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Il Signore di Fife era il personaggio più importante di Sark e per questo motivo non gli piaceva di farsi vedere in piedi. Al pari di sua figlia era basso di statura, ma diversamente da lei non era così perfettamente proporzionato: infatti aveva le gambe molto corte. Il torso era persino troppo massiccio, e la sua testa era indubbiamente maestosa, ma tutta la sua persona poggiava su due esili gambette che per trasportare tutto quel peso erano costrette ad ancheggiare con difficoltà.

Perciò sedeva sempre dietro a una scrivania e all’infuori di sua figlia e dei suoi domestici personali e, finché era stata viva, di sua moglie, nessuno lo aveva mai visto in altra posizione.

Il Signore stava parlando col proprio segretario che era pallido, con una faccia da pesce lesso, col particolare tono impersonale degli automi meccanici e dei funzionari amministrativi floriniani. «Immagino che tutti abbiano accettato?»

«Sì, Signore.»

Fife sorrise. Non gli restava ora che attendere. La stanza era vasta, i posti per gli altri già erano pronti. Il grande cronometro, la cui minuscola scintilla energetica radioattiva non era mai venuta meno in mille anni, segnava le due e ventuno.

Quali capovolgimenti in quegli ultimi due giorni! Il vecchio cronometro ne avrebbe probabilmente segnati altri che nulla avevano a che vedere con quelli passati.

Eppure quel cronometro aveva veduto molte cose, in mille anni. Quando aveva segnato i suoi primi minuti Sark non era stato che un mondo nuovo di città squadrate manualmente, con contatti malsicuri tra gli altri mondi più antichi. Aveva scoccato le proprie ore durante tre brevi “imperi” sarkiti, in cui gli indisciplinati soldati di Sark erano riusciti a governare, per intervalli di tempo più o meno lunghi, una mezza dozzina di mondi circostanti.

Cinquecento anni innanzi aveva scoccato le ore memorabili in cui Sark aveva scoperto che il mondo più vicino, Florina, possedeva nel proprio suolo un tesoro incalcolabile. Aveva sempre funzionato senza un attimo di arresto durante due guerre vittoriose segnando solennemente l’instaurazione di una dura pace da conquistatori. Sark aveva abbandonato i propri imperi, aveva assorbito completamente Florina e aveva affermato la propria potenza in una maniera che nemmeno Trantor era riuscito a uguagliare.

Trantor voleva Florina e altre potenze l’avevano voluta. Ma chi la teneva in pugno era Sark e Sark, piuttosto che cedere Florina, era pronto a scatenare la guerra galattica. E Trantor lo sapeva! Lo sapeva perfettamente!

Il silenzioso ritmo del cronometro parve scandire quelle parole nel cervello del Signore.

Erano le due e ventitré.


Circa un anno prima i Cinque Grandi Signori di Sark si erano nuovamente incontrati. Allora, come adesso, l’incontro era avvenuto nel suo studio. Allora, come ora, i Signori, sparsi sulla faccia del pianeta, ognuno nel proprio continente, si erano incontrati in personificazione trimensica.

Grosso modo questo si risolveva in una televisione tridimensionale a grandezza naturale, sonora e a colori. La replica di questo congegno si poteva facilmente trovare in ogni benestante casa privata di Sark. Ciò che superava la norma ordinaria era la mancanza di un ricevitore visibile. A eccezione di Fife i Signori erano presenti in ogni possibile aspetto fuorché nella realtà.

Raccolto in un’unica stanza, in corpo o in immagine, c’era tutto Sark. Era una bizzarra e tutt’altro che eroica personificazione del pianeta. Rune era calvo, grasso e roseo, mentre Bolle era grigio e tutto raggrinzito. Steen era tutto incipriato e imbellettato, mentre Bort spingeva l’indifferenza verso i rapporti umani fino alla scortesia di presentarsi con una barba di due giori e le unghie orlate di sudiciume.

Eppure quelli erano i Cinque Grandi Signori.

Rappresentavano il gradino massimo della scala gerarchica di Sark. Il gradino più basso era costituito naturalmente dalla Amministrazione Civile Floriniana, che restava immutata nonostante tutte le vicissitudini che avevano segnato il sorgere e il declinare delle singole nobili casate di Sark. Erano i burocrati infatti coloro che effettivamente ungevano gli assali e facevano girare le ruote del governo. Sopra di loro stavano gli amministratori designati dal Capo dello Stato — personaggio puramente rappresentativo — per diritto ereditario.

Il gradino massimo era occupato da quei cinque. Erano i capi delle famiglie che controllavano il maggior volume del commercio del kyrt, e che naturalmente ne ricavavano i massimi profitti.

Il Signore di Fife li aveva convocati circa un anno prima e aveva annunciato loro: «Ho ricevuto un messaggio curioso.»

Fife aveva consegnato un frammento di pellicola di metallite al proprio segretario, il quale era passato da una figura seduta all’altra, mostrando a turno il frammento a ciascuno di loro.

Fife aveva detto: «Bene, adesso che lo avete osservato tutti, se non vi dispiace ve lo rileggerò forte in modo che possiate comprenderne tutta la portata.»

E aveva cominciato: «“Tu sei un Grande Signore di Sark, e non c’è nessuno che possa competere con te in quanto a potere e a ricchezza. Tuttavia il tuo potere e la tua ricchezza poggiano su fragili basi. Tu credi forse che la fornitura planetaria di kyrt che Florina ti offre non sia affatto una fragile base, ma prova a chiederti: per quanto tempo ancora esisterà Florina? Per sempre?

«“No! Florina può essere distrutta domani. Può anche durare ancora per mille anni. Delle due ipotesi la più probabile è tuttavia ch’essa venga distrutta domani. Non da me, naturalmente, ma in un modo che tu non puoi né prevedere né prevenire. Rifletti sulla portata di una tale distruzione. Rifletti anche sul fatto che il tuo potere e la tua ricchezza sono già scomparsi perché io ne esigo la più gran parte. Avrai tempo per riflettere ma non troppo.

«“Provati a tardare eccessivamente, e io rivelerò a tutta la Galassia e a Florina in particolare la verità circa la distruzione imminente che incombe su di essa. Dopo di ciò non vi sarà più kyrt, non più ricchezza, non più potere. Non ve ne sarà per me, ma non ve ne sarà neppure per te. E questo sarebbe estremamente grave, poiché tu sei nato per essere immensamente ricco.

«“Cedi a me la maggior parte dei tuoi beni nella misura e nel modo che io ti dirò nel prossimo futuro e resterai sicuro padrone di quel che rimane. Certo non ti resterà molto in paragone al tuo tenore di vita attuale, ma sarà sempre meglio del nulla che altrimenti ti sarà lasciato. Non sprezzare tuttavia il poco che conserverai. Florina può anche durare finché tu vivrai e tu finirai i tuoi giorni se non nel lusso per lo meno negli agi.”»

Fife aveva proseguito con voce ridivenuta naturale: «È una lettera divertente. Non è firmata, e come avrete notato tutto il suo tono è ricercato e ampolloso. Voi che ne pensate, Signori?»

Rune aveva detto con disprezzo: «Si tratta evidentemente dello scritto di un uomo sull’orlo della psicosi.»

«Dunque!» Fife aveva congiunto le tozze dita. «Io non vi ho riuniti qui per leggervi una lettera anonima. Spero che questo lo abbiate capito. Ho l’impressione che ci troviamo di fronte a un problema molto grave. Prima di tutto, dico io, perché la lettera è indirizzata a me soltanto? Certo io sono il più ricco tra i Signori, ma da solo controllo appena un terzo del commercio del kyrt, mentre noi cinque insieme lo controlliamo tutto. È altrettanto facile trascrivere cinquecento copie di una lettera, quanto trascriverne una sola. Ne avete ricevuta una anche voi?»

Rune aveva risposto: «Io non saprei, Fife. Comunque posso chiederlo ai miei segretari. Dopotutto, anche ammesso che una simile lettera sia pervenuta nei miei uffici, sarebbe certamente stata considerata… come dire… una lettera apocrifa. Non me l’avrebbero mai mostrata. Questo è certo. È soltanto il tuo caratteristico sistema di lavoro che ti ha impedito di risparmiarti una simile seccatura.»

Bolle si era stretto nelle spalle. «Penso che quel che Rune ha detto adesso possa valere per tutti noi.»

Steen aveva ridacchiato. «Io la posta non la leggo mai. È una tale scocciatura, e ne arriva sempre talmente tanta che proprio non ne ho il tempo.» Si guardò intorno, quasi volesse con le sue occhiate meglio convincere i compagni di questo fatto importantissimo.

«Quante storie» era sbottato Bort. «Ma che cosa vi piglia? Avete paura di Fife, per caso? Stammi a sentire, Fife, io non ho bisogno di segretari perché tra me e il mio lavoro non ammetto interferenze di sorta. Ho ricevuto anch’io una copia di quella lettera e sono convinto che anche quei tre ne abbiano ricevuta una per ciascuno. Vuoi sapere che ho fatto della mia? L’ho buttata nel cestino della carta straccia. Vi consiglio di fare altrettanto. Piantiamola. Sono stanco.»

«Davvero?» aveva detto Fife in tono ironico. «Allora voi non avete afferrato la portata degli avvenimenti di queste due ultime settimane?»

«Quali avvenimenti?»

«Pare che sia scomparso uno Spazio-Analista. Questo certamente l’avrete saputo.»

Bort si era mostrato estremamente seccato. «Mi ha parlato della cosa Abel di Trantor. Ebbene? Che interesse possono avere per noi gli Spazio-Analisti?»

«Avrete letto per lo meno la copia dell’ultimo messaggio da lui inviato alla sua base di Sark prima di scomparire.»

«Me l’ha mostrata Abel. Ma non vi ho fatto caso.»

«Quello Spazio-Analista accennava a una possibile distruzione di Florina, ed ecco che contemporaneamente alla sua scomparsa noi riceviamo dei messaggi nei quali pure si minaccia la distruzione di Florina. Vi sembra una semplice coincidenza, questa?»

«Secondo te dunque è stato lo Spazio-Analista a spedirci quelle lettere minatorie?» aveva domandato il vecchio Bolle.

«Non credo. Prima di tutto perché si sarebbe nascosto sotto il velo dell’anonimo?»

«Perché la prima volta che ha accennato alla cosa comunicava col suo ufficio di zona, non con noi.»

«Anche ammesso questo, un ricattatore, se appena lo può, tratta sempre soltanto ed esclusivamente con la propria vittima.»

«E allora?»

Fife si era appoggiato allo schienale della propria seggiola e aveva detto con aria fosca: «Si tratta di un ricatto di Trantor.»

Steen aveva ripetuto con voce rotta: «Trantor…»

«E perché no? Quale mezzo migliore per ottenere il controllo di Florina? È uno degli scopi principali della loro politica estera. E se possono ottenerlo senza guerra tanto di guadagnato per loro. Statemi a sentire. Se aderiamo a questo impossibile ultimatum Florina cadrà nelle loro mani. Essi ci offrono ben poco… ma per quanto tempo potremo conservare anche questo poco?

«D’altro canto fingiamo di ignorare la cosa e sinceramente non abbiamo altra scelta. Che cosa farebbero quelli di Trantor in tal caso? Potrebbero appunto spargere la voce, tra i contadini di Florina, di una imminente fine del mondo. Con l’allargarsi delle dicerie quella massa d’ignoranti si lascerebbe sopraffare dal panico, e che cosa può derivarne per noi se non conseguenze catastrofiche? Quale forza può indurre un uomo a lavorare, se è convinto che la fine del mondo lo sovrasta? Il raccolto marcirà. I magazzini si vuoteranno. È una logica per Trantor, di tentare di impadronirsi di Florina. Se ricorresse alla semplice forza la Galassia libera, estranea alla sfera d’influenza trantoriana, si unirebbe a noi, non foss’altro per essere protetta.»

Rune aveva chiesto: «Che c’entra in tutta questa storia lo Spazio-Analista? È proprio necessario? Se le vostre teorie sono esatte l’importanza della sua ipotesi scompare.»

«Non lo so. Di solito questi Spazio-Analisti sono esseri squilibrati, e il nostro uomo in particolare ha architettato una teoria assurda. Quale, non importa. Ebbene, Trantor non può permettere che sia risaputa, altrimenti l’Ufficio Spazio-Analista lo sconfesserebbe. Se però si fossero impadroniti di quest’uomo e lo avessero costretto a parlare potrebbero avere in mano qualcosa che probabilmente offrirebbe ai non specialisti una validità di superficie di cui si potrebbero servire facendola passare per vera.»

«Dunque» aveva detto Rune «ammesso che tu abbia ragione, noi come ci dobbiamo comportare?»

«Sappiamo almeno che un pericolo ci sovrasta, e questo è già un punto importante. Dobbiamo a tutti i costi trovare lo Spazio-Analista e tenere sotto stretta sorveglianza gli agenti di Trantor, quelli almeno che ci sono noti, senza parere. Dai loro movimenti potremo capire lo sviluppo degli avvenimenti futuri. Ma soprattutto dobbiamo restare uniti. Questo a mio avviso è lo scopo principale della nostra conferenza odierna: dobbiamo formare un fronte comune. Ci siamo intesi?

«Dunque» aveva concluso Fife «attenderemo ora la seconda mossa.»

Questo era accaduto un anno innanzi. Si erano separati, e dopo quella riunione il Signore di Fife era rimasto in attesa. Ma non c’era stata nessuna seconda mossa. Nessuno di loro aveva più ricevuto altre lettere. Lo Spazio-Analista seguitava a restare introvabile, mentre le ricerche di Trantor proseguivano stancamente. Su Florina non si era levata una sola voce ad annunciare apocalittici terrori, e il raccolto e la lavorazione del kyrt erano proseguiti nella pace più incontrastata.

Poi la bomba scoppiò all’improvviso, e Fife ebbe la risposta che cercava. Era sicuro che l’avrebbe avuta, ma non era quella che si era aspettata. Per questo aveva indetto una nuova riunione. Il cronometro segnava adesso le due e ventinove. A uno a uno i Signori incominciarono ad apparire.

Fife cominciò: «Signori! L’anno scorso io pensavo a un pericolo lontano e complesso e nel far questo sono caduto in una trappola. Il pericolo esiste, ma non è lontano. Ci è vicino, vicinissimo. Uno di voi sa già a che cosa intendo alludere. Gli altri lo sapranno tra poco.»

«Ma che cosa vuoi dire?» domandò Bort brusco.

«Che uno di voi è colpevole di alto tradimento!» replicò prontamente Fife.

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