare qualcosa tra un viaggio interplanetario e l’altro.

Dopo una lunga seduta con Whittaker, il quale per poco non distrusse l’entusiasmo di Gibson a forza di lamentele sulla mancanza di personale e altre difficoltà, il giornalista passò il resto della giornata a spedire una decina di telegrammi. Il più lungo fu per Ruth, e trattò soprattutto, anche se non esclusivamente, di questioni d’affari. Ruth aveva spesso magnificato la stupefacente varietà di cose che lei riusciva a fare col suo dieci per cento, e Gibson si chiese come avrebbe reagito adesso alla sua richiesta di impiegare parte del suo tempo per tenere d’occhio un certo James Spencer, occupandosi di lui in linea generale quando il ragazzo si fosse trovato a New York, cosa che sarebbe accaduta di frequente dal momento che il ragazzo avrebbe completato i suoi studi al Corso Superiore d’Ingegneria Astronautica.

Forse avrebbe semplificato le cose se le avesse detto la verità, ma probabilmente Ruth avrebbe indovinato da sola. Parlarne prima con Ruth sarebbe stata tuttavia una slealtà nei confronti di Jimmy, e Gibson aveva deciso che il ragazzo doveva essere il primo a sapere. C’erano momenti in cui la tentazione di dirgli tutto era talmente grande da fargli aspettare quasi con gioia la separazione imminente. Ma Hadfield aveva ragione, come sempre. Aveva aspettato un’intera generazione, poteva aspettare ancora un po’. Se gli avesse rivelato adesso la verità, Jimmy avrebbe potuto restarne scosso e offeso, e questo avrebbe persino potuto provocare la rottura del suo fidanzamento con Irene. Gli avrebbe confessato la verità quando i due giovani si fossero sposati, in un momento in cui sarebbero ancora stati al riparo dalle emozioni e dalle delusioni che fatalmente il mondo esterno distribuisce con mano pesante.

Era una vera ironia della sorte che dopo avere finalmente e così inaspettatamente trovato un figlio, dovesse ora perderlo di nuovo, ma forse questa era una parziale punizione per l’egoismo e la mancanza di coraggio dimostrati da lui vent’anni prima. Ma il passato era passato, e adesso bisognava guardare al futuro.

Jimmy sarebbe ritornato su Marte non appena avesse potuto, su questo non c’era dubbio. E se a Gibson venivano a mancare l’orgoglio e le soddisfazioni della paternità, avrebbe potuto trovare in seguito un compenso nella nascita dei figli di Jimmy e di Irene su un mondo che avrebbe contribuito personalmente a creare. Per la prima volta, Gibson aveva un avvenire a cui guardare con interesse ed emozione. Un avvenire che non sarebbe più stato una monotona ripetizione del passato.


La Terra scagliò i suoi fulmini quattro giorni dopo. Gibson ne ebbe il primo sentore quando vide il titolo a caratteri di scatola sulla prima pagina del Tempo Marziano. Per un attimo quelle due parole lo colpirono talmente che non ebbe neppure la forza di leggere l’articolo che seguiva.

HADFIELD RICHIAMATO

"Riceviamo ora la notizia che l’Ufficio per gli Sviluppi interplanetari ha chiesto al Presidente di rientrare sulla Terra a bordo dell’Ares che lascerà Deimos fra quattro giorni. Non è stata data nessuna spiegazione del richiamo."


Tutto qui, ma la notizia mise in subbuglio Marte. Non era stata data nessuna spiegazione, ma non ce n’era bisogno, lo sapevano tutti per quale motivo la Terra richiamava Hadfield.

«Che ne dici di questa storia?» disse Gibson a Jimmy passandogli il giornale mentre erano seduti a fare colazione.

«Gran Dio!» esclamò Jimmy. «Chissà che pasticcio succederà adesso! Secondo voi cosa farà il Presidente?»

«Che cosa vuoi che faccia?»

«Potrebbe rifiutarsi di partire. Quassù lo difenderebbero tutti energicamente.»

«Servirebbe soltanto a peggiorare le cose. Hadfield partirà sicuramente. Non è tipo da evitare le battaglie.»

Gli occhi di Jimmy s’illuminarono di colpo.

«Ma questo significa che partirà anche Irene.»

«Potrebbe essere» disse Gibson ridendo. «In questo caso sarà una riprova del detto secondo il quale da un male spesso nasce un bene. Ma non ci contare troppo. Può darsi invece che Irene rimanga qua.»

Era un’ipotesi estremamente improbabile, però: Irene non avrebbe lasciato solo il padre in un momento tanto difficile.

Nonostante tutto il lavoro che doveva fare Gibson andò all’Amministrativo dove trovò tutti in uno stato in cui si mescolavano ansia e sdegno. Sdegno per il trattamento riservato dalla Terra al Presidente. Ansia perché nessuno sapeva ancora quale linea di condotta avrebbe seguito Hadfield.

Il Presidente era andato in ufficio molto presto e fino a quel momento non aveva ancora parlato con nessuno tranne Whittaker e la sua segretaria privata. Chi aveva potuto vederlo di sfuggita dichiarava però che per essere un uomo praticamente caduto in disgrazia aveva un aspetto incredibilmente allegro.

Gibson stava rimuginando queste notizie mentre compiva un piccolo giro vizioso per andare al laboratorio biologico. Da due giorni non vedeva il suo amico marziano, e ne provava un certo rimorso per averlo trascurato. Nel percorrere la Regent’s Street si chiese quale linea di difesa Hadfield avrebbe seguito per sostenere il suo operato. Adesso finalmente capiva il significato del commento che Jimmy gli aveva sentito fare. Il successo era ancora molto lontano, come aveva detto lo stesso Hadfield. Ci sarebbe voluto almeno mezzo secolo per portare alla sua conclusione il Progetto Aurora, anche supponendo di ricevere dalla Terra il massimo contributo. Ora, questo contributo era essenziale, e Hadfield avrebbe fatto l’impossibile per non mettersi contro il pianeta d’origine. La cosa migliore che Gibson poteva tare per venirgli in aiuto era di coprirlo con un fuoco protettivo a lungo raggio dal suo ufficio propaganda.

Come sempre Quiicc fu felice di vederlo anche se Gibson lo salutò con minore effusione del solito. Come faceva invariabilmente, il giornalista offrì a Quiicc un frammento di alga aerea sottratto alle provviste tenute in laboratorio. Quel gesto macchinale evidentemente fece affiorare dal suo subconscio un’idea improvvisa. Si fermò di colpo e si volse al biologo capo.

«Mi è venuta in mente proprio adesso un’idea straordinaria» disse. «Vi ricordate di avermi parlato dei trucchi che eravate riuscito a insegnare a Quiicc?»

«Altro che insegnargli! Il problema adesso consiste nel fargli smettere d’imparare troppe cose.»

«Mi avevate anche detto di essere quasi certo che i Marziani sono in grado di comunicare tra loro, esatto?»

«Ecco, la commissione inviata nel loro habitat ha dimostrato che sono dotati di pensiero semplice, nonché di idee astratte quale ad esempio il concetto di colore. Ma questo non dimostra gran che. Anche le api sono dotate delle stesse facoltà.»

«Allora ditemi un po’ cosa ne pensate di questa mia idea. Perché non insegnare loro a coltivare l’alga aerea al nostro posto? Loro sono enormemente in vantaggio rispetto a noi. Possono trasferirsi a piacere in qualsiasi punto di Marte, mentre noi dobbiamo continuamente ricorrere alle macchine. Non è necessario che sappiano quello che fanno. Noi li riforniremo semplicemente di polloni… è così che l’alga si propaga, vero?, insegneremo loro la tecnica necessaria, e provvederemo in seguito a ricompensarli.»

«Un momento. L’idea è ottima, ma non vi pare di aver trascurato alcuni punti essenziali? Forse potremo addestrarli nel modo suggerito da voi. Abbiamo appreso elementi sufficienti della loro psicologia per riuscirci, ma mi permetto di farvi notare che, compreso Quiicc, a quanto ci risulta gli esemplari esistenti sono solo dieci.»

«Ho pensato anche a questo» disse Gibson con impazienza. «Ma non credo che il gruppo da me scoperto sia l’unico esistente. Certo devono essere piuttosto rari, ma saranno almeno centinaia, se non migliaia, sparsi qua e là per il pianeta. Io proporrei una ricognizione fotografica aerea di tutte le foreste di oxyfera, non dovrebbe essere difficile individuare le loro radure. In ogni caso si può tenere conto di un’altra possibilità: ora che si trovano in condizioni di vita più favorevoli, cominceranno senza dubbio a moltiplicarsi rapidamente, come già accade per la flora marziana. Pensate che secondo le vostre stesse cifre, anche se fosse lasciata a se stessa, l’oxyfera potrebbe ricoprire tutte le regioni equatoriali in meno di quattrocento anni. Ora se noi e i Marziani la aiutiamo a propagarsi si riuscirebbe ad anticipare di molto i risultati del Progetto Aurora.»

Il biologo scosse la testa con aria dubbiosa, tuttavia incominciò a fare certi suoi calcoli su un taccuino. Quando ebbe finito si tormentò le labbra coi denti.

«Ecco… così sui due piedi non posso affermare che sia possibile o impossibile» disse. «Sono troppi i fattori ignoti, tra cui, più importante di tutti, il tasso di riproduzione di queste creature. A proposito, sapete che sono marsupiali? Questo punto è stato appena confermato.»

«Come i canguri, volete dire?»

«Esattamente. Il piccolo vive al riparo della borsa materna finché è abbastanza cresciuto per affrontare da solo il mondo freddo e ostile che lo circonda. Si suppone che alcune tra le femmine siano gravide, e che perciò si riproducano annualmente. Però, dato che Quiicc è il solo piccolo che abbiamo scoperto, significa che il loro livello di mortalità è spaventosamente alto. Non c’è da stupirsene con un clima simile.»

«Ma se noi provvediamo a rifornirli di tutto il cibo di cui necessitano» disse Gibson, «d’ora in avanti niente impedirà loro di moltiplicarsi.»

«Ma insomma, volete allevare Marziani o coltivare oxyfera?» domandò il biologo in tono bellicoso.

«L’uno e l’altro» rispose Gibson ridendo, «visto che vanno bene insieme come pane e formaggio, o se preferite come uova e prosciutto.»

«Vi prego» supplicò l’altro con un tono tanto patetico che Gibson si affrettò a chiedergli scusa per la sua sconsiderata mancanza di tatto. Aveva dimenticato che da anni su Marte nessuno gustava più quel semplice ma squisito piatto terrestre.


Più Gibson ripensava al suo progetto e più gli piaceva. Malgrado l’affanno degli affari personali da sbrigare, trovò il tempo di scrivere un appunto sull’argomento, da consegnare ad Hadfield nella speranza che il Presidente avesse la possibilità di discuterne con lui prima del suo ritorno sulla Terra. C’era qualcosa di profondamente emozionante nel pensiero di rigenerare non soltanto un mondo ma anche una razza che forse era più antica dell’uomo.

Gibson pensava ai riflessi delle mutate condizioni climatiche del pianeta sui Marziani. Se il clima fosse diventato troppo caldo per loro, avrebbero potuto facilmente migrare a nord oppure a sud e se necessario spingersi sino alle regioni sub-polari dove Phobos non era mai visibile. In quanto all’atmosfera ricca di ossigeno, c’erano stati abituati in passato e avrebbero potuto adattarvisi di nuovo. Del resto Quiicc respirava ossigeno a Porto Lowell, e aveva tutta l’aria di stare benissimo.

Non si era ancora trovata però una risposta al grande interrogativo posto dalla scoperta della razza marziana. Si trattava di superstiti di una razza che in epoche remote aveva raggiunto un qualche grado di civiltà, e che era poi degenerata quando le condizioni di vita del pianeta si erano fatte troppo dure? Questo era un punto di vista romantico che non veniva suffragato da nessuna prova. Gli scienziati erano concordi nel ritenere che su Marte non fosse mai esistita una cultura progredita. Ma gli scienziati si erano sbagliati una volta, quindi potevano sbagliarsi ancora. In ogni caso sarebbe stato interessante osservare fino a che punto i Marziani sarebbero riusciti a risalire la scala evolutiva, adesso che il loro mondo tornava a fiorire.

Perché quello era il loro mondo, non il mondo dell’Uomo. E anche se gli uomini l’avessero ricreato per i propri scopi, loro primo dovere era quello di salvaguardare gli interessi dei suoi legittimi proprietari. Nessuno poteva dire quale parte i Marziani avevano o avrebbero avuta nella storia dell’universo, e quando, come sarebbe stato un giorno inevitabile, l’Uomo stesso fosse venuto in contatto con razze superiori alla sua, avrebbe forse potuto essere giudicato proprio dal comportamento tenuto là, su Marte.

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