Pioggia e tenebre. Una pioggerellina fredda e spiacevole, che cominciò a penetrargli negli abiti, a corrergli giù per la nuca e a bagnargli le scarpe, appena lui scese dal treno sulla banchina semideserta.
Ma la stazione era quella, e lì accanto c’era il cartello col nome della città. Charlie lo guardò, rise ed entrò nella sala d’aspetto; c’era un’allegra stufetta a carbone, al centro della sala, e poiché aveva tempo di riscaldarsi un poco prima di andarsene, allungò le mani intirizzite.
In fondo al locale, un tipo dai capelli brizzolati lo guardò con curiosità attraverso il vetro della biglietteria. Charlie salutò con un cenno del capo, e la testa brizzolata rispose allo stesso modo.
— Siete qui per turismo? Vi fermate un po’ nella nostra cittadina?
— No — rispose lui — almeno spero di no. Voglio dire… — Dopo tutte le storie che aveva raccontato allo psichiatra, là in ospedale, non ci pensava su due volte a menare per il naso il bigliettaio di una modesta cittadina. — Volevo dire, non credo.
— Non partono altri treni, stasera. Sapete dove alloggiare? Se no, posso indicarvi un’ottima pensione.
— Grazie — disse Charlie. — So già dove andare. — Fu lì lì per aggiungere “almeno spero”, poi pensò che avrebbe avviato una nuova discussione.
Guardò l’orologio della sala, poi il suo da polso, e constatò che tutti e due segnavano mezzanotte meno un quarto.
— È grande, la vostra cittadina? — domandò. — Voglio dire, quanto c’è da qui alla strada nazionale?
— Non molto. Un chilometro, forse. Anche meno. Andate alla fattoria dei Tolliver? Ho saputo che cercavano un… Ma no, voi non avete l’aria di un bracciante.
— Infatti — disse Charlie — non lo sono. — Lanciò un’altra occhiata all’orologio e si avviò alla porta. — Arrivederci — disse.
— Andate da…
Ma Charlie era già uscito e aveva imboccato la strada dietro la stazione ferroviaria. Verso il buio, l’ignoto e… Be’, non poteva mica dire precisamente a quel tizio dove era diretto, no?
Ecco il viale che usciva dalla cittadina. Un altro isolato, poi il marciapiede finì e dovette camminare in mezzo alla strada, bagnandosi ancora di più. Ma che importava?
Arrivò all’incrocio con la strada nazionale. Su un cartello al lato della carreggiata, come in tutte le località turistiche, c’era la solita scritta di benvenuto. E dato che la cittadina si chiamava Haveen, la scritta naturalmente diceva:
Charlie la oltrepassò, poi si voltò. E restò ad aspettare, gli occhi fissi., sull’orologio da polso.
Sarebbe entrato alle dodici e quindici. Erano già le dodici e dieci. Due giorni, tre ore, dieci minuti da quando aveva trovato una moneta di rame nella scatola della liscivia; fatto avvenuto due giorni, tre ore e dieci minuti dopo che era rimasto anestetizzato sulla soglia della gioielleria; esattamente due giorni, tre ore e dieci minuti dopo che…
Guardò l’orologio che aveva accuratamente regolato: prima fissò la lancetta dei minuti, e quando questa segnò le dodici e quattordici, seguì quella dei secondi.
Quando mancò un secondo alle dodici e quindici alzò il piede e, al momento fatale, oltrepassò con decisione il cartello: