Parte seconda Il sindaco

1

Harla Branno aveva aspettato un’ora, immersa in pensieri cupi. Tecnicamente parlando, era colpevole di avere fatto irruzione in quella casa. Di più, era andata contro i princìpi della costituzione violando i diritti di un consigliere: secondo le leggi severe che vincolavano i sindaci dall’epoca di Indbur III e del Mulo, quasi due secoli prima, era incriminabile.

In quella particolare giornata, però, le era concesso tutto. Ma anche quel giorno sarebbe passato, e lei si senti a disagio, al pensiero.

I primi due secoli erano stati l’Età d’Oro della Fondazione, l’Era Eroica; per lo meno visti in retrospettiva da coloro che non avevano avuto la sventura di vivere in un’epoca tanto infida. Salvor Hardin e Hober Mallow ne erano stati i due grandi eroi, idolatrati al punto da poter rivaleggiare con lo stesso incomparabile Hari Seldon. I tre formavano la triade su cui poggiava tutta la leggenda della Fondazione (ed anche la sua storia).

A quei tempi, però, la Fondazione era costituita da un unico mondo insignificante che aveva un tenue legame con i Quattro Regni e che si rendeva conto solo vagamente di quanto il Piano Seldon lo proteggesse e lo difendesse dal resto del potente Impero Galattico.

E più la Fondazione era diventata importante come forza politica e commerciale, meno carismatici erano diventati i suoi governanti e i suoi condottieri. Lathan Devers era stato pressoché dimenticato: se ancora qualcuno lo ricordava era più per via della sua tragica morte nelle miniere degli schiavi che per la sua lotta, inutile ma vittoriosa, contro Bel Riose.

Quanto a Bel Riose, il più nobile fra gli avversari della Fondazione, anche lui era stato praticamente dimenticato, eclissato dal Mulo, l’unico che fosse riuscito a mandare all’aria il Piano Seldon ed a sconfiggere e governare la nazione: il Mulo era il Grande Nemico, ed in verità l’ultimo dei Grandi.

Pochi in fondo ricordavano che il Mulo fosse stato sconfitto in pratica da una sola persona, una donna, Bayta Darell, e che lei l’avesse vinto senza l’aiuto di nessuno, senza nemmeno l’aiuto del Piano Seldon. E sempre pochi ricordavano che suo figlio Toran e sua nipote Arkady Darell avessero sconfitto la Seconda Fondazione e conferito la vittoria definitiva alla Prima Fondazione.

Quei vincitori dell’epoca recente non erano più figure eroiche. I parametri moderni erano così vasti, che diventava inevitabile che anche gli eroi fossero ridotti a comuni mortali. Per di più, la biografia che Arkady aveva scritto di sua nonna riduceva Bayta da eroina a personaggio romanzesco.

Da allora non c’erano più stati eroi, e nemmeno personaggi romanzeschi. La guerra kalganiana, un conflitto non grave, era stato l’ultimo episodio di violenza scoppiato nella Fondazione, seguito da quasi due secoli di pace.

Da centoventi anni non si registrava il benché minimo incidente.

La pace era un fatto positivo, fruttuoso, Harla Branno non intendeva certo negarlo.

La Fondazione non aveva creato un Secondo Impero Galattico, dato che aveva percorso solo metà della strada prevista dal Piano Seldon, ma con la sua Federazione aveva stabilito un forte controllo economico su più di un terzo delle varie unità politiche della Galassia, ed era riuscita ad influenzare ciò che non poteva controllare.

Erano pochi i posti dove chi affermasse di appartenere alla Fondazione non fosse considerato con rispetto. In tutti i milioni di mondi abitati non c’era nessuno che avesse un grado più alto del sindaco di Terminus.

Il titolo era rimasto quello, quello del capo di una città piccola e quasi disprezzata, situata su un pianeta solitario ai margini estremi della civiltà. Dopo cinque secoli, nessuno si sarebbe mai sognato di cambiarlo o di renderlo un poco più altisonante.

Nella situazione attuale, solo il titolo per nulla dimenticato di “Maestà Imperiale” poteva rivaleggiare con esso.

Il posto dove il titolo di sindaco di Terminus contava meno era forse Terminus stesso. Lì restava ancora il ricordo degli Indbur: non era tanto la loro tirannia che la gente non aveva dimenticato, quanto il fatto che si fossero arresi al Mulo.

Così si era arrivati a lei, Harla Branno, il sindaco più tenace dall’epoca della scomparsa del Mulo (la Branno ne era perfettamente consapevole), e soltanto la quinta donna ad occupare quella carica. Solo in quel particolare giorno era riuscita ad usare apertamente i suoi poteri.

Aveva lottato per convincere gli altri delle proprie idee, aveva tenuto testa all’opposizione ostinata di quelli che anelavano all’Interno della Galassia ed alla sua aura di potere imperiale e di prestigio, ed aveva vinto.

Non è ancora il momento, aveva ammonito. Non è venuto ancora il momento di trasferirsi all’Interno. Perdereste per questo e quell’altro motivo. E Seldon alla fine aveva appoggiato le sue idee usando un linguaggio praticamente uguale al suo.

Così, agli occhi di tutta la Fondazione, Harla Branno appariva saggia quanto Seldon stesso. Tuttavia il sindaco sapeva benissimo che di quel fatto la gente si poteva dimenticare da un momento all’altro.

E in quel giorno memorabile era arrivato Golan Trevize a sfidarla. Lei sapeva che Trevize aveva ragione! Quello era il guaio. Il giovane consigliere aveva ragione, e avendo ragione poteva distruggere la Fondazione stessa.

Adesso erano loro due soli, nella stanza.

— Non potevate venire a parlarmi in privato? — disse la Branno, con tristezza. — Nel vostro stupido desiderio di prendermi in giro dovevate proprio gridare tutto quanto in piena Sala del Consiglio? Siete proprio uno sciocco ragazzo avventato.

2

Trevize si sentì arrossire e lottò per controllare la collera. Il sindaco era una donna matura che avrebbe presto compiuto sessantatré anni, e lui aveva ritegno a rispondere male ad una persona che aveva quasi il doppio della sua età.

Inoltre, lei aveva esperienza di lotte politiche e sapeva che spiazzare un avversario subito all’inizio significava avere già metà vittoria assicurata. Ma perché una simile tattica fosse efficace occorreva un pubblico, e lì non c’era alcun pubblico davanti al quale uno potesse essere umiliato.

Così Trevize fece finta di niente ed osservò con calma Harla Branno. Indossava la divisa unisex che era in voga da due generazioni e che non le donava affatto. Il capo della Galassia, se di capo si poteva parlare, era solo una vecchia scialba che avrebbe potuto benissimo essere scambiata per un uomo, se non fosse stato per i capelli grigio-ferro che portava raccolti dietro la nuca e non, come usava per gli uomini, lasciati liberi.

Trevize sfoderò il suo sorriso affascinante. Quando gli avversari di una certa età si divertivano ad usare la parola “ragazzo” come un epiteto, il “ragazzo” in questione restava sempre con un vantaggio: quello di essere giovane e bello e consapevole di esserlo.

— È vero — disse. — Ho trentadue anni e quindi, in un certo senso, sono ancora un ragazzo. Poi sono un consigliere, e quindi ex officio, una persona sciocca ed avventata. La mia età è quella che è, non posso farci niente. Quanto alla seconda faccenda, posso solo dire che mi dispiace.

— Vi rendete conto di che cos’avete combinato? Su, non state in piedi a cercar di fare lo spiritoso, sedetevi. Cominciate a ragionare sensatamente, se vi riesce, e rispondetemi di conseguenza.

— So benissimo cos’ho combinato. Ho detto quella che ritenevo e ritengo sia la verità.

— E con la vostra verità venite a provocarmi proprio in questo giorno? Il giorno in cui il mio prestigio era così alto che ho potuto scacciarvi dalla Sala del Consiglio e farvi arrestare senza che nessuno osasse intervenire?

— Il Consiglio prima o poi si riavrà dalla sorpresa e protesterà. Forse sta protestando già ora. E considerata la persecuzione di cui mi avete fatto oggetto, mi darà più ascolto.

— Ma se io, convinta che intendiate continuare ad agire come avete fatto finora, vi trattassi veramente come traditore, seguendo alla lettera la legge, nessuno vi ascolterebbe.

— Allora dovrei essere processato: potrei dire la mia in tribunale.

— Non contateci. Il sindaco ha poteri straordinari che nemmeno immaginate, anche se li usa raramente.

— Con quale pretesto li usereste?

— Inventerei una scusa plausibile. Un po’ di fantasia ce l’ho ancora, e non ho paura di correre rischi dal punto di vista politico. Non provocatemi, giovanotto. O veniamo ad un accordo, qui, o non sarete mai più libero. Starete in prigione per il resto della vostra vita, ve lo garantisco.

Si fissarono: la Branno una figura in grigio, Trevize vestito di un marrone dalle molteplici sfumature. — Che tipo di accordo? — disse lui.

— Ah, siete curioso. Così va meglio: potremo finalmente conversare, anziché litigare. Quali sono le vostre idee?

— Lo sapete benissimo. Avete bevuto tutto il fango che ha gettato su di me il consigliere Compor, no?

— Voglio sentire la vostra versione, alla luce della Crisi Seldon appena passata.

— Benissimo, se è questo che volete, signor sindaco... — (Per un attimo gli era venuta voglia di chiamarla vecchiarda.) — Ho trovato l’immagine di Seldon troppo corretta, impossibilmente corretta, dopo cinquecento anni. È l’ottava volta che è apparsa, se non sbaglio. In alcune occasioni non c’era nessuno a sentirla. In almeno un’occasione, all’epoca di Indbur III, Seldon disse qualcosa che non si adattava per niente alla realtà, ma quella era l’epoca del Mulo, no? Però, quando mai è stato così corretto nelle sue analisi come ora?

Trevize si concesse un piccolo sorriso. — Dalle registrazioni del passato risulta che Seldon non sia mai riuscito prima d’ora a descrivere così bene e così dettagliatamente la situazione, signor sindaco.

— Secondo voi, allora, l’immagine olografica di Seldon è contraffatta? Le registrazioni a lui relative sono opera in realtà di una persona attualmente vivente, come me per esempio? E nel ruolo di Seldon recita un attore?

— Non è una cosa impossibile, signor sindaco, ma non intendevo questo. La verità è ben peggiore. Credo che quella che vediamo sia l’immagine di Seldon, e che la descrizione del momento storico presente sia la descrizione preparata da lui cinque secoli fa. L’ho detto anche al Capo della Sicurezza, Kodell, che con i suoi trucchetti ha registrato le mie risposte in modo che a un ascoltatore esterno potessi sembrare un cittadino stupido, convinto di tutte le superstizioni che gli vengano ammannite.

— Sì, la registrazione verrà usata, se necessario, per dimostrare alla Fondazione che la vostra ribellione in realtà non sia mai esistita.

Trevize allargò le braccia. — Invece esiste. Il Piano Seldon come noi lo intendiamo non c’è assolutamente, forse è già da due secoli che non c’è. Lo sospettavo da anni, e quello cui abbiamo assistito nella Volta del Tempo dodici ore fa dimostra che i miei sospetti siano fondati.

— Perché Seldon è stato troppo esatto nella sua descrizione?

— Infatti. Non c’è niente da ridere: è stata la prova definitiva.

— Non sto ridendo, come potete constatare. Proseguite.

— Come ha potuto essere così esatto? Due secoli fa, l’analisi che compì di quel periodo storico era completamente sbagliata. Ad appena tre secoli dalla nascita della Fondazione, fece una descrizione assolutamente fuori centro.

— Voi stesso ne avete spiegato il perché pochi attimi fa, consigliere. La colpa fu del Mulo. Il Mulo era un mutante con intensi poteri mentali, ed il suo intervento non poteva essere previsto in alcun modo dal Piano.

— Previsto o non previsto, il Mulo ha influenzato la storia, scalzando il Piano dal suo tracciato. Il Mulo non governò a lungo, e non ebbe successori. La Fondazione riconquistò la sua indipendenza ed il suo predominio, d’accordo, ma come poté il Piano tornare alla primitiva efficienza dopo essere stato scosso violentemente nelle sue stesse fondamenta?

Lo sguardo di Branno divenne torvo, e lei serrò le mani grinzose. — Conoscete la risposta: noi eravamo una delle due Fondazioni. Avrete letto i libri di storia, immagino.

— Ho letto la biografia di Bayta Darell scritta da una nipote, Arkady, del resto lettura obbligatoria nelle scuole, e ho letto anche i suoi romanzi. Ho letto i documenti ufficiali sulla storia del Mulo e sul periodo susseguente, ma mi sia concesso dire che metto in dubbio la veridicità di tutte queste fonti.

— In che senso?

— Le versioni ufficiali dicono che noi, la Prima Fondazione, dovevamo conservare le nostre conoscenze sulla scienza fisica e migliorarle. Che dovevamo operare alla luce del sole, seguendo nello sviluppo storico, consapevolmente od inconsapevolmente, il Piano Seldon. Che però c’era anche la Seconda Fondazione, che doveva conservare e migliorare le conoscenze nel campo della scienza psicologica, ivi compresa la Psicostoria, ed operare in segreto.

«La Seconda Fondazione aveva il compito di regolare le correnti della storia galattica che deviavano dal tracciato previsto dal Piano, e di ricomporle nell’armonia calcolata da Seldon.

— Voi stesso dunque state spiegando come andarono le cose — disse il sindaco.

— Bayta Darell sconfisse il Mulo, forse guidata dalla Seconda Fondazione, anche se sua nipote insiste a dire di no. Fu però senza dubbio la Seconda Fondazione ad adoperarsi perché la storia galattica tornasse alle disposizioni del Piano dopo la morte del Mulo, ed è chiaro che riuscì nel suo intento. Di quali dubbi parlate mai, allora, consigliere?

— Signor sindaco, se seguiamo il resoconto di Arkady Darell, ci accorgiamo subito che la Seconda Fondazione mentre cercava di correggere la storia galattica, sconvolse l’intero disegno concepito da Seldon, perché rese nota la propria esistenza.

Noi, la Prima Fondazione, capimmo che la nostra immagine speculare, la Seconda Fondazione, non solo esisteva, ma ci manipolava. Perciò cercammo di individuarne l’ubicazione e di distruggerla.

La Branno annuì. — E, secondo quanto afferma Arkady Darell, ci riuscimmo, naturalmente solo dopo che la Seconda Fondazione aveva riportato la storia galattica sui sentieri previsti, quei sentieri che sta seguendo tuttora.

— E voi ci credete? Arkady Darell dice che la Seconda Fondazione fu localizzata e che i suoi membri furono sconfitti nel 378 E.F.[2], cioè centovent’anni fa. Per cinque generazioni avremmo dunque agito senza la nostra immagine speculare, e tuttavia saremmo rimasti così fedeli al Piano Seldon da scoprire che voi e quel simulacro parlate in modo praticamente identico...

— Chissà, forse ho un’intuizione non comune riguardo allo svolgersi della storia e al suo significato.

— Perdonatemi, non intendo sollevare dubbi sulla vostra intuizione non comune, ma la spiegazione più semplice, a mio avviso, è che la Seconda Fondazione non sia mai stata distrutta, e ci governi ancora, ci manipoli ancora. È solo per questo che siamo tornati sul tracciato originario del Piano Seldon.

3

Se Harla Branno fu colpita da quell’affermazione, certo non lo diede a vedere.

Era l’una di notte passata, ed il sindaco aveva una voglia matta di farla finita con quella storia, ma non poteva accelerare i tempi. Il giovane doveva abboccare, e lei non voleva che la lenza si spezzasse prima che ciò fosse avvenuto. Non voleva essere costretta a liberarsi di lui senza usarlo, senza indurlo prima ad assolvere una certa funzione.

— Davvero? — disse. — Allora secondo voi la descrizione che fa Arkady della guerra kalganiana e della distruzione della Seconda Fondazione è falsa? È inventata?

Una montatura? Una bugia dalla prima parola all’ultima?

Trevize alzò le spalle. — Non necessariamente. In ogni caso stabilirlo è di importanza marginale. Mettiamo che il resoconto che fece Arkady sia tutto vero, e che lei fosse in perfetta buona fede. Mettiamo che sia accaduto tutto nel modo descritto da lei, e cioè che la Seconda Fondazione sia stata scoperta e soppressa a suo tempo. Come possiamo essere sicuri che tutti i suoi membri siano stati eliminati? La Seconda Fondazione estendeva il suo potere sull’intera Galassia, non si limitava a manipolare la storia del solo Terminus od anche della sola Prima Fondazione. Le sue responsabilità andavano oltre il nostro pianeta e l’intera nostra Federazione. Certi suoi membri dovevano trovarsi come minimo a mille parsec di distanza da noi: è proprio verosimile che li abbiamo eliminati tutti?

«Supponiamo che alcuni siano sopravvissuti; in tal caso, sarebbe giusto continuare a dire che fummo noi i vincitori assoluti? Nemmeno il Mulo poté dichiararsi vincitore assoluto: prese Terminus e tutti i pianeti che erano sotto il suo controllo, ma restavano fuori i Mondi Commerciali Indipendenti. Conquistò anche quelli, eppure tre persone riuscirono a fuggire: Ebling Mis, Bayta Darell e suo marito. Il Mulo riuscì a riprendere sotto il suo controllo i due uomini, ma lasciò libera Bayta, perché le voleva bene, se dobbiamo credere al racconto romanzato di Arkady. Bastò quello.

Un’unica persona era rimasta libera, e fu proprio a causa di quella persona che il Mulo non riuscì a trovare la Seconda Fondazione e fu sconfitto.

«Una sola donna rimasta fuori del controllo gli fece perdere tutto. Per dire quanta importanza abbia l’individuo, nonostante le leggende di cui si parla nel Piano Seldon, secondo le quali l’individuo non sarebbe niente e la massa, invece, tutto.

«Se poi ci fossimo lasciati dietro non un unico membro della Seconda Fondazione, ma parecchie dozzine di persone, come appare più che probabile, non sarebbe perfettamente legittimo aspettarsi di vedere quelle persone fare fronte comune, ricostruire il distrutto, riprendere il lavoro, reclutare ed addestrare altri individui per cercare di ridurci ancora una volta a semplici pedine?

— Credete che le cose stiano così? — disse la Branno, con aria grave.

— Ne sono sicuro.

— Ma, consigliere, perché questi poveri sopravvissuti dovrebbero restare disperatamente attaccati ad un dovere che non può interessare a nessuno? Perché dovrebbero essere ansiosi di mantenere la Galassia sulla strada che conduce al Secondo Impero? Ed anche ammesso che fossero così desiderosi di compiere la loro missione, perché dovrebbe importarcene qualcosa? Basta accettare il tracciato stabilito dal Piano ed essere grati a chi provvede a non farci deviare, vi pare?

Trevize si stropicciò gli occhi con una mano: nonostante la giovane età, sembrava il più stanco dei due.

— Non credo che diciate sul serio, che pensiate davvero che la Seconda Fondazione faccia tutto quello che fa per il nostro bene. Per idealismo — disse, fissando il sindaco. — Voi siete pratica di politica, conoscete le manovre del potere, e quindi saprete che non lo fa per politica, ma per il proprio interesse. Noi siamo la punta di diamante, siamo il motore, l’energia propulsiva. Fatichiamo e sudiamo e sanguiniamo e peniamo. Loro si limitano a controllarci: regolano un amplificatore qui, chiudono un contatto là, e fanno tutto quanto comodamente, senza rischi per loro stessi. Poi, quando sarà tutto a posto e quando, dopo mille anni di sforzi e di lotte da parte nostra, sarà stato fondato il Secondo Impero Galattico, quelli della Seconda Fondazione si presenteranno come l’élite dominante.

La Branno disse: — Allora volete eliminare la Seconda Fondazione? Poiché abbiamo percorso metà della strada che ci separa dal Secondo Impero, pensate sia il caso di correre il rischio di portare a termine il compito da soli e di diventare noi i padroni di noi stessi. È così?

— Certamente! Perché, non dovreste volerlo anche voi? Voi ed io non vivremo abbastanza per vedere l’epilogo della storia. Ma voi avete dei nipoti e forse un giorno ne avrò anch’io, e loro avranno a loro volta dei nipoti e così via. Vorrei che godessero del frutto delle nostre fatiche, che ci considerassero la fonte del loro benessere, che ci lodassero per il nostro operato. Non voglio che tutto si riduca ad una congiura segreta ordita da Seldon, che non considero affatto un eroe. Vi dirò anzi che se permetteremo al Piano di proseguire inalterato, Seldon diventerà una minaccia peggiore del Mulo.

Per la Galassia, avrei voluto che il Mulo avesse distrutto sul serio il Piano, completamente e definitivamente. A lui saremmo sopravvissuti: era unico nel suo genere, e del tutto mortale. La Seconda Fondazione, invece, pare immortale.

— Ma voi la vorreste distruggere, no?

— Se solo sapessi come farlo!

— Dal momento che non lo sapete, non ritenete probabile che sarà la Seconda Fondazione a distruggere voi?

Trevize assunse un’espressione di disprezzo. — Ho pensato che poteste essere sotto controllo persino voi. Avete previsto alla perfezione cosa avrebbe detto Seldon, e poi mi avete trattato in quel modo... Tutto questo potrebbe essere opera della Seconda Fondazione: voi potreste essere un guscio vuoto, riempito dal contenuto della Seconda Fondazione.

— Allora come mai mi parlate così?

— Perché se siete sotto il controllo della Seconda Fondazione, io sono comunque perduto, e tanto vale che butti fuori un po’ della rabbia che ho dentro. E poi perché penso che non siate affatto sotto controllo ma che semplicemente non vi rendiate conto di quello che fate.

— Infatti non sono sotto il controllo di nessuno — disse la Branno. — Come fate però ad essere sicuro che stia dicendo la verità? Se fossi sotto il controllo della Seconda Fondazione, ammetterei di esserlo? Saprei di esserlo? Ma è del tutto inutile chiedersi cose del genere. Io ritengo di non essere sotto il controllo di nessuno, e voi non avete altra scelta se non crederci. Riflettiamo però su un dettaglio. Se la Seconda Fondazione esiste, certo ha tutto l’interesse ad assicurarsi che nessuno nella Galassia sappia della sua esistenza. Il Piano Seldon funziona bene solo se le pedine, ovvero noi, non si rendono conto di come il Piano stesso funzioni e di come vengano manipolate.

«All’epoca di Arkady, la Seconda Fondazione fu distrutta perché il Mulo attirò su di essa l’attenzione della Prima. O devo dire che la Seconda Fondazione fu quasi distrutta, consigliere? Da queste considerazioni possiamo trarre due corollari. Il primo è che la Seconda Fondazione molto probabilmente limiti al minimo le grosse intromissioni. Ritengo ragionevole supporre che le sia impossibile assumere il controllo di tutti noi. Il suo potere ha certamente dei limiti. Assumere il controllo di alcuni e permettere agli altri di intuirlo porterebbe inevitabilmente ad alterazioni del Piano. Di conseguenza, dobbiamo concludere che il loro modo di intromettersi è il più prudente, indiretto e saltuario possibile, e che quindi né io né voi siamo controllati.

— Accettiamo pure questo corollario, anche se magari è solo un desiderio. Qual è l’altro?

— È più semplice e più chiaro ancora. Se la Seconda Fondazione esiste e desidera conservare il segreto sulla propria esistenza, una cosa è certa: chiunque pensi che esista, parli apertamente della cosa e la gridi ai quattro venti, deve per forza venire eliminato, cancellato, soppresso. Non la pensate così anche voi?

— È per questo che mi avete fatto arrestare, signor sindaco? — disse Trevize. — Per proteggermi dalla Seconda Fondazione?

— In certo senso, e fino a un certo punto. Alla registrazione di Liono Kodell verrà data pubblicità non solo per impedire agli abitanti di Terminus e della Fondazione di venire indebitamente turbati dai vostri sciocchi discorsi, ma anche per evitare di mettere in allarme quelli della Seconda Fondazione: non voglio che rivolgano la loro attenzione su di voi.

— Ma pensa un po’! — disse Trevize, con pesante ironia. — Allora è stato fatto tutto per il mio bene? Per i miei begli occhi neri?

La Branno si mosse nella sua sedia e poi, di punto in bianco, fece una risatina. — Consigliere — disse — non sono così vecchia da non accorgermi che avete dei begli occhi neri, e trent’anni fa questo sarebbe forse stato un motivo sufficiente. Adesso però non muoverei un dito per salvarli, se c’entrassero solo gli occhi. Ma se la Seconda Fondazione esiste e si accorge di voi, si può accorgere anche di altri. Sono in gioco la mia vita e la vita di molte persone, assai più intelligenti ed importanti di voi.

Senza contare tutti i piani che abbiamo fatto.

— Oh, ma se vi preoccupate tanto dell’eventuale reazione della Seconda Fondazione, vuol dire che credete sul serio nella sua esistenza...

La Branno batté un pugno sul tavolo. — Certo che ci credo, idiota patentato! Se non sapessi che la Seconda Fondazione esiste, se non la combattessi con tutte le mie forze, che cosa m’importerebbe dei vostri discorsi? Se non esistesse e voi sosteneste in pubblico la sua esistenza, che importanza avrebbe mai la cosa? Da mesi volevo tapparvi la bocca prima che parlaste nella Sala del Consiglio, ma il mio potere politico non mi consentiva di trattare rudemente un consigliere. Dopo l’apparizione di Seldon ho guadagnato in prestigio, mi sono conquistata quel potere, anche se solo temporaneamente... e proprio allora voi avete preso la parola nella Sala del Consiglio.

Ho reagito immediatamente, ed ora vi farò uccidere senza il minimo scrupolo di coscienza e senza un secondo di esitazione, se non farete esattamente quello che vi dirò di fare.

«Tutta la nostra conversazione, fatta ad un’ora in cui avrei preferito di gran lunga trovarmi a letto a dormire, ha avuto un unico scopo: indurvi a credere che quanto sto per dire non è assolutamente uno scherzo. Intendo farvi sapere che il problema della Seconda Fondazione, che sono stata abbastanza prudente da fare illustrare a voi, mi dà sufficienti motivi per farvi condannare alla morte mentale senza processo. E state certo che non esiterei ad agire in questo senso, se ci fossi costretta.

Trevize fece per alzarsi.

— Non fate nessuna mossa consigliere — disse la Branno. — Sono solo una vecchia, come indubbiamente starete pensando, ma prima di arrivare a mettermi una mano addosso sareste già morto. Sciocco ragazzo: gli uomini della Sicurezza non ci perdono d’occhio un momento.

Trevize tornò ad appoggiarsi allo schienale. Disse, con appena un lieve tremito nella voce: — Non vi capisco. Se credete davvero all’esistenza della Seconda Fondazione, non ne parlereste così apertamente, non vi esporreste ai pericoli ai quali avete detto che mi espongo io.

— Riconoscete quindi che abbia un po’ più di buon senso di voi. In altre parole, voi credete che la Seconda Fondazione esista, ma ne parlate apertamente perché siete stupido. Io credo che esista e ne parlo apertamente solo perché mi sono curata di prendere precauzioni. Poiché sembra che abbiate letto attentamente la storia di Arkady, probabilmente ricorderete che Arkady parla di uno Staticizzatore Mentale inventato da suo padre. Questo congegno fa da schermo contro il potere mentale degli abitanti della Seconda Fondazione. Esiste ancora, ed è stato anche perfezionato in condizioni di massima segretezza. Questa casa per il momento è abbastanza al sicuro da qualsiasi intrusione esterna. Adesso che abbiamo chiarito questo punto, permettetemi di dirvi che cosa voglio da voi.

— Che cosa?

— Dovete scoprire se quello che voi ed io pensiamo sia davvero una realtà.

Dovete scoprire se esista ancora la Seconda Fondazione, e se sì, dove si trovi. Ciò significa che dovrete lasciare Terminus per una destinazione ignota, anche se magari alla fine risulterà che, come ai tempi di Arkady, la Seconda Fondazione sia qui tra noi. Non tornerete finché non avrete qualcosa da riferire, e se non avrete niente da dire, non tornerete mai più, così la popolazione di Terminus conterà uno sciocco in meno.

— Come diavolo posso cercare la Seconda Fondazione senza far capire che la cerco? — disse Trevize, balbettando. — Mi uccideranno subito, e voi non verrete a sapere un bel niente.

— Allora non cercatela, ingenuo che siete. Cercate con tutte le vostre forze qualcos’altro, e se per caso mentre lo fate v’imbattete nella Seconda Fondazione, la quale non avrà prestato la minima attenzione a voi, tanto meglio. Potrete allora spedirci le debite informazioni con l’iperonda schermata ed in codice, e la ricompensa sarà che potrete tornare qui.

— Immagino che abbiate un’idea della mia possibile destinazione.

— Certo: conoscete Janov Pelorat?

— Mai sentito nominare.

— Lo conoscerete domani. Vi dirà la vostra destinazione e partirà assieme a voi su una delle nostre navi migliori. Sarete solo voi due, perché due uomini sono anche troppo quando si tratta di correre rischi. E se vi provate a tornare senza avere in mano sufficienti informazioni, verrete polverizzato prima di arrivare ad un parsec da Terminus. Questo è tutto. La conversazione è finita.

Si alzò, si guardò le mani e s’infilò lentamente i guanti.

Si girò verso la porta, e subito entrarono due guardie armate, che si scostarono per lasciarla passare.

Sulla soglia, Harla Branno si voltò. — Ci sono altre guardie, fuori. Non fate niente per provocarle, o ci risparmierete tutte le grane che la vostra esistenza comporta.

— Perdereste anche i benefici che potrei portarvi — disse Trevize, e riuscì a dirlo con noncuranza.

— Correremo questo rischio — disse la Branno con un sorriso freddo.

4

Fuori la aspettava Liono Kodell. — Ho sentito tutto, sindaco — disse. — Siete stata eccezionalmente paziente.

— E sono eccezionalmente stanca. M’è parsa una giornata di settantadue ore.

Adesso occupatevene voi.

— Certo, ma ditemi, c’era davvero uno Staticizzatore Mentale intorno alla casa?

— Oh, Kodell — disse la Branno, con un sospiro. — Come potete pensare una cosa del genere? Che probabilità c’erano che ci stessero osservando? Credete proprio che la Seconda Fondazione spii tutto e tutti, in tutti i momenti? Io non sono giovane e romantica come Trevize: lui potrà credere a questo, non certo io. Ma anche se così fosse, anche se gli occhi e le orecchie di quelli della Seconda Fondazione fossero dappertutto, la presenza di uno Staticizzatore Mentale non ci tradirebbe immediatamente? Se l’avessimo usato, la Seconda Fondazione avrebbe individuato una regione mentalmente opaca ed avrebbe dedotto che esistesse uno schermo contro i suoi poteri, non vi pare? Il silenzio sull’esistenza dello Staticizzatore Mentale, almeno finché non saremo pronti ad usare il congegno al massimo delle sue possibilità, vale non solo più della vita di Trevize, ma anche più della vostra vita e della mia, credo. E però...

Erano saliti sulla macchina di superficie, guidata da Kodell.

— E però? — disse il Capo della Sicurezza.

— E però cosa? — fece la Branno — Ah, sì. Volevo dire che quel ragazzo è intelligente. L’ho chiamato stupido un’infinità di volte, per tenerlo al suo posto, ma non è affatto uno stupido. È giovane e ha letto troppi romanzi di Arkady Darell, e attraverso essi si è fatto l’idea che le cose nella Galassia stiano in un certo modo, ma ha un ottimo intuito; sarà un vero peccato perdere un elemento del genere.

— Siete sicura che lo perderemo?

— Sicurissima — disse la Branno con tristezza. — Ma è meglio così. Non è di giovani romantici che abbiamo bisogno. Non abbiamo bisogno di gente che lanci accuse alla cieca, col rischio di distruggere in un istante quello che abbiamo impiegato anni a costruire. E poi, Trevize a qualcosa servirà. Attirerà sicuramente l’attenzione degli abitanti della Seconda Fondazione, sempre che esistano e che si interessino a noi. E finché saranno polarizzati da lui, c’è il caso che non badino a noi.

Forse otterremo addirittura qualcosa di più del vantaggio di essere ignorati.

Preoccupati per Trevize, potrebbero involontariamente tradirsi, e darci quindi il tempo e l’opportunità di elaborare contromisure.

— Allora, Trevize fa da parafulmine.

La Branno abbozzò un sorriso. — Ecco la metafora che cercavo tanto! Sì, è il nostro parafulmine, assorbe il colpo e ci impedisce di subire danni.

— E l’altro parafulmine? Pelorat.

— Anche lui potrà rimetterci, è inevitabile.

Kodell annuì. — Conoscete il detto di Salvor Hardin, no? «Che il tuo senso morale non ti trattenga mai dal fare quello che è giusto».

— Al momento non ho nessun senso morale — mormorò Harla Branno. — Ho solo un senso di mortale stanchezza. E tuttavia... Potrei nominare una quantità di persone che perderei più volentieri di Golan Trevize. È un gran bel ragazzo, e sa di esserlo, naturalmente. — Le ultime parole le biascicò, poi chiuse gli occhi e cadde in un sonno leggero.

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