12

L’“oggi” è un fardello sopportabile. Ciò che spezza la schiena è il peso degli errori del passato e dei timori del futuro.

Ho dovuto imparare a chiudere la porta d’ingresso al domani e la porta di servizio allo ieri, e a limitarmi al “qui” e al “subito”.

Anonimo


UNA GRANDE OCCASIONE

Nessuno rise alle parole sarcastiche di Erich, ma io pensai ugualmente: “Certo, e che il diavolo si prenda lui, i suoi capelli grigi e i suoi isterismi, ma Erich ha le sue buone ragioni… Lili ha trovato il grande amore e vuole ammannircelo a tutti su un piatto, ma l’amore non si può cucinare e tagliare a fette come crede lei”.

Tuttavia le supposizioni di Lili sul Mantenitore non erano affatto stupide, soprattutto l’ipotesi che fossero state le ragazze Fantasma ad azionare l’Introversione, con conseguente sparizione delle due ragazze e del Mantenitore… questo spiegava perché non c’erano addestramenti in cui ci insegnassero ad azionare l’interruttore dell’Introversione: le parole a proposito della spia luminosa azzurra, che si sarebbe accesa a intermittenza, riportate sul manuale, forse non erano altro che una sorta di cortina fumogena, e poi una cosa che sparisca senza scosse, istantaneamente, è proprio il tipo di cosa che sfugge all’attenzione… credo che le ipotesi di Lili avessero dato da pensare anche agli altri, perché le ironie di Erich non ricevettero alcun seguito.

Ma io, onestamente, non riuscivo proprio a capire quale fosse la grande occasione tanto decantata da Lili, dato che eravamo destinati a rimanere rinchiusi per sempre nel grigio sacco del Locale, in mezzo al Vuoto. Cominciai a farmi delle domande, e mi vennero in mente le cose più strane, e mi dissi: “Piantala, Greta. È una speranza”.

— La cosa più orribile nella condizione di Demone è che si ha a disposizione l’intero arco del tempo per le proprie scorrerie — diceva Lili con un sorriso. — Non puoi mai chiudere in faccia al passato la porta di servizio o al futuro la porta d’ingresso e limitarti a vivere nel presente. Ma adesso è successo proprio questo: la Porta è chiusa, non dobbiamo più rifare il passato o il futuro. Ragni e Serpenti non possono trovarci: chi ha mai saputo di un Locale veramente perduto che sia stato ritrovato? E dal di fuori, come mi hanno detto alcuni esperti, l’Introversione viene considerata la fine. Siamo quindi al sicuro da Ragni e Serpenti, non dovremo ridiventare nuovamente schiavi degli uni e nemici degli altri, e abbiamo un Locale dove vivere la nostra nuova vita: il Locale predisposto per noi fin dall’inizio.

Fece una pausa, poi riprese: — Avrete certamente capito cosa intendo dire. Sid, Beau e il dottor Pyeshkov me l’hanno spiegato varie volte. Il Locale è un ambiente in equilibrio, come un acquario o come lo stesso cosmo. Nessuno sa da quanti milioni di anni di Grande Tempo sia in uso, senza che vi venga aggiunto il minimo pezzetto di materiale… vi entrano soltanto le persone e i generi di conforto… e senza che si getti via nulla. Nessuno sa per quanti milioni di anni potrà ancora ospitare la vita. Non ho mai sentito dire che il Mantenitore Minore si guasti e si usuri. Abbiamo tutto il futuro e tutta la sicurezza che possiamo desiderare. Abbiamo un Locale in cui vivere insieme.


Sappiate, o fratelli, che Lili aveva maledettamente ragione, e mi accorsi che fino a quel momento, nelle retrovie della mia mente, avevo avuto la convinzione che fossimo destinati a finire soffocati o chissà cosa, se non ci fossimo sbrigati a spalancare una Porta. Eppure non avrei dovuto allarmarmi per una simile fesseria: se c’è una persona che dovrebbe sapere bene come stanno le cose, quella sono io, dato che una volta mi è occorso di rimanere chiusa nel Locale, senza aprire una Porta, per più di un centinaio di sonni, durante un periodo di rintanamento della Guerra del Cambio; avevamo dovuto soltanto rimettere in circolo i rifiuti e il resto era andato avanti senza inconvenienti.

E poi, dato che la mia mente funziona in questo modo, mi misi a pensare rapidamente alle conseguenze di una eventuale vita in comune, tutti insieme sotto lo stesso tetto, abbandonati a noi stessi, come aveva detto Lili.

Cominciai a formare le coppie; è un mio vizio. Bene, vediamo: quattro donne, sei uomini, due Extraterrestri.

“Greta” mi dissi “tu finirai di sicuro per diventare Lady Poliandria. Avremo il nostro giornale quotidiano, organizzeremo lezioni di ballo, terremo chiuso il bar eccetto che la sera dopo le sei, e Bruce scriverà la storia del Locale in endecasillabi sciolti.”

Pensai anche alle scuole e ai bambini, sebbene sapessi che era un pensiero assolutamente sciocco. Mi domandai che aspetto avrebbero avuto quelli di Sid, e quelli del mio piccolo comandante. (“Non avvicinatevi al Vuoto, piccini.”) Naturalmente, la cosa sarebbe risultata assai pesante per i nostri due Extraterrestri, ma almeno Sevensee non era molto diverso da noi, e la genetica ha fatto molti progressi, e Maud doveva conoscerli, e in Ambulatorio c’erano degli apparecchi sbalorditivi, una volta che Doc fosse tornato sobrio. Il suono di zoccoletti piccini…

— Il mio fidanzato vi ha esposto la sua intenzione di portare un messaggio di pace al resto del cosmo — continuò Lili, per mettere la parola fine al Grande Cambio, e così poter curare tutte le ferite che sono state inferte al Piccolo Tempo.

Guardai Bruce. Il suo volto era duro e teso, come capita anche ai migliori quando una donna comincia a parlare degli affari del suo uomo. Senza motivo, dissi a me stessa: “Lo ha bell’e messo in croce. Lo sta inchiodando alla propria missione, come fanno le donne; anche quando la missione non ha più ragione di essere, come ora”.

Lili continuò: — Era una magnifica idea, ma ormai non possiamo portare né trasmettere alcun messaggio, e comunque sono convinta che sia troppo tardi perché un messaggio di pace possa essere utile. Il cosmo è stato troppo lacerato dai cambiamenti, la sua rovina è giunta a uno stadio troppo avanzato. Si dissolverà, svanirà senza lasciare neppure le proprie macerie. Noi siamo gli unici superstiti. La fiaccola dell’esistenza è affidata alle nostre mani.

“Forse, anzi, noi siamo l’unica cosa ancora rimasta nel cosmo; non vi è venuto in mente che i Venti del Cambio potrebbero essersi estinti alla fonte? Forse non potremo mai raggiungere un altro cosmo, forse andremo eternamente alla deriva nel Vuoto, ma chi di noi è stato Introverso prima d’ora e sa ciò che potrebbe o non potrebbe succederci? Noi siamo un seme da cui nascerà il nuovo futuro. Forse tutti gli universi, quando sono prossimi alla rovina, disperdono i propri semi, come questo Locale. È un seme, è un embrione: facciamolo crescere”.

Lanciò in fretta un’occhiata a Bruce e poi a Sid, e citò alcuni versi: — Venite, amici, non è troppo tardi per cercare un mondo più nuovo.

Strinsi la mano di Sid e feci per mormorargli qualcosa, ma lui pareva avere dimenticato del tutto la mia presenza: ascoltava la citazione di Tennyson, fatta da Lili. con gli occhi incantati e la bocca aperta, come se scoprisse d’improvviso nuove profondità in quei versi… oh, Sid!

Poi mi accorsi che anche gli altri guardavano Lili nello stesso modo. Ilhilihis scorgeva foreste piumate, ancor più belle di quelle che sorgevano sull’antica Luna, defunta da centinaia di milioni di anni. La bambina Maud ap-Ares Davies, cresciuta sotto una cupola come una pianta di serra, immaginava di imbarcarsi clandestinamente su un’astronave diretta a un’altra galassia, oppure pensava a quanto sarebbe stata diversa la sua vita, ai figli che avrebbe potuto avere se fosse rimasta sui pianeti e si fosse tenuta lontana dal Mondo del Cambio. Perfino Erich pareva sedotto dal pensiero di conquistare con una Blitzkrieg, una guerra lampo, nuovi universi, e Marcus di sottometterli per un Führer-imperator. Beau vedeva un Mississippi ancora più grande e battelli a pale formato gigante.

Perfino io… be’, io non pensavo a una Grande Chicago, comunque. Non lasciamoci trascinare da questo genere di cose, mi dissi, ma alzai ugualmente gli occhi sul Vuoto e provai un brivido, perché mi parve che si ritirasse e che tutto il Locale cominciasse a crescere.

— Parlavo seriamente, quando parlavo di un seme — continuava Lili, piano. — So bene, come tutti voi, che non ci sono bambini nel Mondo del Cambio, che non possiamo averne, che tutti noi diventiamo istantaneamente sterili, che quella che viene definita una maledizione viene tolta a noi ragazze e che non siamo più vincolate ai cicli lunari.

Lili aveva ragione, certo… se c’è una cosa che è stata dimostrata milioni di volte nel Mondo del Cambio, è proprio questa.

— Ma adesso non siamo più nel Mondo del Cambio — continuò Lili, piano — e le sue restrizioni non dovrebbero più valere per noi, compresa la restrizione di cui ho appena parlato. Ne sono assolutamente convinta, ma… — si guardò intorno, lentamente — siamo quattro donne, qui, e forse una di noi ne ha avuto un’indicazione più diretta.

Il mio sguardo seguì il suo, così come avrebbe fatto quello di chiunque. Anzi, in verità ciascuno di noi si guardò intorno, eccetto Maud, la quale aveva sul volto l’espressione più sciocca e sorpresa che si possa immaginare. L’espressione non le scomparve dal volto, e infine, molto attentamente, lei scese dallo sgabello del bar, tenendo in mano il suo lavoro a maglia. Abbassò gli occhi sul pullover rosa ancora da finire, con infilati i lunghi ferri bianchi, e i suoi occhi si spalancarono ancora di più, come se si aspettasse di vederlo diventare, da un momento all’altro, un golfino per neonato, sotto i nostri occhi. Poi attraversò il Locale e andò a mettersi accanto a Lili. Nel tragitto, la sua aria sorpresa si trasformò in un tranquillo sorriso. Oltre a questo, si limitò soltanto a raddrizzare le spalle.

Per un attimo provai una forte gelosia nei suoi confronti, ma per lei era un doppio miracolo, considerando la sua età, e la mia gelosia non poteva certamente durare. Inoltre, a dire il vero, ero un po’ allarmata. Anche con Dave, mi aveva sempre preoccupato questa faccenda dei bambini.

Comunque, mi alzai in piedi insieme con Sid — non potei farne a meno, e neppure lui, credo — e con la mano nella mano ci avviammo verso il divano di comando. Beau e Sevensee erano già laggiù, con Bruce, naturalmente, e poi, o fratelli, vi assicuro, anche quei Soldati dalla pianta dei piedi alla punta dei capelli, Kaby e Marcus, si mossero dal bar e io non potei vedere nei loro occhi nulla che riguardasse la maggior gloria di Roma o di Creta, ma soltanto, credo, qualcosa di molto personale, l’uno per l’altra. Dopo un istante anche Illy si staccò lentamente dal piano e li seguì, trascinando con leggerezza i tentacoli sul pavimento.

Non capivo come sperasse di poter avere dei piccoli Illy in nostra compagnia, a meno che non fossero vere certe cose che si mormorano a proposito dei vizietti dei Lunari, ma forse egli era veramente disinteressato, e forse no; forse pensava soltanto che fosse preferibile schierarsi dalla parte della maggioranza.

Udii dei passi strascicati dietro di noi, ed ecco giungere Doc dalla Galleria d’Arte, reggendo tra le braccia, come in una culla, una scultura astratta, grande come un bambino appena nato. Era un agglomerato di sfere perfette, grige e lucenti, grosse come palline da golf, e come aspetto complessivo faceva venire in mente un cervello umano, ma con varie zone vuote. La tese verso di noi, come se fosse stato un bambino da esibire alla nostra ammirazione, e mosse le labbra come se cercasse con grande difficoltà di dire qualcosa, ma non pronunciò nessuna parola comprensibile; io pensai: “Maxey Aleksevich Pyeshkov, sei talmente ubriaco da non riuscire a parlare, e hai in testa tutti i buchi che vogliamo, ma sei dei nostri, Dio benedica il tuo piccolo, sentimentale cuore russo”.

Ci eravamo tutti raggruppati accanto al divano di comando, come una squadra di palla ovale durante un’azione. La squadra dei Pacifondai, avrei potuto battezzarla. Sevensee poteva fare il terzino o il centrattacco, e Illy l’ala tornante… un ottimo stopper! Inoltre eravamo in undici: il numero giusto. Il dodicesimo, Erich, era rimasto tutto solo accanto al bar, ma adesso anche lui… “Oh, no! Non può essere!” pensai… venne verso di noi. Poi scorsi l’espressione del suo viso, ed era la più cupa che avessi mai visto. Si fermò a metà strada e ci fece un sorriso tirato, ma anche quel sorriso fu il peggiore che gli avessi visto sulle labbra. “Il mio piccolo comandante non si smentisce mai” mi dissi. “Nessuno spirito di gruppo.”

— Dunque, ora, Lili e Bruce… già, e anche Grossmutterchen Maud, la nostra nonnina… si sono fatti il loro piccolo nido — disse con voce stridula. — Ma il rimanente di noi, cosa dovrebbe fare, deporre le uova nel nido d’altri, come tanti cuculi?

Piegò il collo sulla spalla, agitò le braccia nell’aria, come se avesse le ali, e cominciò a fare: — Cucù! Cucù! — E io commentai tra me e me: “O fratello, ho sempre avuto l’impressione che tu fossi un po’ matto, ma adesso ne ho la certezza”.

Teufelsdreck! Sterco di Satana!… siete stati tutti infettati da questo sogno di avere dei bambini. Ma non capite che il Mondo del Cambio è il giusto e naturale culmine dell’evoluzione? Un tempo di piacere e di aspro cimento, in cui perseguire in via definitiva le cose che le donne giudicano la massima rovina… “Soccorso! Mi vogliono violentare!” oppure: “Oh, ma cosa vogliono fare ai miei figlioletti?”… ma che per gli uomini rappresentano il soddisfacimento di profonde ambizioni.

“Vi hanno assegnato delle ottime parti nel Götterdämmerung, e voi andate dall’autore, gli battete la mano sulla spalla e gli dite: ‘Scusatemi, Herr Wagner, ma questo vostro Crepuscolo degli Dei è una storia un pochino macabra. Perché non scrivete un’opera per me, in cui si parli dei bambini, quei cari riccioloni? La trama? Oh, lui e lei s’innamorano e poi si sistemano in una bella casetta per mettere su famiglia, qualcosa di simile’.

“Sterco di Satana suppurato e sublimato! Non pensate a che noia schifosa sarebbe la vita, se non ci fosse una Porta da cui uscire per trovare libertà e avventura, e per mettere alla prova il proprio coraggio e la propria capacità? Volete farvi venire la barba lunga e bianca andando avanti e indietro in questo asteroide rivoltato al contrario? Restare rinchiusi qui dentro fino all’ultimo dei vostri giorni, a passare il tempo pensando al cosmo dell’avvenir?… e, detto per inciso, in compagnia di una bomba innescata? La caverna del troglodita, il grembo materno, la piccola casetta opaca dove far nido… è dunque questo, ciò che volete? E pensate che possa avere uno sviluppo? Oh, certo, lo avrà: come le città che si sono ingoiate il bosco selvaggio, una proliferazione di Kinder, Kirche, Küche… e io dovrei accettarla?

“Femmine! Quanto odio i loro occhi soddisfatti, allorché mi studiano dal loro cantuccio, accanto al focolare, curve, traballanti e profondamente soddisfatte della loro vecchiaia e dicono: ‘Diventa debole comincia a cedere, presto dovrò aiutarlo perfino a sedersi e fare per lui le cose più semplici’. La tua lurida Dea Triforme, Kaby, colei che mette al mondo l’uomo, lo porta a letto e lo infila nella cassa da morto! La donna, colei che indebolisce, che incatena, che tarpa! La donna!… e i piccoli cancretti riccioluti che desidera tanto!”

Si piegò verso di noi, puntando un dito contro Lili: — Non ne ho mai vista una che non abbia desiderato tarpare le ali al suo uomo, se appena ne aveva la possibilità. Tarpargli le ali, mettergli la palla al piede, paralizzarlo, ridurlo a un ammasso informe per poi usare quell’ammasso per fare un altro uomo: un suo uomo, un burattino nelle sue mani. Sei stata tu a nascondere il Mantenitore, per poter avere il tuo nido e il tuo Bruce Marchant!

Qui s’interruppe, ansante, e io mi aspettavo che qualcuno gliene mollasse uno sul muso; credo che se lo aspettasse anche lui. Mi voltai verso Bruce, il quale pareva, tutto in una volta, dispiaciuto, colpevole, ansioso, incollerito, scosso e ispirato: peccato che la gente, alle volte, non sappia reagire nel modo semplice e incivile dei personaggi dei romanzi d’appendice.

Poi Erich fece l’errore — se tale si può chiamare — di voltarsi verso Bruce e di avviarsi, con passo un po’ barcollante, verso di lui, agitando le mani come se fosse stato sul punto di cadergli tra le braccia e mormorando: — Non lasciarti prendere, Bruce. Non lasciarti incatenare. Non permettere loro di mutilarti… nelle parole e nelle azioni. Tu sei un Soldato. Anche quando hai parlato di un messaggio di pace, ne hai parlato come di un’azione violenta. Indipendentemente dai tuoi pensieri e dalle tue convinzioni, Bruce, indipendentemente dalle bugie che tu abbia detto e dalle cose che vuoi nascondere, tu non puoi essere veramente dalla loro parte.

E questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.


Non glielo mollò abbastanza presto come avrei voluto, né, a parer mio, glielo mollò nella giusta condizione di spirito, ma devo dire a onor di Bruce che non rovinò la scena sferrandolo troppo di lato o con poca forza. Fece un passo avanti, la sua spalla ruotò intorno all’asse del corpo e il pugno colpì in modo piuttosto pulito e preciso.

E mentre colpiva, Bruce gridò una sola parola: — Loki! — e che mi venga un accidente se quella parola non mi richiamò alla mente le Dune dell’Indiana, e il campeggio, e mia madre che mi raccontava una storia delle Antiche Saghe nordiche: la storia del dio Loki, malvagio e beffardo, negatore di ogni valore, il quale, allorché gli altri dèi andarono per imprigionarlo nel suo nascondiglio presso il fiume, stava terminando di annodare una rete misteriosa, abbastanza grande, secondo me, per catturare l’intero universo; e lo avrebbe catturato, se gli altri avessero tardato di un minuto.

Erich era steso a terra, teneva la testa un po’ sollevata, si strofinava il mento e fissava Bruce con occhi fiammeggianti. Marcus, che era fermo di fianco a me, improvvisamente si scosse, e io pensai che intendesse fare qualcosa, che so, magari colpire Bruce in base al vecchio spirito di corpo (“Ehi, non ti permetto di fare questo al mio amico”) ma poi si limitò a scuotere la testa e a mormorare: — Omnia vincit amor. - Io, che non so il latino, alzai le sopracciglia, ed egli tradusse: — L’amore batte ogni cosa.

Non mi sarei mai aspettata da un romano una simile affermazione, comunque non aveva tutti i torti. Lili aveva avuto la sua vittoria: il matrimonio, celebrato col rito di stendere a terra l’amico misogino dei tempi del celibato, che in futuro avrebbe cercato di convincerlo a uscire la sera per andare al caffè. In quel momento, secondo me, Bruce desiderava Lili e desiderava vivere con lei più di quanto non desiderasse riformare il Mondo del Cambio. Be’, noi donne abbiamo sempre le nostre piccole vittorie… almeno fino a quando non suona la fanfara, o il Piccolo Caporale di casa non decide di tirar fuori dal cassetto l’artiglieria, o i Panzer non passano sotto la finestra.

Erich si rimise lentamente in piedi e rimase fermo dov’era, con le gambe un po’ piegate e la schiena un po’ curva, a massaggiarsi il mento e a fissare Bruce con occhi di brace, ma non fece nulla per continuare la zuffa; io, osservandolo, dissi a me stessa: “Se avesse una pistola, adesso si ucciderebbe, ne sono certa”.

Bruce fece per dire qualcosa, poi esitò, come avrei esitato anch’io nei suoi panni, e, proprio in quel momento, Doc, colto da una delle sue imprevedibili ispirazioni, si diresse verso Erich con passo barcollante, tendendo la scultura verso di lui e facendo dei gesti da sordomuto come quelli che aveva fatto prima. Erich lo fissò come se volesse ucciderlo, poi gli strappò di mano la scultura, la sollevò in alto, al di sopra della testa, e la scaraventò a terra con tutta la sua forza, ma la scultura, sorprendentemente, non si ruppe. Si limitò a scivolare sul pavimento, e venne a fermarsi accanto ai miei piedi.

Vedendo che non si era rotta, Erich perse il lume della ragione. Giuro di aver visto una nube rossa velargli gli occhi e salirgli fino al cervello. Si girò su se stesso, raggiunse la zona Deposito e fece di corsa i pochi passi che lo separavano dal baule di bronzo della bomba.

Ciò che accadde in seguito, anche se io non mi mossi, mi parve una scena cinematografica vista al rallentatore. Quasi tutti si precipitarono dietro a Erich. Soltanto Bruce non si mosse, e Sid si fermò dopo il primo scatto in avanti e tornò indietro, mentre Illy si accovacciò per spiccare un salto; nella zona vuota, tra le zampe pelose di Sevensee e i calzoni bianchi di Beau che si aprivano e chiudevano rapidamente, simili a forbici, vidi, come se lo vedessi col cannocchiale, il cerchio di teschietti e il dito di Erich che li premeva nell’ordine detto da Kaby: uno, tre, cinque, sei, due, quattro, sette. Riuscii anche a formulare per sette volte una preghiera perché sbagliasse ordine.

Erich si raddrizzò. Illy atterrò accanto al baule come un enorme ragno argentato, e i suoi tentacoli si strinsero inutilmente sul coperchio. Gli altri s’immobilizzarono, bloccati dal panico.

Il petto di Erich si muoveva affannosamente, ma la sua voce era fredda e precisa mentre egli diceva: — Avete detto qualcosa, relativamente al nostro futuro, Miss Foster. Ora potete fare delle previsioni molto più esatte. A meno che non si riesca a ritornare nel cosmo e a buttare fuori del Locale questo baule, o a trovare un tecnico atomico dei Ragni, oppure a comunicare con il Quartier Generale per chiedere come disinnescare la bomba, il nostro futuro durerà esattamente trenta minuti.

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