6

Trehearne guardò in su dalla cuccetta e chiese: «Quanto tempo ho dormito?»

«Circa ventiquattro ore secondo un calcolo terrestre» rispose Edri. «Ne avevate bisogno.» Si chinò su Trehearne e gli porse un prosaico pacchetto di sigarette americane. «Fumate?»

Trehearne ne prese una e si mise a sedere. Per un poco fumò in silenzio, perduto nei ricordi. Infine disse: «È accaduto tutto davvero no?»

Edri fece un cenno di assenso.

«So che deve esser accaduto, ma non riesco a crederlo.» Trehearne scosse il capo. «Di tutto, l’incredibile… Che cosa facevate laggiù, Edri? Come potete andare e venire dalla Terra senza che nessuno lo sappia? Che cosa sono i Vardda, oltre che una razza diversa?»

«Trafficanti. Mercanti. La razza più dotata di senso commerciale della Galassia.» Edri tolse il tovagliolo da un vassoio posato su un tavolino accanto alla cuccetta. «Vi ho portato la colazione. Avanti, mangiate mentre io vi parlo. Il nostro andare e venire è molto semplice. Atterriamo a intervalli irregolari qua e là nei luoghi deserti che la Terra possiede in un certo numero. Sbrighiamo i nostri affari e dopo qualche tempo ci vengono a riprendere. Come vi ho spiegato prima, siamo estremamente cauti e il fatto che a stento qualunque abitante della Terra crederebbe alla verità se gli fosse rivelata, è per noi un mezzo di difesa. Naturalmente, trafficando in segreto a questo modo, c’è un limite alle nostre possibilità d’acquisto e le merci d’esportazione della Terra — gli articoli genuini e non le imitazioni — hanno, necessariamente, prezzi altissimi. Sareste meravigliato se sapeste il valore che i profumi francesi, il whisky scozzese e i film americani hanno su pianeti di cui non avete mai sentito parlare.»

«Trafficate con tutti in segreto?»

«Buon Dio, no! Con la maggior parte dei mondi, anche con i molto primitivi, possiamo trattare apertamente. Può darsi che non ci abbiano in simpatia, ma traggono dal nostro commercio enormi benefici.»

«Allora perché non avviene lo stesso per la Terra?»

«Ecco» disse Edri «non voglio offendere la vostra sensibilità di nativo del luogo, ma la Terra è un pianeta assai strano. Oh, non è il solo. Ce ne sono un certo numero, sparsi qua e là, e noi evitiamo di avere apertamente rapporti con essi. Vedete, Trehearne, la maggior parte dei mondi si evolve o rimane poco evoluta, dal punto di vista della civiltà, ognuno con una certa omogeneità. Non intendo dire che si tratti di mondi assolutamente pacifici, perché non è così, ma, a lungo andare, le loro popolazioni hanno un comportamento più prevedibile, più costante che quelle di mondi sul tipo della Terra, sviluppatisi senza alcun ordine. Capite quel che voglio dire: da una parte la forza atomica, dall’altra l’aratro di legno e il fucile ad aria compressa. Un abisso troppo profondo che crea complicazioni in tutti i sensi. Ora, una società primitiva considera la guerra come uno sport e ne trae un genuino piacere. Una società di alto livello culturale la considera come un fatto superato e antiquato quale sarebbe cacciare per procurarsi il cibo. Tutti sanno a che punto sono. Ma quando vi trovate di fronte a un mondo con grandi masse di popolazione frammiste, ciascuna delle quali si trova in un differente stadio di evoluzione culturale, ed è soggetta a un costante assalto di stimoli che non è in grado di assimilare, allora avvertite la presenza di un miscuglio che tende a esplodere in tutte le direzioni. Noi abbiamo il sano desiderio di non saltare in aria e, inoltre, è impossibile stabilire un commercio vantaggioso con un mondo costantemente dilaniato dalle guerre. Così vi pare che abbia risposto alla vostra domanda?»

«Ho capito» rispose amaramente Trehearne «che i Vardda non hanno grande stima della Terra.»

«È un bel mondo. Un giorno si placherà. Nessuno può combattere per sempre. O ritorneranno allo stato barbaro o matureranno.»

Trehearne posò la forchetta sul piatto vuoto e guardò Edri, quasi con rabbia.

«I Vardda non combattono?» chiese. «Da quel che ho capito si tratta di una forma di imperialismo commerciale. Allora ci devono essere lotte, battaglie per la conquista dei mercati e dei monopoli. Senza di esse non si creò mai nessun impero.»

«Nessun altro impero» disse Edri pianamente «fu creato senza competizione. Penso che non afferriate ancora la questione. Noi abbiamo un monopolio assoluto, completo, indistruttibile sui voli interstellari. Solo le astronavi dei Vardda volano da una stella all’altra e solo i Vardda possono pilotarle. Sapete perché, ne avete fatto l’esperienza in voi stesso. Noi non dobbiamo lottare.»

Trehearne emise un lungo fischio sordo. «E noi pensavamo di avere monopoli sulla Terra! Ma non vedo perché, se voi avete potuto mutare, altri non lo potrebbero. Come riuscite a tenerli sottomessi?»

«Non teniamo sottomesso nessuno. Non dominiamo, non influenziamo, non interferiamo in nessun altro mondo se non nel nostro. Abbiamo imparato tempo fa che non ne valeva la pena. Quanto alla mutazione è impossibile ottenerla. Il segreto del processo andò perduto con Orthis, un migliaio di anni fa.» Si alzò di scatto dalla sedia, dove era rimasto seduto tutto quel tempo e indicò alcuni indumenti appesi nell’armadio. «Penso vi andranno bene. Vestitevi e vi porterò in giro.»

Trehearne gettò un’occhiata perplessa agli abiti, una tunica di seta verde scuro, pantaloni scuri, una cintura adorna di qualche gioiello e dei sandali. Edri sogghignò.

«Vi abituerete. E vi parrà di essere meno strano che con questo ridicolo tweed.»

Trehearne si strinse nelle spalle e li indossò. Dovette ammetterne subito la comodità. C’era uno specchio infisso nell’armadio e vi si esaminò attentamente. Fu sorpreso nel notare come appariva diverso nel costume dei Vardda. L’ultima traccia della Terra era scomparsa.

Guardandosi ancora nello specchio, disse: «Edri…»

«Sì?»

«Ora sono un Vardda. Ve l’ho provato. Che cosa possono farmi, a Llirdis?»

«Desidererei potervelo dire. In pratica siete un vero Vardda, c’è in voi un atavismo puro. Ma legalmente è un’altra cosa. Quella norma fondamentale della legge vardda cui si riferiva Kerrel è il divieto ad accogliere tra noi discendenti non vardda di qualsiasi specie. Conservare puro il sangue dei Vardda non è solo orgoglio di razza, è una necessità economica e un tabù inviolabile. La soluzione di questo imbroglio spetterà al Consiglio ed è mio avviso dimenticare la faccenda fino ad allora. Venite, vi darò modo di pensare a qualcos’altro.»

Trehearne fu contento di muoversi. Quel senso di smarrimento, di stanchezza, di incubo, si insinuava di nuovo in lui, ed accoglieva con sollievo ogni diversivo. Uscirono nel corridoio ed egli seguì Edri. Si accorse allora di una profonda vibrazione di energia interna che animava l’astronave, una specie di calabrone ronzante che sembrava sfidare l’intero universo a fermarlo. Gli rombava nelle orecchie, nel sangue e nei nervi tesi, e l’eccitazione che aveva provato quando per la prima volta aveva visto l’astronave gli si rinnovò più intensa ancora. Questo era l’obiettivo supremo. Per tutta la vita si era trastullato con giochi da bambini, ma qui, sotto i suoi piedi, e tutto intorno a lui c’era il più alto sogno degli uomini.

«Qual è la forza motrice? Quale il principio? E come riuscite a raggiungere una velocità superiore a quella della luce? Le velocità-limite, la contrazione, la massa…»

Edri si mise a ridere. «Una cosa per volta, prego. Si tratta di domande di così poco conto! Ci sono voluti secoli per sviluppare una tecnica in grado di rispondervi e voi volete che vi spieghi tutto in poche parole. Bene; in poche parole posso dire tutto quello che ne so. Io sono un bevitore di professione e non uno scienziato. Comunque un mezzo realmente funzionale, navighi nell’acqua, nell’aria o nello spazio, deve derivare la sua forza motrice dalla reazione contro l’elemento in cui si muove. E così proprio ora i potenti generatori atomici a poppa emettono dei raggi di quinta grandezza che reagiscono contro la struttura stessa dello spazio. E lo spazio per non essere disintegrato, necessariamente ci proietta in avanti. Molto semplice, credo, una volta che si abbia imparato a conoscere il trucco.»

Trehearne assentì con un brontolio.

«Quanto alle velocità-limite» continuò Edri «anche gli scienziati vardda credevano in esse finché capitò loro di imbattersi nei cosmotroni. Un giorno una particella su cui stavano compiendo degli esperimenti li sconvolse profondamente, acquistando una velocità molto maggiore di quella della luce, e fu così che scoprirono i raggi di quinta grandezza. Scoprirono pure, come i vostri scienziati scopriranno, che gli assoluti teorici che uno studioso stabilisce secondo le proprie limitate cognizioni si rivelano illusori quando il campo di tali cognizioni si allarga. Potrei spiegarvi tutte queste cose se conoscessi meglio la meccanica continua!»

«Non potrei comprendere comunque» disse Trehearne «così fa lo stesso.»

Avevano raggiunto l’estremità del corridoio. Vi si apriva una stretta scala a chiocciola. Edri si scostò e incitò Trehearne a salire. Egli si avviò reagendo lungo il percorso contro un altro attacco di convulsioni; non si può assimilare tutto, abituarsi a tutto così d’un tratto, la singolarità, la separazione completa da tutto ciò che è stato, quel piombare a capofitto in orizzonti stranieri, in spazi ignoti, senza che il panico vi afferri se soltanto ci pensate. La scala immetteva in un ampio osservatorio a cupola di quarzo massiccio. Non sapeva che cosa si fosse aspettato di trovare, ma ne era deluso. Non vi era nulla da vedere se non un’oscurità solcata da serpeggianti linee luminose.

«Quelle sono stelle» disse Edri che era salito dietro a lui. «O piuttosto, le immagini di radiazione delle stelle. Alla velocità attuale stiamo superando le linee di energia luminosa che hanno lasciato dietro di sé. Scie stellari le chiamiamo…»

Girò un interruttore e la cupola di quarzo massiccio si soffuse di un pallido chiarore latteo. Edri esaminò un quadrante e lo regolò.

«Osservate la cupola» disse. «Ha uno spessore triplo, di una speciale composizione molecolare, ogni strato situato a un differente angolo obliquo. Ho immesso una corrente elettronica ad alta frequenza nella maglia di sottilissimi fili fra i tre strati e le più complicate e interessanti reazioni stanno ora compiendosi nella struttura molecolare della quarzite.»

Trehearne osservò. Il cuore gli batteva furiosamente.

«Guardate» disse Edri «gli impulsi luminosi delle scie stellari vengono intercettati, fissati, diffusi e infine riflessi da una lente interna.»

Trehearne osservò e osservando dimenticò Edri e l’astronave e se stesso. Dimenticò la Terra, il passato, il futuro. Dimenticò quasi di respirare.

La voce di Edri gli giunse piana. «Potrete vedere ciò spesso, Trehearne, ma non sarà più come la prima volta.»

Trehearne udì appena. L’astronave era svanita intorno a lui, lasciandolo sospeso sui profondi abissi che si stendono tra le isole stellari a guardare sbigottito nella solitudine oscura e splendida dello spazio.

Attraverso la magia di quella cupola di quarzo vide i grandi soli avanzare in fiamme e tuoni lungo la curva dell’infinito. Alcuni erano come cacciatori solitali, altri si accompagnavano alle stelle. Vide la loro cosmica parata di vita e di morte, i giovani soli divampanti di uno splendore biancoazzurro, i soli d’oro, i vecchi soli rossi, i soli spenti neri di ceneri funerarie. Vide le galassie lontanissime, i fuochi roteanti delle nebulose, i meravigliosi terribili mondi della Via Lattea fluttuanti all’estremo confine della creazione. E mentre guardava, ogni pensiero, ogni sentimento lo abbandonava ed egli era simile a un neonato abbagliato dalla luce.

Alcune stelle, gli pareva di riconoscerle: Algol che pulsava come un cuore sanguinante, la gloria dardeggiante di Sirio. Orione avanzava gigantesco tra gli abissi dello spazio, la cintura splendente di soli, qualche astro spento sulla fronte e i piedi che quasi toccavano le remote Iadi, Aldebaran ardeva di cupo splendore.

Aldebaran. Un altro sole. Altri mondi, altri popoli, altri costumi. Egli vi era diretto, uno straniero.

Un profondo tremore lo scosse. Il tempo passava, ma egli non se ne accorgeva. Era un uomo perduto, sprofondato, immerso nell’infinito. Edri lo osservava con una specie di tristezza nello sguardo. Dopo un po’ girò di nuovo l’interruttore, la cupola si oscurò e nella penombra rimasero visibili solo le saettanti strisce di luce. Trehearne sospirò, ma rimase immobile. Edri sorrise e lo scosse. Trehearne si girò lentamente e quando Edri si avviò giù per la scala, lo seguì, pur non sapendo dove andassero e perché.

Il corridoio era vuoto. Edri si fermò e aspettò finché gli occhi di Trehearne si fissarono su di lui con un barlume di coscienza. «Sto» disse «per venir meno a una consuetudine di tutta la mia vita e dire qualcosa di importante. Mi ascoltate?»

Trehearne fece un cenno di assenso.

«Voi trascorrerete gran parte del tempo con gli altri, cioè inevitabilmente anche con Shairn. State lontano da lei, Trehearne. Non importa se l’amate o l’odiate, state lontano da lei.»

Trehearne sorrise. La sua mente era un turbinio di stelle e i suoi occhi erano abbagliati dallo splendore delle nebulose.

«Shairn non mi sembra il tipo con cui si possa avere un rapporto fisso.»

«Questo è il guaio. Kerrel se la portò con sé in questo viaggio per porre fine al flirt che stava intrecciando con qualcun altro a Llirdis. Egli ne ha dovute sopportare tante da lei, e non è affatto il tipo: la gente non sa che cosa pensare.»

«Perché?»

«Bene, Kerrel è un agente del Consiglio, altamente rispettato, ha una grande autorità e così via, ma noi Vardda calcoliamo la nostra ricchezza in astronavi e Kerrel è povero. Shairn ne ha ereditate trenta, la quarta flotta dello spazio. In altre parole, egli ha più da perdere che Shairn.»

«Se la può tenere» disse Trehearne. «Lei e le sue astronavi.»

«Voi non la conoscete. Io la conosco. E posso dirvi che tenersi lontano da lei non è un’impresa facile solo quando ella non lo voglia.»

«Oh, vada al diavolo» brontolò Trehearne con impazienza. Era difficile discendere dalle stelle ai pettegolezzi meschini e la cosa gli seccava. «Non vedo come tutto questo mi riguardi.»

«Ve l’ho detto, so che tipo di donna è. E conosco Kerrel. È già vostro nemico…»

Trehearne rimase stupito. «Perché?»

«Perché è suo dovere esserlo. Perché l’intera struttura dello stato vardda, che ha giurato di proteggere è basata su poche ferree leggi e voi siete in procinto di violarle tutte. Oh, non proprio voi. Vi sono coinvolti più vasti problemi e voi sarete automaticamente immischiato. Kerrel è un uomo giusto, come egli stesso si considera, ma la sua è una giustizia non temperata dalla pietà. L’ho visto in azione troppo spesso, Trehearne. Avrete guai a sufficienza. Non offritegli anche un motivo di rancore personale.»

Il tono di Edri era così serio che Trehearne cominciò a sentirsi a disagio. Un’alta cieca muraglia si alzò davanti a lui, al di là della quale erano la vita con le sue complicazioni, la politica e la filosofia e le lotte dello stato dei Vardda ed egli non poteva vedere attraverso o al di sopra di essa. Disse: «Ho una quantità terribile di cose da imparare. Mi sgomenta quante. Voi e Kerrel non avete simpatia l’uno per l’altro, vero?»

Edri si strinse nelle spalle. «Sospetta che io abbia delle idee non propriamente in accordo con le sue. A Llirdis, come sulla Terra, è bene stare in guardia da un uomo che abbia un suo credo.» Improvvisamente si mise a ridere. «Bene, adesso basta. Come voi stesso avete detto, dovete imparare un sacco di cose. Possiamo incominciare fin da ora.»

Trehearne lo seguì prontamente per iniziare la sua rieducazione di Vardda.

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