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Passò una settimana, poi un’altra e una terza.

La nave aveva sorpassato Pinnipes, si era portata all’estremità della nube cosmica, e stava tornando sui suoi passi. Nessuna traccia dello Spazzastelle.

La nave sorpassò una ventina di stelle, entrò ed uscì dalla nube, schivò i buchi neri segnati sulle mappe, sparò un razzo. Nessuna risposta.

— Sarebbe più facile cercare un ago in un pagliaio — disse Lane mentre stavano mangiando. — La galassia è maledettamente grande, Marinaio, e quella dannata bestia è piccola.

— Però è da queste parti — asserì il Marinaio con convinzione. — Sono un vecchio malandato, Lane, e quella arrampicata sul vulcano di Ansard IV non mi ha certo giovato, ma se esiste un Dio nel cosmo, non deve lasciarmi morire senza aver visto bene da vicino lo Spazzastelle. Ho visto troppi posti, troppe cose strane, per non avere il diritto di vedere la più strana di tutte.

— Prima dobbiamo trovarlo, e poi potrai soddisfare la tua aspirazione.

— Ti assicuro che lo troveremo.

— Ti rimangono tre settimane — disse Lane alzandosi per andare a sdraiarsi sulla sua branda.

Non ci vollero tre settimane, e neanche due; per essere precisi ci vollero undici giorni, due ore e trentacinque minuti.

— Be’, che mi pigli un accidente — disse Lane esaminando il pannello degli strumenti. — O là fuori c’è una nave che va in giro senza meta, o finalmente abbiamo trovato il tuo Spazzastelle.

Si fece da parte perché il vecchio potesse dare un’occhiata al pannello. Il Marinaio tentò un’analisi spettroscopica, ma senza risultato.

— È proprio lui — disse, con gli occhi che brillavano per l’eccitazione. — Pura energia, e grande quanto una stella di neutroni.

— Il nostro apparato sensorio non lo descrive così — obiettò Lane.

— È gigantesco, te lo dico io — insisté il Marinaio. — Avvicinati abbastanza e nasconderà le stelle.

— Un po’ meno poesia da due soldi e un po’ più navigazione — disse Lane facendo elaborare al computer un paio di rotte che avrebbero permesso alla nave di intersecare il percorso dello Spazzastelle, e scegliendo la meno diretta.

Continuò a seguirlo con i sensori mentre quello accelerava aumentando sempre più la distanza. Anche Lane accelerava in proporzione, e mancavano all’incirca un paio d’ore all’intersecazione quando lo strano essere dirottò.

— Credi che cerchi di seminarci, Lane? — chiese il Marinaio.

— Non so. Forse non sa nemmeno che siamo qui. E poi perché dovrebbe cercare di sfuggirci?

— Forse sa che abbiamo un assassino a bordo.

— Non dotiamolo di facoltà paranormali, Marinaio. E poi noi vogliamo soltanto dargli un’occhiata, non vogliamo ammazzarlo.

— Forse ignora, la differenza. E quando gli saremo vicini, forse anche tu avrai cambiato idea.

Lane alzò le spalle senza rispondere e tornò a occuparsi dei suoi strumenti. Passarono altri novanta minuti, dopo di che Lane accese lo schermo.

— Se esce solo un momento dalla nube riusciremo a vederlo — disse. — A questa distanza forse sembrerà una stella molto luminosa, ma dovrebbe pulsare e filare a gran velocità.

Aspettarono, guardando ora il pannello ora lo schermo, ma sembrava che lo Spazzastelle non avesse intenzione di uscire dalla nube.

— Ci stiamo avvicinando — disse infine Lane. — Forse lo indurremo a uscire spaventandolo.

Passò ai comandi manuali e procedette così per ottomila chilometri. Lo Spazzastelle continuava a restare dentro la nube. Lane sparò una volta con il cannone laser.

— Non ammazzarlo prima che abbia potuto vederlo! — strillò il Marinaio.

— Ci vuol altro che una cannonata per ammazzarlo — ribatté Lane. — Cerco solo di farlo uscire allo scoperto.

Lo Spazzastelle si fermò, e Lane si trovò a una distanza di mille chilometri prima di riuscire a fermare la nave. Gli parve allora di scorgere la creatura perché un punto della nube pulsava di una fievole luce.

— Non mi va — disse. — Quel maledetto animale dovrebbe far qualcosa!

Rimise in moto e si fermò a cinquecento chilometri. Gli sudavano le mani e gli prudevano le palpebre. — Accidenti, perché non si muove! — esclamò, facendo avanzare ancora un po’ la nave.

— Tremi come una foglia, Lane — disse il Marinaio con una risata stridula.

— Neanche tu mi sembri molto calmo — replicò Lane notando che il vecchio grondava sudore.

Rimasero così immobili, inseguito e inseguitori. Lane si accorse che stava davvero tremando come gli aveva detto il Marinaio. In venticinque anni di caccia si era trovato più di una volta in pericolo, ma di solito più la situazione diventava tesa più la sua calma aumentava. Adesso invece si trovava a lottare per tener a bada il panico cieco, il bisogno impellente di fare dietrofront e scappare.

Con un enorme sforzo di volontà costrinse la mano a premere il comando dell’accelerazione e ancora una volta tentò di avvicinarsi alla bestia. Il Marinaio si legò a un sedile, premendo il dorso contro lo schienale, la faccia cinerea, le mani strette sui braccioli.

L’essere cominciò a ritirarsi e infine esplose letteralmente fuori dalla nube, allo scoperto. La nave lo seguì pochi secondi dopo, e i due uomini riuscirono finalmente a vederlo. Aveva la forma di una sfera irregolare che emanava un’opaca luminosità rosso arancione e pulsava variando costantemente d’intensità.

Sembrava privo di organi sensori e di mezzi di locomozione, tuttavia era ovvio che si rendeva conto dei particolari ambientali e poteva muoversi a suo piacimento.

Era enorme — con un diametro di almeno sette chilometri — sebbene fosse difficile giudicare perché le sue dimensione variavano a ogni pulsare della luminosità. Lane non riusciva neanche a immaginare come si nutrisse, cosa mangiasse e come si riproducesse . se mai si riproduceva, cosa di cui dubitava. Poteva avere un anno, o un secolo o essere vecchia come la galassia. Ma era una creatura senza tempo, per cui pareva inutile e non necessario cercare di indovinare l’età. Sospeso nello spazio, era una creatura enorme, pulsante, viva fatta di energia pura, spaventosa per le dimensioni e per il potenziale della sua capacità.

— Bene — commentò Lane, — valeva la pena di aspettare tanti anni?

— Magnifico! — bisbigliò il Marinaio. — È come ero certo che fosse.

— Vediamo se riesco a smuoverlo, per vedere come reagisce.

Sparò un colpo con l’implosore molecolare della nave, ma non ottenne il minimo effetto, non ci fu alcuna reazione.

— Accidenti — borbottò Lane. — Quella bestia non ha molecole.

Di tanto in tanto provava ancora l’impulso di fuggire, però adesso riusciva più facilmente a dominarsi perché l’essere spaziale si allontanava lentamente andando alla deriva.

— Cosa sta facendo, Lane? — chiese il Marinaio.

— Cosa diavolo ne so? Forse ci sta studiando come noi facciamo con lui. È bellissimo.

Lo guardarono sullo schermo e pochi istanti dopo videro che smetteva di lasciarsi andare alla deriva e avanzava nella loro direzione.

— Abbiamo due alternative — disse allora Lane con voluta freddezza. — Possiamo correre o vedere se il vibratore riesce a tenerlo a distanza.

— Scappiamo — disse il Vecchio.

Anche Lane era dello stesso parere e dovette fare ancora uno sforzo per resistere all’impulso. La paura era una sensazione nuova per lui, una sensazione che lo turbava, e decise che l’unico modo per vincerla era affrontarla.

Non pensava all’essere che si stava avvicinando: la sua unica preoccupazione era di sconfiggere il demonio segreto che d’improvviso aveva sciolto le catene nel suo animo.

Posò la mano sul vibratore — una versione in grande dello stridente a frequenza radio — e sparò un colpo contro l’essere spaziale.

Allora repentinamente si scatenò l’inferno.

Lane e il Marinaio urlarono contemporaneamente. Il vecchio si accasciò, Lane riuscì a mantenere l’equilibrio se non i sensi. La paura era scomparsa, rimpiazzata da un’altra sensazione, strana, aliena, dolorosa, che minacciava di frantumare la sua coscienza.

Fu solo l’istinto a fargli mantenere il vibratore puntato sull’essere e a riportare la nave nella nuvola cosmica. Poi Lane rimase ritto, attonito, per dieci minuti buoni prima di riuscire a riprendersi.

Guardò lo schermo ma vide solo polvere. I sensori dapprima non rilevarono niente, ma dopo un po’ captarono un oggetto che si allontanava alla velocità della luce.

— Svegliati, Marinaio — disse Lane avvicinandosi al vecchio e scrollandolo.

L’altro rimase muto e immobile.

Chinò la testa ad auscultargli il cuore. Non batteva. Gli sollevò le palpebre. Le pupille non reagivano alla luce. Non c’era polso, né respiro.

— Be’, almento l’hai visto, prima di morire — disse Lane. Si caricò in spalla il cadavere e lo andò a deporre nel compartimento stagno. Pochi attimi dopo i resti del Marinaio fluttuavano nello spazio.

Lane scrollò la testa ancora imbambolato per quello che gli era successo, poi tornò ai comandi e preparò i dati per due rotte, una diretta a Punto Nord, l’altra per inseguire la creatura. Rimase a lungo indeciso ma fini con l’inserire nel computer la rotta per Punto Nord, mentre nel profondo del suo intimo urlava una vocetta offesa e addolorata.

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