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Mattina è un termine vago per un appuntamento. Trehearne ci andò presto, arrampicandosi su per le rocce battute dai frangenti. Il sole era caldo e il mare di un azzurro intenso, striato di bianca spuma. Una viva eccitazione ardeva in lui. Non aveva dormito, pensando a Shairn e a Kerrel, cercando di analizzare quella singolarità che aleggiava intorno a loro e toccava qualche corda sepolta in lui. Non vi era riuscito.

Vi era qualcosa di quasi feroce nel modo in cui avanzava. Era oppresso dalla paura che Shairn non venisse. Intuiva che stava giocando un suo gioco con lui, senza indovinarne lo scopo. Ma poiché vi era stato coinvolto, voleva vedere come l’avrebbe portato a termine. Se non fosse venuta, l’avrebbe trovata lui, avesse dovuto smuovere tutte le pietre di Saint-Malo per ritrovarla.

Giunse alla baia. Era deserta. La ragione gli diceva che la sua era impazienza, ma si sentiva pur sempre deluso e irato. Poi, guardando più da vicino, vide delle orme sulla sabbia, orme di piccoli piedi nudi che conducevano nell’acqua. Un abito da spiaggia e un paio di sandali erano riposti entro una spaccatura della roccia.

Esplorò con lo sguardo le onde che si cullavano pigre tra due grigi speroni ripidi. Non vi era traccia di lei. Negli occhi di Trehearne passò una luce dura. Si tolse la camicia e i pantaloni e si tuffò nella gelida schiuma. Era un formidabile nuotatore. Ai tempi dell’università era stato anche campione di atletica per un certo periodo, finché non vi aveva rinunciato per la vaga convinzione che il suo corpo fosse destinato a qualcosa di più importante che saltare ostacoli e correre per distanze arbitrarie lungo una stretta corsia. Non era mai riuscito a scoprire che cosa fosse più importante, ma la convinzione gli era rimasta. Faceva parte di quella fierezza che era la molla del suo carattere, una fierezza inutile, doveva ammetterlo, che era servita solo a complicare i suoi rapporti con il mondo.

Fece due volte il giro della baia prima di trovarla, al riparo tra le rocce frastagliate dello sperone nord, seminascosta tra le alghe scintillanti, il volto ridente. Cercò di afferrarla, ma gli sfuggì da sotto come un delfino, per riemergere a qualche metro di distanza, per far schizzare alta l’acqua e rituffarsi.

La inseguì nelle gorgoglianti profondità verdi-azzurre e poi ancora nella luce del sole e nella schiuma, il corpo di lei era color dell’argento, agile e flessuoso e meravigliosamente forte. Avrebbe potuto prenderla, ma non volle e la sfiorò solo con le dita per mostrarle che poteva farlo. I suoi capelli erano sciolti, un’ondeggiante massa nera intorno al capo, la bocca era rossa, e gli occhi due verdi atomi danzanti del mare, misteriosi, canzonatori e mobili come le onde.

Alla fine si girò a galleggiare sul dorso, ansante, compiaciuta di se stessa e di lui.

«Riposiamoci!» esclamò, ed egli si mise a galleggiare accanto a lei, osservando i movimenti delle sue bianche braccia nell’acqua. I versi di una vecchia poesia gli vennero spontanei alle labbra.


Che meravigliosi bambini ebbero Lilith e Adamo…

Forme che danzavano nei boschi e tra le acque,

figli radiosi e ftglie luminose…


«Il poeta che scrisse questi versi conosceva solo una parte della verità» disse Shairn. «Rituffiamoci!»

Trovarono un luogo riparato dove il sole era caldo. Con aria assente Shairn lisciava con il palmo della mano un mucchietto di sabbia e poi lo scompigliava di nuovo. Dopo un po’ disse: «Che razza di uomo siete, Michael? Che cosa fate? Come vivete?»

Le rivolse uno sguardo acuto. «Davvero volete saperlo? Va bene, ve lo dirò. Sono un uomo che è sempre stato insoddisfatto. Non sono mai riuscito a durare per molto tempo nello stesso lavoro. Sono aviatore di professione, ma anche questa mi sembra un’occupazione uggiosa, un gioco da bambini. E perché? Perché mi sento troppo bravo per qualsiasi cosa.»

Rise, con una nota quasi crudele.

«Non chiedetemi in che modo sono troppo bravo. Ho un fisico eccezionale, ma questo vale solo per me. Non ho mai stupito il mondo per le mie facoltà intellettive. Non ho inclinazione al genio. In effetti si insinua in me il sospetto di non essere bravo abbastanza. Comunque sia, qualcosa è sempre mancato a me o al mondo.»

Shairn annuì e di nuovo egli avvertì in lei una strana saggezza che non si confaceva alla sua giovane età. Ella sorrise, un breve sorriso pieno di segreti.

«E pensate che se conosceste l’origine del vostro sangue, capireste meglio anche voi stesso…»

«Forse. Mio padre era un ometto sparuto dai capelli rossi. Giurava che non ero suo figlio. Né somigliavo ai parenti di mia madre. Finché non ho incontrato Kerrel e voi, non ho mai trovato nessuno che mi somigliasse. La stranezza diventa un peso, specialmente quando non sapete perché dobbiate essere strano.» Soggiunse: «I contadini della Cornovaglia dicevano che ero una creatura venuta da un mondo di magia. Quando vidi voi, ebbi lo stesso pensiero.»

«Così siamo della stessa razza. Potreste vivere con me, Michael?»

«Voi non siete una donna, siete una strega. Non ho mai incontrato una strega prima d’ora.»

Gli rise in faccia. «Sciocchezze. Strega, creatura fatata: sono parole per i contadini e gli ignoranti.»

«Chi sono i Vardda, Shairn?»

Ella scosse il capo. «Ve l’ho detto la scorsa notte. È il nome di una tribù. Dicevate a Kerrel che siete venuto in Bretagna per ricercare le origini della vostra famiglia. Sapete da dove incominciare?»

«In Cornovaglia ho saputo che i miei venivano da un luogo chiamato Keregnac.»

Gli sembrò di vederla trasalire a quel nome, ma ella non disse nulla ed egli le chiese: «Conoscete questa città?»

«Non è una città» rispose lentamente «È solo un piccolo villaggio al limite di una vasta brughiera. Sì, conosco Keregnac.» Raccolse un pezzetto di legno levigato dalle onde e cominciò a disegnare sulla sabbia segni senza significato. «Non credo verrete a sapere un gran che là. Il villaggio è antichissimo, e ora sta scomparendo.»

«Ma» disse lui «ora non me ne devo più preoccupare, non è vero?»

«Che cosa volete dire?»

«Voi, Shairn. Voi conoscete il mistero della mia famiglia, della mia razza. Non è più necessario che vada a Keregnac. Voi mi direte tutto.»

Ella lasciò cadere il pezzetta di legno. «Io?»

«La notte scorsa diceste…»

«Non ricordo ciò che dissi. E comunque, di notte, si dicono cose che alla luce del giorno possono sembrare insensate.» Si alzò. «Forse, Kerrel aveva ragione.»

«Su che cosa?»

«Su di voi. Quando lo raggiunsi, mi fece una scenata. Disse molte cose e alcune erano vere.»

«Per esempio?» chiese Trehearne, calmo.

«Per esempio che l’ereditarietà vi ha giocato un tiro piuttosto crudele e che è meglio non veniate a sapere nulla sulla vostra origine. Il vestito, Michael: devo andarmene.»

Ma egli allungò la mano ad afferrarle il polso e la sua stretta non era delicata. «Voi non potete farlo» disse. «Non potete rifiutarvi di dirmelo ora.»

«Oh» ella replicò a bassa voce «certo che posso. E lo farò.»

«Ascoltate» insistette Trehearne «Ho fatto un lungo viaggio e ho sopportato molte traversie. Voi siete una bella donna, avete diritto ai vostri capricci, ma non ora.»

Abbassò gli occhi a guardare la mano di lui che le serrava forte il polso e poi li alzò a fissarlo, ed erano lucidi e ardenti.

«Sono questi i vostri mezzi di persuasione?»

«Volete dirmelo?»

«No.» Gli mostrò i denti silenziosamente in un ghigno felino. «Kerrel mi aspetta.»

«Lasciatelo aspettare.»

«Non aspetterà. Partiamo da Saint-Malo oggi, e vi assicuro che non se ne andrà senza di me.» Egli abbandonò la presa e le lasciò libero il polso.

«Vi seguirò.»

Gli occhi di lei fiammeggiavano.

«Sarà un lungo cammino.»

«La Bretagna non è molto grande.»

«Vi ho forse detto che vivo in Bretagna?» Raccolse l’abito e se lo gettò sulle spalle, e poi disse: «Va bene, Michael, seguitemi. Mi piacerebbe. Seguitemi fin dove potete!»

Lo lasciò, avviandosi rapida su per le rocce scoscese. Trehearne la seguì con lo sguardo finché gli fu possibile, senza muoversi dal suo posto.

Fu solo più tardi che la sua attenzione fu attratta dai segni che Shairn aveva tracciato sulla sabbia. Tra i ghirigori senza senso, stava a grandi lettere chiare una parola: KEREGNAC.

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