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Avanti e indietro. Quattro passi in su, quattro passi in giù.

Pensa, pensa, PENSA!

In parte è risolto; e il resto? Acchiappalo, se no acchiappa te.

Periodicità; questo è accertato. Ogni due giorni, tre ore, dieci minuti…

Accade qualcosa.

Perché?

Che cosa?

Come?

Sono per forza collegati fra loro, questi fatti. Fanno parte di un tutto, e hanno un senso. Altrimenti non si verificherebbero così, a intervalli regolari.

Collega: lombrico, calore, anitra, “lei”, etere… angleworm, duck, lei, ether… O impazzisci.

Pazzo. Pazzo! PAZZO!

Collega: le anitre mangiano i lombrichi, no? Il calore è necessario per far crescere i fiori che compongono le “lei”. I lombrichi possono mangiare i fiori, ma che c’entrano con le ghirlande? E che c’entra l’etere con l’anitra? L’anitra è un animale, la “lei” è fatta di vegetali, il calore è vibrazione, l’etere è una sostanza volatile, il verme è… cosa diavolo è un verme? E perché un verme che vola? E perché l’anitra era nella bacheca? E la moneta cinese col buco scomparsa? Si somma o sottrae la palla da golf, e se si mette “x” al posto di aureola e “y” al posto di un’ala, allora “x” più “2y” più “l” lombrico è uguale a…

Un orologio batté l’ora nell’oscurità crescente.

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove…

Le nove.

Cinque minuti all’istante fatale.

Tra cinque minuti sarebbe successo ancora qualcosa.

Cobra, unicorno, demone, liocorno, vampiro. O qualcosa di freddo e viscido, senza nome.

Qualsiasi cosa.

Avanti e indietro. Quattro passi in su, quattro passi in giù.

Pensa, PENSA.

Jane, perduta per sempre. La dolcissima Jane, tra le cui braccia tutto era felicità. Jane, tesoro, non sono pazzo, sono “peggio” che pazzo. Sono…

CHE ORA È?

Devono essere le nove e due minuti. Tre minuti.

Che cosa viene? Cobra, demone, licantropo…

Che cosa sarà, stavolta?

Alle nove e cinque… CHE COSA?

Saranno le nove e quattro, ormai; sì, sono passati almeno quattro minuti, quattro e mezzo, forse…

All’improvviso urlò. Non sopportava più l’attesa.

Non c’era una soluzione. Ma lui doveva risolvere.

O impazzire.

PAZZO.

Doveva esserlo già, pazzo. Pazzo per sopportare di vivere, cercando di lottare contro qualcosa contro cui non si poteva lottare, cercando di battere l’imbattibile. Picchiando la testa contro…

Correva ora, fuori dalla porta, nel corridoio.

Forse, sbrigandosi, si sarebbe potuto uccidere prima delle nove e cinque. Così non avrebbe saputo mai. Morire, MORIRE E FARLA FINITA. È L’UNICO MODO DI FAR FALLIRE IL GIOCO.

Coltello.

Ci sarà un coltello da qualche parte. Un bisturi è un coltello.

Giù per il corridoio. Voce di un’infermiera che grida alle sue spalle. Passi di corsa.

Correre. Dove? In una direzione qualsiasi.

Manca meno di un minuto. Secondi, forse.

Forse sono già le nove e cinque. In fretta!

Porta con la scritta “Ripostiglio”… La spalancò con un calcio.

Scaffali con lenzuola. Stracci da lavare per terra e scope. Non ci si può uccidere con uno straccio o una scopa. Ci si può soffocare con le lenzuola, ma non in meno di un minuto, e con medici e infermiere alle calcagna.

Uniformi. Una crepa nel muro. Crepare, ma come?

Ah, là! Su uno scaffale.

Una scatola di cartone già aperta, con la scritta “liscivia” (lye).

Doloroso? Sì, ma di breve durata. Facciamola finita. La scatola tra le mani, l’angolo strappato, il contenuto rovesciato in bocca…

Ma niente polvere bianca, bruciante. Dal contenitore di cartone uscì soltanto una piccola moneta. Charlie se la tolse di bocca e la tenne tra due dita, fissandola come abbagliato.

Erano le nove e cinque, ormai; dalla scatola di liscivia era uscita una monetina straniera di rame. No, non era il “tael” scomparso dalla bacheca del museo, perché quello era d’argento e aveva un foro al centro, e una scritta in cinese. Questa invece, se non si sbagliava, era una moneta rumena.

Poi mani di ferro lo agguantarono per le braccia e lo ricondussero nella sua stanza; qualcuno gli parlò a lungo, pacatamente.

E lui si addormentò.

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