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Il dottor Selim Junz era impaziente. Quell’anno gli aveva insegnato che la Burocrazia sarkita non aveva fretta, tanto più che i burocrati erano quasi tutti floriniani trapiantati e pertanto estremamente consapevoli della loro dignità.

Aveva chiesto una volta al vecchio Abel, l’Ambasciatore di Trantor, il quale viveva da tanto tempo su Sark che le suole delle sue scarpe vi avevano messo radici, come mai i sarkiti consentissero a che le varie branche del loro governo fossero amministrate proprio dai floriniani tanto disprezzati.

«Tutta politica, Junz» aveva risposto Abel «tutta politica. Si tratta di una questione di genetica pratica, condotta con logica sarkita. Presi di per sé questi sarkiti non sono niente, non rappresentano che un piccolo mondo senza importanza, e valgono solo in quanto controllano quella inesauribile miniera di oro che è Florina. Per questo ogni anno vanno nei campi e nei villaggi di Florina, raccogliendo il meglio della gioventù per addestrarla su Sark.»

Il dottor Junz era prima di tutto uno Spazio-Analista e pertanto queste cose non le capiva, né esitò a dirlo. Abel puntò su di lui un indice accusatore.

«Lei non diventerà mai un buon amministratore, perciò non mi chieda raccomandazioni» disse. «Gli elementi più intelligenti di Florina vengono guadagnati alla causa sarkita spontaneamente, poiché sino a quando servono Sark sono amorosamente curati e protetti, mentre se voltano la schiena a Sark la miglior cosa in cui possono sperare è il ritorno a un’esistenza floriniana che non è simpatica, amico mio, non è simpatica affatto.»

Bevve il vino d’un fiato e prosegui: «Inoltre, né i Borgomastri né gli impiegati statali di Sark possono generare senza perdere le loro rispettive posizioni. Anche con donne floriniane, beninteso, poiché la mescolanza con elementi sarkiti è naturalmente fuori questione. In tal modo il meglio del genere floriniano viene continuamente tolto dalla circolazione, cosicché a poco a poco la popolazione di Florina sarà composta unicamente di spaccalegna e di acquaioli.»

«In ogni caso resteranno senza impiegati, con questo sistema, non le pare?»

«Chi può prevedere ciò che riserva il futuro?»


Ora il dottor Junz sedeva in un’anticamera del Ministero degli Affari Floriniani e attendeva con impazienza di essere ricevuto. Finalmente gli si parò davanti un impiegato anziano, invecchiato nel servizio.

«Il dottor Junz?»

«Sono io.»

«Venga con me.»

Gli venne imposto con un gesto di sedere davanti alla scrivania dell’Assistente del Sottosegretario. Naturalmente nessun floriniano poteva andare oltre il grado di assistente, per quante fossero le sue mansioni effettive e nonostante la loro importanza. Il Sottosegretario e il Segretario degli Affari Floriniani erano naturalmente sarkiti, ma benché il dottor Junz li potesse frequentare in società, sapeva che non li avrebbe mai incontrati al Ministero.

L’Assistente scorreva con grande attenzione un incartamento, rigirandone minuziosamente ogni pagina cifrata. Era giovanissimo, un neo-laureato, probabilmente, e come tutti gli abitanti di Florina chiarissimo di pelle e biondo di capelli.

Il dottor Junz si sentì percorrere da un brivido di emozione atavica. Lui proveniva dal mondo di Libair, e come tutti i libairiani era fortemente pigmentato e la sua pelle era di un colore bruno scuro. In pochi mondi della Galassia il colore della pelle era così opposto come su Libair e Florina. In genere predominavano le sfumature intermedie.

Alcuni tra i giovani antropologi radicali avevano lanciato la tesi che gli abitanti di mondi come Libair, per esempio, fossero sorti da una evoluzione indipendente se pur convergente. Invece i più anziani ripudiavano sdegnosamente il concetto di una evoluzione che facesse convergere specie diverse nel punto in cui fosse possibile una intergenerazione, come era certamente il caso per gli infiniti mondi della Galassia. Insistevano sul fatto che sul pianeta originario, quale che esso fosse, già l’umanità si fosse trovata divisa in sottogruppi di pigmentazione varia.

Ogni tanto il dottor Junz si sorprendeva a rimuginare entro di sé quell’insolubile quesito. Nei millenni oscuri erano state tramandate, per chissà quali misteriose ragioni, le leggende di un passato di lotta. I miti libairiani, per esempio, parlavano di lunghe guerre tra uomini di pigmentazione diversa e si sosteneva che la stessa scoperta di Libair fosse dovuta a un gruppo di uomini bruni in fuga dopo una battaglia perduta.

Quando il dottor Junz aveva lasciato Libair per entrare all’Istituto Arturiano di Tecnologia Spaziale e aveva in seguito iniziato la sua professione, le antiche favole primitive erano ormai da molto dimenticate. Una sola volta, da allora, era rimasto sinceramente impressionato. Era capitato per caso, per motivi di lavoro, su uno degli antichi mondi del Settore Centauriano; uno di quei mondi la cui storia si perdeva nella notte dei tempi e il cui linguaggio era talmente arcaico che il suo dialetto poteva quasi essere paragonato a quella lingua mitica e morta da secoli che era stata l’inglese. Eppure avevano conservato un vocabolo speciale per definire un individuo dalla pelle scura.

La voce precisa dell’Assistente interruppe le sue fantasticherie. «Secondo l’incartamento, lei è già stato in questo ufficio.»

«Infatti.»

«Ma non recentemente.»

«No, non recentemente.»

«È ancora alla ricerca di uno Spazio-Analista scomparso…» l’Assistente scorse rapidamente alcune pagine «… circa undici mesi e tredici giorni fa.»

«Esatto.»

«Durante tutto questo tempo» proseguì l’Assistente «dell’uomo in questione non si è trovata traccia, né esiste alcuna prova della sua presenza in territorio sarkita.»

«L’ultima volta che se ne ebbe notizia» spiegò lo scienziato «era stato avvistato nello spazio in prossimità di Sark.»

«Può essere, ma non abbiamo prove della sua presenza su Sark.»

Non abbiamo prove! Il dottor Junz strinse nervosamente le labbra. Era la frase che da mesi gli andava ripetendo l’ufficio Spazio-Analitico Interstellare. «Non abbiamo prove, dottor Junz. Abbiamo la sensazione che il suo tempo potrebbe essere speso meglio, dottor Junz.»

La cosa era cominciata, come aveva detto l’Assistente con burocratica pignoleria, undici mesi e tredici giorni innanzi secondo il Tempo Medio Insterstellare. Due giorni prima di quell’avvenimento era sceso su Sark per quella che avrebbe dovuto essere una semplice visita normale d’ispezione alla Sezione dell’Istituto di quel pianeta, ma che si era tramutata… ecco, che si era tramutata in quello che era.

Era stato accolto dal rappresentante locale dell’U.S.I., un giovanotto molto sveglio che il dottor Junz ricordava quasi esclusivamente per la sua abitudine di masticare senza un attimo di sosta un prodotto elastico dell’industria chimica di Sark.

Solo al termine dell’ispezione l’agente locale si era ricordato di un particolare, e aveva detto: «Ho qui un messaggio spedito da uno spazialista, dottor Junz. Non dev’essere importante. Sa come sono quelli.»

Il dottor Junz aveva alzato gli occhi, in preda a un momentaneo impeto di sdegno. Aveva avuto la tentazione subito soffocata di rispondergli che quindici anni prima anche lui era stato uno spazialista, sia pure per soli tre mesi. Comunque era stato proprio quel lampo di collera a spingerlo a leggere il messaggio con particolare attenzione.

Diceva: “Vogliate mantenere linea cifrata diretta aperta con Quartier Generale Centrale U.S.I. per messaggio dettagliato concernente questione di massima importanza inerente a tutta Galassia. Atterro secondo traiettoria minima.”

L’agente sembrava divertito. Le sue mascelle si erano rimesse a ruminare con moto ritmico, uniforme. Disse: «Pensi un po’! “Inerente a tutta Galassia”. Non c’è male, anche per uno spazialista. L’ho chiamato dopo aver ricevuto questo messaggio per vedere se riuscivo a cavarne qualcosa di sensato, ma non c’è stato niente da fare. Ha continuato a ripetermi che la vita di tutti gli esseri umani di Florina era in pericolo. Capisce? Mezzo miliardo di esistenze in pericolo. Mi è parso psicopatico. Perciò, francamente, non ho nessuna voglia di trovarmi a tu per tu con lui quando atterrerà. Che cosa mi consiglia di fare?»

Il dottor Junz aveva chiesto: «Ha una registrazione del colloquio con lui?»

«Sissignore.» Erano seguiti alcuni minuti di ricerche, ed era stato finalmente ritrovato un frammento di pellicola.

Il dottor Junz lo aveva inserito nel “lettore”, e si era immediatamente accigliato: «Questa è una copia, vero?»

«L’originale l’ho mandato all’Ufficio Trasporti Extra-Planetari perché ho ritenuto più prudente che gli andassero incontro sul campo di atterraggio con un’ambulanza. Come le ripeto, ho l’impressione che non stia troppo bene di salute.»

«Un momento. Crede che sia già atterrato?»

L’agente lo aveva guardato sorpreso. «Credo di sì, però nessuno mi ha informato ancora.»

«Chiami l’Ufficio Trasporti e cerchi di avere dei particolari. Psicopatico o no, dobbiamo pure registrare i particolari del suo viaggio sui nostri moduli.»

Lo Spazio-Analista era ritornato il giorno successivo per un ultimo controllo, prima di lasciare il pianeta. Aveva altre cose di cui occuparsi su altri mondi, e aveva una certa fretta. Ma giunto sulla soglia aveva chiesto: «Come va il nostro spazialista?»

L’agente aveva risposto: «Ah, già… L’Ufficio Trasporti non ne sa niente. Si vede che deve aver cambiato idea all’ultimo momento e non è più atterrato.»

Il dottor Junz aveva deciso di ritardare la propria partenza di altre ventiquattr’ore. Il giorno seguente entrava nell’Ufficio Trasporti Extra-Planetari della Città di Sark, capitale del pianeta, scontrandosi così per la prima volta con la burocrazia floriniana, ma tutti si erano limitati a scuotere il capo. Avevano ricevuto effettivamente un messaggio relativo al progettato atterraggio di un analista dell’U.S.I., oh, sì, però nessuna nave era atterrata.

Ma si trattava di una cosa molto importante, aveva insistito il dottor Junz, il povero uomo stava male. Non avevano ricevuto una copia della trascrizione del suo colloquio con l’agente locale dell’U.S.I.? Tutti lo avevano guardato con tanto d’occhi. Quale trascrizione? Nessuno si ricordava di averla letta. Erano spiacenti che il poveretto fosse ammalato, ma nessuna nave U.S.I. era atterrata, e nessuna nave U.S.I. si trovava nel vicino spazio.

Il dottor Junz era ritornato a meditare nella sua camera d’albergo, quindi aveva chiamato il portiere e aveva chiesto di essere trasferito in un appartamento più adatto a un soggiorno prolungato. Aveva quindi fissato un appuntamento con Ludigan Abel, l’Ambasciatore trantoriano.

Aveva speso il giorno dopo consultando alcuni volumi di storia sarkita e quando era venuta l’ora dell’appuntamento con Abel, il cuore aveva incominciato a battergli di sorda collera. Non si sarebbe dichiarato vinto tanto presto.

Il vecchio Ambasciatore lo aveva trattato come si tratta un ospite di riguardo, gli aveva stretto cordialmente la mano, aveva fatto venire il suo barista automatico e non aveva permesso che s’iniziasse tra loro alcuna discussione di affari se non dopo un paio di bicchieri.

Junz ricordava ancora come aveva veduto Abel quel primo giorno, con gli occhi profondamente incassati sotto le sopracciglia di un bianco abbagliante, il naso a becco sempre sospeso sul calice di vino, le guance incavate che accentuavano la magrezza della faccia e del corpo. Finalmente Junz aveva incominciato il proprio racconto, esponendo i fatti con la massima economia di parole.

Quando l’altro ebbe finito Abel si era asciugato delicatamente le labbra col fazzoletto e aveva chiesto: «Adesso, mi dica, lei conosce quest’uomo che è scomparso?»

«No.»

«Non l’ha mai incontrato?»

«I nostri analisti spaziali sono persone difficili da incontrare.»

L’Ambasciatore lo aveva guardato interrogativamente, quindi aveva chiesto: «E perché è venuto da me?»

«Per avere un aiuto.»

«D’accordo, ma in che modo? Che cosa posso fare, io?»

«Permetta che mi spieghi. L’Ufficio Sarkita dei Trasporti Extra-Planetari ha sondato il vicino spazio in cerca del tracciato energetico dei motori della nave del nostro uomo, ma senza riuscire a individuarlo. Non mi mentirebbero a questo proposito. Non dico che i sarkiti siano incapaci di menzogna, ma non mentirebbero inutilmente, e sanno benissimo che posso controllare le loro dichiarazioni in un paio d’ore.»

«È esatto. Ebbene?»

«Quando fallisce la ricerca di un tracciato energetico, i casi sono due. Nel primo, se la nave non si trova nello spazio vicino vuol dire che è saltata attraverso l’iperspazio e si trova in un’altra regione della Galassia; nel secondo, se non si trova affatto nello spazio vuol dire che è atterrata su un pianeta. Ora io mi rifiuto di credere che il nostro uomo sia saltato. Se le sue dichiarazioni circa i pericoli che minacciano Florina e l’importanza della Galassia erano dettate da megalomania aberrante, niente gli avrebbe impedito di scendere su Sark per venircene a parlare. E non avrebbe cambiato idea volontariamente. Ho quindici anni di esperienza di queste cose. A maggior ragione, se per un caso ipotetico, le sue dichiarazioni fossero state serie e fondate, mai più avrebbe cambiato parere e abbandonato lo spazio vicino.»

Il vecchio Ambasciatore aveva alzato un dito. «Perciò, lei è convinto che il suo uomo si trovi su Sark.»

«Esattamente. Ma qui ci troviamo ancora di fronte a due alternative. Prima di tutto, se si trova effettivamente sotto l’effetto di una psicosi può aver atterrato in un punto qualsiasi del pianeta, anziché su un astroporto ufficiale. Può darsi che stia vagando senza meta, ammalato e in stato di semiamnesia. Ciò è molto insolito persino tra gli spazialisti, ma fatti analoghi si sono già verificati. Normalmente in un caso del genere gli accessi sono temporanei, e passata la crisi, il paziente ricorda per prima cosa, prima ancora di ciò che personalmente lo riguarda, i particolari del suo lavoro, poiché in definitiva il lavoro dello Spazio-Analista è la sua vita stessa. Assai spesso accade che lo smemorato venga rintracciato, perché per prima cosa entra in una biblioteca pubblica a consultare libri di riferimento sulla Spazio-Analisi.»

«Capisco. Quindi lei vuole che intervenga presso il Dicastero dei Bibliotecari perché le sia subito riferita tale situazione, nel caso che si verifichi.»

«No, poiché su questo punto non prevedo alcun intoppo. Chiederò che vengano messe da parte alcune opere di carattere generale sulla Spazio-Analisi, e che chiunque le richieda, a meno che non possa provare di essere nativo di Sark, venga trattenuto per essere interrogato. È una semplice precauzione. In realtà non servirà a niente, perché io sono convinto che il nostro uomo sia atterrato all’astroporto della Città di Sark esattamente come aveva progettato, e che sano o malato di mente sia stato imprigionato o ucciso dalle autorità sarkite.»

Abel posò il bicchiere, ormai quasi vuoto. «Sta scherzando!»

«Le sembra che ne abbia voglia? Cosa mi ha detto di Sark non più tardi di mezz’ora fa? Che la vita, la prosperità e la potenza di tutta questa gente dipendono dal controllo di Florina. Che cosa mi hanno insegnato le mie letture di queste ultime ventiquattro ore? Che i campi di kyrt di Florina rappresentano la ricchezza di Sark. Ed ecco che un uomo, sano di mente o psicopatico, non importa, afferma che un fatto d’importanza galattica mette in pericolo la vita di tutti gli uomini e di tutte le donne di Florina. Osservi la trascrizione dell’ultimo suo colloquio pervenutoci.»

Abel raccolse il frammento di pellicola che Junz gli aveva quasi buttato sulle ginocchia e lo inserì nel “lettore”.

«Non dice gran che.»

«Naturale. Parla di un pericolo gravissimo, e s’intuisce che ha molta fretta, ma un messaggio simile non avrebbe mai dovuto essere trasmesso ai sarkiti, anche ammesso che il nostro uomo si sbagliasse. Come poteva il governo sarkita permettergli di diffondere le pazzie che aveva in testa, sempre che si tratti di pazzie? Lasciando da parte il panico che simili notizie avrebbero potuto provocare su Florina, danneggiando l’andamento della produzione del kyrt, rimane sempre il fatto che l’intera Galassia sarebbe stata informata degli sporchi rapporti politici intercorrenti tra Sark e Florina. Esiterebbe Sark a uccidere, in un caso simile?»

«E che cosa vorrebbe da me? Debbo dire che sono tuttora assai poco convinto.»

«Si informi se l’hanno ucciso» aveva detto Junz con voce tetra. «Ci sarà pure un’organizzazione spionistica, in questo maledetto posto! E quando li avrà rivelati per quegli assassini che sono, voglio che Trantor faccia sapere ben chiaro a tutti che nessun governo della Galassia ha il diritto di uccidere un dipendente dell’U.S.I., o farne quel che gli pare.»

Così era terminato il suo primo colloquio con Abel.

Per quel che riguardava le disposizioni librarie, i funzionari sarkiti si erano mostrati assai comprensivi e dispostissimi a collaborare.

Comunque, i mesi erano trascorsi, e gli agenti di Abel non erano riusciti a trovare traccia, su Sark, dello spazialista scomparso.

Le cose si erano protratte così per undici mesi, e già Junz cominciava a rassegnarsi. Aveva solo deciso di aspettare ancora un mese. Poi era venuto il primo barlume di speranza, del tutto inaspettato: un rapporto pervenuto dalla Biblioteca Pubblica di Sark. Junz si trovava adesso seduto davanti a un funzionario floriniano nell’Ufficio Affari Floriniani.


L’Assistente completò la propria classificazione mentale del caso. Aveva terminato di girare l’ultima pagina.

Alzò gli occhi e chiese: «Dunque, che posso fare per lei?»

Junz cominciò con estrema precisione: «Ieri, alle 16,22, sono stato informato che la sezione floriniana della Biblioteca Pubblica di Sark teneva a mia disposizione un uomo, non nativo di Sark, il quale aveva cercato di consultare due volumi di divulgazione sulla Spazio-Analisi. Dopo di che la Biblioteca non mi ha più fatto sapere niente.» Alzando la voce per soffocare un’interruzione dell’Assistente, lo scienziato continuò: «Un tele-bollettino ricevuto dall’apparecchio pubblico dell’albergo dove risiedo, e datato dalle ore 17,05 di ieri, annunciava che un appartenente alla Pattuglia Floriniana era stato ritrovato esanime nella sezione floriniana della Biblioteca Pubblica di Sark, e che tre indigeni floriniani, ritenuti responsabili del crimine, erano stati inseguiti e ricercati; ma quel bollettino non venne poi ripetuto nei notiziari successivi. Non ho dubbi che le due notizie siano collegate. Ho avvertito Florina per radio-etere di mandare l’uomo in questione su Sark ma non ho ricevuto risposta. Ora sono qui per chiedere all’Ufficio degli Affari Floriniani di agire. O mi lascia salire lassù oppure mi manda qui quell’uomo.»

La voce spersonalizzata dell’Assistente disse: «Il governo di Sark non può accettare ultimatum dai funzionari dell’U.S.I. L’uomo che ha chiesto di consultare i testi riservati, unitamente ad altri due compagni, un Borgomastro e una donna di Florinia, ha effettivamente commesso il crimine che lei dice, e i tre sono stati inseguiti dalla Pattuglia ma non sono stati catturati.»

Una profonda delusione si dipinse sulla faccia di Junz. «Sono fuggiti?»

«Non esattamente. Sono stati rintracciati nella panetteria di un certo Matt Khorov.»

Junz fissò sbalordito il funzionario: «E ce li hanno lasciati?»

«Lei ha avuto rapporti, recentemente, con Sua Eccellenza Ludigan Abel?»

«Che c’entra questo con…»

«Siamo informati che è stato visto spesso all’Ambasciata di Trantor.»

«È una settimana che non vedo l’Ambasciatore.»

«In tal caso le consiglio di andare subito da lui. Abbiamo permesso che i criminali restassero impuniti nel negozio di Khorov per riguardo alle nostre delicate relazioni interstellari con Trantor. Ho anche avuto ordine di dirle, nel caso si rendesse necessario, che Khorov, come probabilmente saprà…» e la faccia pallida del funzionario parve trasformarsi in una beffarda maschera ghignante «è ben noto al nostro Ministero degli Interni come un agente di Trantor.»

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