14

Il viaggio da Punto Nord a Belore durò ottantatré giorni che Lane trascorse per quattro quinti in ibernazione e per un quinto a studiare mappe stellari finché non conobbe a memoria le zone dove pascolava la creatura spaziale, cercando di non pensare al fatto che però negli ultimi due anni non li aveva quasi mai frequentati.

Arrivato finalmente su Belore lasciò la nave a circa cinque chilometri dalle catapecchie dei Dorne. Vostuvian lo vide arrivare da lontano e gli andò incontro.

— Ci hai messo molto, uccisore di animali — disse il Dorne bisbigliando come sempre.

— Ho avuto da fare.

— E adesso hai sistemato tutto?

— No, sono appena all’inizio. L’arma è pronta?

— Sì. E tu sei pronto?

— Certo.

— Bene — disse il Dorne. — Temevo che tu fossi andato a caccia della Bestia del Sogni col tuo vibratore. Sono contento di essermi sbagliato.

Lane gli scoccò un’occhiata, ma non riuscì a capire se aveva parlato sul serio o con ironia. Camminarono per un po’ in silenzio, poi Lane disse: — Gli ho dato la caccia.

— Ah, l’hai dunque trovato?

— Sì.

— E ti sei persuaso che il vibratore non serve?

— Sì — ripeté Lane — L’ho incontrata sei volte. — Qual è la portata effettiva della tua arma?

— Fra i sessanta e i settantamila chilometri — rispose Vostuvian — ma se riuscirai a portarti a dieci o quindicimila chilometri consumerai molto meno energia. A proposito, dovremo eliminare quasi tutti i sistemi non essenziali di bordo. Quali sono assolutamente indispensabili?

Lane chinò la testa e fece i suoi calcoli: — Be’, non posso fare a meno del sistema di sopravvivenza e delle riserve di viveri.

— Non puoi riciclarli?

— Solo come estrema risorsa. Le mie razioni sono concentrate e non credo che la tua arma sia così grande da occupare anche il loro posto.

— Bene, che altro ti occorre?

— La macchina di ibernazione, con due scomparti.

— Due?

— Uno per il Mufti.

— Cos’è il Mufti?

— Lascia perdere. Ho bisogno di quella macchina con due scomparti. Il sistema cartografico è incorporato nel computer e così pure i terminali dei sensori e del computer di navigazione. Ho cercato parecchie carte stellari che voglio portare con me, ma posso inserirle in un grosso tubo. Poi mi occorrono almeno due tute protettive, una per lo spazio e una per i pianeti troppo caldi, tutt’e due con una riserva d’ossigeno per dieci giorni.

— Altro?

— La doccia a ultrasuoni, e almeno una delle armi, nel caso che la tua non funzioni.

— Quale vuoi conservare?

— Il vibratore.

— Il cannone a laser ha una portata molto maggiore — osservò Vostuvian.

— Il vibratore — ripeté spazientito Lane.

— Come vuoi. Cominceremo a istallare l’arma a bordo domattina.

— Perché non subito?

— Hai aspettato più di quattro anni, uccisore di animali, e la mia gente ha aspettato molti millenni. Sia tu che io possiamo aspettare ancora un giorno. Intanto dividerai con me il pasto della sera. Ondine Gillian mi ha assicurato che il nostro cibo è innocuo e nutriente per gli esseri umani.

Vostuvian proseguì in silenzio seguito in silenzio da Lane, e poco dopo si fermarono davanti a una delle catapecchie uguale alle altre a parte il fatto che forse era ancora più malandata.

— Questa è la mia dimora — disse Vostuvian. — Puoi entrare, se vuoi.

Non vedo l’arma — disse Lane guardandosi intorno.

— Quanto credi che sia grande? — ribatté il Dorne, e per la prima volta a Lane parve che avesse leggermente cambiato espressione.

— Non lo so — rispose Lane — ma in questi quattro anni ti ho mandato tonnellate di roba.

— Il novanta per cento mi serviva come utensili, e il resto è stato ridotto e modificato. L’arma è in casa mia; entra.

Vostuvian aprì la porta della catapecchia ed entrò. Lane lo seguì. L’interno non era molto diverso dall’esterno, a parte che mancava la luce del sole. Il pavimento era sporco, o meglio non esisteva un pavimento vero e proprio. C’erano due oggetti di legno che potevano essere sedie o letti, o magari anche tavoli. Gettati alla rinfusa in un angolo dell’unico locale c’erano nastri e libri.

— Abbiamo la cucina in comune — spiegò Vostuvian. — Fra poco ci porteranno da mangiare.

— E l’arma?

Vostuvian andò in un angolo, scavò qualche manata di terriccio e prese una scatoletta che aveva sepolto. La depose a terra, l’aprì e ne trasse un piccolo e complesso meccanismo che somigliava un po’ a un antico tritacarne.

— Tutto qui? — chiese Lane incredulo. — È questa l’arma che mi è costata i risparmi di trent’anni?

Allungò la mano per prenderla e la soppesò. Era abbastanza pesante ma non faceva fatica a reggerla con una sola mano.

— Questa è la tua arma a entropia — disse Vostuvian.

— Farà bene a funzionare a dovere, altrimenti sono rovinato. Se andrà in pezzi riuscirò a ricavare dai rottami sì e no il due per cento di quel che ho speso.

— Stai tranquillo. Funzionerà. Ucciderai la bestia. Alimentata con tutta l’energia della tua nave, ti fornirà prestazioni soprendenti.

— Come mai la tua razza ha perso la guerra se disponeva di questi aggeggi? — chiese Lane.

— Perché distruggeva solo obiettivi militari — rispose Vostuvian. — I tuoi antenati erano meno selettivi e quando ci accorgemmo che il nostro pianeta era stato pressoché distrutto, ci arrendemmo.

— La versione dei nostri libri di storia è diversa.

— La storia è scritta dai vincitori — disse Vostuvian senza alterarsi.

— Può essere — ammise Lane. — Però mi ricordo di uno scontro, che va sotto il nome di Battaglia di Sirio V, in cui poche nostre navi sbaragliarono il grosso della vostra flotta.

— È vero — ammise Vostuvian. — Ma lo fecero mentre era in corso una tregua.

— Non ricordo questo particolare. E dal momento che non ci furono superstiti Dorne mi permetto di contestare la veridicità di questa versione.

— Contesta finché ti pare — disse Vostuvian. — Vuoi forse far rinascere le antiche ostilità, o armarti per una nuova guerra?

Lane lo guardò furibondo per qualche attimo, poi si calmò e, scrollando la testa tornò a occuparsi dell’arma.

— Dov’è il percussore?

— Dove preferisci. Dal momento che non ti servirai del cannone laser, possiamo collegarlo al suo, modificare i meccanismi di puntamento e portata, e collegarla al condotto principale dell’energia.

— Se sei al corrente di tutte queste cose, come mai voi Dorne avete dimenticato il segreto dei voli spaziali?

— Non lo abbiamo dimenticato. Solo, non ci interessa più. Per te è inconcepibile che ce ne restiamo qui, ad aspettare senza reagire la fine della nostra razza. Per me è altrettanto inconcepibile che tu abbia trascorso buona parte della tua vita a volare attraverso la galassia uccidendo creature che non ti avevano fatto niente. Secondo te quale tenore di vita è più consono alla natura delle cose?

— Non ho mai pensato che fosse consono alla natura delle cose per lo meno a quella degli esseri senzienti starsene inerti nella sporcizia ad aspettare la morte senza alzare un dito per cercare di cambiare il proprio destino — asserì Lane. — E casomai tu te lo sia scordato, sono stati i Dorne a cercar di sterminare le Bestie dei Sogni, e tu stesso hai insistito nel volermi seguire quando hai saputo che volevo dare la caccia all’ultimo esemplare.

Vostuvian stava per ribattere quando entrò un altro Dorne, che, dopo aver deposto per terra due vassoi di cibo, se ne andò senza aver aperto bocca. Lane, che non mangiava da quasi venti ore, si mise a sedere per terra e guardò il contenuto di uno dei vassoi. Consisteva in una certa quantità di vegetali del deserto somiglianti ai cactus e in un pezzo di carne che poteva essere anguilla o serpente ma non lo era.

— Hai le posate? — chiese.

— Dita e denti sono stati sempre sufficienti — sentenziò il Dorne.

Lane alzò le spalle. Aveva mangiato i cibi più disparati su molti pianeti, e la mancanza di posate non lo turbava più che tanto. Afferrò la carne e stava portandola alla bocca quando si accorse che si contorceva.

— Ma è viva! — esclamò.

— No — disse Vostuvian. — Le fibre muscolari di questo animale hanno la proprietà di continuare a muoversi indipendentemente anche quando è tagliato a pezzi e cotto. Ti assicuro che è morto.

— Speriamo — mormorò Lane guardando il pezzo di carne.

— A noi piace così — dichiarò il Dorne staccando un enorme boccone dalla sua porzione.

Lane lo osservò divorare la carne senza masticarla, come fanno i grossi carnivori, e decise di imitarlo. Capì subito perché Vostuvian non masticava: quella era la carne più dura e meno cotta che avesse mai mangiato. Era faticoso perfino staccarne un pezzo coi denti, e Lane scoprì che la cottura consisteva nell’immergere la carne in un sugo denso e unto perché la si potesse inghiottire più facilmente. Cercò di capire dal gusto a quale animale apparteneva, ma inutilmente. Concluse che forse era meglio o meno peggio se ignorava quali fossero le sue origini.

Dopo aver ingoiato due grossi bocconi decise che non valeva la pena di continuare, e passò al cactus, sperando di non affettarsi la lingua. Aveva mangiato cibi anche peggiori, tuttavia pensò nostalgicamente alle razioni di bordo.

Finito di mangiare ruttò due volte e spinse da parte il vassoio.

— Ti è piaciuto? — chiese Vostuvian.

— Tanto quanto a te piacerebbe una bistecca ben cotta, immagino. Stanotte devo dormire qui o sulla mia nave?

— Dove preferisci — rispose Vostuvian. — In quale punto inizierai la ricerca della Bestia dei Sogni?

— Fra Alphard e Canphor. Ho carburante per tre anni, dovrebbe essere più che sufficiente.

— Lo spero.

— Perché ne dubiti?

— So che in passato la Bestia è stata lontana per più di tre anni dalla nube.

— Può darsi. Ma sia o meno intelligente, di sicuro è abitudinaria. Non credo che se ne allontani a meno che non lo faccia per sfuggirmi o per inseguirmi e in ambedue i casi potrò colpirla. E questo mi porta a un’altra domanda: quanti colpi posso sparare senza consumare tutta l’energia della Deathmaker?

— Tre, forse quattro. Pensi di fallire il colpo?

— Non ho mai mancato un bersaglio.

— E allora ti basterà sparare un colpo solo.

— Prima di iniziare una caccia voglio conoscere tutti i pro e i contro — precisò Lane. — Hai qualcosa da obiettare?

— No — bisbigliò il Dorne. — Presumevo soltanto, uccisore di animali, che…

— Un’altra cosa — lo interruppe l’altro. — Mi chiamo Lane, non uccisore di animali. Rivolgendoti a me chiamami per nome.

— Come vuoi, Lane.

— Un’altra domanda: quando sparerò, che effetto avrà sui sistemi della mia nave?

— Sistemerò i circuiti in modo che il sistema di sopravvivenza non ne risenta. Quanto agli altri, cesseranno di funzionare per tutto il tempo che la mia arma funzionerà, e forse per qualche minuto ancora.

— Per quanto tempo posso farla funzionare senza far saltare gli altri circuiti?

— Al massimo per dieci secondi per uccidere la Bestia dei Sogni, per cui se fossi in te prenderei la mira con la massima cura.

— Terrò presente.

— Tre anni forse non basteranno per uccidere la Bestia dei Sogni — disse Vostuvian dopo un lungo silenzio.

— Allora ne impiegherò quattro, dieci, cinquanta.

— Impiegherai meno tempo se verrò anch’io.

— No.

— Sei poco pratico, Lane.

— Vostuvian, ti sopporto a stento adesso, figuriamoci poi per un lungo periodo nell’ambiente limitato di bordo!

— Cerchi compagnia o vuoi dar la caccia alla Bestia dei Sogni?

— Le due cose non si escludono a vicenda — disse Lane. — Come compagnia ho il Mufti, e come preda la creatura.

— Però la caccia riuscirebbe meglio se mi portassi con te.

— Ci riuscirò benissimo da solo. Perché insisti?

— Per esser certo che ti servirai dell’arma a entropia e non del vibratore.

Lane si alzò di scatto e un attimo dopo i vassoi vuoti volavano attraverso la stanza mancando per un pelo la testa di Vostuvian. Lane gli si avventò contro e lo prese per il collo: — Se lo dici un’altra volta — ringhiò a denti stretti — la razza dei Dorne si estinguerà molto prima del previsto. Capito?

Vostuvian rimase immobile, a occhi chiusi, senza parlare né respirare. Per un momento Lane credette di averlo ucciso, ma quando allentò la presa e arretrò, il Dorne riaprì gli occhi come se niente fosse successo.

— Se fossi in te risparmierei la mia ira per la Bestia dei Sogni — disse in un roco sussurro.

— Ne ho una riserva abbondante — disse freddamente Lane.

— Me ne rendo conto — rispose il Dorne strofinandosi il collo. — Te ne sei mai chiesto il motivo?

— Mai. E adesso hai qualcos’altro da dire prima che io torni a bordo?

— Solo una domanda. Come ti ho già detto in un’altra occasione, la Bestia dei Sogni non si avvicinerà alla tua nave quando vi sarà installata l’arma a entropia. Cosa farai se non riuscirai a trovarla?

— Ci penserò al momento opportuno. Altro?

— No.

— Bene. Ti aspetto alla nave all’alba e non metterti a discutere mentre lavorerai.

Uscì, e mentre si avviava si chiese quando o come mai fosse diventato così collerico.

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