Per un momento Trehearne rimase immobile, come stordito. Thuvis, a vita!
Ricordava quel pianeta oscuro, inesprimibilmente desolato, di un sole morente che Shairn gli aveva mostrato nel proiettore del microfilm durante il viaggio dalla Terra a Llirdis.
«No» disse. «Non Edri. Ci deve essere un errore.»
Shairn scosse il capo. «Lo vorrei tanto, ma non è così. Edri è un Orthista, arrestato, confesso e condannato. È stato perfino incapace di difendersi.»
Si ritrasse un poco. «Anche a me dispiace. Ma Edri sapeva quel che faceva. L’ha voluto.»
Trehearne chiese: «Che cosa è accaduto?»
«Ricordi quella notte nel parco quando Kerrel parlò di un certo Arrin che era stato arrestato?»
«Sì. Era un amico di Edri.»
«Bene, non riuscirono a trovare certi documenti in possesso di Arrin. Ne avevano estremo bisogno. Pare che Arrin avesse individuato qualche traccia del percorso seguito dall’astronave di Orthis in quell’ultimo viaggio da cui non tornò, e stesse facendo dei calcoli.»
Si interruppe, poi aggiunse amaramente: «A Kerrel venne l’idea che Edri avesse quei documenti.»
Nei gialli occhi di Trehearne passò uno strano lampo maligno. «Allora Kerrel fu la causa di tutto questo?»
«Sì. Era suo dovere in qualità di agente del Consiglio fare le necessarie investigazioni e se ne occupò con molta intelligenza. Ebbene, Edri aveva non solo quei documenti, ma degli altri di sua proprietà.»
Trehearne sbuffò. «Stupido idealista. Perché non si accontentava di essere un Vardda, infischiandosene del resto della Galassia!»
Shairn parve sollevata. «Ecco quel che ho detto anch’io! Ma conoscendo la tua amicizia per Edri temevo che avresti perso la testa quando l’avessi saputo.»
Proseguì in fretta: «So che vorrai fare i conti con Kerrel per questo e per quello che è capitato a te. Ma dovrai essere prudente, trattandosi di un agente del Consiglio. Io posso aiutarti…»
Ma la voce di Shairn si affievolì all’orecchio di Trehearne che aveva colto solo una frase: «"…conoscendo la tua amicizia per Edri…".»
Sì, Edri era stato suo amico. Gli dispiaceva per Edri. Ma avrebbe permesso che l’amicizia lo trascinasse come una catena lontano da tutto quanto aveva sognato e desiderato e infine raggiunto?
No! Non si sarebbe lasciato intrappolare dall’amicizia e dalla pietà! Aveva semplicemente ceduto a una facile emotività simpatizzando per le popolazioni non-vardda avide di conquistare la libertà delle stelle, ricordando il disperato desiderio del loro sguardo, rodendosi per la morte di Torin.
Un fatale presagio di dolore si fece strada in Trehearne quando si rese conto della decisione che si andava formulando nella sua mente. Sapeva che era ispirata dall’emozione, non dalla ragione, e sentì un violento disprezzo per la sua propria debolezza.
Parlò, interrompendo Shairn. «Scusami, Shairn, ero soprappensiero. E penso che devo cercare di aiutare Edri.»
Ella taceva, guardandolo con grandi occhi fissi. Poi, rapidamente disse: «Michael! Non fare l’idiota!»
Rise senza allegria. «Me l’hai detto prima. Me lo dico anch’io, ora. Ma non serve. Pare che io sia deciso a comportarmi da idiota.»
«Ma la prendi troppo sul tragico! Dopo tutto, Edri non verrà mica giustiziato.»
Ricordando le parole di Edri a proposito del destino di Arrin, Trehearne rispose: «Penso che quasi lo preferirebbe. Esilio in una stella remota, mai più volare, nulla da fare se non aspettare la morte…»
«Ma non puoi farci nulla, Michael! È stato ritenuto colpevole, condannato. Lo portano via stanotte. Così è un episodio chiuso.»
Trehearne si alzò in piedi. «Torno in città, Shairn.»
«Perché?»
«Vado a vedere se posso salvarlo.»
Ella comprese allora l’entità e la gravità della sua decisione. Lo afferrò rudemente per un braccio.
«Vuoi gettar via per nulla tutto quello che hai faticato tanto a conquistare? Ricordati, Edri è un traditore. Non importa se era buon amico di entrambi, è un traditore e merita la pena che gli è stata inflitta.»
«La pensi così, eh?»
«E come potrei pensarla diversamente? Sai quanto me che cosa sono gli Orthisti.»
Trehearne replicò con voce piatta: «Non ne sono così sicuro. Forse faresti meglio a dirmelo.»
«Sono dei distruttori. Vogliono mandare in rovina Llirdis, l’impero dei Vardda, tutta l’attuale organizzazione.» La sua voce appassionata evocava le vie stellari, le veloci astronavi in volo, l’orgoglio e le conquiste della razza dei Vardda.
«Orthis aveva il suo laboratorio a bordo dell’astronave. Il segreto della mutazione dei Vardda è là. Essi vogliono ritrovare l’astronave. Vogliono scoprire il segreto e svelarlo a tutta la Galassia.»
«Sarebbe così terribile» chiese Trehearne «se altri avessero la capacità di volare tra le stelle?»
Lo guardò come avesse detto una bestemmia. Egli soggiunse: «Eccettuato il fatto, naturalmente, che ciò spezzerebbe il monopolio dei Vardda.»
«Suona strano detto da te» esclamò lei con amarezza. «Tu, lo straniero che si batte con tanto accanimento per aver parte nel monopolio. Allora ti parve meraviglioso, dopo trentatré anni durante i quali avevi guazzato nel fango della Terra!»
«Ho visto altro, ora. Ho visto un ragazzo morire per questo. Non credo di poter ancora approvare il vostro sistema.»
«Tu non lo approvi?» La sua voce era bassa e fremente. «Tu? E che cosa ne sai? Noi abbiamo conquistato il diritto di possedere ciò che abbiamo. Noi fummo i primi tra le razze della Galassia ad avventurarci negli spazi interstellari. E lo facemmo senza mutazioni, senza nulla! Quel primo viaggio richiese quattro generazioni. Quattro generazioni di bambini nati negli spazi profondi, in una piccola astronave vagante tra le stelle! Nessun altro fece mai nulla di simile. Nessun altro osò mai! E quanto al nostro crudele monopolio, è quello che mantiene la pace nella Galassia. Tiene in vita mondi che sarebbero scomparsi. Porta ricchezza e benessere dove non c’erano. Ma a te non piace e così bisogna distruggerlo!»
Tacque per riprendere respiro e poi mormorò: «Kerrel aveva ragione nel non voler accogliere stranieri. E io mi vergogno di averti amato!» Gli voltò le spalle allontanandosi veloce per la galleria. Nei suoi modi c’era una decisione precisa che diede a Trehearne un senso di malessere. La seguì e la trovò al videofono. Lo schermo stava già per illuminarsi. Lo guardò con occhi ardenti. «Mi sono battuta una volta perché tu venissi accolto a Llirdis. Ora riparerò il mio errore!»
Trehearne allontanò di scatto dall’apparecchio e chiuse l’interruttore. Lei lo assalì come una gatta, le unghie tese, chiamandolo bastardo, mostro e peggio, infuriando contro la sua ingratitudine. Era difficile fermarla, ma egli vi riuscì non consentendole di raggiungere né il video né il campanello per chiamare i servi.
La trattenne ed ella gli rise in faccia con la sua risata beffarda. «Benissimo. Va’, allora. Va’ e fatti prendere, nel tuo tentativo di liberare Edri. Vedrai fin dove riuscirai ad andare. E ricordati che se è già brutto che un Vardda nato tradisca i suoi, per te è anche…»
La tenne ferma ancora un momento, soffocando l’ira che lo invadeva, riflettendo. Non poteva lasciarla andare. Il momento in cui si sarebbe allontanato lei avrebbe dato l’allarme, l’avrebbe denunciato al Consiglio, mettendo fine alla sua libertà e a ogni più vaga speranza di salvare Edri.
Gli ci vollero pochi secondi per prendere una decisione. Nello stato d’animo in cui si trovava non gli fu difficile vibrare il colpo necessario, accuratamente calcolato a ottenere l’effetto.
La portò nella macchina tenendola tra le braccia. Se qualcuno dei servi li avesse visti sarebbe sembrato un atteggiamento affettuoso, romantico, la bruna testa di lei sulla sua spalla, le braccia intorno al collo. Non avrebbero potuto vedere che aveva i polsi legati.
La depose dolcemente sul sedile imbottito. Non si mosse, Aveva già l’ombra di un livido sul mento. Salì accanto a lei e mise in moto la macchina per l’ampia strada che conduceva in città.
Quando fu a una certa distanza dalla Torre si fermò. Legò ben bene Shairn con strisce di stoffa strappate dai suoi stessi abiti, mettendo una cura particolare nell’imbavagliarla. La stese sul fondo della macchina, meglio che poté, in modo che nessuno potesse vederla. Poi continuò a guidare e non si fermò più finché raggiunse la base.
Le luci erano ancora accese nell’ufficio di Joris. Probabilmente vi sarebbe rimasto fino a tarda notte per sorvegliare l’imbarco di Edri sull’astronave-prigione. Si sentiva colpevole nei riguardi di Joris, come se stesse tradendo il proprio padre. Il vecchio era stato buono con lui.
Shairn pareva priva di sensi, poteva star tranquillo. Trehearne lasciò la macchina in un luogo dove poteva essere poco notata ed entrò nel palazzo dell’Amministrazione. Aveva in mente soltanto i vaghi contorni di un piano ma, comunque volesse attuarlo, doveva partire di lì.
Il frastuono e la confusione della base non erano diminuiti per l’oscurità. Conosceva alcuni degli ufficiali vardda. Gli fecero cenni di saluto, mentre li sorpassava nei corridoi, congratulandosi con lui per il suo viaggio, chiedendogli quando sarebbe ripartito. Trehearne quasi esitò, pensando quanto era idiota a rinunciare a tutto questo per una vana speranza. E poi ripensò a Edri e proseguì. Edri aveva fatto quanto era in suo potere per lui, quando ne aveva avuto bisogno, senza considerare se fosse o no un pazzo. Non poteva far di meno per Edri, gli pareva.
L’ascensore lo condusse a quella camera lassù, in alto, che era come il ponte di una nave che non avrebbe mai volato. Joris c’era. Era solo. Doveva aver bevuto molto, ma non era ubriaco. Alzò lo sguardo quando Trehearne entrò e i suoi occhi erano velati e cerchiati di rosso.
«Che volete?» disse.
«Un favore.»
«Un’altra volta, Trehearne. Ora fuori. Fuori, accidenti.»
«Un’altra volta non servirebbe.» Trehearne si curvò sul tavolo. «Stanotte portano Edri a Thuvis. Voglio dirgli addio, Joris. Questo è tutto, soltanto una parola prima che parta. Ditemi di che astronave si tratta e da dove parte, o se non potete dirmelo, indicatemi il settore e andrò a salutarlo fuori dai cancelli.»
«Giusto» disse Joris. «Siete amico di Edri.» Prese la bottiglia del vino. Ce n’era una vuota lì accanto e un’altra era sul pavimento. «Fino a che punto, Trehearne? Vorrei saperlo. Fino a che punto?»
Il suo sguardo iniettato di sangue era acuto e penetrante. Trehearne si schermì, irritato: «Sapete che io non c’entro. Sapete dove sono stato.»
«Sì, lo so. Siete stato a veder morire un ragazzo, negli spazi. Che cosa avete pensato quando l’avete visto, Trehearne? Che cosa avete sentito?»
«Non parliamone» disse Trehearne con asprezza. «Ditemi dove posso vedere Edri e quando. Non chiedo molto, Joris, solo un minuto per dire addio.»
«Un ragazzo di sedici anni» mormorò Joris «pieno di speranza, pieno di desiderio, orgoglioso della sua forza… Dovrei odiarvi, Trehearne. Non siete neppure Vardda per metà, rispetto alla normalità, eppure siete riuscito a volare tra le stelle.»
Si riempì di nuovo il bicchiere e lo vuotò. Le sue mani erano ferme. Non era né ubriaco, né alticcio. Non pareva possibile che Joris sapesse piangere.
«Joris» disse dolcemente «dimenticatevi del ragazzo. Lasciatemi vedere Edri.»
Ancora lo sguardo iniettato di sangue, pesante, si fissò nel suo, valutando, misurando. «Mi piacete, Trehearne. Così ve lo ripeto: uscite. Andatevene. Dimenticatevi di essere venuto qui.»
Trehearne non si mosse. Di scatto Joris afferrò la bottiglia vuota e la scagliò non esattamente contro di lui, ma a breve distanza. «Uscite, idiota! Vi offro l’occasione di andarvene!»
Non c’era altro da fare che obbedire. Trehearne si avviò alla porta, pensando irritato che avrebbe dovuto rischiare.
Stese la mano alla maniglia e la porta si aprì e si trovò a guardare entro la lente prismatica di un disgregatore impugnato da una robusta guardia della base. Shairn era accanto alla guardia.
La guardia intimò: «Indietro.»
Trehearne arretrò. Guardò Shairn.
«Avrei dovuto darti un altro colpetto, tanto per essere più sicuro.»
«Davvero. Mi sono liberata i piedi con estrema facilità. Questa seta non è molto resistente.» Gli passò accanto dirigendosi verso Joris. La guardia entrò e chiuse la porta, appoggiandovisi col dorso.
Joris domandò: «Che succede?»
«L’ho trovata fuori dai cancelli» spiegò la guardia. «Era imbavagliata e aveva le mani legate.»
«Trehearne» disse Shairn a Joris «è un Orthista. È venuto qui per aiutare Edri a fuggire.»
«Davvero?» disse Joris. «Davvero!» Guardò Trehearne. «Rimanete dove siete. Non fate inutili tentativi.» Estrasse dal cassetto della tavola un altro disgregatore e puntò su di lui la lente prismatica.
«Orthista, eh?» ripeté piano. E cominciò a ridere.