11

Per la prima volta il capitano Racety non era riuscito a imporre la propria volontà a un passeggero. Se almeno quel passeggero fosse stato un grande Signore, avrebbe potuto contare sulla sua collaborazione. Un grande Signore era onnipotente nel proprio continente, ma su una nave avrebbe facilmente ammesso che esisteva un solo padrone: il Comandante.

Con una donna invece era un’altra cosa, con qualsiasi donna. Se poi questa donna era la figlia di un grande Signore, la situazione diveniva del tutto insostenibile.

Disse: «Mia Signora, come posso permetterle di parlare con loro in privato?»

Samia di Fife replicò mentre i suoi occhi neri lanciavano fiamme: «E perché no? Sono forse armati, capitano?»

«No, certo. Ma non è questo che conta.»

«Basta vederli per capire che sono due povere creature spaventate; spaventate da morire.»

«Un essere spaventato può rivelarsi assai pericoloso, Mia Signora. Non ci si può fidare che quei due agiscano sensatamente.»

«Ma allora perché permette che seguitino a essere spaventati?»

«Signora, vuole dirmi per cortesia che cosa desidera, esattamente?»

«Ma è molto semplice. L’ho già detto. Voglio parlare con quei due clandestini. Se sono floriniani, come lei sostiene, posso cavarne notizie di estrema importanza per il mio libro. Ma naturalmente ciò diverrà impossibile se la paura li ammutolirà. Se invece potessi restare sola con loro sono convinta che la situazione cambierebbe completamente. Sola, Comandante, ho detto! Riesce a capire una parola, almeno? Sola!»

«E che cosa dirò a suo padre, Mia Signora, se verrà a sapere che le ho permesso di restare senza protezione alla presenza di due criminali capaci di tutto?»

«Due criminali capaci di tutto! Oh, Spazio Incommensurabile! E li chiama cosi, due poveri esseri che hanno tentato di fuggire dal loro pianeta, e sono stati capaci soltanto d’imbarcarsi a bordo di una nave diretta a Sark? Lo esigo, Comandante.»

Il capitano Racety disse: «Ascolti la mia proposta, Signora! Resterò presente soltanto io. Farò allontanare i marinai armati d’inceneratori, e la mia arma la terrò nascosta. In caso contrario…» Fu la sua volta di esprimersi con estrema risolutezza «… sono dolente, ma mi vedrò costretto a rifiutarle quello che mi chiede.»

«E va bene.» Samia era fuori di sé per l’ira: «E va bene. Ma se non riuscirò a indurii a parlare per colpa sua, mi occuperò io personalmente perché le sia tolto il comando di tutte le navi di Sark!»


Non appena vide entrare Samia, Valona si affrettò a coprire con una mano gli occhi di Rik.

«Che cosa fai, ragazza?» domandò Samia.

Valona rispose stentatamente: «È poco intelligente, Signora. Non capirebbe che lei è una Signora e potrebbe guardarla, naturalmente senza intenzione di offenderla, Signora.»

«Oh, Santo Spazio» ribatté Samia, «e lascia pure che guardi.»

Il Comandante aprì la seggiola pieghevole di alluminio leggero, che aveva portato con sé e vi fece sedere Samia che si girò verso i due prigionieri: «Dunque tu sei di Florina, figliola?»

Valona scosse la testa. «Siamo di Wotex.»

«Non avere paura. Non importa che tu sia di Florina. Nessuno ti farà del male.»

«Ma noi siamo di Wotex.»

«Non capisci che hai già praticamente ammesso di essere di Florina, ragazza mia? Perché hai coperto gli occhi del tuo compagno?»

«Perché non gli è permesso di guardare una Dama.»

«Anche se è di Wotex?»

Dopo averla lasciata riflettere su questo punto, Samia cercò di sorridere amichevolmente, e proseguì: «Soltanto i floriniani non hanno il permesso di guardare le Signore. Perciò, come vedi, hai ammesso con quel tuo gesto di essere floriniana.»

Valona proruppe: «Ma lui non lo è.»

«E tu?»

«Sì, io sì. Ma lui no. Non gli fate del male. Lo abbiamo trovato un giorno per caso. Nessuno sa di dove venga, ma non è di Florina.»

Samia la guardò con sorpresa: «Bene, gli parlerò io. Come ti chiami, ragazzo?»

Rik la fissava strabiliato. Così dunque erano le donne dei Signori! Così piccole, e così gentili di aspetto! E così profumate! Era felice che lei gli avesse permesso di guardarla.

Samia ripeté: «Come ti chiami, ragazzo?»

Rik si riscosse, ma durò fatica a spiccicare quanto avrebbe voluto dire. Si limitò a mormorare: «Rik.» Quindi pensò: “Ma questo non è il mio nome” e a voce alta aggiunse: «Credo di chiamarmi Rik.»

«Non ne sei sicuro?»

Valona, che appariva disperata, tentò d’intervenire, ma Samia glielo vietò con un gesto imperioso della mano.

Rik scosse la testa. «Non lo so.»

«Non sei di Florina?»

Su questo punto Rik non nutriva dubbi. «Sono venuto a Florina su una nave, e prima abitavo su un pianeta.»

Parve che lo sforzo per ricordare si facesse strada a fatica in lui attraverso meandri mentali troppo angusti. Poi, improvvisamente, Rik si ricordò il suono stesso prodotto dalla sua voce, un suono da tanto tempo dimenticato, lo entusiasmò.

«La Terra! Vengo dalla Terra!»

«La Terra?»

Rik annuì.

Samia si volse al Comandante: «Dove si trova questo pianeta Terra?»

Il capitano Racety ebbe un sorrisetto di superiorità: «Non ne ho mai inteso parlare. Non lo prenda sul serio, Signora. Gli indigeni mentono con la stessa facilità con cui respirano. La menzogna è il loro elemento naturale. Dicono la prima cosa che passa loro per la testa.»

«Ma non parla come un indigeno.» Si volse nuovamente a Rik. «Dov’è la Terra, Rik?»

«Io…» Si portò alla fronte una mano che tremava, quindi disse: «È nel Settore di Sirio.»

Samia chiese al Comandante: «Esiste un Settore di Sirio, vero?»

«Sì. E mi stupisce che abbia azzeccato. Con tutto ciò la Terra non diventa per questo più reale.»

Rik esclamò con veemenza: «Ma è reale! Esiste veramente, ve lo assicuro. Non mi posso sbagliare, non è possibile.»

Afferrò Valona per la manica, e quasi strappandogliela disse: «Lona, spiega loro ch’io vengo dalla Terra. Diglielo tu.»

Valona aveva gli occhi pieni di angoscia. «Lo abbiamo trovato un giorno, Signora, completamente scimunito. Non era capace né di vestirsi, né di parlare, né di camminare. Non era niente, era meno di un bambino. Poi ha cominciato a ricordare qualcosa, poco per volta, e ogni volta sempre di più.» Lanciò una rapida occhiata spaurita alla faccia seccata del Comandante. «Può darsi veramente che provenga dalla Terra, Signora. Però non intendo contraddirla.»

Il capitano Racety borbottò: «Per quel che ne sappiamo, può anche venire dal centro di Sark, Signora.»

«Può darsi, tuttavia in questa faccenda c’è qualcosa di strano» insistette Samia, subito afferrando con la sua mente femminile l’aspetto romantico della vicenda. «Ne sono sicura… Come mai era in quelle condizioni quando l’hai trovato, figliola? Si era fatto male?»

A tutta prima Valona non rispose.

«Parla, ragazza» intimò Samia.

Valona prese la propria decisione a fatica, ma capiva che in quel momento nessuna menzogna poteva sostituire la verità. Disse: «Lo feci visitare una volta da un dottore il quale mi disse che il… che il mio Rik era stato sottoposto a sondaggio psichico.»

«Cosa?» Samia si sentì invadere da un senso invincibile di repulsione. «Era forse psicotico?»

«Non so che cosa questo significhi, Signora» disse Valona umilmente.

«Gli indigeni non possono essere psicotici» intervenne il Comandante. «I loro bisogni e i loro desideri sono troppo semplici. Non ho mai saputo che esistesse un indigeno psicotico.»

«Ma allora…»

«È molto semplice, Signora. Se accettiamo il fantastico racconto di questa ragazza possiamo solo concludere che quest’uomo è stato un criminale, che è poi un modo come un altro di essere psicotici, immagino. In tal caso sarà stato curato da uno di quei ciarlatani che si trovano tra gli indigeni, il quale dopo averlo quasi ammazzato lo avrà piantato in un luogo deserto per evitare di essere scoperto e punito.»

«Ma è difficile che un indigeno possa disporre di una sonda psichica, e soprattutto che sappia usarla» protestò Samia.

«Può darsi. Ma certo un medico autorizzato non l’avrebbe adoperata tanto incautamente, e il fatto che con ciò giungiamo a una contraddizione dimostra che questa ragazza mente. Se vuole accettare il mio consiglio, Signora, lasci a me questi due. Come vede non è possibile cavarne niente di concreto.»

Samia esitò. «Forse ha ragione.»

Si alzò e guardò Rik, incerta. Il capitano prese la seggiolina e la piegò di scatto.

Rik balzò in piedi. «Aspettate!»

«Se non le dispiace, Signora» disse il Comandante tenendole l’uscio aperto «penseranno i miei uomini a calmarlo.»

Samia si fermò sulla soglia. «Non gli faranno del male, vero?»

«Non credo che ci costringerà a ricorrere a rimedi estremi. Dev’essere facile da sistemare.»

«Signora! Signora!» gridò Rik. «Posso dimostrarlo. Posso dimostrare che provengo dalla Terra.»

Samia stette per un attimo indecisa. «Sentiamo un po’ quel che ha da dire.»

«Come desidera» replicò freddamente il capitano.

Rik era tutto rosso in faccia, e nello sforzo del ricordo le sue labbra si erano contratte, abbozzando la caricatura di un sorriso. Disse: «Ricordo la Terra. Era radioattiva. Ricordo le Zone Proibite e l’orizzonte azzurro, la notte. Il suolo splendeva e niente poteva crescervi. Solo in pochissime aree gli uomini potevano vivere. Per questo ero diventato uno Spazio-Analista; per questo non m’importava di restare nello spazio, perché il mio mondo era un mondo morto.»

Samia crollò le spalle. «Andiamo, capitano. Quest’uomo vaneggia.»

Ma era venuta la volta del capitano Racety di restare impietrito, a bocca aperta. Mormorò: «Un mondo radioattivo!»

Samia chiese: «Può esistere veramente un mondo simile?»

«Sì.» Il Comandante puntò sulla Dama uno sguardo assorto. «Vorrei sapere dove può avere inteso una notizia del genere!»

«Ma come può un mondo essere radioattivo e abitato al tempo stesso?»

«Eppure ne esiste uno, e si trova proprio nel Settore di Sirio. Però non ne ricordo il nome…»

«È la Terra!» replicò Rik con orgoglio, pieno di sicurezza. «È il più antico pianeta della Galassia. È il pianeta sul quale ha avuto origine l’intera razza umana.»

Il Comandante mormorò quasi a se stesso: «È proprio così!»

Samia disse con la mente in tumulto: «Crede dunque che la razza umana sia veramente oriunda di questo pianeta Terra?»

«No, no» rispose il Comandante assorto. «Si tratta di una superstizione, ed è unicamente così che sono venuto a sapere dell’esistenza di questo pianeta radioattivo, che sostiene di essere il pianeta di origine dell’uomo.» Con improvvisa decisione si avvicinò a Rik: «Che altro ricordi?»

«La mia nave, soprattutto» disse Rik «e la Spazio-Analisi.»

Samia si avvicinò al Comandante, ripresa a un tratto da un’intensa emozione. «Ma allora tutto quello che hanno raccontato questi due è vero! Come mai ha potuto essere sottoposto a sondaggio psichico?»

«Chi lo sa?» mormorò il capitano Racety con aria assorta. «Proviamo a chiederlo a lui. Senti un po’, tu, indigeno o forestiero di un altro mondo, o quel diavolo che tu sia: come mai sei stato sottoposto a sondaggio psichico?»

Rik lo guardò incerto. «Siete tutti voi a dirlo. Persino Lona. Ma io non so che cosa significhi questa parola.»

«Quando hai smesso di ricordare, allora?

«Non lo so.» Ricominciò, con un’intonazione disperata nella voce: «Mi trovavo su una nave.»

«Questo lo abbiamo capito. Prosegui.»

Samia intervenne: «È inutile strepitare, capitano. Finirà col fargli perdere quel poco senno che ancora gli rimane.»

Rik era tutto assorto nel tentativo di dissipare le tenebre che gli oscuravano il cervello, e quello sforzo intensissimo non lasciava adito in lui ad alcun’altra emozione. Fu stupito lui stesso quando s’intese dire: «Non ho paura di lui, Signora. Cerco soltanto di ricordare. So che c’era pericolo. Di questo sono certo. Ricordo che un grave pericolo sovrastava Florina, ma non rammento i particolari.»

«Un pericolo che potrebbe minacciare l’intero pianeta?» Samia gettò una rapida occhiata al Comandante.

«Sì. Si trovava nelle correnti.»

«Quali correnti?» domandò Racety.

«Le correnti dello spazio.»

Il Comandante ebbe un gesto rassegnato. «Questa è pazzia furiosa.»

«No, no. Lo lasci parlare.» La certezza della sincerità di Rik si faceva sempre più strada in Samia. «Che cosa sono le correnti dello spazio?»

«Sono i diversi elementi» rispose Rik, vagamente, poi proseguì in fretta, quasi con incoerenza, parlando così come gli venivano i ricordi, sospinto, spronato da essi. «Avevo mandato un messaggio all’ufficio locale di Sark. Questo particolare lo ricordo benissimo. Dovevo stare attento. Era un pericolo che andava oltre Florina. Sì, oltre Florina. Era vasto quanto la Via Lattea. Bisognava circoscriverlo con molta attenzione…» Sembrava avesse perduto ogni contatto con quelli che gli stavano intorno, che vivesse in un mondo del passato dinanzi al quale si strappasse” a tratti una pesante cortina. Proseguì, ansante: «Non so come il mio messaggio sia stato intercettato da un funzionario di Sark. Fu un errore. Non so come accadde.» Corrugò la fronte. «Sono certo di averlo mandato alla sezione locale, sulla lunghezza d’onda diretta dell’Ufficio. Crede che possano avere alterato il sub-etere?» Non si stupì nemmeno che la parola “sub-etere” gli fosse venuta spontanea alle labbra. «Comunque, quando atterrai su Sark, mi accorsi che mi stavano aspettando.»

Samia chiese: «Chi ti aspettava? Chi?»

«Non… non lo so. Non riesco a ricordare. Ma non era un funzionario dell’ufficio. Ricordo di avergli parlato. Era al corrente del pericolo. Me ne accennò. Sono certo che me ne accennò. Eravamo seduti insieme a un tavolo. Ricordo il tavolo. Sedeva di fronte a me. Parlammo per un po’. Mi pare di ricordare, anzi ne sono sicuro, che non ero affatto impaziente di fornirgli dei particolari. Volevo parlare con l’ufficio, prima. Poi…»

«Sì?» incitò Samia.

«L’altro fece qualcosa… non ricordo. Non ricordo più niente!»

Urlò questa ultima frase, quindi tacque, finché il silenzio fu spezzato dal ronzio dell’apparecchio di comunicazione che il Comandante recava al polso.

Racety chiese: «Che c’è?»

La voce che rispose aveva un suono secco, preciso, ma rispettoso: «Un messaggio da Sark per il Comandante. Un messaggio personale.»

«Benissimo. Vengo subito al sub-eterico.»

Si volse a Samia: «Mia Signora, mi permetto di ricordarle che in ogni caso è ora di cena.»

Samia disse: «Badi che li voglio rivedere, capitano.»

Racety s’inchinò silenziosamente. Poteva essere un segno di acquiescenza, come poteva non esserlo.

Samia di Fife era profondamente emozionata. I suoi studi su Florina soddisfacevano una certa sua vaga intima aspirazione intellettuale, ma il Mistero del Terrestre sottoposto a Sondaggio Psichico (già pensava al caso con lettere maiuscole) risvegliava in lei qualcosa di assai più oscuro e primitivo, l’istintiva curiosità animale.

Decise di giungere al fondo della questione per conto suo e per propria soddisfazione personale. Anche i più modesti si ritengono dei poliziotti dilettanti assai capaci, e Samia era lungi dall’essere modesta.

Non appena poté farlo senza apparire ineducata, terminata la cena corse dai prigionieri e ordinò alla guardia davanti alla cella improvvisata di aprirle la porta.

Ma il marinaio, senza scomporsi, lo sguardo fisso nel vuoto, replicò rispettosamente: «Sua Signoria mi scusi, ma quell’uscio non può essere aperto.»

Samia rimase talmente di stucco a una tale risposta che quasi le parole le si strozzarono in gola. «Come osi? Se non apri immediatamente quella porta ti denuncio al Comandante.»

«Sua Signoria mi scusi, ma quella porta deve restare chiusa. Ordine espresso del capitano.»

Samia ritornò in fretta sul ponte e si precipitò nella cabina del Comandante.

«È stato lei a dare ordine che non potessi comunicare con i due passeggeri clandestini?»

«Mi sembra, Mia Signora, che fosse stato convenuto tra noi che lei parlasse con loro soltanto in mia presenza.»

«Prima di cena, sì. Ma ha visto anche lei che sono innocui!»

«Ho visto che sembravano innocui.»

Samia bolliva. «In tal caso le ordino di venire subito con me.»

«Non posso, Mia Signora. La situazione è cambiata.»

«In che senso?»

«Devono essere interrogati dalle autorità competenti di Sark e sino a quel momento nessuno può comunicare con loro.»

«Spero che non vorrà consegnarli al Ministero degli Affari Floriniani.»

«Ecco» cominciò il capitano cercando di guadagnare tempo «questa era in verità la mia intenzione originale. Avevano lasciato il loro villaggio senza permesso, anzi, per essere più esatti avevano lasciato senza permesso addirittura il loro pianeta. Per giunta si erano imbarcati clandestinamente su un vascello sarkita.»

«Ma quest’ultimo punto è stato un errore da parte loro.»

«Davvero?»

«In ogni caso, prima del nostro ultimo colloquio eravate perfettamente al corrente dei loro misfatti.»

«Però ho saputo soltanto durante il colloquio quel che aveva da dire il cosiddetto Terrestre.»

«Il cosiddetto! Ma se ha affermato lei stesso che esiste un pianeta di nome Terra!»

«Ho detto che può darsi che esista. Comunque, Signota, posso avere l’audacia di chiederle che cosa vorrebbe fare di quei due individui?»

«Secondo me il racconto del Terrestre dovrebbe essere approfondito. Parla di un pericolo che minaccia Florina, e di un funzionario di Sark che ha deliberatamente cercato di tenere nascosto questo pericolo alle autorità competenti. Secondo me si tratta di un caso da sottoporre direttamente a mio padre, ed è quello che farò al momento opportuno.»

Il Comandante mormorò: «Che manovra diabolica!»

«Sta diventando sarcastico, capitano?»

Racety arrossì. «Perdoni, Signora. Intendevo riferirmi ai prigionieri. Posso parlare un po’ distesamente?»

«Io non so quel che intende per “un po’ distesamente”» replicò Samia indispettita «ma parli pure.»

«Grazie. Prima di tutto, Signora, spero non vorrà minimizzare l’importanza degli avvenimenti verificatisi su Florina.»

«Quali avvenimenti?»

«Non avrà dimenticato l’incidente accaduto nella biblioteca.»

«Quante storie per un pattugliatore ucciso!»

«Un secondo pattugliatore è stato ucciso stamane, Mia Signora, nonché un indigeno. Non accade spesso che degli indigeni uccidano dei pattugliatori, e noi ci troviamo di fronte a un individuo che ha perpetrato questo crimine non una ma due volte consecutive, e che ciononostante riesce a non farsi acciuffare. Si tratta di un’azione isolata? Si tratta di una coincidenza? O tutto ciò non fa parte piuttosto di un piano accuratamente studiato?»

«A quanto pare, lei propende per quest’ultima ipotesi.»

«Sì, infatti. L’omicida aveva due compiici, e i loro dati segnaletici corrispondono a quelli dei nostri clandestini.»

«Possibile?»

«Non volevo allarmarla, ma ricorderà, Signora, che le dissi sin dal principio che potevano essere pericolosi.»

«Va bene. E poi?»

«Ora io mi domando: e se i delitti perpetrati su Florina fossero stati compiuti unicamente per distrarre l’attenzione dei pattugliatori mentre questi due s’infilavano di soppiatto a bordo della nostra nave?»

«Sciocchezze!»

«Veramente? Perché sono scappati da Florina, allora? Questo non glielo abbiamo chiesto. Supponiamo che cercassero di sottrarsi ai pattugliatori, il che d’altronde deve essere l’ipotesi più plausibile. Come mai cercano di rifugiarsi proprio su Sark e su una nave per giunta che trasporta Sua Signoria? L’uomo poi sostiene di essere uno Spazio-Analista.»

Samia aggrottò la fronte. «E con questo?»

«Un anno fa uno Spazio-Analista scomparve. Non fu mai data pubblicità alla cosa. Io ne ero informato, naturalmente, poiché la mia nave è stata tra quelle che hanno perlustrato lo spazio vicino in cerca del suo mezzo. Colui, o coloro, che soffiano nel fuoco degli attuali disordini floriniani sono indubbiamente a conoscenza del fatto, e che essi sappiano di questo Spazio-Analista scomparso dimostra sino a che punto sia complessa ed efficiente la loro organizzazione.»

«Potrebbe non esistere alcun nesso tra il Terrestre e lo Spazio-Analista scomparso.»

«Un nesso vero e proprio non credo, Signora, ma affermare che non esista alcun rapporto tra i due fatti significa affidarsi eccessivamente al caso. Io sono convinto che abbiamo a che fare con un impostore. Per questo sostiene di essere stato sottoposto a sondaggio psichico.»

Samia chiese: «Ma per quale scopo agirebbe così?»

«Affinché lei faccia esattamente quel che poco fa ha detto di voler fare.»

«Approfondire il mistero?»

«No, Mia Signora. Portare quell’uomo da suo padre.»

«Continuo a non capire.»

«Le alternative sono diverse. Nella migliore delle ipotesi potrebbe essere una spia ai danni di suo padre, sia a favore di Florina o magari anche di Trantor. Nella peggiore delle ipotesi diverrà l’assassino di suo padre.»

«Capitano! Questo è semplicemente ridicolo.»

«Può darsi, Signora. Ma in tal caso, altrettanto ridicolo è il Ministero degli Interni. Se ricorda, poco prima di cena mi sono allontanato per ricevere un messaggio proveniente da Sark.»

«Infatti.»

«Eccolo.»

Samia prese dalle mani del Comandante un sottile foglio di metallo traslucido impresso a lettere rosse, e vi lesse: «Siamo informati che due floriniani si sono imbarcati clandestinamente a bordo della sua nave. Devono essere immediatamente messi in stato di arresto. Può darsi che uno di loro sostenga di essere uno Spazio-Analista anziché un indigeno floriniano. Lei sarà ritenuto strettamente responsabile dell’incolumità di questi individui, i quali dovranno essere consegnati direttamente al Ministero degli Interni. Si esigono la massima segretezza e la massima urgenza.»

Samia chiese: «Che cosa gli faranno?»

«Su questo punto, non posso rispondere con sicurezza» disse il Comandante. «Certo che un individuo sospettato di assassinio e di spionaggio, non può pretendere di essere trattato molto gentilmente. Può darsi che le sue affermazioni si traducano, almeno parzialmente, in realtà e che egli impari a proprie spese che cosa sia effettivamente un vero sondaggio psichico.»

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